venerdì 4 novembre 2011

Hellas

grecia


La convocazione di un referendum aveva tutte le caratteristiche di un gioco d'azzardo disperato da parte di Papandreou. Perché lo ha fatto? E' probabile che Papandreou avesse scelto l'opzione referendaria per salvarsi la pelle attraverso una manovra "intelligente".
Circondato dai lupi dell'unione europea, Papandreou ha detto "Amen" a tutto, ha firmato tutto ciò che gli è stato messo di fronte, ha stretto mani e ha sorriso a disagio. Ma una volta tornato ad Atene, ha trovato un'atmosfera molto diversa - gas lacrimogeni, rabbia e indignazione.
Un quotidiano greco ha pubblicato una foto dei membri della "task force" europea (anche la lingua è quella di una occupazione militare), con la didascalia: "arriva la forza di occupazione".
Papandreou voleva trasformare tutto quanto in un referendum sul volere o meno rimanere all'interno della zona euro, sostenendo che il NO avrebbe portato all'insolvenza, alla bancarotta ed al caos. Il referendum avrebbe dovuto essere un plebiscito per l'adesione della Grecia all'euro; dal momento che i sondaggi indicano che il 70% dei greci vuole mantenere l'euro.
Probabilmente, aveva calcolato che un referendum avrebbe posto quantomeno un dilemma all'opposizione. Se avesse vinto il SI, avrebbe potuto chiedere il credito per ottenere il consenso del popolo greco ad ingoiare "democraticamente" la medicina amara prescritti dai medici di Bruxelles e di Berlino. Se non ci fosse riuscito, avrebbe potuto dire di essere stato deposto perché voleva lasciare che fossero i greci a scegliere. La cosa rischiava di essere troppo sottile.
Oltre la sua posizione personale, il vero motivo per il referendum era che la mano di Papandreou era stata forzata da un umore sempre più ribelle nel paese. La scommessa di Papandreou si basava sul presupposto che il referendum, in quanto tale, avrebbe ottenuto l'appoggio del popolo.
Troppe supposizioni, che non sono state condivise dalla Merkel e da Sarkozy. E neppure dai mercati. I governi francese e tedesco hanno detto di volere la  "piena attuazione" dell'accordo "nel minor lasso di tempo".
Così, Papandreou è diventato un comodo capro espiatorio per il disastro attuale. Ma non è il colpevole principale. La Grecia è stata spinta in una crisi sempre più profonda proprio dai tentativi, del presidente francese Nicholas Sarkozy e del cancelliere tedesco Angela Merkel, di imporre la propria volontà al popolo greco, usando il ricatto più palese.
Marx aveva sottolineato come, durante un boom economico, il credito sia facilmente ottenibile. Nel folle carnevale del fare soldi, tutti sono ansiosi di dare e di prendere in prestito. Sembra che la festa non finirà mai, ma alla fine finisce sempre. Così l'atmosfera si trasforma nel suo opposto. Il credito si prosciuga. I debiti vengono riscossi. Tutti vogliono denaro sonante. E questo vale non solo per i privati e per le aziende, ma per intere nazioni.
Nel dramma di Shakespeare, Il mercante di Venezia, Shylock insiste sul suo diritto a tagliare una libbra di carne dal corpo vivo di un uomo che non può pagare i suoi debiti. Ora, gli Shylock internazionali chiedono il diritto di ritagliarsi la loro libbra di carne dal corpo vivo di una nazione intera.
Se non viene loro pagato quanto gli è dovuto si rifiuteranno di consegnare i soldi per Atene. La logica è semplice da un punto di vista capitalistico. Non puoi pagare quanto mi devi? Male! Chiedo solo ciò che è mio. Siete disoccupati e siete rimasti senza salari? Non mi riguarda. Pagare! Non hai i soldi per sfamare la tua famiglia? Vendi i tuoi mobili e tutte le tue cose! Ma pagami quello che mi devi!
Il governo eletto di Francia e Germania è ridotto al ruolo di ufficiale giudiziario il cui compito è quello di riscuotere prestiti non pagati e che visitano le case dei poveri per estorcere denaro con minacce e, se necessario, con metodi fisici di persuasione. L'unica differenza è che qui la violenza è in uso, non contro una singola famiglia, ma contro un intera nazione.
Papandreou ha tentato di recuperare una qualche credibilità drappeggiandosi con la bandiera della democrazia: "Noi non realizzeremo nessun programma con la forza", ha detto, "ma solo con il consenso del popolo greco. Questa è la nostra tradizione democratica e chiediamo che essa venga rispettata all'estero".
Sarkozy ha risposto con franchezza brutale: "dare voce alla gente è sempre legittimo, ma la solidarietà di tutti i paesi della zona euro è possibile solo se ognuno accetta le misure ritenute necessarie". In altre parole, gli interessi della zona euro (vale a dire, i banchieri ed i capitalisti della zona euro) devono avere la precedenza sulla democrazia.
Papandreou è stato invitato ad una chiacchierata amichevole con i suoi omologhi francese e tedesco, i quali hanno messo una pistola sul tavolo prima di procedere a quello che gli interrogatori della polizia come "terzo grado". Quindi hanno informato i greci che se un referendum doveva esser fatto, doveva avvenire il 4 dicembre e il quesito doveva essere "SI o NO all'euro", e non sul prestito-accordo, come proposto da Papandreou.
A questo punto, il ministro delle Finanze Evangelos Venizelos annunciava la sua ferma opposizione al referendum.  Così, il loro uomo è diventato Venizelos, un fantoccio più affidabile di Papandreou. Quando Bruxelles schiocca la frusta, Venizelos salta sull'attenti. Lui non fa domande scomode. Lui fa quello che gli viene detto. Ed ha anche i contatti giusti!
Non è per caso che, subito dopo, uno dopo l'altro, i deputati del partito di governo del PASOK ed i ministri del governo hanno iniziato apertamente a dire NO al referendum, alcuni addirittura dichiarando che non avrebbero dato al governo un voto di fiducia il Venerdì! Eppure, solo 24 ore prima l'intero gabinetto aveva sostenuto all'unanimità l'appello di Papandreou per un referendum. Che succede ad Atene?
E 'chiaro che i governanti reali della Grecia sono Sarkozy e Merkel. Loro muovono i fili e gli elementi della borghesia dentro il governo danzano. Il governo del PASOK ha eseguito lealmente i dettami dei banchieri greci ed europei, e dei capitalisti. Hanno fedelmente eseguito i tagli che Bruxelles ha chiesto. Ma hanno pagato un prezzo pesante. La base elettorale del PASOK si è ridotta va poco più del 15%, nei sondaggi più recenti.
L'atteggiamento della borghesia verso un governo socialdemocratico o laburista è sempre lo stesso: usa e getta. Il governo "socialista" non era più adatto allo scopo. Era diventato un governo debole - troppo debole per effettuare i tagli profondi al tenore di vita che sono richiesti da parte dei creditori della Grecia. La borghesia si prepara a passare il bastone ai partiti di destra. Solo che c'è una piccola difficoltà: la destra non è molto più forte del PASOK.
Papandreou dovrebbe dimettersi, ma questo non significa necessariamente elezioni anticipate. Di fatto, manovre ed intrighi per formare una sorta di governo di unità nazionale sono in corso da qualche tempo.
Fino ad ora (cioè fino ad oggi), la Nuova Democrazia ha insistito sul fatto che in nessun caso sarebbe disposto a far parte di un governo nazionale. Ma un paio di telefonate da Berlino sono stati sufficienti per convincerli del loro errore. Ora il "nazionalista" Samaras è pronto a cantare una canzone diversa. Un governo nazionale del PASOK-ND ora è sulla carta. Un governo di crisi.
L'idea che un governo di unità nazionale darebbe stabilità alla Grecia è solo una stupida illusione. Sarebbe un governo di crisi fin dall'inizio e con ogni probabilità non durerebbe a lungo. La principale vittima sarebbe il PASOK, che vedrebbe crollare del tutto i suoi voti.
Il disgusto diffuso per il PASOK dovrebbe portare ad un aumento del sostegno per il KKE e il Synaspismos. Il problema per la borghesia è che l'altra parte principale in Parlamento, la Nuova Destra, non è abbastanza forte per governare da sola. I sondaggi d'opinione la danno solo al 30%.
Per ottenere una larga maggioranza dovrebbe formare una coalizione con il Laos, il partito di estrema destra di Karatzaferis. LAOS ha ora il 6,7% ma secondo i sondaggi, può arrivare fino al 9%. Insieme alla ND, questo porterebbe al 39%, che, anche se è lontano dall'essere una solida maggioranza, potrebbe dare loro qualcosa come 168 deputati in parlamento (su un totale di 300 posti a sedere). E questo a causa di un cambiamento della legge elettorale.
E' in mezzo a tutto questo fermento che è arrivata la notizia, inaspettata e intrigante, che il ministro della Difesa Panos Beglitis aveva deciso di sostituire tutta la leadership delle forze armate greche. La sostituzione del Capo di Stato Maggiore Generale, ed i capi della Marina, dell'Aeronautica Militare e delle Forze di Terra è stata subito condannato da tutti i partiti dell'opposizione, che chiedevano spiegazioni per questa azione "antidemocratica".
E 'possibile che queste azioni siano in risposta alla minaccia di un colpo di stato militare? Che ci siano sezioni nelle alte sfere dell'esercito (non solo in Grecia) che non sarebbero contrarie ad una avventura è molto probabile. Ma i ricordi della brutale giunta militare di 1967-1974 sono brucianti nella coscienza del popolo. Qualsiasi tentativo di muoversi in questa direzione significherebbe la guerra civile, che la classe dominante non sarebbe sicura di vincere. Lungi dal risolvere i problemi del capitalismo greco, renderebbe le cose mille volte peggio e sarebbe estremamente pericoloso dal punto di vista della classe capitalista.
Alcuni commentatori hanno sottolineato che il governo greco ha molto più da temere da ex-ufficiali che protestavano contro i tagli delle pensioni.
La crisi greca mostra come i borghesi abbiano perso il controllo della situazione. Merkel e Sarkozy parlano di piani e strategie, ma in realtà sono tutti dipendenti da ciò che accade in Grecia, in Italia e in Spagna e dagli ultimi spasmi convulsivi dei mercati internazionali.
Le implicazioni della crisi greca per l'Europa e l'economia mondiale sono molto gravi. Mesi fa il presidente Obama ha avvertito che le prospettive di una ripresa dell'economia americana dipendevano da una soluzione del problema greco. Il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, ha recentemente dichiarato che un referendum fallito in Grecia, "sarebbe un disastro". Se la Grecia viene espulsa dalla zona euro, si scatenerà l'inferno.
Si parla di un "default parziale e controllato", ma è nel contesto di una situazione incontrollata. Ed inoltre è fraudolento, dal momento che non è chiaro se le banche abbiano acconsentito ad accettare una perdita del 50%. Questo cosiddetto "taglio di capelli" significa una riduzione del debito per 100 miliardi di euro. Ma la Grecia dovrà dare quasi 30 miliardi alle banche greche per aiutarle ad assorbire questo taglio, ed anche quasi 13 miliardi di euro per le istituzioni pensionistiche greche. Quindi il vero "vantaggio" sarà di 60, 70 miliardi di euro. Ma il debito rimane sempre di 360 miliardi.
Tutto ciò che i cosiddetti piani di salvataggio per la Grecia hanno ottenuto è stato di spingere il paese in una profonda recessione. Quest'anno il PIL è sceso del 7% e il prossimo anno cadrà di oltre il 3%. E questa è solo la variante più ottimista! Aumento della disoccupazione e caduta degli standard di vita porteranno ad un'ulteriore riduzione della domanda, portando a una ancor minore attività economica, ad un calo delle entrate fiscali e, quindi, ad un deficit ancora maggiore. Come farebbe la Grecia a pagare i suoi debiti in simili circostanze è un mistero al cui confronto la quadratura del cerchio è un gioco da ragazzi.
Ma le cose non si fermano qui. Si ipotizza sempre più che la Francia si trovi di fronte a un "downgrade", proprio a causa dell'esposizione delle sue banche rispetto alla Grecia. Questo significherebbe la nascita di un abisso tra Nord e Sud, che minaccerebbe di provocare una scissione e la disgregazione della zona euro, e anche della stessa UE. Questo a sua volta potrebbe inaugurare un altra recessione globale.
Si tratta di uno scenario catastrofico per il capitalismo mondiale.
L'idea, popolare in alcuni ambienti di sinistra (come il KKE), che la Grecia possa risolvere i suoi problemi tornando alla dracma, è sciocco e miope nei casi estremi. La dracma precipiterebbe immediatamente, portando ad un'iper-inflazione come in Germania nel 1923. Ci sarebbe un assalto alle banche, causando un collasso del sistema bancario greco, ed una massiccia fuga di capitali dalla Grecia. Il crollo risultante sarebbe di gran lunga peggiore di tutto quello che il paese ha vissuto negli ultimi 18 mesi.
L'idea che una svalutazione della dracma consentirebbe di aumentare le esportazioni della Grecia è anche sbagliato. Essa presuppone che gli altri paesi UE sarebbero disposti a stare con le braccia conserte mentre i loro mercati sono invasi da merce greca a buon mercato. Tuttavia, è ovvio che un allontanamento dalla zona euro sarebbe solo una preparazione per l'espulsione della Grecia dalla stessa UE. Al di fuori del blocco commerciale, la Grecia non avrebbe vita facile. Sarebbe soggetta a misure protezionistiche di ogni tipo.
All'interno o all'esterno dell'Unione europea non c'è futuro per la Grecia, su base capitalistica.
Il vero problema è che la Grecia non può pagare. Non si può cavare sangue da una pietra. Alla fine, tutti i sacrifici del popolo greco saranno vani. Anche secondo le più rosee aspettative, il deficit della Grecia sarà ancora in piedi al 120% del PIL entro il 2020. Ciò significa che la Grecia sarà ancora di fronte alla prospettiva di anni, ed anche decenni di austerità dura. Già la situazione in Grecia è disastrosa, le condizioni stanno peggiorando ogni giorno, le scuole sono in crisi, gli ospedali sono senza medicine, le persone stanno tornando ai villaggi in cerca di cibo, la metropolitana di Atene ha solo un treno ogni mezz'ora. Salari e pensioni del settore pubblico sono calati di quasi la metà (48%), e nel settore privato del 60-65%.
Intanto i lavoratori greci si battono per sconfiggere i piani delle grandi imprese di togliere tutto quello che è stato ottenuto attraverso la lotta negli ultimi decenni. I sindacati si stanno preparando per una nuova ondata di scioperi. Michalis Yagouris, il presidente del sindacato dei dipendenti del trasporto pubblico metropolitano, ha recentemente dichiarato: "Non vogliamo un nuovo governo o un referendum. Vogliamo un cambiamento nella politica".."Vogliamo sapere cosa accadrà al nostro lavoro, ai nostri livelli salariali alle aziende in cui lavoriamo", ha detto il sindacalista di trasporto. Ha detto che le misure adottate finora non implicano il recupero vero e proprio delle aziende di trasporto. Circa 1.200 dei circa 9.000 dipendenti della metropolitana, del trenino elettrico, degli autobus, dei filobus e dei tram, sono stati licenziati lo scorso anno. E il loro numero aumenterà. "Se hanno un piano per gestire le aziende con un minor numero di persone a salari più bassi, ce lo devono dire", ha detto il sindacalista, aggiungendo: "ma tagliare solo il personale, senza un piano su come gestire il trasporto, non è una soluzione. "
La lotta di classe non si muove in linea retta. I periodi di enorme esplosione sono seguiti da pause temporanee. Ma ciò che è straordinario sulla Grecia è la determinazione enorme e la resistenza dei lavoratori. Dopo lo sciopero generale di 48 ore, i lavoratori in molti luoghi sono rimasti in sciopero, soprattutto nel settore pubblico. Alcuni lavoratori del settore pubblico hanno occupato i punti chiave dello Stato, come il Ministero degli Affari Interni. La borghesia è terrorizzata e ci sono appelli ogni giorno al governo per fermare le occupazioni.
I lavoratori greci hanno dimostrato la loro volontà di combattere, ma i dirigenti sindacali non propongono nulla di concreto per la continuazione della lotta.
Nelle condizioni attuali, ci saranno ulteriori attacchi al tenore di vita. Ma questo servirà a fare infuriare i lavoratori, portando ad ulteriori movimenti disperati. In queste condizioni, una rivolta insurrezionale contro un governo di destra non si può escludere a questo punto.
Nel prossimo periodo, ci saranno battaglie di classe, ma anche periodi di tregua, sconfitte e violente oscillazioni dell'opinione pubblica a destra e a sinistra. Che è nella natura delle cose. Ma data la natura estrema della crisi, e l'incapacità della borghesia di ristabilire qualcosa che assomigli alla stabilità, ogni tregua sarà solo una preparazione per nuovi sconvolgimenti ancora più estremi.
Alcuni greci ricchi hanno già votato! Anticipando un disastro, la borghesia greca sta lasciando il paese. Paul Mason, il redattore economico di Newsnight della BBC ha detto: "prove aneddotiche suggeriscono che l'élite greca sta comprando delle proprietà a Londra più velocemente che può. Stanno portando via i loro yacht, sulla base che il gioco è finito. In qualsiasi futuro della Grecia, loro si vedono a dover cominciare a pagare le tasse. E non vogliono farlo".
La borghesia non può che pensare a breve termine. Vivono giorno per giorno, improvvisando dei cosiddetti "piani" che non risolvono nulla. Essi cercano di evitare una crisi qui ed ora, facendo passare quelle misure che invece accumulano problemi nuovi. Questo è ciò che passa per "politica realistica" al giorno d'oggi. In realtà, non è realismo, ma solo il cieco che guida il cieco verso un abisso.
La borghesia è terrorizzato alla prospettiva di un ulteriore collasso economico e allo sconvolgimento sociale che comporterebbe. Ma non possono fare nulla per impedire né una cosa né l'altra. Qualunque cosa facciano ora sarà sbagliata e la classe operaia greca non ha ancora detto l'ultima parola. Quando avranno un programma e una prospettiva internazionale, non ci sarà nessuna forza al mondo capace di fermarli.

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