L'antisemitismo secondo Postone e Zizek
- di Eleutério F. S. Prado -
Per capire meglio l'antisemitismo, è interessante confrontare quelle che sono le tesi di Moishe Postone e di Slavoj Zizek. Il primo autore ha esaminato questo tema a partire da un'interpretazione originale del Capitale di Karl Marx, contenuta nel suo libro "Time, Labor, and Social Domination" (1993). Zizek, da parte sua, è assai noto per il suo marxismo-hegelismo eterodosso influenzato da Jacques Lacan; la sua tesi sull'origine dell'antisemitismo, delineata secondo una tale prospettiva, la troviamo in "Problemi con il Reale: Lacan spettatore di Alien", quarto capitolo del suo "Leggere Lacan. Guida perversa al vivere contemporaneo" (Bollati Boringhieri, 2009).
La comprensione di questo fenomeno storico continua ad essere molto importante. Sotto forma di una conoscenza di base, può essere utilizzato - ecco la scommessa - per poter comprendere i neofascismi, e perfino i neonazismi che in vari paesi del mondo stanno emergendo nel capitalismo contemporaneo.
In un primo momento, va notato come questi autori rifiutino che l'antisemitismo in azione in Germania senza alcun ostacolo, tra l'inizio degli anni '30 del secolo scorso e la fine della seconda guerra mondiale, possa essere interpretato come un mero pregiudizio, come una semplice ideologia, o perfino come un «trucco», un espediente messo in atto da un partito politico per arrivare al potere e mantenerlo. Per esaminare le tesi di questi due autori, cominciamo dal secondo autore che abbiamo citato, Zizek. Dopo la fine della Prima guerra mondiale, la Germania attraversava un periodo economico assai difficile, caratterizzato da intense lotte sociali, ed in particolare con l'acuirsi del conflitto di classe tra la borghesia e i lavoratori, la qual cosa si andò ad inscrivere nella memoria dei tedeschi, in generale, rendendosi così inconscia, e manifestandosi conseguentemente sotto forma di angoscia, di sgomento e di una grande rabbia. Aleggiava nell'aria il desiderio nostalgico di una nazione che in passato, ai tempi dell'Impero tedesco, era stata potente, ma che ora, al cospetto della realtà democratica della Repubblica di Weimar (1919-1933), si presentava come una quotidianità fatta di sconfitte e di umiliazioni. Era questa la situazione propria dell'inizio degli anni '30, vissuta come traumatica, come uno stato di disagio che il popolo tedesco aveva bisogno di superare. Il partito nazista agiva, pertanto, a partire da un discorso unificante che si basava sulla mancanza di un grande capo che stabilisse che cos'era giusto circa la realtà sociale a che cosa fosse giusto fare affinché questo popolo potesse riappropriarsi di un destino che si presumeva fosse il suo. La nazione tedesca ha perciò desiderato, attraverso questo mezzo autoritario e perfino totalitario, ricongiungersi con un futuro più prospero, più armonioso e più grandioso. Per raggiungere questo obiettivo, nella formazione dell'immaginario del popolo tedesco, il partito nazista agì attraverso un'intensa propaganda anticomunista ed antisemita, con l'obiettivo di fornire una giustificazione, ovviamente fantasiosa, a quelli che erano stati gli eventi disastrosi che si erano verificati nel recente passato di quella nazione europea.
Secondo Zizek, non si trattava di comprendere un trauma generato dalla crisi economica e sociale del decennio degli anni '20, al fine di poterlo superare. Questo, in realtà, si era verificato solo in seguito. Al contrario, si trattava di rivivere e di rielaborare la disastrosa esperienza traumatica per mezzo di un discorso di potere totale che mirasse, senza affrontare le cause reali, a superare l'impasse della situazione della Germania. Il metodo di azione che corrispondeva a questo discorso profondamente antidemocratico, non poteva essere altro che la violenza contro i presunti «nemici» della nazione.
Quindi, è con tale prospettiva che Zizek comprende l'antisemitismo, che gli appare come se si trattasse di una trasfigurazione della lotta di classe:
«L’antisemitismo, per esempio, "reifica" (incorporandola in un particolare gruppo di persone) la rivalità insita nella società: esso tratta l’essere Ebrei come la Cosa che, dall’esterno, si intromette nel corpo sociale e ne disturba l’equilibrio. Quel che accade nella svolta dalla posizione della rigorosa lotta di classe all’antisemitismo fascista non è una semplice sostituzione di una figura del nemico (la borghesia, la classe dominante) con un’altra (gli Ebrei); la logica della lotta è affatto diversa. Mentre nella lotta di classe le classi stesse sono coinvolte nella rivalità insita nella struttura sociale, per l’antisemita l’ebreo è un intruso straniero che provoca la rivalità sociale, sicché ciò che dobbiamo fare per ristabilire l’armonia sociale è annientare gli Ebrei.»
Per Zizek, quindi, l'antisemitismo corrisponde alla posizione dell'ebreo che viene visto come la personificazione del capitalista, classificato come se si trattasse di un invasore indesiderato e pernicioso in una società che viene rappresentata come se fosse potenzialmente integra e completa. A tal proposito, Postone, in "Antisemitismo e Nazionalsocialismo" (Asterios Editorie, 2014) propone una tesi che differisce dal contributo di Zizek. Egli parte dal punto di vista che l'Olocausto avesse un senso di missione ideologica e che - cosa ancora più importante - fosse caratterizzato da una «assenza di funzionalità». Gli ebrei non sono stati sterminati per ragioni economiche, militari e nemmeno per eccesso di fanatismo. Sono stati sterminati a freddo e sistematicamente perché erano ebrei. Ora, questo porta alla domanda: perché?
Postone fa notare che gli ebrei, innanzitutto, cominciarono ad essere rappresentati come la personificazione di qualcosa di misterioso, di un potere intangibile, astratto ed universale. Ora, per Postone, questo potere consisteva semplicemente nel potere del capitale, il soggetto automatico della società moderna. Ed è accaduto che un simile potere distruttivo, attraverso un processo di transfert inconscio - ma manipolato in maniera consapevole dai fascisti -, è stato associato al popolo ebraico. Nella visione del popolo tedesco, gli ebrei cominciarono ad essere visti come se fossero l'incarnazione vivente dell'avidità, della cupidigia, del profitto senza lavoro, della disorganizzazione della produzione. Considerato che questo è stato reso possibile dal fatto che il capitale si trova ad essere sempre «scomparso» nelle forme concrete in cui si manifesta.
Gli ebrei - seconda argomentazione - non erano più considerati come se fossero solo semplici rappresentanti del denaro. L'antisemitismo tradizionale, ora si trovava ad essere rivestito da un desiderio di annichilimento totale. Ora, questi semiti vengono ritenuti responsabili della gravissima crisi economica e sociale - disoccupazione di massa, e perfino un'Iper-inflazione - che ha travolto la sofferente Germania. Vengono identificati con tutti i mali derivanti dal processo di industrializzazione e di urbanizzazione, diventando così fantasticamente responsabili del declino delle classi e degli strati sociali tradizionale, e perfino del sorgere di un proletariato industriale sempre più organizzato ed esigente. Ecco cosa dice Postone:
«Quando si vanno ad esaminare le specifiche caratteristiche del potere che viene attribuito agli ebrei dall'antisemitismo moderni - astrazione, universalità, mobilità - è impressionante vedere come esse siano tutte caratteristiche della dimensione del valore delle forme sociali analizzate da Marx. Si noti come questa dimensione, così come il presunto potere degli ebrei, non appaia in quanto tale, ma che essa compare sempre per mezzo di quello che è un veicolo materiale e concreto, la merce [e, bisogna completare, il denaro, entrambe forme apparenti e successive del capitale visto nel processo di valorizzazione].»
L'astratto ed il concreto si fondono nella merce in modo tale che essa diventa, secondo le parole dello stesso Marx, qualcosa di «sensibile che è sovrasensibile». Ma non è così però che appare nel mondo della vita di tutti i giorni. Dal momento che una simile contraddizione è insopportabile per il senso comune, la merce può essere compresa solo per mezzo di forme di pensiero che la muovono nel tentativo di abolirla. In questa prospettiva, facendo uso di una dissociazione tra concreto e astratto, si è potuto assimilare ciò che è concreto al popolo tedesco e ciò che è astratto al popolo ebraico. In questo modo, le conquiste materiali del capitalismo, come le macchine, la tecnologia, le fabbriche appaiono tutte come realizzazioni dello spirito disciplinato, laborioso e creativo del primo, mentre i disordini, le crisi e i loro effetti, così come lo spirito meschino dell'individualista borghese, vengono tutti scaricati sul secondo. L'antisemitismo attua, pertanto, una taglio nella società, separando falsamente i «buoni» dai «cattivi», ma facendolo a partire da una duplicità realmente esistente.
Secondo Postone, questa dissociazione è possibile proprio a causa del modo stesso di essere della socialità capitalistica, la quale si presenta, non come un rapporto sociale diretto, ma come «relazione sociale delle cose». Tale configurazione dà origine, secondo Marx, al feticcio della merce che, in sintesi, consiste in una confusione tra la forma della relazione sociale - la forma del valore la cui sostanza é il lavoro astratto - ed il mantenimento di tale forma, vale a dire, il valore d'uso che viene generato dal lavoro concreto. Una simile confusione, com'è noto, è insita nella prassi sociale - e non consiste in un mero inganno soggettivo.
La contraddizione interna alla merce tra valore e valore d'uso, si dispiega nei mercati in quella che è una relazione esterna tra la forma relativa e la forma equivalente. Così facendo, il duplice carattere del valore delle merce appare, da un lato, come valore d'uso concreto e, dall'altro lato, come denaro, che rappresenta il valore ed è il portatore di un'astrazione reale. Ora, altresì, secondo Postone, questa «antinomia viene di solito riassunta e sintetizzata per mezzo della contrapposizione tra la forme di pensiero positiviste e quella romantiche». Le prime assumono la concretezza della merce come mera materialità, come oggettività materiale, ricadendo in questo modo implicitamente nel feticismo. Pertanto, per loro le forme sociali appaiono semplicemente come se fossero delle forme naturali. Le forme di pensiero romantiche, da parte loro, separano il concreto dall'astratto inerente la merce, cercando così di espellere il feticismo dal mondo reale. Così facendo, «rimangono ostaggio di quell'antinomia prodotta dalle relazioni sociali capitalistiche». Cercano quindi di salvare il concreto dall'astratto che, nella pratica sociale, lo sottomette e lo assoggetta. Promuovono pertanto una rivolta contro il denaro, in quella che è la forma del capitale finanziario, e contro coloro che presumono incarnino il denaro in quella forma, vale a dire, gli ebrei. Ed è solo indossando il mantello del romanticismo, che il nazismo è riuscito ad apparire agli occhi tedeschi come anti-borghese, e perfino come socialista.
La questione che però si pone adesso, è quella di sapere se queste spiegazioni, che differiscono tra di esse, senza però smettere di continuare in parte a sovrapporsi, possono essere usate per cogliere in qualche modo quella che è l'ascesa dei neofascismi contemporanei. Questo dovrebbe essere fatto con il proposito di formulare un'ipotesi su un caso particolare: la vittoria dell'estrema destra nelle ultime elezioni per la presidenza della repubblica in Brasile.
Fin da subito, è facile vedere come la spiegazione di Zizek non ci aiuti a comprendere tale caso dal momento che la frazione sociale che è stata demonizzata in quest'ultimo processo politico, è stata quella dei militanti di un partito politico di centro-sinistra e, insieme a loro, la sinistra in generale. Oltretutto, in Brasile, in termini di costumi, il neofascismo ha adottato una posizione conservatrice e si è associato al neoliberismo; un'ideologia, questa, che si presenta come capitalista per eccellenza.
Ora, sebbene Postone - per spiegare il fatto che l'ebreo sia stato marcato come rappresentante della dimensione irrazionale del movimento del capitale - abbia fatto ricorso alla particolarità storica del popolo ebraico all'interno dell'Europa, qui si ritiene che la sua tesi possa aiutarci a comprendere il caso brasiliano. Per dirla in breve, si sostiene che la dissociazione tra l'astratto ed il concreto, i quali coesistono nelle formazioni sociali capitaliste in quanto unità contraddittorie, è presente anche in questo caso. E ecco che la dimensione negativa del capitale, vista sotto le forme della corruzione e della licenziosità, potrebbe essere associata ai militanti di sinistra e, in particolare ai membri del Partido dos Trabalhadores [Lula]. Di modo che essi si sarebbero involontariamente trasformati nelle personificazioni dei mali che il capitalismo stesso produce.
Com'è ben noto, sia l'una che l'altra di queste condotte sono inerenti al capitalismo, in particolare a come esso si presenta in Brasile. La corruzione, oltre che ad essere endemica in questo modo di produzione, qui si starebbe trasformando, ormai da abbastanza tempo, in una forma generale di mediazione tra politica e potere economico. Quasi tutti i grandi partiti partecipavano di questo processo di finanziamento, dove solo il Partido dos Trabalhadores è stato stigmatizzato in quanto partito corrotto che aveva portato tale crimine a nuovi livelli. L'anatema, con l'ausilio della grande stampa e dell'operazione di lavaggio, gli è stato stampato sulla fronte, e in questo modo ha fatto presa sull'immaginario sociale. La liberazione dei costumi sociali dalle catene repressive è semmai un valore che la sinistra ha abbandonato da tempo. Negli ultimi decenni, la cosa si è sviluppata enormemente sotto l'egida della forma merce. La necessità di creare un mercato per i beni superflui, consumati dalle classi con un alto reddito, ha portato il capitalismo a manipolare le pulsioni sessuali ed il narcisismo in un modo diventato sempre più aperto e cinico. Conseguentemente, anziché una sana liberazione, si è verificato un fenomeno falso che è finito per cadere frequentemente nella corruzione dei costumi e nel proliferare della licenziosità. Ora questo marchio è stato inciso anche sulla fronte dei movimenti di sinistra in generale, a partire dal fatto che, ipocritamente, essi non si erano opposti a questa falsa liberazione e per il fatto che, come sempre, consideravano la repressione come qualcosa di ancora peggiore.
Insomma, se l'antisemitismo è stato il tema del terribile Olocausto del popolo ebraico, la logica della dissociazione e della personificazione su cui esso era basato può riapparire nella società contemporanea. Può essere usata per promuovere il diffondersi e l'ascesa degli estremismi di destra che esaltano la violenza - verbale e materiale - come forma di azione politica. Simili movimenti puntano sempre a contenere la trasformazione sociale, a promuovere la repressione politica, così come a perpetuare i privilegi di classe che hanno oramai perso qualsiasi funzionalità storica.
- Eleutério F. S. Prado - Pubblicato il 23/3/2020 -
fonte: Economia e Complexidade
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