"[…] Migliaia di anni prima il lavoro era stato parcellizzato in compiti sempre uguali, in organizzazioni in cui le persone erano parti intercambiabili. Doveva essere così: era la base di un'economia produttiva. Ma era facile individuare una volontà all'opera dietro tutto questo: non esattamente una volontà maligna, ma di certo egoista. Chi aveva creato il sistema era geloso, non dei soldi e non del potere, ma delle storie. Se i dipendenti rientravano a casa alla fine della giornata con storie interessanti da raccontare, significava che qualcosa non aveva funzionato: un blackout, uno sciopero, una strage. Le Autorità Costituite non tolleravano che altri comparissero in storie personali, a meno che non si trattasse di storie false inventate per motivarli. Chi non riusciva a vivere senza storie era finito nei concenti o faceva lavori come quello di Yul. Tutti gli altri dovevano cercare qualcosa al di fuori del lavoro per sentirsi parte di una storia, e immaginai che fosse quello il motivo per cui i secolari erano così assorbiti dallo sport e dalla religione. Altrimenti come avrebbero potuto sentirsi parte di un'avventura? Qualcosa con un inizio, uno svolgimento e una fine, in cui giocare un ruolo importante? […]"
- Neal Stephenson, - Anathem - Il Pellegrino, pag. 437 -
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