L’essere umano è l’animale che racconta storie. Jonathan Gottschall ha usato questa fortunata metafora in L’istinto di narrare, descrivendo magistralmente quell’ecosistema di finzione narrativa nel quale siamo immersi e che caratterizza in maniera così peculiare la nostra specie. Le storie creano la struttura delle nostre società, fanno vivere a ogni persona migliaia di vite, preparano i bambini alla vita adulta e formano i legami che ci consentono di convivere in pace.
Ma tutto questo ha un lato oscuro che non possiamo più ignorare: le storie potrebbero anche essere la causa della nostra distruzione. Con questo libro Jonathan Gottschall torna sul tema della narrazione con tutto il bagaglio interdisciplinare delle sue conoscenze, attingendo alla psicologia, alla scienza della comunicazione, alle neuroscienze e alla letteratura per raccontarci fino a che punto le storie siano in grado di influenzare il nostro cervello e le nostre vite. E non sempre per il meglio.
La narrazione ha agito nel corso della storia come collante delle società, certo, ma è anche la forza principale che disgrega le comunità: è il metodo più efficace che abbiamo per manipolare il prossimo eludendo il pensiero razionale. Dietro i più grandi mali della civiltà – il disastro ambientale, la demagogia, il rifiuto irrazionale della scienza, le guerre – c’è sempre una storia che confonde le menti. Le nuove tecnologie amplificano gli effetti delle campagne di disinformazione, e le teorie del complotto e le fake news rendono quasi impossibile distinguere i fatti dalla finzione, per cui la domanda che dobbiamo porci urgentemente è: «come potremo salvare il mondo dalle storie?».
(dal risvolto di copertina di: Jonathan Gottschall, "Il lato oscuro delle storie". Bollati Boringhieri, pagg. 274, € 24)
Racconti da paura
- L’arte dello storytelling non è mai neutra, anzi può fare molto male: l’analisi impietosa dello studioso Jonathan Gottschall -
di Roberto Esposito
Dopo tutto non aveva torto Platone a espellere poeti e narratori dalla città ideale. Anzi aveva capito prima degli altri che le storie non sono innocui passatempi, ma strumenti velenosi usati per influenzare gli uomini. Non per nulla ne racconta lui stesso una, quella del re filosofo, anch’essa fatta per catturare i lettori. A differenza di Aristotele che riteneva gli esseri umani animali politici, o di Freud che li voleva animali desideranti, Platone li considera animali narranti, impegnati a raccontare, e ad ascoltare, storie. Non perché alieni dal desiderio di potere, ma per esercitarlo meglio. Con armi più affilate e veleni più letali.
Questa è la tesi, originale e brillante, avanzata da Jonathan Gottschall ne Il lato oscuro delle storie. Come lo storytelling cementa le società e talvolta le distrugge, edito da Bollati Boringhieri. Come le cementa, l’autore lo aveva spiegato nel libro precedente L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno resi umani, sempre da Bollati. Adesso si concentra su come le distrugge. Le due facce — luminosa e oscura — delle storie non si escludono a vicenda. Sono anzi complementari. I racconti possono salvare o perdere coloro cui si rivolgono, a seconda di come vengono recitati e soprattutto ascoltati. Le parabole di Gesù di Nazareth hanno avuto un potente effetto salvifico, facendo di una storia di persecuzione la più influente religione del mondo. Il racconto dei Savi di Sion ha prodotto il massacro più terribile di tutti i tempi. Eppure, nonostante l’abissale differenza, hanno qualcosa in comune — la capacità di condizionare gli uomini, facendoli agire in una determinata direzione. Non importa quanto sia verosimile quel che ci viene raccontato. Anzi, quanto più fantastiche, tanto più le storie colpiscono e catturano l’attenzione. Altrimenti non si capirebbe il numero, non proprio esiguo, di coloro che credono alla terra piatta o perfino che siamo schiavi inconsapevoli di lucertole provenienti da un’altra dimensione. La forza irresistibile di queste fandonie sta proprio nel distacco dalla realtà, che ci trascina lontano dalla noia di tutti i giorni e perfino da noi stessi, risucchiandoci in un universo incantato che immobilizza il nostro sguardo.
La lotta per il potere passa anche per questo strumento. Oggi lo sappiamo, le grandi potenze lavorano per orientare l’opinione pubblica non solo del proprio paese, ma anche di quelli altrui. Del resto dietro ogni leader in ascesa c’è una macchina narrativa per farlo crescere a scapito degli altri. Senza arrivare alle tesi estreme di Vance Packard, che ipotizzava una persuasione occulta capace di penetrare nel nostro inconscio mediante messaggi subliminali, basta girarsi intorno. Siamo immersi in una girandola di storie — “storilandia”, la definisce Gottschall — che si contendono la nostra mente. L’autore non si tira fuori da questa dinamica. Ne fa parte, ma con l’onestà di dichiararlo. Anche chi scrive libri crea una realtà parallela in cui cerca di attrarre i lettori, seducendoli con un’ipotesi quanto possibile convincente. Ciò non vuol dire predicare un assoluto relativismo, declinare ogni responsabilità. Intanto perché le storie — alle quali comunque non possiamo sottrarci — non sono tutte eguali. Possono creare empatia o rancore, unione o divisione, spingere alla solidarietà o alla violenza. Essere tigri o principesse. Ma soprattutto la loro efficacia è molto diversa. Per essere avvincente, una storia deve avere determinate caratteristiche. Essere drammatica, rappresentare un conflitto radicale, mettere in scena personaggi negativi. Inutile illuderci: a storilandia il male attrae più del bene, come diversamente sostiene Arturo Mazzarella ne "Il male necessario. Etica ed estetica sulla scena contemporanea", ancora da Bollati. Perciò se raccontiamo che c’è qualcuno che vuole drogarci con il vaccino muoviamo più interesse che se diciamo che vogliono semplicemente curarci. E sostenere che l’allunaggio è stato prodotto a Hollywood è più interessante che ammettere sia avvenuto realmente.
La conclusione, un po’ inaspettata, dell’autore è che, rispetto allo scambio tra realtà e finzione non dobbiamo rimanere inerti. Conoscere il potere delle fake news o dei racconti complottisti ci impegna a reagire. Come? Non fuggendo da storilandia — sarebbe impossibile. Ma abitando in essa con maggiore consapevolezza. A farlo — egli afferma — dovrebbero essere l’accademia e i media. Ma non si nasconde la difficoltà dell’impresa. Non fosse altro per il nuovo conformismo che, soprattutto in America, sta montando. Basti pensare alla cancel culture e all’ostracismo diffuso nei confronti di ogni pensiero scomodo e contro-corrente. La conclusione, non incoraggiante, di Gottschall è che mentre si rivendica fedeltà assoluta alla libertà, si fa di tutto per scoraggiarla.
- Roberto Esposito - Pubblicato su Robinson dell'8/10/2022 -
Nessun commento:
Posta un commento