Durante la rivoluzione del 25 gennaio 2011, gli egiziani dicevano che il risultato principale della rivoluzione è stato quello di non aver più paura. Due anni e due mesi dopo, sotto il regime militare del CSFA, o quello dei Fratelli musulmani ed i loro alleati salafiti e jiadisti, malgrado l'uso regolare, da parte delle forze di polizia, di pallottole vere contro i manifestanti pacifici, che hanno fatto migliaia di feriti e centinaia di morti, malgrado le innumerevoli condanne alla prigione, malgrado i tribunali militari per i civili, le violenze delle milizie islamiche, le detenzioni illegali, la tortura anche nei confronti dei bambini,i centri di detenzione illegali dove si dà mano libera al sadismo dei torturatori, l'obbligo ai test di verginità nei confronti delle manifestanti, i loro frequenti stupri, malgrado gli arresti arbitrari, le menzogne, la fabbricazione di prove, i falsi esami medici, le varie leggi che restringono o proibiscono scioperi e manifestazioni, malgrado la legge marziale ed il coprifuoco, malgrado i carri armati nelle strade, davanti alle scuole e alle fabbriche, malgrado le minacce dei capi religiosi musulmani o cristiani nei confronti dei manifestanti che finiranno a bruciare all'inferno, malgrado gli appelli alla calma e alle manifestazioni pacifiche da parte dell'opposizione laica del FSN, malgrado la denuncia, da parte loro, dei manifestanti che si difendono come possono di fronte alla violenza istituzionale, malgrado i suoi progetti attuali di governare insieme ai salafiti e ai Fratelli musulmani, malgrado tutto questo, la violenza poliziesca del regime non fa più rientrare la gente, terrorizzata,a casa, ma, al contrario, li fa scendere in strada, ancora più numerosi, ancora più arrabbiati, ancora più determinati e coscienti.
Al punto che lo sport nazionale sta diventando l'incendio delle prefetture, dei commissariati, delle auto della polizia e di tutti gli edifici appartenenti alla polizia, ma anche ai Fratelli musulmani ed al loro partito, insieme al blocco delle strade e delle vie ferroviarie. E non si tratta solo del passatempo dei giovani militanti rivoluzionari, nelle grandi città, ma anche di quello di tutto un popolo perfino nel più piccolo villaggio del paese. Questo ora che - lo si è visto soprattutto nei mesi di febbraio e marzo 2013 -la paura ha cambiato di campo: i poliziotti e gli islamisti hanno paura e tutto il mondo lo può vedere. Fino a poco tempo fa, anche dopo la rivoluzione, contro le violenze dello stato o degli islamisti, si piegava la schiena, si sperava al più in un'inchiesta e si protestava pacificamente nella strada. La polizia usava la violenza contro queste manifestazioni ed ha ricominciato. Solo una minoranza osava alzare la testa e rispondere. La stampa, sempre più spesso, era d'accordo a denunciare la stanchezza del popolo egiziano che non avrebbe più sopportato le violenze esagerate dei suoi giovani rivoluzionari! Oggi, questo stato d'animo è ampiamente superato ed è tutto un popolo che esprime "sangue per sangue" e giustizia popolare diretta.
I poliziotti, umiliati, spaventati, incerti circa il loro avvenire, sotto gli ordini dei Fratelli musulmani di cui ieri erano a caccia, si sanno odiati da un popolo che non ha più paura di loro, riempiono gli ospedali psichiatrici o entrano in sciopero come a marzo, messi di fronte alle scelte dettate da una logica infernale: continuare ad uccidere e torturare sempre di più; arrendersi, sventolando una bandiera bianca, come si è visto fare a certi poliziotti, a Port Said in febbraio; o fare ancora pressione sul governo, come hanno fatto a marzo, domandando le dimissioni del ministro dell'interno ed un'altra politica sociale che non faccia più di loro i capri espiatori della collera popolare. In ogni caso, lo stato di polizia è in bancarotta.
Lo stesso vale per gli islamisti. Si vedono al Cairo dei taxi con la scritta "VIETATO AI FRATELLI MUSULMANI", i predicatori nelle moschee denunciano gli islamisti che sono dei falsi musulmani, i credenti nelle moschee cantano "A morte M.Badie" (Badie, il dirigente dei Fratelli musulmani), i manifestanti bruciano le bandiere del Qatar, delle donne hanno linciato dei salafiti che tentavano di molestarle, ancora delle donne hanno sfilato armate di coltelli da cucina minacciando tutti i molestatori, soprattutto islamisti, sempre delle donne si denudano davanti agli schermi di Internet, proclamando la libera disposizione dei propri corpi contro ogni religione, dei giovani conferenzieri di 18 anni fanno delle conferenze molto seguite sull'ateismo, dentro le moschee, centinaia di migliaia di manifestanti scandiscono slogan che identificano islamismo e fascismo.
La "Battaglia della collina" è stata la parte visibile di questo terremoto mentale. La religione di obbedienza saudita, concepita come una polizia dello spirito, è diventata insopportabile quanto lo stesso stato di polizia. Questo islam, imposto al popolo dai regimi militari di Sadat e Moubarak da tutta una serie di pressioni alle famiglie che mettevano il velo alle proprie figlie, e poi con i Fratelli musulmani, in un quadro di divisione dei poteri, dei sindacati professionali e della pubblica carità, ora tutta questa prigione mentale si disgrega.
Un aneddoto rivelatore: all'Università Al Ahzar del Cairo, prestigioso epicentro medio-orientale del conservatorismo religioso dominato dai Fratelli musulmani e dai Salafiti, dove le risate e la musica non sono ben visti, uno studente con la chitarra - come si immagina un hippie degli anni'60 - ha cominciato a suonare ed attorno a lui tutti quanti si sono messi a cantare, mentre in questo tempio della spiritualità e della misoginia c'è un movimento di sciopero che dura da più di una settimana ... per il miglioramento dei pasti, dei dormitori e per un maggior rispetto delle donne. Nell'Università britannica del Cairo, dove gli studi commerciali assumono per pochi soldi, gli studenti sono entrati in sciopero, chiedendo le dimissioni del direttore ed esigendo che si smetta di fare l'apologia del profitto all'interno degli studi. Il santo Corano o il santo Capitale ... tutti scappano!
Con la disgregazione della polizia e dell'autorità dei Fratelli musulmani e degli altri islamisti, è l'autorità stessa dello Stato che si disgrega, aprendo la porta alla democrazia diretta, come sperano alcuni, o al caos, come temono altri. Secondo Hani Shukrallah, uno degli editorialisti più letti del paese, l'Egitto è entrato in una nuova traiettoria storica, dello stesso tipo di quella che seguì alla disfatta di Napoleone sotto le piramidi, per Mohamed Ali, o dello stesso tipo di quella che seguì all'indipendenza, con Nasser. Con la disgregazione dell'autorità dello stato e della religione, l'emergere delle milizie islamiste, si può certo temere la possibilità di un'evoluzione di tipo somala, ma egli crede piuttosto a quell'Egitto dalla cultura multi-millenaria e ad una sorta di democrazia diretta dove il popolo prende più pienamente in mano il suo futuro.
Abbiamo visto, a febbraio e marzo, a Mahalla el Kubra o a Kafr el Sheikh, ma anche in certi villaggi, i tentativi da parte dei manifestanti di prendere in mano l'autorità municipale. Sembra che queste esperienze siano state più simboliche e momentanee, che reali e durevoli. Lo stesso è successo con la Polizia del Popolo a Port Said e con le sue prigioni per islamisti. Ma la strada è tracciata. Sicuramente, l'opposizione laica raggruppata nel FSN, dai liberali a certi facebookers trotskisti , si oppone con tutte le sue forze a questa democrazia diretta che assimilano al caos, mentre continuano a giurare sullo stato e sulle elezioni, anche se tutti gli egiziani hanno potuto verificare, con l'esperienza, che le elezioni non hanno niente di democratico e che improvvisamente la partecipazione alle elezioni è crollata.
Ma è quello che si è visto, soprattutto nella "battaglia delle colline", come si era già visto un poco nelle manifestazioni del dicembre 2012 e gennaio 2013, e che, come ha scritto un blogger (Bigpharaoh) , non avevamo più a che fare con "protestatari chic e con i facebookers di Heliopolis (quartiere chic del Cairo). Il quartiere di Moqattam, dove si trova la sede dei Fratelli musulmani, si è trovato circondato dai quartieri popolari e dalle bidonville, l'opposizione raffinata del FSN non è riuscita a controllare la rabbia della classe operaia ... Uno dei candidati socialisti di estrema sinistra alle presidenziali si è ritrovato con un braccio rotto dai manifestanti quando ha cercato di proteggere dei Fratelli musulmani, erano emerse delle milizie popolari di auto-difesa fra cui, la più mediatica fra di esse, i Black Bloc egiziani (...) Come ad Alessandria, dove quelli che avevano saccheggiato la sede dei Fratelli musulmani provenivano sempre dai quartieri popolari, e ne avevano abbastanza di vedere i Fratelli musulmani ed i Salafiti controllare la distribuzione del pane e del gas. (...) Questo è l'inizio di una rivoluzione della fame."
L'Egitto sta conoscendo, in effetti, una grave crisi del gas in bombola, del gasolio e del pane, tutti generi che stanno alla base della vita delle classi popolari. L'Egitto importa il 60% del suo gasolio e ne sovvenziona il suo costo, per due terzi, con il prezzo al consumo, sono circa 55 miliardi di lire egiziane ogni anno. Ora le riserve in dollari dello stato egiziano si sono prosciugate e non si trova più nelle condizioni di poter pagare l'importazione di gasolio. In cambio del suo aiuto, l'FMI ha chiesto un'ulteriore liberalizzazione dell'economia egiziana (in parte ancora dominata dallo Stato e, soprattutto, dall'esercito) e dei tagli drastici alle sovvenzioni per i prodotti di prima necessità. Per adesso, lo Stato, prima di abbassare le sovvenzioni, ha aumentato le tasso ed ha diminuito la distribuzione delle bombole di gas e del gasolio, provocando una grave penuria ed un innalzamento selvaggio dei prezzi al mercato nero.
A volte, occorre fare la fila per ore ed ore, se non una giornata intere, per fare il pieno di gasolio sovvenzionato. Molti camionisti, autisti di autobus e microbus, contadini con il trattore, non riescono più a trovare il carburante necessario per il loro lavoro. Il mercato nero si sviluppa sempre più. Qualcuno pensa che gli alti funzionari e le stazioni di servizio rubino, questi ultimi ricevendo, e rivendendo al mercato nero, più di quello che mettono in vendita a prezzo sovvenzionato. Le conseguenze sono dei significativi aumenti dei prezzi che investono tutti gli altri prodotti. Frutta e legumi, per esempio, il cui prezzo si è visto sovente moltiplicarsi in poco tempo per due o per tre. Ma ci sono anche i bus scolastici che fanno gasolio e non riescono ad assicurare il trasporto degli studenti, molti dei quali non riescono ad andare a scuola, soprattutto nei piccoli villaggi, ponendo numerosi problemi ai genitori. Nel mentre si avvicina il periodo degli esami, durante il quale 18 milioni di studenti hanno bisogno di spostarsi, nel paese.
I maggiori problemi derivano dalle interruzioni di elettricità, dovute al fatto che le centrali viaggiano a gasolio. Il ministero del petrolio ha già minacciato il ministero dell'elettricità di voler cessare di rifornire quest'ultimo di gasolio, se non paga più di 50 miliardi di debito. L'estate scorsa era già stata caratterizzata da delle significative interruzioni di corrente elettrica nei quartieri popolari (non in quelli ricchi), in un momento in cui le temperature arrivano a dei livelli altissimi e c'è pertanto bisogno di refrigeratori e climatizzatori. Questo aveva provocato, per tutta l'estate delle sommosse popolari e il rifiuto di pagare le bollette. Ora, già nelle ultime settimane, ci sono state di nuovo delle interruzioni di elettricità.
Ma il più grande di tutti i problemi è quello dei fornai e del pane. In effetti, i panifici pubblici, che producono e vendono il pane sovvenzionato, base dell'alimentazione dei più poveri, non hanno ricevuto la loro quota di gasolio sovvenzionato, cosa che ha già provocato penuria. Ma si teme soprattutto quello che il governo ha già annunciato: tessere di razionamento del pane sovvenzionato nel giro di due mesi, a partire da Port Said. Così, il ministero dell'alimentazione è stato saccheggiato per la seconda volta, la settimana scorsa, e ci sono state decine di piccole insurrezioni, blocchi stradali e ferroviari, assalti alle stazioni di servizio, che si sono succeduti nella stessa settimana, in tutto il paese, da sud a nord, per esigere il gasolio sovvenzionato.
A tutto questo, si aggiungono gli aumenti multipli delle tasse che hanno già alimentato la rabbia popolare nel dicembre 2012, davanti alla quale il governo ha fatto marcia indietro. Ma adesso tornano alla carica sotto la pressione del FMI. E' stato annunciato per questo mese un innalzamento delle tasse del 200% sulla birra, e del 100-150% sul vino. E, naturalmente, la cosa è stata spiegata con dei motivi religiosi. Lunedì scorso, il ministro dell'aviazione ha annunciato che verrà proibito la vendita di alcol, nei negozi duty-free degli aeroporti. Il governo, da parte sua, ha annunciato che le licenze per la vendita di alcolici non verranno più rinnovate facilmente, e che ne sarà proibita la consumazione nei quartieri della periferia del Cairo. E già dal 6 ottobre, nella città del Cairo non si trova più, un solo negozio autorizzato alla vendita di alcolici che venda le birre locali (Sakara, Meister, Rex, Stella) e quelle straniere.
Ma l'Egitto non è per niente fondamentalista, ci sono decine di milioni di egiziani che bevono, soprattutto birra. Anche gli integralisti, islamici o copti, bevono segretamente, e anche no. Questo ha fatto sì che le distillerie e i fabbricanti di alcol, più o meno clandestini, imprese familiari o anche più grandi, si moltiplicassero. Questo non c'entra niente col rifiuto dell'islamismo rigoroso dei Fratelli musulmani, o dei salafiti e con l'incendio ed il saccheggio dello loro sedi. Dopo tutto, la rivoluzione francese è cominciata con le proteste e le sommosse, alle porte di Parigi, contro le tasse supplementari che si volevano imporre sul vino. Ed Engels ha descritto, ai suoi tempi, le sommosse della birra di Baviera.
In ogni caso, gli egiziani sanno che il governo non potrà più imporsi con la sua polizia della morale e della mente. Il fallimento totale del coprifuoco che ha voluto imporre in febbraio nelle città del canale di Suez, mostra che la sua perdita di autorità non fa altro che spingere sempre di più il popolo egiziano contro tutti i fondamentalismi, e verso quella che viene chiamata "la disobbedienza civile", e che invece dovrebbe essere chiamata "sciopero generale", dal momento che il rifiuto di pagare le tasse, le imposte e le bollette elettriche, il rifiuto di obbedire alle autorità statali si mescola al rifiuto di obbedire ai padroni, per mezzo di scioperi multipli che coinvolgono operai, impiegati, studenti, giornalisti, insegnanti, avvocati, medici, negozianti e artigiani, nella ricerca della loro propria amministrazione diretta.
Lo spostamento del nucleo centrale della rivoluzione, dalle questioni politiche verso le questioni economiche, la gestione progressiva della rivoluzione da parte dei più poveri non è altro che la trasformazione progressiva della rivoluzione democratica in rivoluzione sociale, la ricerca, non solo di una democrazia politica diretta, ma anche di una democrazia economica, la rimessa in discussione della proprietà.
La rivoluzione egiziana è appena cominciata.
Jacques Chastaing, le 25 mars 2013
fonte: http://juralib.noblogs.org
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