martedì 24 settembre 2013

Società Idrauliche

WITT TAV

" (...) Per esempio, per me è stata una sorpresa scoprire che Debord lesse con molta attenzione Il dispotismo orientale di Karl August Wittfogel, sinologo e storico tedesco-americano. Su questo libro Debord aveva effettivamente scritto una breve nota di lettura nella rivista «Internationale Situationniste», ma soltanto leggendo le schede di lettura mi sono potuto rendere conto di quanto l’opera di Wittfogel abbia inciso nell’elaborazione del concetto di “spettacolo” . In particolare per quanto riguarda l’identificazione degli amministratori cibernetici e burocratici della società  dello spettacolo con l’antica casta di ingegneri e preti che governavano l’Egitto e la Mesopotamia.(...)"

- dall’Intervista di Riccardo Antonucci ad Anselm Jappe - apparsa su "Il Rasoio di Occam" -

wittfogel

« Il Dispotismo Orientale" di Karl Wittfogel è principalmente un importante contributo alla teoria marxista, sulla questione centrale, e trascurata, dell'importanza economica dello Stato nella storia. E' facile respingerne i numerosi errori, presenti nel libro, in forza della loro stessa enormità . Tutto l'orientamento attuale di Wittfogel si basa sull'identificazione, quasi geografica, del totalitarismo statale "orientale", derivante dal "modo di produzione idraulico", con la società  burocratica attuale.
Viene trascurata, da una parte, l'esistenza,nella società burocratica attuale, di uno sviluppo industriale che ha effettivamente preso il suo primo nutrimento all'interno delle condizioni conosciute dalla borghesia nel medioevo europeo, ma che da allora si sono estese ed adattate dovunque; trascura d'altra parte di estendere le sue analogie fino al ruolo decisivo dello Stato nel capitalismo concentrato dell'occidente. E' perciò in questa prospettiva trascurata da Wittfogel che si rivela al meglio l'attualità  universale di un potere che le analisi di Marx hanno sotto-stimato, a causa della cancellazione economica passeggera che esso ha conosciuto fra il medioevo ed il diciannovesimo secolo (cancellazione che ha effettivamente permesso la "partenza" cumulativa dell'economia e, finalmente, l'apparizione di un "pensiero economico").
La schematizzazione di Wittfogel vuole arrivare alla conclusione che la libertà  occidentale deve al più presto respingere con la guerra gli schiavi idraulici che l'assediano da Pechino e da Mosca. Wittfogel chiude perciò la sua opera con la citazione di Erodoto che afferma che, quando si sa che cos'è la libertà , ci si batte per essa "non solo con la lancia, ma anche con l'ascia". Questo bizzarro ottimismo, che ricorda qui il Dottor Stranamore, viene altrove smentito dal fatto che sono spesso quelli che non hanno mai conosciuto la libertà  ad essersi meglio battuti per essa, come i vietnamiti e le masse di Santo Domingo hanno fatto vedere ai marines di Wittfogel. Il lettore potrà  riconoscere da sé solo i miraggi in cui si smarrisce Wittfogel.
Ma questo non viene certo facilitato dalla pedante prefazione nella quale Pierre Vidal-Naquet si è velocemente insinuato di prepotenza, senza il permesso dell'autore, per dare la sua contro-interpretazione di "sinistra". Questa "critica di sinistra", che viene imposta al lettore per meditare prima di avere accesso al pensiero, sicuramente di destra, dell'autore, è autoritaria tanto nel suo contenuto quanto nel suo modo di presentarsi. Vidal-Naquet è talmente prono allo stalinismo, che riesce a contribuire a perpetuare una visione del mondo a la Wittfogel! Menzogna contro menzogna, voi non avete altro che da fare la vostra scelta. Esempio qualitativo sufficientemente ignobile, Vidal-Naquet si è permesso di scrivere in una nota a pagina 41 della sua prefazione: "Noi intendiamo qui per marxiste le correnti maggioritarie del movimento comunista mondiale. E' ben evidente che le tesi staliniane non hanno avuto alcuna influenza sulle correnti che erano, per definizione, anti-staliniane. Studiare qui le loro posizioni sarebbe privo di interesse per il nostro soggetto."»

- presumibilmente, Guy Debord - su Internationale Situazionniste, n°10, mars 1966, pagg. 72-73 -
WITT Canal_Mer_Blanche

« (...) Nel 1984, leggendo "Le chiuse di Epifanio", qualcosa si spezzò dentro di me. Una sensazione provocata certo dal libro, ma anche dal momento in cui lo lessi: poco dopo aver approfondito la "tesi idraulica" di Wittfogel. Avevo vent'anni, studiavo l'arte dell'irrigazione, ero in cerca di qualcosa di sensato da fare nella vita, e "Dispotismo orientale" mi aveva scosso profondamente. Prima di prendere in prestito quel grosso volume dalla biblioteca di Leeuwenborch non credevo che il male potesse celarsi nel fatto ci portare acqua in regioni aride. Si trattava di un'attività  obiettivamente utile (su cui soltanto i sociologhi potevano eventualmente avere qualcosa da ridire). Ma Wittfogel mi dimostrò, in ben 556 pagine, che i sistemi di irrigazione producono regimi dittatoriali. Che cosa dovevo pensare di tutto ciò? Il libro mi affascinava e disgustava al tempo stesso.
   Karl August Wittfogel, un sinologo fuggito dalla Germania nazista negli anni trenta, aveva presentato la sua opera nel 1957 a New York come "uno studio comparativo dei regimi totalitari". Il titolo "Dispostismo orientale" derivava da un articolo di Marx pubblicato il 25 giugno 1853 dal "New York Tribune", in cui Marx segnalava che i regimi tirannici il più delle volte si sviluppano laddove il clima e il suolo invitano alla costruzione di grandiose opere d'irrigazione. "L'irrigazione artificiale per mezzo di canali e di altre opere idrauliche è la base dell'agricoltura orientale", scrisse Marx. A suo parere, il solo mantenimento  dei sistemi di irrigazione esigeva "l'intervento di un potere centrale". I governanti di queste società "orientali" o "asiatiche" dovevano poter disporre, in qualsiasi momento, della manodopera (forzata) necessaria, ecco il perché del loro comportamento dispotico. Marx aveva liquidato cos' l'argomento, ma Wittfogel riprese il concetto e lo approfondì.
   Come studente del corso di irrigazione ebbi modo di farmi un'idea delle "società idrauliche". Mi lasciai trascinare dalla tesi di Wittfogel, secondo cui l'acqua dei fiumi (per via della sua flessibilità  e manegevolezza) si distingue in maniera fondamentale da tutte le altre risorse naturali. L'utilizzazione di grandi concentrazioni d'acqua richiede un apparato dirigente capace di imporre "corvée" a squadre di lavoratori quanto mai numerose. L'archetipo della società  idraulica esposta da Wittfogel prevede una rigida gerarchia, con un popolo di schiavi alla base e un tiranno solitario al vertice. Questo faraone o imperatore o dio sole, che si è circondato di una corte pietrificata dall'angoscia e servile (talvolta con un eunuco come unico confidente), risiede di preferenza in una "città  proibita". Il sovrano dispone di un esercito, di un servizio segreto e di un sofisticato apparato di sorveglianti e controllori, secondini e boia, ufficiali giudiziari e censori. A ben vedere soltanto l'antica Mesopotamia e l'Egitto dei faraoni rispondevano a simili, rigidi "criteri idraulici". Ciò comunque non minava la sua teoria, argomentava Wittfogel, in quanto la gran parte dei sovrani assoluti si era ispirata a questi stati dittatoriali per elaborare l'arte di governare. La sua indagine comparativa evidenziava che avevano semplicemente copiato il modello faraonico, in maniera più o meno raffinata o appropriata.
   "Dispotismo orientale" era a tratti grottesco. Dovunque si affermassero dei tiranni, il dotto tedesco rintracciava sistemi di irrigazione, e quando non c'erano trovava comunque una Muraglia cinese o un tempio maya eretti sotto coercizione da masse di individui incapaci di autogovernarsi. Mi domandavo come mai canali d'irrigazione o altre grandi opere (idrauliche) non potessero essere realizzate senza staffile o frusta. Quale meccanismo faceva sì che l'irrigazione dei campi producesse in maniera ineluttabile uno stato totalitario? E se per caso fosse stato vero il contrario? E cioè che esclusivamente regimi autoritari fossero in grado di far sorgere colossali opere idrauliche?
   Wittfogel evitava simili domande e parlava di interazione. Prendeva in esame fatti empirici: la storia mostrava una volta per tutte che l'irrigazione determinava coercizione e controllo. Come esempio, proponeva gli stati comunisti a partito unico. Era assolutamente convinto che il popolo russo avesse perso un'occasione irrepetibile per "liberarsi dal giogo asiatico" nel 1917, quando fu rovesciato il potere dello zar. Che fecero allora Lenin e i suoi bolscevichi? Intrapresero la ricostruzione di una variante della società asiatica, sotto altre sembianze. Stalin perfezionò il processo, ponendo le fondamenta classiche delle realizzazioni idrauliche, conferendo così all'Unione Sovietica la struttura arcaica del dispotismo orientale.
   Nell'epilogo Wittfogel sembrava sconvolto dalla sua stessa scoperta: "Ma i miei lettori si rendono contro del carico di responsabilità  che va a gravare sulle spalle dell'uomo libero?".
   Questa conclusione tendenziosa mi irritò. Manipolazione dell'opinione pubblica, pensai nel 1984. Retorica da guerra fredda.
   Ma poi lessi "Le chiuse di Epifanio". L'affinità con le tesi idrauliche di Wittfogel mi colpì come una rivelazione. Platonov mi dette la spinta necessaria per farmi dubitare della scelta del mio indirizzo di studi. Il suo racconto era la parabola letteraria di ciò che il teorico tedesco avrebbe formulato trent'anni più tardi in un trattato di più di cinquecento pagine.

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"Le chiuse di Epifanio" parla di un progetto idraulico demenziale, che si conclude con una decapitazione al Cremlino. A concepire il progetto è Pietro il Grande e la storia si svolge "nella primavera del 1709, agli esordi della navigazione", quando un certo ingegner Bertrand Perry di Newcastle si presenta all'Istituto delle opere idrauliche di San Pietroburgo. Lo zar Pietro desiderava "mettere in comunicazione il Volga e il Don" mediante una via permanente di navigazione. "E' nostra intenzione collegare per l'eternità i principali fiumi del nostro impero in un unico sistema chiuso di navigazione." Tale promessa inaugura l'epoca delle grandi opere. "Al posto del guerriero lordo di sangue e dell'esploratore estenuato entrava ora in scena l'astuto ingegnere." Per quest'offensiva di progresso e civiltà (in termini concreti: per la progettazione e l'escavazione di un sistema di canali) "si è fatto venire Bertrand dall'Inghilterra".
   L'ingegnere straniero riceve pieni poteri, quasi fosse un generale; può mettere al lavoro un esercito di operai per le opere di scavo. Nel cuore della Russia, Bertand, tuttavia, va incontro ad un "cumulo di catastrofi". I suoi migliori collaboratori muoiono di malaria. I più fidati disertano. Le piogge di primavera minacciano di spazzare via le realizzazioni della prima estate. Appena defluite le acque di fusione, il livello del Don si abbassa in maniera spaventosa. A causa di una primavera arida, il basso livello non permette di riempire d'acqua il canale di collegamento. Bertrand, per colmo di sventura, riceve da Newcastle una lettera della sua amata: è incinta di un altro. Nel tentativo di sfuggire alle preoccupazioni personali, si getta anima e corpo nella sua missione. Approfondendo una sorgente sotto il lago Ivan, spera di aumentare l'apporto del Don, ma, mentre gli uomini di Bertrand stanno procedendo alla perforazione da una zattera, l'acqua di sorgente si disperde negli strati più profondi e inaccessibili. Durante un'ispezione delle opere idrauliche commissionate emerge che nemmeno una barca a remi potrebbe navigare dal Don al Volga. L'ingegnere britannico viene condotto in manette a Mosca dove ascolta la sentenza dello zar: morte per decapitazione.
  
   Con "Le chiuse di Epifanio" Platonov, nel 1927, pubblicò un testo che si rivelò profetico. Non soltanto in senso figurato, ma anche letterale: sette anni dopo la sua pubblicazione, il Cremlino ricomincia ad assumere ingegneri per la costruzione del canale Volga-Don. Stalin vuole emulare in dinamismo Pietro il Grande. Lo zar, che aveva dotato la Russia della flotta, aveva potuto soltanto sognare un collegamento tra la sua nuova capitale e il Mar Bianco, mentre Stalin avrebbe costruito il canale Belomor in venti mesi e, per di più, intende riuscire dove l'impresa Volga-Don di Pietro era fallita, nei pressi del villaggio Petrov Val (il fallimento storico su cui era basato il racconto di Platonov). (...)»
  
- tratto da "Ingegneri di Anime" di Frank Westerman - Feltrinelli -   

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