Una lettera di licenziamento rivela all'improvviso la realtà del nuovo mondo nascosta sotto i miti della flessibilità e della comunicazione. Per dare forma al trauma, ritrovare le parole perdute e la possibilità di pensare un futuro, il protagonista di questa storia si trova precipitato in un viaggio vertiginoso dal presente al passato e ritorno, e costretto dal suo stesso smarrimento a orientarsi secondo tracce deboli e vaghe come le trame di certi romanzetti psichedelici letti durante l'adolescenza. La corsa attraverso gli anni riporta alla luce imbarazzanti verità pubbliche e private, come i segreti militari di un padre coinvolto nelle pagine più oscure della Repubblica o le velleità di un adolescente sospeso tra goffe esplorazioni sessuali e urgenze rivoluzionarie. Storie emerse dagli abissi di una guerra civile a torto definita «fredda», capace di dividere le famiglie e spargere sangue nelle strade, mescolando violenza, speranza e utopia, ma combattuta sulla superficie di un mondo già cambiato in profondità, già scosso dai germi del nostro presente fatto di precarietà e specchi di seduzione.
(dal risvolto di copertina di "Piove all'insù", di Luca Rastello. Bollati Boringhieri. Pagg.272, €19)
La formidabile arma letteraria dell'antiretorica
- di Maurizio Crosetti -
La potenza oscura dell'adolescenza e dei sogni, la forza dirompente degli errori, il disegno della città che riposa nel silenzio, a ritroso, mentre si prova a rispondere alla domanda cruciale: io dov'ero, mentre il genere umano cambiava?
Luca Rastello ci ha lasciato da ormai nove anni, ma insieme al dolore della perdita ci ha consegnato la luce delle sue parole e le visioni su un futuro remoto che lui sapeva scorgere vicinissimo. Altrimenti, non avrebbe scritto indimenticabili reportage per Diario o Repubblica, e neppure libri come "La guerra in casa" (Einaudi) - trovate voi un titolo più attuale, sebbene la prima edizione risalga al 1998 - o "I Buoni" (Chiarelettere), che tratta le ipocrisie di una certa ideologia umanitaria e che tante grane causò all'autore e alle sue asprezze, alla sua sincerità, a quel modo di tenere sempre la schiena dritta. Soprattutto non gli sarebbe fiorito tra le dita questo miracolo di romanzo, "Piove all'insù" (Bollati Boringhieri), uscito nel 2006 e fortunatamente mai fuori catalogo e ancora ristampato, com'è giusto accada ai grandi classici. Luca Rastelli lo è. Ed è stato un formidabile, coraggioso giornalista libero, un cane sciolto che salvò profughi nei Balcani e aiutò nel concreto tanta gente. Anche per questo non va dimenticato. Nel romanzo c'è un protagonista, Pietro Miasco, che durante il movimento giovanile del '77 era liceale a Torino e che molti anni dopo racconta quest'epoca a una donna. Lo fa scrivendo e-mail dove il tempo circolare del "romance" si alterna a un procedere spiraliforme, nel quale i ricordi di un bambino, le figure cruciali dei genitori, «approssimazioni di uomini, come noi», i paesaggi non solo urbani (ma Torino è protagonista della trama) sono le sincopi di una scrittura memorabile, lirica e asciutta nello stesso tempo. Assemblee, picchetti, occupazioni, cortei, fughe,manganelli. Si è detto che "Piove all'insù" è il miglior romanzo sugli anni Settanta italiani. Forse, invece, è molto di più. Uno splendido romanzo, e basta, indimenticabile e necessario. «Dove si è decisa la guerra dei vivi e dei morti?» La rivoluzione ha un corpo molle, scappa via dappertutto. La città è un reticolo di vento, la proverbiale scacchiera di strade ottagonali dove, però, contano soprattutto i percorsi laterali e sghembi, le curve improvvise. I corsi d'asfalto e pietra, larghi e lunghi, sfiorano il ventre della Fiat, la cui immortale immanenza scandisce il racconto, la lotta reale e immaginata, il fallimento di molte intenzioni, se possibile con un residuo di dignità. La sfasatura temporale è anche fisica, cominciando dagli acquazzoni che si abbattono da un cielo color calce con una furia che fa rimbalzare al contrario le gocce di pioggia, un diluvio appunto all'insù, non solo metafora ma agente meccanico attorno a corpi in tumulto.
Un romanzo di formazione, «lungo questa lenta uscita dalla certezza», con il rapporto tra figlio ribelle e padre carabiniere a far da cardine alle asimmetrie. Luca Rastello aveva immaginato di scrivere una fiction sul golpe Borghese, ma subito si accorse che l'incandescenza del materiale a disposizione gli avrebbe spalancato universi. Non a caso, quattro sezioni vengono chiuse da trame di romanzi Urania, quella fantascienza che i ragazzi leggevano per avere conferma che un altro mondo è possibile, quasi uno scarto psichedelico per chi voleva essere allucinante, irritante e ribelle pur nello smarrimento. Bambini dentro corpi adulti scoprono amori strambi, triangolazioni di cui sfugge il senso ma non la percezione: altre tempeste in senso inverso.
Rastello ci dice che "gli anni di piombo" (definizione che detestava) non sono da rigettare, perché contenevano utopia e felicità e rafforzarono le impalcature dei cantieri interiori verso un diverso orizzonte. La notte profonda ci chiama, ci fa ciao da un tempo lontanissimo e nostro, è «il senso inutile di una sconfitta onorevole, ma anche il riflesso lucente sull'orlo delle pozzanghere. Nella lettura si schiudono spazi di vertigine procedendo, come quelle gocce da diluvio universale, dall'alto verso il basso e poi ancora su. Un silenzio selvatico nel mezzo d'un mattino di furia, nel mezzo d'una città velenosa». La corsa a ritroso ci riporta al primo ottobre 1977, quando una molotov uccise lo studente Roberto Crescenzio nel bar Angelo Azzurro, a Torino: lo misero, carbonizzato, su una sedia in via Po, stava morendo e piangeva, e il protagonista del romanzo lo scambia per una vecchia vestita di nero, seduta tra la folla. E poi la fine terribile della madre e del padre, entrambi per cancro, come purtroppo Luca troppo presto, con una stella blasfema che rifulge del cielo turchese dopo che Pietro Milasco ha accompagnato il cadavere della mamma attraverso i sotterranei dell'ospedale. Il magma della vita precedente si deve in qualche modo raffreddare, e cristallizzare: anche di questo si occupa la letteratura.quando rende vivo e dinamico il flusso immobile del passato. Rastello ha saputo tener desta la rabbia, come nel patto stretto già nella prima pagina con la sua donna, e non ha smesso di sentire e trasmetterci «quella curiosità indulgente che hai per te stesso giovane: un tipo che non capisci più, che t'imbarazza, ma che ogni tanto sarebbe bello rincontrare per fare quattro chiacchiere».
- Maurizio Crosetti - Pubblicato su Robinson del 23/6/2024 -
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