martedì 18 agosto 2020

La città e il tempo

Quando Freud scrive sul romanzo del 1903 di Wilhelm Jensen, "Gradiva, una fantasia pompeiana" (una novella su un archeologo che rimane affascinato da un bassorilievo che ha visto in un museo e che, basandosi su questo fascino, produce un enigmatico sogno nel quale viene trasportato a Pompei, poco prima della distruzione causata dal Vesuvio), egli sottolinea quale sia la distanza temporale che separa il sogno dalla città, vale a dire, che separa l'uomo che sogna, alla fine del 19° secolo, dalla città finita sepolta nel 79 d.C.

1) - Possiamo percepire in Freud un certa ambivalenza nei confronti della città contemporanea, così ricca di messaggi e di stimoli tecnici. È il 22 settembre del 1907 quando Freud scrive, da Roma, una lettera alla sua famiglia dove egli si descrive come se fosse una sorte di «flâneur» nella capitale italiana, mescolando i dati in cui parla dell'architettura tradizionale (Piazza Colonna) con quelli relativi ai nuovi artifici di intrattenimento per le masse (pubblicità, il tram elettrico, le edicole che vendono giornali, il cinematografo).

2) - «Una delle più notevoli caratteristiche di questa lettera», scrive Jonathan Crary (nel suo libro "Suspensions of Perception Attention, Spectacle and Modern Culture"), « è il modo in cui essa riveli la trasformazione dello status dell'osservatore, sebbene trasmetta una sensazione di modernizzazione parziale ed eternamente incompleta dell'esperienza»; Freud «ci rappresenta uno scenario urbano nel quale, una soggettività individuale insieme ad una collettiva prendono forma attraverso molteplici immagini, suoni, moltitudini, vettori, percorsi ed informazioni, e la sua lettera registra quello che è un particolare tentativo di gestire ed organizzare in maniera cognitiva tale campo sovraccaricato » (p.358).

3) - Parte di quella che è la narrativa del 20° secolo, ruota intorno a questa ambivalenza di fronte ai molteplici messaggi provenienti dalla città: un'eterogeneità di registri che non è più solamente verticale e materiale (la metafora archeologica degli strati sotterranei di Freud), ma è anche diffusa e fantasmatica. È in questo stesso modo che emerge la Londra di Sebald, in "Austerlitz" (la passeggiata del narratore e del protagonista attraverso la città è un viaggio, una deriva che avviene anche nel tempo; un po' allo stesso modo in cui avviene in "Glossa" (La Nuova Frontiera, 2018), di Juan José Saer, che racconta una camminata che dura per 21 isolati di Santa Fe); la Parigi di Vila-Matas, nel "Dottor Pasavento" (che per farlo usa in maniera metaforica la Rue Vaneau parigina); oppure il concetto di località condivisa nel tempo e nello spazio come avviene nella serie "O Bairro" di Gonçalo Tavares.

fonte: Um túnel no fim da luz

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