sabato 29 febbraio 2020

Il non identico

Crisi e Critica della società delle merci
- Editoriale, lettera aperta e richiesta di donazioni -
di Roswitha Scholz

Almeno a partire dal crollo finanziario del 2007/2008, si è potuto assistere a quella che è stata un'inversione delle prospettive politiche: dopo l'era neoliberista in cui aveva si era visto il superamento di ogni frontiera, ecco che la salvezza viene nuovamente vista proprio nella limitazione, nei confini. Assistiamo ad un forte ritorno alla nazione ad al regionalismo. A partire dal «make America great again» e dal «America First», Trump fa di necessità virtù, dal momento che quella potenza mondiale che sono gli Stati Uniti ha ormai da tempo cominciato il suo declino attraverso complessi processi di deterioramento: vengono imposte tariffe doganiere, si combattono guerre commerciali (soprattutto contro la Cina). Nel frattempo, il debito nazionale degli Stati Uniti continua a crescere malgrado l'imposizione di tariffe protettive alla dogana. Si intensificano gli sforzi per impedire l'ingresso di rifugiati provenienti dal Messico, ecc. Evidentemente, anche la Brexit è un'espressione di questo ritorno alle frontiere. Il dibattito su questo argomento mostra chiaramente quali sono le contraddizioni in una situazione che è il prodotto dell'economia e della politica mondiale, e nella quale non è più possibile uscire facilmente dalla globalizzazione. Probabilmente, tutto questo diverrà ancora più evidente dopo l'elezione di Boris Johnson.
Ovunque nel mondo, vengono eletti dei personaggi bizzarri e sconcertanti, e dei partiti di destra che si basano su delle semplici «verità»: Orbán, Kaczynski, Erdogan, Duterte, Trump, Bolsonaro - e la lista continua ad allungarsi sempre più. Nel frattempo, Trump cede la Siria a Putin e getta i curdi in braccio a Erdogan. Il sogno degli antimperialisti, la ritirata e la moderazione degli Stati Uniti, si rivela un incubo. La guerra per procura nello Yemen, tra Iran ed Arabia Saudita, e le sue devastanti conseguenze vengono menzionate dai nostri media solo occasionalmente, con un tono che dimostra la colpevolezza. Numerosi scenari e situazioni di catastrofe sono diventati comuni e fanno notizia solo quando il problema si presenta in forma acuta, come avviene da qualche anno per la disastrosa situazione dei servizi sociali in Grecia. della quale non si è più sentito parlare, sebbene da allora non è che sia migliorata granché. Sullo sfondo rimane la minaccia di un'enorme crisi economico-finanziaria, a proposito della quale ci mette in guardia Nouriel Roubini quando afferma che non potrà più essere gestita politicamente, come fu ancora il caso nel 2008 e negli anni successivi [*1]. Lo sanno tutti. La «letteratura di crisi» si trova perciò in pieno boom. Il libro di Marc Friedrich e Matthias Weik, "Der größte Crash aller Zeiten. Wirtschaft, Politik, Gesellschaft. Wie Sie jetzt noch ihr Geld schützen können", Eichborn, 2019 [N.d.T.: Il più grande collasso di tutti i tempi. Economia, Politica, Società. Come puoi fare a proteggere i tuoi soldi] [*2] si trova al 1° posto nella lista dei bestseller di Spiegel. Allo stesso tempo, a preoccupare i contemporanei, non è solo il problema abitativo degli alloggi, ma anche quello del cambiamento climatico, ed appare evidente che quelle che sono le contromisure a livello nazionale, regionale e locale non sono più sufficienti. Anche gli stessi Verdi non sono altro che una misura palliativa per garantire che nulla possa veramente cambiare, ma che bensì tutto posso essere organizzato in maniera immanente. Le figure come Greta Thunberg sono diventate delle star [*3]. In tutto il mondo, dopo il dibattito su «#me-too»,  il movimento delle donne si ricostituisce ed esprime con forza la sua indignazione attraverso degli scioperi/manifestazioni, ad esempio, in Argentina o in Spagna. In Iran ed in Cile l'agitazione sociale contro le riduzioni dei servizi sociali si fa sentire anche in Argentina. L'aumento dei prezzi della benzina o della metro è l'ultima goccia; in diversi Stati arabi la situazioni si è fatta esplosiva (e la lista potrebbe allungarsi). In questo modo, i disordini sociali si riaccendono sempre più e vengono «affrontati» di conseguenza dalle guardie che manganellano e fucilano (più di 100 morti in Iran) [*4]. Il sistema dei partiti sta diventando sempre più obsoleto e vuoto di qualsiasi contenuto. i «partiti popolari» si sgretolano, I Verdi e l'AfD sono in crescita. Simultaneamente, la situazione economica si deteriora, non solo in Germania, ma anche in tutto il mondo. Così, anche in Germania si levano molte voci che reclamano la fine della politica di austerità, soprattutto per stimolare l'economia, cosa che ovviamente farebbe aumentare il debito pubblico. È dunque perciò necessario continuare a comprendere la società come una struttura contraddittoria, e questo - è il punto decisivo - sullo sfondo del declino del capitalismo. Il «collasso della modernizzazione» (Robert Kurz) si manifesta attraverso delle condizioni anomiche ed imprevedibili. Ciò che osserviamo oggi, come stato di cose e come tendenza, si potrebbe presentare in maniera differente domani. Oltre alle attuali tendenze ad andare verso destra, si fanno sentire anche delle proteste che non possono essere definite reazionarie, come fanno gli anti-deutsch (ampi settori degli anti-deutsch stessi rappresentano altresì delle posizioni assai vicine a     quelle dell'AfD, soprattutto la redazione di "Bahamas"), come testimoniano i movimenti femministi e climatici che trascendono le frontiere nazionali (anche se troviamo in esse delle tendenze ambigue e problematiche.

Una delle principali reazioni della sinistra, rispetto a questa nuova situazione a partire dal 2008, è stata la riattivazione della lotta di classe, che essa considera, a quanto pare, come se fosse una delle sue categorie principali, anche se continua a dire che non si tratta più delle «vecchie» classi. Tutti gli altri problemi (sessismo, razzismo, ecologia, ecc.) vengono perciò inclusi in quelle che sono considerate le contraddizioni secondarie, che pertanto vengano supposte come se fossero non più esistenti. Klaus Dörre auspica, in tutta serietà, un nuovo movimento sociale dietro lo slogan «espropriare Zuckerberg» [*5]. Le classi dovrebbero nuovamente avere la precedenza sull'«identità», ed il razzismo ed il sessismo dovrebbero apparire come secondari. Perfino in ambito femminista, si arriva a costituire quello che dovrebbe essere un manifesto femminista per il 99% (!) [*6]. Si va avanti come se queste forme di discriminazione fossero state seriamente messo in secondo piano e relegate in delle nicchie marginali, poiché negli anni '80 e '90 il discorso egemonico nelle scienze sociali si è concentrato soprattutto sull'ambiente, sulla sottocultura, sullo stile di vita e sull'individualizzazione. Al giorno d'oggi, è di nuovo in corso la ricerca dei colpevoli. Quello che si sta diffondendo, è un marxismo (volgare), della personalizzazione, che vede nei capitalisti, negli speculatori e negli investitori il nemico, cosa che ovviamente implica quello che è un antisemitismo strutturale [*7]. Nel dibattito sulla decrescita, ogni tipo di concetto esistente viene gettato dentro un pentolone e viene mescolato ben bene: democrazia economica, economia solidaria, partecipazione dei salariati all'azienda, ecc. Si tratta chiaramente di una pietanza immangiabile. Ad essere in voga, è nuovo «Green New Deal», come dimostrato dalla pubblicazione di libri come quelli di Jeremy Rifkin e di Naomi Klein. Perfino il presidente della Commissione europea, von der Leyen, è a favore di un «Green Deal». Dopo essersi concentrati su una nuova lettura di Marx, dopo una riflessione sul feticismo [*8] e dopo avere affermato che «il capitalismo è arrivato alla sua fine» [*9], ecco che oggi emerge una focalizzazione sulla «nuova» questione di classe [*10]. A mancare, è una prospettiva critica del feticismo, a partire dalla quale il feticcio includa sia l'operaio sia il capitalista. Oggi, chiunque vede il capitale come se fosse una minaccia esterna, non importa se, all'epoca, si sia trovato d'accordo con Schröder, non importa se, negli anni '90, è diventato un nuovo ricco ed abbia scoperto da sé solo le azioni in borsa e la speculazione. Tutto quanto indica che ogni cosa va risolta all'interno della forma della critica della dissociazione e del valore. Il problema di base della situazione attuale, viene sostanzialmente espresso per mezzo del discorso di Greta Thunberg ai politici: «Come osate?!» - a cui i politici rispondono: «Che le trovi lei, le risposte a tutte questi problemi!» Infatti, tutti sono contro il cambiamento climatico (tranne l'AfD e i loro): gli imprenditori, i politici, la famosa società civile. Pertanto, diventa così evidente una comune impotenza politico-economica a risolvere questo problema in quello che è il quadro feticista di riferimento: la tassa sul CO2, la proibizione del diesel, ecc. non sono altro che delle misure simboliche. Ciò che serve è un cambiamento fondamentale dei modi di produzione e di vita, così come nelle corrispondenti strutture dei bisogni, e questo al di là della logica delle classi operaie e capitaliste. Sostanzialmente, ciò appare chiaro anche ai bambini. Loro lo sanno, ma continuano comunque a fare lo stesso, si potrebbe oggi dire con Žižek, sebbene in maniera del tutto diversa da come la pensa quest'ultimo (si veda, su questo numero della rivista, l'articolo di Roswitha Scholz sul «marxismo lacaniano»).

I dibattiti a proposito di un'eco-dittatura, che si sentono qui e là, dovrebbero essere controbilanciati dall'analisi di Marcuse circa i falsi bisogni generati sotto il capitalismo e la loro soddisfazione tronca; dal momento che non esiste una società emancipata in grado di generare altri bisogni e strutture di bisogni. Le risposte che vengono attualmente date non rendono in alcun modo giustizia al dramma della disintegrazione dei rapporti capitalisti-patriarcali. Anziché insistere su dei cambiamenti radicali nel senso di questa critica del feticismo, si tengono degli pseudo-discorsi. La sinistra gira in tondo, ed è da decenni che non ha più prodotto niente di nuovo. Le offerte di utopia e le istruzioni per l'azione, sono numerose. Le risposte che sono state date a partire dagli anni '70, sono sostanzialmente sempre le stesse. Realisticamente, non ci si aspetta nessun cambiamento radicale. Tuttavia, si è sviluppato un piccolo discorso sulla critica del lavoro [*11], ma anche questo rimane all'interno del quadro sociale dato, privo di ogni trascendenza reale.
Il grave trauma causato dal crollo del blocco dell'Est, non è stato né affrontato né digerito. E insieme ad esso: la fine della socialdemocrazia, il fallimento del movimento alternativo, del movimento delle donne, del movimento ecologico, ecc. che hanno contribuito a creare il «nuovo spirito del capitalismo» (Boltanski & Chiapello). Senza scordare: la sconfitta dei tentativi di governo di sinistra in America Latina (Venezuela, Bolivia). Al suo posto, stiamo semplicemente assistendo ad un nuovo mantra di quelle che erano tutte le vecchie questioni ed al riemergere delle corrispondenti illusioni (democrazia economica, economia solidale, reddito di base, ecc.), le quali ora vengono presentate come se fossero radicali e trascendenti il sistema. In questo modo, una «malinconia di sinistra» non riconosciuta (Walter Benjamin, Wendy Brown, Enzo Traverso) si rifugia perciò in quelle che sono delle retro-ideologie, in utopie a buon mercato e nell'azionismo , in cui non c'è niente che si opponga realmente alle cattive condizioni e che sono in grado di dimostrarsi inefficaci. Dopo il declino della socialdemocrazia resasi ridicola, la «democrazia ipersociale» si è ora candidata ad essere la soluzione per ogni problema. Rimane nascosto il fatto che la stessa socialdemocrazia non è stata altro che un motore di sviluppo del capitalismo (in particolare, il fordismo), e che oggi  una sua nuova edizione («verde»), sotto l'egida del capitalismo precario dei mercati finanziari, dei processi di razionalizzazione progressiva, della concorrenza internazionale, dell'interdipendenza dei capitali, ecc. (alla quale si oppone oggi anche l'estrema destra) non è più possibile [*12].
Attualmente, la sinistra è nuovamente determinata da un movimentismo di facciata; una teoria che non risponde immediatamente a quello che è il bisogno di agire, e che potrebbe perfino rendere le questioni qui sollevate come un soggetto di discussione, in questo momento ha in mano delle pessime carte. Certo: non è che si deve subire tutto e piegarsi agli imperativi della fattibilità finanziaria (affitti, Hartz IV, ecc.) ed è indispensabile, per esempio, un impegno concreto contro il razzismo, l'antisemitismo, il neofascismo, ecc. Tuttavia, dev'essere evitata ogni ipotesi astratta e va pensato il quadro di riferimento sociale e storico. È necessario tener conto dell'astrazione della dissociazione-valore e guardare a quella che è la famosa totalità, anche per poter vedere fino a che punto certe azioni e certi movimenti stiano lavorando in direzione dell'attuazione della gestione della crisi. Certo, da parte della critica della dissociazione-valore, è necessario vedere dove possono esserci movimenti che comportano dei momenti trascendenti cui possiamo mescolarci in modo da allargare gli orizzonti intellettuali nel senso di una critica della sintesi sociale. A tal proposito, è indispensabile utilizzare gli spazi di azione disponibili al fine di migliorare la situazione attuale. Dopo tutto, non viviamo più nel «mondo amministrato», com'era ai tempi di Adorno, ma in un periodo di «collasso della modernizzazione» (Robert Kurz). Tuttavia, non è che si possa agire correndo dietro i movimenti. Oggi, la distanza critica, l'elaborazione teorica, e il rimettere in discussione la forma sociale sono tutte cose particolarmente importanti, nel momento in cui la sinistra mainstream crede che tutti i problemi complessi possono essere risolti all'interno di questa forma sociale, e le pseudo soluzioni sino all'ordine del giorno. Contrariamente alla Nuova Lettura di Marx, il fine qui non è quello di portare avanti una esegesi analitica e filologica formale di Marx, ma di comprendere i concetti marxiani in quanto astrazioni reali, e metterli in relazione con quelli che sono i cambiamenti reali dell'attuale società globale. Ciò significa anche riconoscere allo stesso tempo che la politica e la soggettività (politica) si trovano da decenni in stato di erosione. Le teorie postmoderne ne sono state l'espressione. E sebbene le relazioni di solidarietà siano molto importanti, soprattutto nel rinascente movimento delle donne, ciò non dovrebbe portarci a proclamare - anacronisticamente e a partire da uno spirito agit-prop - le donne come nuovo soggetto politico (tale questione, dovrà essere studiata in un articolo separato). E questo è proprio un punto di forza della teoria critica della dissociazione-valore: quello che permette la comprensione dei processi e dei movimenti sociali nel contesto di un continuum sociale storico e temporale più ampio, anziché adottare una prospettiva riduzionista, la quale è di attualità in tempi di movimento. Nel giro di qualche anno, alla preoccupazione e all'immediatezza fanno regolarmente seguito i postumi di una sbornia. A quel punto, le esigenze e i contenuti vengono ridotti ad un residuo immanente del sistema (e qui si potrebbe pensare ad un femminismo di Stato). Il desiderio e l'ansia di «dover fare alla fine davvero qualcosa», serve a mascherare il fatto che, nel contesto sociale globale, anche l'elaborazione della stessa teoria è una pratica autonoma, la quale può servire alla prassi sociale solo se viene rivolta a dei processi sociali di cambiamento sociale, solo se non si arrende a quello che è un feticcio di prassi, diventando un tutt'uno con esso [*13]. Questo avviene nel momento in cui si è ostili alla teoria e si punta alla pratica, non volendo sapere niente circa l'indispensabile mutamento sociale, accontentandosi semplicemente dell'immediato e falso status quo, il quale non può essere comunque mantenuto. Mentre negli ultimi trent'anni, si è insistito su una posizione queer e post-coloniale, vale a dire, su una prospettiva di preoccupazione e di punto di vista, sembra che in questo momento ci sia un orientamento di classe da parte del presunto «99%» (non solo femminista) che pretende di sostituire sotto quest'aspetto le teorie e le ideologie postmoderne. A partire da una simile definizione della questione sociale, rinasce anche il bisogno di una «normalità» piccolo-borghese e dell'identificazione con le masse,  tralasciando così gli Altri emarginati e discriminati, per quanto si pretenda di includerli. Oggi, sembra sia stato del tutto dimenticato il fatto che la «questione delle donne» e degli altri siano state considerate come una contraddizione secondaria. Tuttavia, le donne e i migranti sono i più colpiti dalla «questione sociale». La mancanza di capacità pratica, il fatto di essere superflui ed emarginati e di non potersi esprimere è il più grande dei crimini. Le teorie postmoderne dovrebbero essere criticate per la loro interpretazione culturalista di questa discriminazione, e per essere rimaste intrappolate nella «politica dell'identità», anziché contrapporle la «questione sociale» con una forte enfasi «materialista». Le esperienze finite devono essere considerate ed analizzate in quanto tali nel contesto di una totalità storica globale vista nella sua stessa decomposizione, e ciò deve avvenire al di là delle ipotesi postmoderne di ibridazione a buon mercato. Diversamente, verrebbe ignorata ogni possibilità di riuscire a comprendere un sistema feticista autoreferenziale, che è stato costituito proprio dall'uomo e dalla donna. Maliziosamente, potremmo dire che chi fa davvero delle esperienze essenziali non è che si concentri poi così tanto sull'esperienza in quanto tale (la rivista Outside the box nel suo attuale n°7, ha come tema «l'esperienza»). Perfino nei contesti della critica del lavoro, si è fatta sentire la necessità di diventare pratici e di connettersi con delle esperienze dirette. Qui le parole chiave sono state l'economia solidaria, i beni comuni e l'open source [*14]. Nel frattempo, non c'è stato niente che sia diventato più ridicolo dell'ideologia dell'open source. La libertà in rete ha lasciato il posto soprattutto al risentimento, al vomito delle opinioni emotive e demagogiche, alla provocazione e al bullismo. L'ideologia del dono e dell'offerta gratuita è mutata in Uber, ecc..

Claus Peter Ortlieb, morto il 18 settembre del 2019, e di cui pubblichiamo un necrologio, si è sempre opposto a simili tendenze ed ha preso le distanze dai recenti sviluppi «teorici» di Krisis. A tal riguardo, in un necrologio su Krisis, l'appropriazione e l'elogio del suo testo ,«Una contraddizione tra materia e forma», pubblicato senza imbarazzo alcuno sulla homepage di Krisis del 10/10/2019, appare assai problematica. In quel testo, Ortielb aveva ritenuto importante sottolineare, a proposito della suddetta contraddizione, l'importanza del concetto di plusvalore relativo, che per esempio Trenkle [di Krisis] ignora nella sua discussione con Heinrich, e che tuttora non gioca alcun ruolo decisivo in Krisis. Inoltre, su altre questioni Ortlieb ha pronunciato parole inequivocabili sia contro Krisis che contro Streifzüge [*15]. Quello che chiediamo ai lettori di Exit! è di continuare a sostenere la rivista, insieme al nostro sforzo teorico che non è mai stato guidato da aspirazioni pratiche immediate e non si è mai piegato di fronte alle restrizioni dell'establishment accademico di sinistra, né ad interessi di carriera o agli atteggiamenti e alle certezze a basso costo della sinistra. Oggi, soprattutto, abbiamo bisogno di intellettuali che non corrano nella ruota per criceti accademica, né in termini di contenuto né in termini istituzionali di «metodo» o di «metodologia», e che non si lascino né dettare né viziare il loro pensiero da tutto questo, ma che osservino la totalità sociale (globale) al di fuori da quelli che sono i sentieri battuti. Senza di loro, non potrà mai esserci alcuna critica sociale veramente radicale. Nelle antologie e nei congressi, si vedono, da anni, perfino da decenni, sempre quegli stessi personaggi che erano apparsi con le loro tesi di laurea. Se quella che viene esposta. è un'attività universitaria sempre più debole, ciò avviene perché si sottomettono, o devono sottomettersi sempre più, all'accademia in quanto potenziali padri putativi: «canto la canzone di colui che mi dà del pane», è questa, dopo tutto, la consegna. In passato, la critica del valore (e della dissociazione) ha conosciuto un piccolo boom, ed allo stesso tempo è stata anche ripresa nei testi e nei riferimenti che se ne facevano a sinistra, ma tutto ciò ha subìto una battuta d'arresto quando si è trattato di affrontare il cuore della questione, vale a dire, mettere radicalmente in discussione quella che è la forma capitalistico-patriarcale della socializzazione. Così anche questa fase sembra essere finita, e più spesso si è preferito ritornare ad un marxismo dell'età della pietra, modificato appena un po'. Dopo gli anni del postmodernismo con il suo «sfrenato immobilismo» (Paul Virilio), che ha reso sempre più evidente la forma vuota del valore che si basa sulla dissociazione del femminile, ecco che oggi il bisogno è nuovamente quello di «fissare» ed «identificare», di avere delle immagini chiare del nemico, in modo da poter così designare delle persone e dei gruppi che possano essere visti come i responsabili della miseria, ecc.: seguendo la logica dell'identità, il mondo dovrebbe essere di nuovo chiaramente divisibile in alto e in basso, in amici e nemici, in bene ed in male, ed il non-identico potrà così essere ignorato. In questo modo ci si può preparare mentalmente al Pogrom. Dopo la fine del postmodernismo ludico, si tratta di dare espressione alla "nuova serietà". Gli articoli presenti in questo numero di Exit!, si collocano ancora e sempre più spesso nel contesto di una tale critica. «Un tour gratis nel caos della crisi» [*16], è la riedizione di un testo di Robert Kurz che era stato pubblicato in un'antologia del 1994, ormai fuori stampa. Questo saggio, tratta della follia automobilistica. In esso, Kurz tratteggia quella che è stata l'evoluzione storica dell'installazione del traffico individuale, e mostra come esso sia essenzialmente dovuto all'irrazionalità del modo di produzione capitalistico. Kurz richiama l'attenzione sulle conseguenze distruttive di tale follia. Inoltre, sottolinea come il trasporto individuale, l'«auto», non sia solo una tecnologia, ma come esso sia associato ad un modo di vita specifico. Infine, quello che è il «cane da combattimento verniciato» serve alla «mobilitazione totale» della merce forza lavoro e, in quanto oggetto di consumo, è caricato in maniera simbolica: e tutto questo rende la follia automobilistica anche una follia maschile. Per la pubblicazione del n°18 di Exit!, si prevede anche di pubblicare un commento su questo testo, che servirà ad aggiornare il saggio di Kurz ed esaminerà quelli che sono stati i nuovi sviluppi della follia automobilistica (guida senza conducente, vettura elettrica), in particolare visti nel contesto della catastrofe climatica ormai in atto.
Da tempo, Žižek è uno degli intellettuali di sinistra più influenti. E quando si annuncia che si sta scrivendo qualcosa su Žižek, ecco che si viene a trovare di fronte all'incomprensione. Egli sarebbe confuso, vuoto, polemico, e a volte viene perfino liquidato come se fosse solo un bluff ed un impostore, e sotto questo aspetto , dovrebbe essere perciò assolutamente messo fuori dalla discussione. A questo punto, però, si pone la questione perché allo stesso tempo egli venga considerato degno di rispetto, perché venga invitato così spesso e perché le masse accorrano alle sue conferenze. Perché pubblica con case editrici come Suhrkamp o Fischer e viene considerato come un «filosofo star»?  Nel testo di Roswitha Scholz, «Il capitalismo, la crisi ... il divano - e il declino del patriarcato capitalista. Alcune osservazioni critiche sul marxismo lacaniano di Slavoj Žižek e di Tove Soiland » [*17], si tratta innanzitutto di criticare, dal punto di vista della critica della dissociazione valore, la teoria di Žižek  ed il suo pregiudizio androcentrico, ma anche di dimostrare, quanto mento a livello elementare, il suo ruolo cardine, come figura centrale, in quella che è stata la transizione dal postmodernismo ad un'epoca autoritario-anarchica, che nei suoi scritti si accompagna ad un riferimento semi-ironico a Lenin e a Stalin. E cosa tanto più sorprendente è quella che Tove Soiland, al quale in questo testo si fa anche riferimento, ignori tali caratteristiche dell'opera di Žižek, e cerchi quindi di farne derivare, in maniera acritica, quello che è il suo pensiero «marxista-lacaniano» femminista.
Nel contributo di Thomas Meyer, «Sulla miseria infinita del positivismo: una nota tardiva sul "caso Sokal» [*18], viene analizzato il cosiddetto caso Sokal. Sono passati più di vent'anni da quando il fisico Alan Sokal ha inviato un falso articolo ad una rivista post-strutturalista. L'articolo era stato scritto nel gergo tipico dell'ambiente interessato, in modo che nessuno si accorgesse che non fosse del tutto serio. Nel saggio, Meyer mostra come Sokol rimanga superficiale nella sua critica dell'assurdità postmoderna, e che egli stesso non abbia da offrire altro che un positivismo ordinario. Sokal è ben lungi dal criticare l'«oggettività inconscia» (Claus Peter Ortlieb). Inoltre, Meyes esamina la critica svolta da Sokal nei confronti della critica femminista della scienza, e mostra che l'autore, a causa del suo androcentrismo e della sua incapacità a trascendere i limiti del positivismo, non comprende affatto, o non è disposto a comprendere, degli aspetti essenziali della critica femminista della scienza, e deve perciò rivolgere alle femministe come Evelyn Fox-Keller una paternale più o meno grossolana. La pratica di evidenziare quelli che sono i deficit della scienza accademica, facendo passare dei falsi articoli che vengono accettati da dei presunti idioti, al fine di «provare» che quei rami della scienza non producono altro che delle vere e proprie assurdità, non ha mai cessato fino a i nostri giorni. Come sottolinea Meyer, ciò pone anche dei problemi nel senso che ogni sorta di populista di destra si infastidisce per le presunte assurdità non scientifiche degli studi di genere, ecc. e ne esige l'abolizione o l divieto. In modo che, l'imbroglio messo in atto per mezzo di articoli fraudolenti può venire collegato ad un'agitazione populista di destra o neofascista, come dimostrato dall'abolizione degli studi di genere in Ungheria. Leni Wissen ci dà il suo contributo in «Sulla storia dell'assistenza ai poveri» [*19]. Il «lavoro», in quanto forma centrale di attività sotto il capitalismo, implica una relazione particolare con il non lavoro. La relazione tra il «lavoro» ed il «non lavoro» è cruciale per la strutturazione delle relazioni sociali. Ciò si riflette nel trattamento della povertà, così come lo dimostra la storia dell'assistenza ai poveri. Con l'emergere della società della dissociazione-valore ha cominciato a prevalere la distinzione tra quelli che sono degni, vale a dire i lavoratori, e gli indegni, vale a dire i poveri che non lavorano, cosa che ha avuto un'influenza decisiva sulla concezione del nascente sistema di protezione sociale. La storia dell'assistenza dei poveri è strettamente legata alla storia dell'antiziganismo. Dal momento che l'antiziganismo, la discriminazione sociale e razziale sono indissociabili. Alla luce delle tendenze generali all'anomia, nel quadro della dinamica della crisi postmoderna del capitalismo, quello che è un «antiziganismo strutturale» (Roswitha Scholz) sembra essere il modo ideale per reagire alla crisi, da parte di una classe media in declino, e deve anche essere allo stesso tempo considerato come un rumore di fondo rispetto alla ristrutturazione dello Stato assistenziale nel capitalismo in declino, , cosa che Wissen mostra in maniera esemplare a proposito del «Sistema previdenziale in attivazione» tedesco.
Nel suo contributo, Andreas Urban si concentra sulla storia della case di riposo, in quanto istituzione moderna. Così facendo, egli segue direttamente quella che è la sua tesi, sviluppata in un precedente articolo (in Exit! n°15) in cui dice che nel capitalismo gli anziani costituiscono un «superfluo» (visto come base di un'ostilità strutturale nei confronti della vecchiaia, nelle società moderne): un superfluo che viene materialmente oggettivato in maniera particolarmente impressionante nelle case di riposo. Egli ci mostra come la casa di riposo sia, storicamente e logicamente, un'istituzione di cura per le persone anziane «improduttive» e «superflue». Tale funzione è valida ancora oggi, malgrado i numerosi cambiamenti superficiali subite negli ultimi decenni dalle case di riposo. Questo si è tradotto soprattutto nel fatto che la segregazione spaziale e sociale, ed il confinamento di fatto delle persone anziane e delle persone bisognose di cure, rimangono anche alla base delle case di riposo e di cura più confortevoli ed accoglienti. Inoltre, l'assistenza alle persone anziane è soggetta (soprattutto a livello istituzionale, ma non esclusivamente) a dei calcoli economici dei costi-benefici, così come a delle logiche temporali derivanti dalla struttura capitalistica della dissociazione-valore. In un simile contesto, l'articolo ci fornisce anche una panoramica critica dei fenomeni e delle tendenze che sono attualmente oggetto di discussione nella scienza e da parte dei media, a partire dalle parole chiave di «crisi assistenziale» e di «emergenza assistenziale», quali, per esempio, la progressiva riduzione dei costi, le condizioni di lavoro inaccettabili, la negligenza e la violenza nei confronti degli utenti, ecc., in tali settori.
Anche le chiese sono rimaste coinvolte nel vortice della crisi. La loro crisi si è manifestata sul piano economico attraverso una riduzione prolungata e sostenuta delle risorse finanziarie e, sul piano del contenuto e sul piano simbolico, attraverso una perdita di significato sociale e politico. Così come avviene nei settori «laici», anche le chiese si trovano ad affrontare delle «riforme». Il testo di Herbert Böttcher «Sulla via di una "Chiesa imprenditoriale" dopo la caduta della (post-)modernità» [*20] mostra il modo in cui le chiese vogliano riformarsi secondo quello che è «lo spirito del capitalismo», piuttosto che secondo quello dello «Spirito Santo». Cercano suggerimenti a partire da quelli che sono i concetti di sviluppo organizzativo che funzionano sulla base della teoria dei sistemi. In quanto imprese, le chiese vogliono essere connesse con il loro ambiente ed essere all'altezza dei tempi. Tutto ciò si traduce in un processo di adattamento ad una società (post-)moderna in piena crisi e degrado. Non si tratta solamente di un adattamento organizzativo. Esso può essere utile solo se i prodotti pastorali e religiosi che vengono proposti dalle chiese sono competitivi sui mercati esoterici e spirituali, e se rispondono ai bisogni dei loro clienti. Le persone devono essere raggiunte in quella che è la loro «vita quotidiana» e nei loro «spazi sociali». Senza riflettere sui contesti sociali di mediazione, le persone che sono stressate, e spinte alla depressione a partire dalla pressione delle condizioni di crisi, dovrebbero essere coinvolte e curate in modo tale da sentirsi di nuovo bene, o quanto meno meglio, nelle circostanze attuali. I prodotti esoterici religiosi proposti, non vanno misurati in base alla loro pretesa di verità, ma dalla loro utilità. Allo stesso tempo, la chiesa dovrebbe essere una famiglia per le persone che sono in cerca di senso e di identità di fronte al «relativismo» del postmodernismo. Di fronte a simili problematiche, le chiese si stanno aprendo al pensiero e all'azione identitaria ed autoritaria. Tutto questo non lascia intatto il contenuto della tradizione giudaico-cristiana. Le persone vengono individualizzate ed esoterizzate,e vanno garantite sia sul piano esistenziale che su quello dell'oggettività delle «verità eterne». I contenuti emancipatori della tradizione giudaico-cristiana, i quali si basano su una distinzione tra trascendenza ed immanenza, accentuata da una critica del dominio, vengono lasciati da parte e dimenticati.
Il contributo di Gerd Bedszent «La marcia verso la barbarie, ovvero l'Est come capro espiatorio» [*21] si occupa del battage mediatico intorno al 30° anniversario della caduta del muro di Berlino, ma anche della violenza dell'estrema destra che ha imperversato soprattutto nelle più remote regioni della Germania dell'Est. Bedszent cita diversi vecchi testi di Robert Kurz ed analizza i legami esistenti tra i due avvenimenti. La maggior parte dei siti industriali della Germania dell'Est, che si trovavano già in concorrenza con le economie occidentali più forti e già in declino, dopo il 1990 hanno finalmente ricevuto il colpo finale. Nel corso della deindustrializzazione di regioni intere, diversi milioni di persone hanno perso il loro posto di lavoro; per altri, la «razionalizzazione» delle istituzioni amministrative e la devastazione di gran parte del panorama culturale hanno portato ad una interruzione perdurante della loro carriera. Il fatto che alcune parti della popolazione tedesca dell'Est siano state dipinte dai media come si fossero degli eroi, ma che poi queste stesse persone siano state considerate sovente come economicamente «superflue», fornisce il terreno adatto per numerose teorie cospirazioniste, confuse, e assai spesso antisemite. Tuttavia, come scrive Bedszent riferendosi a Kurz, l'attuale ondata di estremismo di destra ha la sua causa strutturale nella crisi finale del sistema di produzione di merci. Come reazione perversa a questa crisi, i politici della destra più o meno estrema reclamano a gran voce il rafforzamento di quelle stesse istituzioni dello Stato-nazione che in realtà, con il loro programma di politica economica, stanno indebolendo. Sono stati inoltre pubblicati anche i seguenti libri ed antologie: Quelle che erano le due parti de «La sostanza del capitale», di Robert Kurz (pubblicato in: Exit! 1 & 2) sono state tradotte in francese [*22], così come è stata tradotta una raccolta di articoli di Roswitha Scholz. [*23]. Inoltre, è stato proposto al pubblico il primo numero della rivista di lingua francese Jaggernaut [*24], la quale contiene (tra gli altri) dei testi di Robert Kurz e di Roswitha Scholz, in traduzione. Il libro, «Weltordnungskrieg» ["Guerra per l'ordine mondiale"] di Robert Kurz è stato tradotto in portoghese, ma purtroppo ne verranno pubblicati solo alcuni estratti, da Antigona [Lisbona] [*25].
«Ne travailllez jamais. La critique du travail en France de Charles Fourier à Guy Debord», di Alastair Hemmens, è stato pubblicato in inglese [*26] e simultaneamente in francese [*27].
«La Société autophage - capitalisme, démesure et autodestruction» di Anselm Jappe è stato pubblicato in spagnolo [*28] e, dello stesso autore, «Le avventure della merce», in italiano [*29].
In Germania è stata pubblicata una raccolta di testi di Claus Peter Ortlieb [*30]; e sempre in Germania è stato pubblicato anche il libro di Raimund G. Philipp «L'histoire de la Chine comme histoire de rapports fétichistes, critique de la retroprojection de catégories modernes sur la pré-modernité : la fin du néolithique ; les trois dynasties» [*31]. Daniel Späth e Patrice Schlauch si sono dimessi dal comitato di redazione.

- Roswitha Scholz - per il comitato di redazione di Exit! - Dicembre 2019 -

NOTE:

[*1] - Si veda per esempio: "Wir erleben eine Balkanisierung des Welthandels" [Stiamo vivendo una balcanizzazione del commercio mondiale], su handelszeitung.ch del 2.9.2019.
[*2] - Der größte Crash aller Zeiten. Wirtschaft, Politik, Gesellschaft. Wie Sie jetzt noch ihr Geld schützen können, Eichborn, 2019.
[*3] - È significativo l'enorme odio nei confronti di Greta Thunberg. Si veda ad esempio: Hinz, Enno; Meyer, Lukas Paul, "Gegenwind für die Klimabewegung" [Controcorrente per il clima] su akweb.de del 12.11.2019 o in Analysis & Criticism n° 654.
[*4] - Secondo Amnesty International, il numero delle vittime è di certo molto più alto, come dimostrato da un documentario di France 24 Observers : https://observers.france24.com/en/video/iran'-hidden-slaughter-video-investigation-france-24-observers . La situazione in Iraq è simile. Cfr. Karam Hassawy, "Revolutionärer Herbst im Irak" [Autunno rivoluzionario in Iraq], su jungle world del 23.11.2019
[*5] - Ketterer, Hanna ; Becker, Karina (eds.) : Was stimmt nicht mit der Demokratie? [Cosa c'è che non va con la democrazia?] - Un dibattito con Klaus Dörre, Nancy Fraser, Stephan Lessenich et Hartmut Rosa, Francfort 2019, p. 20.
[*6] - Fraser, Nancy ed altre : «Feminismus für die 99% – Ein Manifest» [Il femminismo per il 99% - Un manifesto], Berlin 2019.
[*7] - Lo dice Paul Mason in un'intervista: FR-online.de a partire dal 28.9.2019.
[*8] - cfr. Scholz, Roswitha;  “Fetisch Alaaf! – Zur Dialektik der Fetischismuskritik im heutigen Prozess des «Kollaps der Modernisierung» – Oder: Wie viel Establishment kann radikale Gesellschaftskritik ertragen?" [Fetish hip hip urrà! Sulla dialettica della critica del feticismo nell'attuale processo di «collasso della modernizzazione»]. Oppure, "Fino a che punto si può affermare la critica radicale nelle università, senza perdere la sua sua radicalità?", in Exit! Krise und Kritik der Warengesellschaft n° 12, Angermünde 2014, 77-117.
[*9] - cfr. L'editoriale di Exit! n°14 .
[*10] - cfr. Meyer, Thomas: "Neue Klassenpolitik? – Kritische Anmerkungen zu aktuellen Diskursen" [Nuova politica di classe? Osservazioni critiche sugli attuali discorsi], 2019 su exit-online.org .
[*11] - Per esempio, nel documentario del 2012 «Frohes Schaffen - Ein Film zur Senkung der Arbeitsverhalten» [Lavoro felice, un film per abbassare il morale al lavoro] di Konstantin Faigle ; e in vari libri, ad esempio in Spät, Patrick:"Und was machst du so? - Fröhliche Streitschrift gegen den Arbeitsfetisch" [E tu, che fai? - Opuscolo felice contro il feticismo del lavoro], Zurich 2014.
[*12] - Cfr.: Kurz, Robert : "Das Weltkapital - Globalisierung und innere Schranken des modernen warenproduzierenden Systems" [Il Capitale globale, la globalizzazione e i limiti interni del moderno sistema di produzione delle merci], Berlino 2005.
[*13] - Si veda anche il testo di Robert Kurz: "Grau ist des Lebens Goldner Baum - das Praxis-Problem als Evergreen verkürzter Kapitalismuskritik e die Geschichte der Linken" [Grigio è l'albero d'oro della vita, e la teoria è verde  - Il problema della prassi, come evergreen di una critica tronca del capitalismo, e la storia delle sinistre] in Exit! - Krise und Kritik der Warengesellschaft No. 4, Bad Honnef 2007, 15-106.
[*14] - Cfr.: Kurz, Robert : «Der Unwert des Unwissens - Verkürzte 'Wertkritik' als Legitimationsideologie eines digitalen Neo-Kleinbürgertums» [Il disvalore dell'ignoranza - "Critica del valore" tronca come ideologia di legittimazione di una nuova piccola borghesia digitale]. in: Exit ! - Krise und Kritik der Warengesellschaft Nr.5, Bad Honnef 2008, 127-194.
[*15] - Si veda a proposito: «Zur Spaltung der Krisis-Gruppe» [Sulla scissione del gruppo Krisis], 11/4/2004; Ortlieb, Claus Peter : «Die Sinnlichkeit des MWW» [La sensibilità del MOB (Maschio, Occidentale, Bianco)], 13/7/2009.
[*16] - «Freie Fahrt ins Krisenchaos»
[*17] - «Der Kapitalismus, die Krise … die Couch […] und der Zerfall des kapitalistischen Patriarchats – Kritische Bemerkungen zu  Slavoj Žižek und Tove Soiland».
[*18] - "Zum ungebrochenen Elend des Positivismus  - ein verspäteter Nachtrag zur «Sokal-Affäre»".
[*19] - «Zur Geschichte der Armenfürsorge».
[*20] - "Auf dem Weg zu einer « unternehmerischen Kirche » im Anschluss an die abstürzende (Post-)Moderne".
[*21] - "Vom Marsch in die Barbarei oder der Osten sls Buhmann".
[*22] - La Substance du capital, l'échappée, Paris 2019.
[*23] - Le Sexe du capitalisme - « Masculinité » et « féminité » comme piliers du patriarcat producteur de marchandises, Crise & critique, Albi 2019.
[*24] - Jaggernaut - Crise et critique de la société capitaliste-patriarcale, Crise et critique, Albi 2019.
[*25] - Il testo integrale, in portoghese, può essere consultato al seguente indirizzo:  https://exit-online.org/pdf/A_Guerra_de_Ordenamento_Mundial-Robert_Kurz.pdf
[*26] - «The Critique of Work in Modern French Thought», Palgrave Macmillan 2019
[*27] - Ne travaillez jamais, Crise & critique, Albi 2019
[*28] - La sociedad autófaga, Logroño 2019.
[*29] - Le Avventure della Merce - Per una Nuova critica del valore, Roma 2019.
[*30] - Zur Kritik des modernen Fetischismus - Die Grenzen bürgerlichen Denkens, Schmetterling-Verlag Stuttgart 2019
[*31] - Die Geschichte Chinas als Geschichte von Fetischverhältnisen - Zur Kritik der Rückprojektion moderner Kategorien auf die Vormodne : ausgehendes Neolithikum, die drei Dynastien, Darmstadt 2019.




Nessun commento: