« Il 12 settembre del 1918, all'età di 35 anni, molti dei quali segnati dalla tubercolosi che avrebbe finito per ucciderlo, Franz Kafka rifiutò di farsi ricoverare nel sanatorio in cui i suoi medici volevano confinarlo e partì per Zürau, un villaggio della Boemia dove viveva Ottla, sua sorella. Aveva deciso di trascorrere lì alcune settimane di riposo; ma finì per rimanervi e passare quelli che avrebbe chiamato "gli otto mesi più felici della mia vita". Curato dalla sorella, era allegro e si sentiva riposato; mangiava, beveva e leggeva unicamente autobiografie, opere filosofiche e antologie epistolari scritte in ceco e in francese. Un mese dopo il suo arrivo, ricominciò a scrivere; niente racconti, e neppure un nuovo romanzo, bensì riflessioni, frammenti, aforismi che poi sarebbero stati pubblicati nel 1931, sette anni dopo la sua morte, dall'amico Max Brod, con il titolo di "Meditazioni sul peccato, sulla sofferenza e la speranza". »
(da: Alberto Manguel, "La città delle parole", Archinto Editore.)
« La casa di Ottla stava sulla piazza del mercato, accanto alla chiesa. Non fosse stato per amici e parenti, che minacciavano sempre di venire in visita, la situazione si avvicinava a quella riduzione al minimo degli elementi verso cui Kafka tendeva per vocazione nello scrivere - e avrebbe voluto estendere a tutta la sua vita. [...] Ma, esattamente come aveva sperimentato Strindberg, l'inferno è pronto a irrompere da un momento all'altro, preannunciato dal rumore. A Zurau, sarà il rumore dei topi. La prima cronaca, simile a un bollettino di guerra, si trova in una lettera a Felix Weltsch (metà novembre del 1917): "Caro Felix, il primo grande difetto di Zurau: una notte dei topi, un'esperienza spaventosa. Io sono illeso e i miei capelli non sono più bianchi di ieri, ma è stato l'orrore del mondo". [...] Lo stesso amalgama fra l'oltraggiosamente comico e l'atroce, che è un dono di Kafka come l'arcana elementarità di certi versi shakespeariani, si mostra in tutte le sue cronache epistolari da Zurau sui topi, da cui si dirameranno un giorno le speculazioni della Tana e le vicende di Josef K. ne la cantante o Il popolo dei topi. Il "popolo dei topi" sarebbe rimasto per Kafka l'immagine ultima della comunità. »
( da: Roberto Calasso, "K.", Adelphi)
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