EXIT! Crisi e critica della società della merce, nº 14 (Marzo 2017): Editoriale
Negli ultimi anni, a partire dal 2008, il mercato è stato inondato da pubblicazioni che sostengono che la fine del capitalismo non solo è possibile, ma è anche probabile. Solo per menzionare alcuni titoli: David Harvey, "Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo" (Feltrinelli, 2014); wolfgang streeck, "Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico" (Feltrinelli, 2013); Paul Mason, "Postcapitalismo" (Il saggiatore, 2016); Ulrike Hermann, " Der Sieg des Kapitals" (La vittoria del capitale), 2013; Mark Fisher, "Capitalist Realism: Is there no alternative?" Winchester: Zero Books, 2009; Fabian Scheidler, "Das Ende der Megamaschine. Geschichte einer scheiternden Zivilisation" (La fine della megamacchina. Storia di una civilizzazione fallita), Vienna 2015.
A questo proposito Wallerstein ha detto nel 2009 che il capitalismo probabilmente non vivrà per più di 30 anni (Telepolis, 6/2/2009), e Varoufakis ha sostenuto con veemenza che come prima cosa bisognerebbe salvare il capitalismo in modo da poter avere ancora il tempo di pensare a delle alternative, in caso contrario andrà tutto a puttane (der Freitaf, 16/3/2015). Questa lista non è per niente completa e potrebbe essere facilmente arricchita, ma non è questo il luogo per entrare nel dettaglio di tutte le pubblicazioni.
Sebbene molte di queste analisi presentino degli approcci datati, oppure anche delle nuove pseudo-concezioni, che in ogni caso sono inadeguati alla soluzione del disastro - ad esempio, ipotesi socialdemocratiche e keynesiane, un politica di piccole reti, economia solidale, Commons, un'Internet delle cose, ecc. - anche così non abbiamo altra scelta se non quella di considerare una possibile fine del capitalismo, anche se analisi e prospettive assai spesso mostrano che non riusciamo o non vogliamo credere poi così tanto in tale fine. E se sono vent'anni che veniamo accusati di essere degli apocalittici, e che veniamo derisi con battute del tipo "La rivelazione dei profeti" (era questo, ad esempio, il titolo di un libro di Rainer Trampert e Thomas Ebermann del 1994), ora non è più possibile semplicemente serrare gli occhi di fronte alla realtà.
Ma tutto questo non impressiona affatto proprio alcuni presunti vecchi campioni della critica del valore. Così, quelli di Streifzüge hanno pubblicato un numero della loro rivista sul tema "Esibizione dell'ombelico" (n°66, 2016), in cui alla luce dei recenti sviluppi la precedente previsione del collasso viene messa in discussione. Franz Schandl attribuisce ad EXIT! un "pensiero nero" proveniente da Robert Kurz ed una "fine del capitalismo fantasticata" [*1]. Ed Uli Frank scrive sul sito di Streifzüge, a proposito della grande crisi del 2009: «Era questo il collasso finale, il compimento delle profezie di Krisis? Ma ecco che invece si è tornati a parlare di recupero... lo Stato ed il capitale hanno gettato tutto nella battaglia decisiva per evitare la destabilizzazione del sistema... Poco dopo la crisi vediamo già i primi annunci di vittoria» [*2]. Mettere semplicemente in dubbio la disintegrazione/il collasso del capitalismo e negare la realtà comincia ad essere un mestiere: basta dare un'occhiata ai media, e persino al loro proprio medium, Streifzüge, che ad esempio accetta molti articoli di Tomasz Konicz; ma, per "l'apertura" di Streifzüge (vedi sotto), anche queste posizioni sono naturalmente possibili. In questo contesto, Frank si gusta Jeremy Rifkin ed il suo libro "La società a costo marginale zero" (Mondadori), che parte dall'ipotesi ottimista che dal capitalismo sorgono anche alternative positive (vedi, sulla critica di questo libro, Richard Aabromeit in questo numero di EXIT!).
Tuttavia, come è stato più volte sottolineato da Robert Kurz, il capitalismo non collassa in un atto unico, ma si tratta di tutta un'epoca di collasso, sebbene Kurz abbia sempre parlato fin dall'inizio di collassi repentini, con effetti realmente devastanti della vita reale nelle regioni colpite. Quando poi queste previsioni si sono verificate, nessuno (su questa terra) ne ha voluto sapere niente. La vita eterna del capitalismo viene considerata sicura quanto l'Amen in chiesa. Viene da chiedersi che cosa mai abbiano udito e letto questi pretesi fan della critica del valore, quando ancora si consideravano largamente ed illimitatamente parte della critica del valore; ovviamente non avevano imparato che si tratta effettivamente del "Collasso della modernizzazione", il quale è evidente da diversi decenni. In Schandl e Frank, si può vedere la speranza che tutto rimanga com'è, e che una persona si possa trastullare con i giochi di strategia di critica del valore, senza che prenda davvero in considerazione la fine del capitalismo. Im tal modo, ad esempio, il vecchio militante della spontaneità, Frank, vede nei movimenti open source, cos' come nel principio del "tutto compreso", il rivelarsi qui ed ora di una società senza la forma del valore, indipendentemente dal fatto che la si faccia finita o meno col capitalismo. Schandl pretende chiaramente di non aver mai sentito parlare di critica del valore, in quanto gioca alla critica contro l'analisi/teoria. Vorrebbe che quest'ultima fosse la serva della prima: «La critica pretende che la conoscenza non deve essere considerata di per sé, ma potrebbe tornare utile per noi». Ci deve essere una "vita prospera insieme". Teoria e critica vengono di nuovo giocate contro una "vita" che esisterebbe di per sé. «La critica non può sostituire la vita». Teoria ed analisi concreta, vengono qui fatte sparire come per magia, attraverso giochi di parole svolti in una lingua tedesca convenzionale, e vengono sostituite dall'edificazione, la quale si comporta dialetticamente. Schandl attacca espressamente il "messaggio in bottiglia" e, quindi, la teoria critica di Adorno ed Horkheimer, la quale insiste continuamente sul distacco delle relazioni sociali come presupposto reale della trascendenza. Schandl scrive: «La critica pura non esiste, è finzione. La critica deve prendere anche sé stessa come oggetto, con intento critico, e riflettere su fusioni e coinvolgimenti. D'altra parte, è chiaro, è anche vero che nessun risentimento è esente da critica. Anche le ribellioni più diffuse conservano tracce di un vero nucleo dove possono ancora essere reazionarie. Queste argomentazioni finali insistono su una testimonianza e costituiscono un rigoroso rifiuto di qualsiasi pensiero monologico ed omologico» (Schandl). Per Schandl la questione non è - come egli sostiene - che il «malessere (deve essere) accompagnato da vicino e dissezionato» (ivi), ma, al contrario, per lui la questione è più l'empatia con l'anima piccolo-borghese postmoderna. In questo contesto, la teoria si rivela ovviamente come un «difetto, e viene percepita, nel migliore dei casi, come arroganza, e non come ciò che dovrebbe essere: aiuto e critica. Così la critica appare a molti come un'imposizione, come uno sforzo al quale non segue motivazione e soddisfazione, bensì conflitto e discordia» (ivi). Di conseguenza, in Streifzüge, viene esibita attenzione per la debolezza umana in maniera intollerabile. La prescrizione (rivolta da alcuni di loro) è quella impietosa di essere simpatici; dopo aver letto tanti testi di Streifzüge, ci si sente come se si fossero mangiati, almeno, quattro fette di torta alla crema di quelle che si facevano una volta. Un linguaggio heideggerizzato - ad esempio in Schandl - serve a far passare la teoria e l'analisi in secondo piano. "L'Uomo" in astratto è il vero oggetto ed il destinatario di un simile scarabocchiare; è per lui che ci si chiama "amorevolmente". Involontariamente ci fa tornare in mente una canzone di Xavier Naidoo, molto appropriata al discorso del fronte trasversale: «Se la canzone esce dalle mie labbra, lo fa solo perché tu riceva amore...». Qui la formula vuota della "buona vita" viene ripetuta come in un rosario. Un simile prendere partito per coloro che soffrono contro lo scandalo della loro sofferenza, in realtà non è niente! E a questo assomigliano i suoi «tentativi di far scoppiare il soggetto borghese», come Schandl intitolò una volta uno dei suoi testi.
È vero che questa nostra critica è vecchia, ma è anche vero che guadagna una nuova urgenza di fronte al continuo sviluppo della destra in atto da decenni, di fronte ad una nuova svolta a destra avvenuta a partire dal 2008, e che arriva all'elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti. Per questo è necessario continuare a proporre alcune critiche che sono state apparentemente espresse fino alla nausea. È semplicemente ipocrita che Streifzüge svolga ancora una critica in cui rimprovera gli speculatori. Sono proprio loro, in realtà, ad avercela con l'astrazione, cosa che a volte esprimono non troppo discretamente. In questo contesto, Schandl volge il suo sguardo indietro, agli anni della critica del valore, e constata che a partire dal 2004 ha perso importanza. Vuole per sé un "gruppo arcobaleno" e non un "palco della critica" deciso in maniera oscura. Non essere, o essere poco seguito dal pubblico alla fine parla delle perversione di tale posizione, in quanto si tratta di "ottenere" qualcosa. Diventa chiaro che un simile "gruppo arcobaleno" si esprime in termini di pubblicazioni, quando un Peter Klein può pubblicare su Streifzüge un articolo in cui dice: «Volenti o nolenti, le nuove destre praticano attraverso la loro condotta disastrosa un anticapitalismo, seppure impotente. Se non altro perché, in quanto risultato barbaro dello stadio più recente dello sviluppo capitalista, possono essere visti come il suo volto orrendo. E come tali meritano di essere presi sul serio. Ciò che mi colpisce è che qui, alla fine, emergono per una volta dei perdenti che non si lasciano più intimidire dall'ideologia dominante del "è colpa nostra"» [*3]. È vero che subito dopo, quasi a seguire, c'è un testo di Lothar Galow-Bergemann che implicitamente contraddice il testo di Klein. Con l'apparente obiettivo di prendere le distanze da Peter Klein. Tuttavia, si tratta di un trucco, per mezzo del quale di fatto possono essere veicolati i contenuti del fronte trasversale. In fondo, si è lasciata prendere la parola anche all'altro lato, quello dei critici del fronte trasversale, come Galow-Bergemann. È così che abbiamo sempre immaginato il «il piacere di trasformarci in una "rivista"». [N.d.T.: sottotitolo, questo, della rivista Streifzüge, riportato criticamente da Robert Kurz in "Venditori di anime", 2010 http://www.obeco-online.org/rkurz412.htm ].
«Bisogna andare oltre gli... esercizi scolastici preliminari» (Schandl, ivi). Nella sua frenesia di armonia, Schandl è di fatto estraneo ad una "visione manichea del mondo", espressione con cui designa l'atteggiamento di chi non vuole lasciarsi istupidire dalle circostanze (Adorno) e non cerca di parlare con tutti. Schandl lamenta il fatto per cui l'impatto della critica del valore sarebbe «attualmente molto limitato», e conclude: «La nostra prassi di attuazione è quella di mettere in discussione tutta la struttura dello spettacolo». Non è a caso che Schandl ricada qui nel linguaggio del teatro, ma non abbastanza da denunciare che si tratta, al contrario, di una caccia populista all'uomo e che questo è per lui il comandamento più alto, in quanto si tratta di "vita", a prescindere da come si presenti la soggettività. È tuttavia sorprendente che presumibilmente la critica del valore abbia così poca ricettività: con una così tanta attenzione alla debolezza umana, con una tale evocazione della vita e con la disponibilità a mostrare al popolo la bocca piena di risentimento, la "critica del valore" di Streifzüge dovrebbe avere una massiccia clientela, al contrario delle altre "sette e gruppuscoli" della critica del valore, con il loro "pensiero nero" e con il loro stile polemico. Al contrario di questi ultimi, Streifzüge rimane ovviamente nella propria diversità. Per motivarlo, Schandl parla di legittima protezione delle proprie forze. Da questo appare particolarmente evidente, alla fine dell'articolo, che da tempo si è trasformato in uno zombie della critica del valore, e non cerca altro che tranquillità. Ed è proprio per questo che una critica appassionata e provocatoria della dissociazione-valore che non si adatta alle circostanze è per lui una cosa insopportabile; non da ultimo, anche per tutta la retorica sulla vita e sulla vitalità. Inoltre, dall'atteggiamento carino e gentile traspare un'aggressività sproporzionata e una tendenza alla rabbia che tuttavia non può essere espressa, in quanto se lo facesse si rivelerebbe inaffidabile. Si preferisce accusare gli altri di questo. E perciò, forse anche per Frank, non ci deve essere una vera fine del capitalismo, e così è preferibile una critica del valore senza una tesi del collasso. Questo rende compatibili le diverse critiche del valore con i critici borghesi della fine del capitalismo (vedi sopra), entrambi vogliono che il capitalismo venga messo fondamentalmente in discussione pur mantenendone le basi, dal momento che i critici borghesi-marxisti ancora non osano immaginare la sua fine. Nel programma di Streifzüge c'è sempre più un populismo critico del valore, anche se pretendono di continuare a mantenere aperte le porte teoriche.
Eppure sono già quasi 13 anni che abbiamo sottolineato ed evidenziato in molti testi la critica ridotta del valore svolta da Streifzüge, da Krisis & Co., ed è stato lo stesso Schandl a rivelarlo in parte: con il diverso quadro teorico, il problema della heideggerizzazione della critica del valore e della mentalità dell'esperto associato ad un presunto superamento del capitalismo, l'esuberanza del movimento delle digressioni [N.d.T.: La parola plurale, Streifzüge, che serve da titolo alla rivista viennese, significa letteralmente "incursioni", "digressioni"], l'alimentare false necessità piccolo-borghesi e la mancanza di una critica del soggetto, e non da ultimo il riferimento difettoso alla critica della dissociazione-valore, ecc., che ancora una volta emerge in Schandl e in Frank (in Frank tematizzata di passaggio a proposito del medium maschile Robert Kurz), è con tutto questo che ci troviamo in una simile comunità forzata della critica del calore. La critica della dissociazione-valore viene in questo modo ancora una volta abusata per interessi androcentrici. Schandl continua ad insistere sul fatto che le sue posizioni sarebbero sospettosamente vicine a quelle di un Robert Kurz, anche se il "pensiero negro" di quest'ultimo deve essere superato: «Non è solo la separazione dal pensiero nero ad essere necessaria, è anche arrivata l'ora di abbandonare il pensiero monologico per il dialogico» (ivi), rimanendo del tutto indifferente rispetto alla questione di sapere con chi si parla, dal momento che perfino un pensiero reazionario presumibilmente include sempre dei momenti trascendenti di critica...
Secondo Schandl, anche Krisis sembra camminare da tempo su una cattiva strada: «Questo vale moderatamente anche per gli sviluppi di Krisis a partire dal 2004. Anche in questo caso non siamo mai riusciti a chiarire i diversi limiti del "sistema Krisis"» (Lorenz Glatz). Tuttavia sembra così che anche Krisis abbia finito per essere letteralmente molto confusa con la vita, con l'attenzione alla debolezza umana e con il populismo di Streifzüge. In realtà, in questo modo avrebbero dovuto dar ragione alla nostra critica, fatta a partire dal 2004, di uno sviluppo a destra e alla volontà di "vendere" (Robert Kurz) di Streifzüge, che Krisis allora condivideva. Ma non è così. È probabile che la responsabilità di questo non vada attribuita solamente ad un falso orgoglio. Si vedano, ad esempio, le considerazioni fi Norbert Trenkle a proposito di a che cosa dovrebbe assomigliare oggi l'emancipazione [*4], e salta agli occhi che non parla di decentralizzazione e di appropriazione della ricchezza per emanciparsi dal feticcio della merce. Neppure una parola su antisemitismo, razzismo e sessismo, né sulla dissociazione-valore in quanto contesto sociale di base, e questo nell'autunno del 2015, quando il movimento dei rifugiati e la svolta a destra hanno fatto notizia dappertutto; viene invece citato benevolmente un tale Stefan Meretz, il quale, in quanto autorità del "open source" e dei "commons", scrive anch'egli su Streifzüge. La critica del soggetto è del tutto assente, proprio riguardo al tema dell'emancipazione (si veda su questo numero la critica di Thomas Meyer a Paul Mattick). In particolare, Karl-Heinz Lewed pretende probabilmente di essere la difesa centrale di Krisis, con i suoi lavori derivati da Robert Kurz per quanto riguarda l'islamismo e la pulsione di morte. Anche se la differenza rispetto a Streifzüge non è poi così grande, su Krisis continuano come prima a cercare di chiarirla (si veda su questo l'articolo "Dissidenza pigra", anch'esso in questo numero). Finora anche le pubblicazioni di Peter Klein e Lothar Galow-Bergemann (vedi sopra) non sono state oggetto di critica sulla homepage di Streifzüge; viene suggerita una critica del valore sostanzialmente intatta e da gustarsi come se non ci fossero differenze. Ma proprio in tempi di fronte trasversale avanzato, tuttavia, non si tratta di disporre una vicina all'altra tutte le possibilità e renderle in tal modo "equamente" pubbliche. Al contrario, bisogna far valere veementemente le distinzioni e le differenze, e affermare chiaramente una posizione. In questo è incluso il riconoscere che Krisis ed EXIT! si distinguono in linea di principio per quel che riguarda l'individualismo metodologico, la questione della sostanza del capitale e la critica della dissociazione-valore. Tuttavia, anche nel corso di eventi e di seminari, ci imbattiamo continuamente in persone che vogliono fare un'unificazione obbligatoria, quasi a forza, indipendentemente dalle tendenze alla compatibilità con il fronte trasversale che saltano agli occhi, soprattutto nel caso di Streifzüge, visto che da parte di EXIT! è da tempo che si è richiamata l'attenzione sulla deviazione di destra della critica del valore (si veda, ad esempio, Scholz: "Maggio è arrivato" [ http://ozioproduttivo.blogspot.it/2016/06/maggio-e-arrivato.html ] EXIT!, n°2, 2005).
Tuttavia, se è necessario, la teoria critica deve avere anche il coraggio, come sempre, di svernare in una povera capanna e non cercare di intendersi con tutti, dappertutto. È decisivo qui il contenuto, e non una falsa attenzione alla debolezza umana, ad una vuota apertura e all'affabilità. Forse non è mai stato tanto necessario quanto oggi una distanza critica rispetto alle condizioni sociali, in una situazione in cui la critica (della dissociazione e) del valore, tradizionalmente distanziata, sembra essere diventata obsoleta nel suo "stare fra le nuvole". Quando oggi Wilhelm Heitmeyer constata un pericoloso, ed in realtà reazionario, desiderio di normalità che rappresenta il terreno fertile per la società dell'esclusione - che ha studiato per decenni - e verifica a ragione che avremmo potuto porci rimedio (der Freitag 13/10/2016), lo stesso si può dire anche, e a maggior ragione, della critica radicale della dissociazione-valore, che prevede (che ha previsto) la decadenza e infine il collasso del capitalismo. Sono già vent'anni da quando ha denunciato una società "di guardiani" (Scholz, Die Metamorphosen des teutonischen Yuppie, Krisis 16/17, 1995).
Con una così grande disposizione verso la diversità e l'apertura, non stupisce che recentemente su Streifzüge sia riapparso anche uno che una volta apparteneva all'equipe della critica del valore, ma che è passato da tempo al lato opposto (attenti! Immagine del nemico, polemica e aggressività!): Andrea Exner. Il titolo del suo articolo su Streifzüge - sorpresa! - recita: «La fase di transizione in una prospettiva aperta» [*5]. È da molto tempo che accusava la critica del valore di riservare assai poca attenzione all'antagonismo di classe e alla costante colonizzazione, all'accumulazione continua di capitale attraverso l'incorporazione di forza lavoro (in: [a cura di] Karl Reitter: "Karl Marx - Filosofo della liberazione o teorico del capitale?" - Vienna 2015). Ora, nel suo "testo di passaggio", ora assume la posa del subalterno, facendo riferimento a Bourdieu, e flagellando l'intellettualismo elitario della critica del valore. Avendo svolto per qualche tempo il mestiere di medico del lavoro, vuole salvare una scienza reificata, e metterla in campo in tutta serietà contro la critica del valore, come è stata svolta da Robert Kurz, in una situazione in cui vengono ignorate tutte le "Favole di mercato" rivelate da Claus Peter Ortlieb (vedi EXIT! n°1, 2004). Così, per lui, la teoria deve essere sempre teoria della prassi. Empirismo e scienza vengono invocate come autorità onorarie, senza rendersi conto che l'empirismo e la scienza volgari rifiutano innanzitutto ogni teoria ed empirismo (!) della critica del valore, come si può vedere oggi negli scenari di crisi. Robert Kurz, con buona ragione, non ha mai voluto essere uno scienziato e un accademico borghese, e proprio anche per questo si è trovato nella posizione di poter prevedere il collasso del capitalismo. Ma ora Exner immagina che avrebbe desiderato il riconoscimento da parte dell'accademia marxista borghese, anziché vedere che oggi tale accademia constata la fine del capitalismo, senza mai menzionare la critica (della dissociazione e) del valore che questa fine aveva previsto da tempo, cosa che un post-critico-del-valore affermativo tuttavia si rifiuta di ammettere. Ma, se qualcuno vuole fare carriera nell'accademia e nei cenacoli di sinistra, questo non fa orrore a nessuno; dal momento che è disposto a vendere la propria nonna, come giustamente si diceva qualche decennio fa, anche se nelle proteste studentesche è qualche anno che si grida con Andre Gorz: «Distruggi l'Università». È in un tale contesto problematico che ci si muove, dopo una presunta apertura, al di là di qualsiasi contenuto, al di là di ogni sostanzialità e di ogni critica, nel carattere non vincolante di un non-dogmatismo apparente. Sono tanti i presunti critici del valore che si sono convertiti da tempo in pulci saltellanti della scena (oppure lo erano già fin dall'inizio), e se nel caso di Krisis ci si potrebbe ancora trovare di fronte ad uno sforzo verso un'autentica critica del valore, al di là della "Nuova Lettura di Marx" (cfr. Karl-Heinz Lewed, Krisis 3/2016), e ci si aspetta così che ci si possa "distinguere" (Bourdieu) e ci possa essere una nuova vendita, in quanto, alla maniera postmoderna, si nega ancora la sostanza del capitale e si postula, come estremamente originale, una "totalità formale", nel momento in cui, dappertutto, la sussunzione reale sotto il capitale diventa argomento di discussione, insieme allo spettacolo simultaneo della sua sua svalorizzazione. Da parte di Lewed, si enfatizza una critica del valore realmente autentica (ed una corrispondente comprensione analitica della forma del valore), mentre allo stesso tempo si dà spazio a "differenti" concezioni della critica del valore, perfino a livello "programmatico", in quanto "auto-comprensione" (vedi la rubrica "Chi siamo noi" sulla homepage di Krisis). Del resto, come viene detto nella traduzione tedesca del libro "Tempo, Lavoro e dominio sociale" di Postone (2003), l'antitesi della totalità astratta non è la totalità sostanziale, bensì proprio la totalità concreta, alla quale non può essere contrapposta una totalità formale, come fa Lewed, ma al contrario questo termine include proprio il progresso storicamente concreto del capitalismo e la vita sociale reale.
La questione, pertanto, non è solo la fine del capitalismo "come noi lo conosciamo" - una formulazione, questa, che si aspetta ancora in qualche modo un proseguimento del capitalismo - ma, al contrario, si tratta di considerare seriamente le riflessioni su come il capitalismo continuerà dopo il patriarcato capitalista, e quali sono i necessari passi di trasformazione rispetto a questo. Quindi, l'approccio svolto dalla critica della dissociazione-valore non cerca frettolosamente delle uscite (false), ma dice apertamente che tali uscite non esistono nel presente immediato. Non si seppellisce nelle critiche affermative del valore, né in quelle del post-valore, che in realtà temono l'idea di una società differente. Qui, il sistema di riferimento non è il salvataggio del soggetto, come avviene in Schland & Co., per cui "l'Uomo", oggi, non deve essere realmente sottomesso ad alcuna critica, ma deve al contrario essere semplicemente assunto in quanto tale, in tutta la sua pericolosità pubblica. Diversamente, i punti principali di questo numero di EXIT! sono: psicoanalisi e soggetto, strategie del fronte trasversale qui ed ora, e denaro nella premodernità e nella modernità.
L'articolo "La matrice psicosociale del soggetto borghese nella crisi", di Leni Wissen, ha il fine, da un lato, di determinare la "matrice psicosociale" del soggetto borghese, sulla base di una lettura della psicoanalisi freudiana dal punto di vista della critica della dissociazione-valore. In quanto, sebbene che il pensare, l'agire ed il sentire delle persone non possa essere derivato direttamente dalla forma della dissociazione-valore, si pone la questione di sapere perché le persone, nel loro pensare, agire e sentire riproducano quotidianamente le categorie astratte. Ora, dal momento che la forma della socializzazione capitalista non appare in astratto, bensì mediata dai suoi sviluppi empirici, anche il soggetto e le sue mediazioni psicosociali è sottomesso alla processualità della socializzazione capitalistica. Per questo, l'articolo, dall'altro lato, segue la pista della propagazione del narcisismo nelle condizioni dell'epoca della crisi postmoderna.
Anche in questo numero, non possiamo fare a meno di pubblicare un estratto del libro, ormai esaurito, di Robert Kurz, "La guerra di ordinamento mondiale", dal momento che gli amok, gli attentati suicidi e le guerre civili senza senso negli ultimi anni sono aumentati in maniera massiccia, come c'era da aspettarsi nella sequenza del previsto processo di decadenza. Una delle sue tesi centrali afferma: «Dopo secoli di storia di aggiustamento del capitalismo e dopo l'imposizione della relazione di capitale come relazione globale immediata, la stessa ed unica forma universale del soggetto che "incarna" il vuoto metafisico del valore, identico dappertutto, e che costituisce l'io interiore degli individui, come essenza del tutto incolore e senza nessuna qualità, dal momento che la differenza culturale ormai rappresenta solo una copertina esteriore, quasi folcloristica. Ed è anche per questo che le "bombe viventi" (Enzensberger...) vagando per il mondo del capitale globalizzato sono i prodotti più genuini di questo stesso mondo: soggetti identici della medesima metafisica reale, in cui è diventata evidente la pulsione di morte propria di questa socializzazione negativa. Le azioni degli amok nei college degli Stati Uniti e gli attentatori suicidi islamici che si fanno esplodere sono più unificati dalla loro forma soggetto e, quindi, dai loro propri atti, di quanto siano separati di differenti contesti culturali». Qui, Kurz prende in considerazione anche dei punti di vista psicoanalitici. Al contrario di Badiou, che ultimamente ha richiamato l'attenzione su questo con una tesi della pulsione di morte (Der Freitaf, 21/3/2016), Kurz analizza tali tendenze sullo sfondo della logica della dissociazione e della crisi della relazione di genere, nel contesto di un'economia di autodistruzione, di globalizzazione e della "incapacità di sfruttamento" da parte del capitale.
In questo numero pubblichiamo anche il testo inedito di Robert Kurz, "Dissidenza pigra. Le caratteristiche della sindrome di opposizione distruttiva nella teoria critica", che si basa su molti anni di esperienza fatti insieme ad una "opposizione distruttiva" in contesti teorici di sinistra. Essenzialmente si tratta del fatto che «Ogni posizione di teoria sociale critica contiene necessariamente contraddizioni interne non risolte e questioni aperte, nella sua formulazione rimane incompiuta e segnata dall'individualità non sempre nobile dei suoi autori. In questo contesto, nessun corpus di pubblicazioni teoriche può pertanto essere sottoscritto integralmente fino all'ultimo dettaglio da tutti e da tutte, per così dire, con il proprio sangue... La dissidenza può essere abbastanza redditizia, quando si verifica come cambiamento della via storica, nella posizione intellettuale della fine di un'epoca». Come esempio, Kurz cita la costituzione della vecchia critica del valore o la critica della dissociazione-valore. In questo caso, tuttavia, si corre il rischio di una forma di dissidenza che è tutto tranne che rivolta in avanti: «Si deve parlare, in tal senso, di una dissidenza regressiva, che generalmente può essere anche definita come dissidenza pigra; alludendo, di certo, al concetto hegeliano di "esistenza pigra". Si tratta qui, in particolare, non solo di un ruolo regressivo all'interno di una trasformazione teorica, ma anche di un impulso di auto-affermazione astratta distruttiva, o di una posizione vuota... specialmente oggi, in tempi postmoderni, le cui creature si spaventano dinanzi a qualsiasi definizione, quando sembrano aderire ad un gruppo teorico o politico». Vediamo continuamente come tematiche ampiamente discusse, quali, ad esempio, il riferimento critico all'illuminismo, il rigetto di una comprensione della prassi in maniera problematicamente immediata ed il rifiuto di un riferimento filosofico esistenziale a "la vita" (vedi sopra), la definizione della relazione di dissociazione sessuale in quanto relazione equiparata al valore nella determinazione della forma sociale, ecc., vengono messe in discussione e vengono proferite contro di esse argomenti più che vecchi, come se fossero qualcosa di "completamente nuovo". Questo è faticoso e non toglie niente, tanto più che esistono alcuni testi in cui tali posizioni sono già state lungamente ed ampiamente discusse e criticate. In questo contesto, Kurz critica anche una digressione trasversale (e/o queer) postmoderna, che propaganda un astratto pluralismo di opinioni, senza riferimento al contenuto. «I miscelatori di teorie ed i mediatori di teorie procedono come se il conflitto non risiedesse nella cosa in sé, ma solo nella unilateralità del pensiero dei protagonisti; fino a quando gli amichevoli pensatori queer mostrano la via di mezzo dorata, che, purtroppo, porta sempre solo alla de-realizzazione postmoderna della cosa in sé».
Che tali divagazioni trasversali non rimangono solo nell'universo inoffensivo del gioco postmoderno. è quel che mostra Daniel Späth, assumendo come tema il movimento del fronte trasversale in crescita a partire dal crollo del 2001/2008. In questa prima parte del suo articolo "Fronte trasversale dappertutto! La 'nuovissima destra', la 'nuovissima sinistra' e la fine della trascendenza nella critica sociale", presenta il quadro condizionale sociale reale e storico che fa avanzare il neofascismo in Germania e in Europa, e sottomette la "nuovissima destra" ad una critica sui vari piani della "totalità concreta". A partire da uno sviluppo storico-teorico della relazione fra l'universalità negativa e la particolarità nazionale, con una speciale attenzione all'ideologia tedesca, viene stabilita la relazione fra la socializzazione della crisi postmoderna e la formazione del neofascismo tedesco, in cui assume particolare importanza la riflessione su una svolta immanente postmoderna. Di seguito, vengono rappresentate le tre ali del neofascismo - "Alternativa per la Germania (AfD), "Veglie per la pace" e "Patrioti europei contro l'islamizzazione dell'Occidente" (PEGIDA) - sia nella loro unità che anche nelle loro differenze. Infine, la "dialettica delle ideologie" predominante viene sottomessa ad un'analisi dettagliata, in quanto le controversie interne al neofascismo possono essere ridotte al giocare la propria ideologia contro l'altra, im modo che queste dispute dentro il fascismo vengano affrontate in dettaglio.
Nel suo saggio, Bernd Czorny indaga la storia delle idee del tempo. Le concezioni premoderne del tempo sono caratterizzate da una forma ciclica, indissolubilmente legata alle attività o agli eventi concreti. Nella modernità, tuttavia, il concetto di tempo soffre di un'astrazione che avviene per mezzo del denaro; si perde il legame diretto dell'attività, o dell'evento, con il tempo. Moishe Postone constata, nella modernità, una dialettica del tempo astratto e del tempo storico concreto, derivata dalla dialettica del lavoro astratto e del lavoro concreto, della ricchezza astratta e della ricchezza materiale. Qui, il tempo astratto è la misura e la determinazione della ricchezza astratta. Con l'aumento della produttività, la rispettiva unità del tempo riguardo alla produzione di ricchezza materiale è sempre più ridotta, in modo che la determinazione del lavoro socialmente necessario viene dislocata sull'asse temporale del tempo astratto, cosa che costituisce un paradosso, nel senso che il periodo di tempo astratto rimane costante mentre viene sostanzialmente ridefinito. La totalità del capitalismo viene completamente percepita soltanto quando si tiene conto della relazione di dissociazione sessuale. La dissociazione si riferisce, fra l'altro, alle attività di riproduzione, quali l'attenzione, l'assistenza e la cura per le persone, fino all'erotismo, alla sessualità e all'amore, e sono associate al sesso femminile. Roswhita Scholz, sulla base di Frigga Haug, determina qui due logiche del tempo: la logica del risparmiare tempo, che obbedisce alle leggi del mercato e del profitto, e la logica del perdere tempo, riferita al dominio della riproduzione. Come risultato, si apre un nuovo piano di osservazione del tempo che dev'essere preso in considerazione.
In questo numero, Richard Aabromeit dà inizio ad una serie di articoli sul tema del "denaro", che prevedono tre parti: la prima viene qui presentata e, dopo una breve esposizione di una concezione della storia differente da quella abituale, si occupa dell'origine, della storia e dell'essenza del denaro. Si vuole mostrare il significato del denaro e dei suoi precursori, ossia, come e da dove è arrivato il denaro; vengono descritti otto dei principali approcci che spiegano l'origine del denaro, e tali approcci vengono sottoposti ad un esame critico. Viene poi brevemente illustrata l'affermazione secondo la quale, in realtà, tutte le narrazioni dell'origine del denaro hanno la loro giustificazione specifica, con alcuni limiti. Di seguito, viene tracciata la storia del denaro come moneta in una breve rassegna, a partire dalle sue origini fino ad oggi. Nel finale si fa un tentativo di determinare l'essenza del denaro nella sua esistenza attuale, vale a dire, nella formazione della dissociazione valore, volgarmente detta capitalismo. Questo tentativo si basa sulla conoscenza del fatto che il denaro, nella forma a noi nota, esiste realmente da solo circa 500 anni e per questo ha stabilito la sua essenza. Le altre due parti dell'articolo, nei prossimi numeri della rivista, dibatteranno con la teoria e la politica rispetto al denaro, ed esamineranno dettagliatamente la relazione del denaro con i soggetti e con la totalità, dentro la formazione della dissociazione-valore.
Questo numero della rivista si chiude con cinque testi più brevi; le tesi di Roswhita Scholz sulla "Critica della dissociazione-valore e la teoria critica", la classificazione che ha fatto Gerd Bedszent de "L'oligarchia come manifestazione del potere dello Stato in erosione" e tre saggi-recensione di Thomas Meyer e Richard Aabromeit dei libri di Paul Mattick, Loic Wacquant e Jeremy Rifkin.
Per concludere: ci congratuliamo per la pubblicazione, negli ultimi anni, di due traduzioni di libri di Robert Kurz: Il collasso della Modernizzazione, in spagnolo (2016, editora Marat, Argentina), e Denaro senza Valore, in portoghese (nel 2014, Editora Antígona, Portugal).
- per la redazione, Roswitha Scholz - Dicembre 2016 -
EXIT! Crisi e critica della società della merce, nº 14 (Marzo 2017): INDICE
- Leni Wissen: La matrice psicosociale del soggetto borghese nella crisi. Una lettura della psicoanalisi freudiana dal punto di vista della critica della dissociazione valore
- La crisi finale e la sua rimozione
- Il processo postmoderno di crisi e la formazione di un tipo social-narcisista
- Critica della dissociazione-valore e psicoanalisi
- La teoria freudiana della libido dal punto di vista della critica della dissociazione valore
- Evoluzione sessualmente differente dello sviluppo psicosociale
- Il processo di crisi ed il carattere social-narcisista
- Sessualità di crisi
- Robert Kurz: La freddezza nei confronti del proprio Io e la pulsione di morte del soggetto senza frontiere
- La logica della dissociazione e la crisi della relazione fra i sessi
- La freddezza verso il proprio Io
- L'economia dell'autodistruzione: la globalizzazione e la "incapacità di sfruttamento" del capitale
- La metafisica della modernità e la pulsione di morte del soggetto senza frontiere
- Robert Kurz: Dissidenza pigra. Le caratteristiche della sindrome di opposizione distruttiva nella teoria critica
- Differenza, dissenso e dissidenza
- Pensare per sé ingrassa
- La libertà di critica
- Kannitverstan [non capisco]
- Noioso è bello
- Presente e contro
- Eroicamente contro i divieti di pensare
- Pensare trasversale (e/o queer) libera
- Daniel Späth: Fronte trasversale dappertutto! O: La "nuovissima destra", la "nuovissima sinistra" e la fine della trascendenza nella critica sociale
- La crisi dell'Unione Europea e la svolta immanente della postmodernità
- Confusione sul fronte trasversale - Sulla genesi storica della "ideologia tedesca" come presupposto della critica dell'ideologia del neofascismo
- L'epoca postmoderna della crisi fondamentale, la disputa sull'Europa e la nuova egemonia della Germania nell'amministrazione europea della crisi
- La svolta immanente della postmodernità, la crisi europea e l'emergere della "nuovissima destra" in Germania
- La classe media divisa in Germania
- La "nuovissima destra" in contraddizione: Le divisioni nel neofasciamo tedesco e la "dialettica delle ideologie" senza frontiere
- Bernd Czorny: La comprensione del tempo nella premodernità e nella modernità con riferimento a Postone
- Introduzione
- Le idee di tempo nelle società arcaiche e antiche
- Le idee di tempo nel Medioevo
- Le idee di tempo in Età Moderna
- La dialettica del tempo astratto e del tempo storico in Postone
- Conclusione
- Richard Aabromeit: Denaro - è chiaro, giusto? Parte I: Saggio sull'origine, la storia e l'essenza del denaro
- Introduzione
- 1. Il denaro nel senso comune, nell'opinione pubblica e nella scienza borghese
- 2. ... e in Marx, fra i marxisti e la loro cerchia
- 3. La posizione convenzionale sulla storia del denaro
- 4. Di cosa si tratta, allora?
- 5. L'origine storica empirica del denaro
- Excursus: il denaro nelle società pre-capitaliste fuori dell'Occidente
- 6. Breve storia del denaro a partire dalla comparsa delle monete
- 7. La natura del nostro denaro
- Epilogo: Il denaro nella teoria economica e nella politica economica
- Roswitha Scholz: Critica della dissociazione-valore e teoria critica
- Gerd Bedszent: L'oligarchia come manifestazione del potere dello Stato in erosione
- Thomas Meyer: Business as usual - Sulla follia continuata del modo di produzione capitalista
- Richard Aabromeit: Jeremy Rifkin: La società del Costo Marginale Zero. Recensione del suo ultimo libro
- Thomas Meyer: Sul terrore dello Stato democratico ai tempi del neoliberismo.
NOTE:
(1) Streifzüge Nr. 66, online: http://www.streifzuege.org/2016/zur-kritik-der-kritik (acesso: 01.12.2016).
(2) Online: http://www.streifzuege.org/2016/20-jahre-krisis (acesso: 01.12.2016).
(3) Online: http://www.streifzuege.org/2016/stellt-euch-vor-das-proletariat-kommt-in-bewegung-und-die-linke-ekelt-sich (acesso: 01.12.2016).
(4) Vgl. Norbert Trenkle, Gesellschaftliche Emanzipation in Zeiten der Krise, online: http://www.krisis.org/2015/gesellschaftliche-emanzipation-in-zeiten-der-krise/(Zugriff: 01.12.2016).
(5) Online: http://www.streifzuege.org/2016/ein-durchgangsstadium-mit-offner-perspektive (acesso 01.12.2016)
fonte: EXIT!
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