Casas Viejas, provincia di Cadice, Andalusia. Nella notte fra il 10 e l'11 gennaio del 1933, un gruppo di contadini affiliati alla CNT, riuniti nell'Ateneo Libertario, decidono di dare inizio all'insurrezione, secondo le indicazioni date dalla CNT a livello nazionale. Ignorano di essere del tutto isolati, e non sanno che nelle località vicine l'insurrezione è già fallita. Proclamano il comunismo libertario e la proprietà comune della terra, danno agli archivi del catasto, bruciano gli atti di proprietà e danno inizio alla distribuzione di cibo. Al mattino, dopo aver destituito il sindaco armati di pistole e fucili da caccia, circondano la caserma della Guardia Civil ed intimano al sergente e alle tre guardie di arrendersi. Al loro rifiuto, avviene una sparatoria in seguito alla quale il sergente ed una delle guardie rimangono gravemente feriti.
Alle 2 del pomeriggio dell'11 gennaio, una squadra formata da 12 guardie civili al comando del sergente Anarte arriva a Casa Viejas, libera i colleghi che erano stati rinchiusi nella caserma e prende il controllo del villaggio. Tre ore più tardi sopraggiunge un altro gruppo di rinforzo della polizia, sotto il comando del tenente Gregorio Fernández Artal: 4 guardie civili e 12 guardie d'assalto. I presunti responsabili dell'attacco alla caserma vengono arrestati, e due di loro, sotto tortura, accusano i due figli ed il genero di Francisco Cruz Gutierrez, soprannominato Seisdedos, un carbonaio di 72 anni affiliato alla CNT che vive con la famiglia in una capanna di pietre e fango. Nel tentativo di abbattere la porta della casa di Gutierrez, una guardia d'assalto rimane uccisa ed un'altra viene seriamente ferita. Un ulteriore tentativo, alle 10 della notte, di espugnare la capanna, fallisce. Qualche tempo dopo la mezzanotte, una compagnia di 40 Guardie d'Assalto, comandate dalcapitano Rojas, arriva a Casas Viejas. Gli ordini sono precisi e provengono dal Direttore Generale della Sicurezza, Arturo Menéndez: la rivolta deve essere stroncata, "aprendo il fuoco, senza pietà, contro chiunque spari sulle truppe".
Il capitano Rojas ordina ai suoi uomini di attaccare la capanna con fucili e mitragliatrici, quindi di incendiarla. Due degli occupanti, un uomo ed una donna, vengono abbattuti mentre tentano di correre fuori per sfuggire alle fiamme. Sei persone muoiono carbonizzate dentro la baracca: fra cui Seisdedos, i suoi due figli, il genero e la nuora. L'unica sopravvissuta è la nipote di Seisdedos, Maria Silva Cruz, conosciuta come "la Libertaria".
Alle 4 del mattino, Rojas forma tre pattuglie ed ordina loro di setacciare il villaggio ed arrestare tutti i militanti. La disposizione è di far fuoco al primo segno di resistenza. Antonio Barberán Castellar, di 74 anni, viene ucciso ed un altra dozzina di sospettati vengono arrestati e portati ammanettati davanti alle rovine della capanna di Seisdedos. Lì, il capitano Rojas ed i suoi uomini li uccidono a sangue freddo.
Subito dopo, abbandonano il villaggio. Il massacro è finito. Diciannove uomini, due donne ed un bambino sono morti. E tre guardie. Altri, molti, nei giorni seguenti verranno torturati e tenuti in prigione. L'ultima vittima sarà Maria Silva Cruz, "la Libertaria", la nipote di Seisdedos e l'unica sopravvissuta. Nel luglio del 1936, la zona dove c'è Casas Vejas cadrà nelle mani dei fascisti. Maria, in quei giorni viveva a Paterna, un villaggio vicino. I franchisti l'andranno a cercare, la scoveranno e la uccideranno.
Oggi, le case di Casas Viejas sono tutte ... nuove.
Dove sorgeva la capanna di Seisdedos, in Dr. Rafael Bernal, 32, hanno costruito un albergo di lusso. Volevano chiamarlo "La Libertaria". Poi hanno deciso di chiamarlo "Hotel Utopia".
Nel paese c'è un interessante museo archeologico della Cadice preistorica; Ruben, il giovane che lo gestisce, organizza delle visite guidate sul luogo del massacro avvenuto nel 1933.
Gli unici edifici, risalenti a quei giorni ed ancora in piedi sono la chiesa e, proprio accanto, la caserma della Guardia Civile.
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