domenica 23 febbraio 2020

Fronte del “porto”!

Soldato Amazon
- di Riccardo Luna -

Quando si dice che dietro ogni pacco di Amazon che ti arriva a casa puntuale anche con la neve o gli scioperi, c’è una “organizzazione militare”, adesso sappiamo che non è una battuta. Anche il fatto che nei magazzini ci sia un “clima da caserma” forse non lo è. Dietro, c’è un ex ufficiale delle forze armate che ha scelto di levarsi la divisa e mettersi al servizio della società di Jeff Bezos.
Anche in Italia. Il 6 febbraio su LinkedIn, il social network dei professionisti, è apparso un annuncio per la ricerca di un manager responsabile di produzione e logistica. Forse si tratta di una posizione legata ai nuovi magazzini di Rovigo e Colleferro che saranno operativi entro il 2020 (1400 posti di lavoro, una buona notizia). Il testo dell’annuncio non lo dice. Dice soltanto — in inglese — che è rivolto “a militari o ex militari”; che saranno valutati da “un apposito team di valutatori fatto di militari”; che i militari sono una figura chiave della gestione della rete logistica di Amazon; che in Italia il business sta crescendo in fretta e che cercano alcuni “military area managers” che abbiano gestito team di almeno 45 soldati (ma aver guidato 100 soldati per almeno 5 anni è un titolo preferenziale).
Non è una novità assoluta. In America queste figure professionali li chiamano “Amazon Warriors”: guerrieri. Può sembrare enfatico o peggio di cattivo gusto ma sicuramente lo erano. Sul sito ufficiale ci sono le faccine sorridenti di una dozzina di persone, scelte come testimonial della community; cliccandoci sopra scopri le loro storie patriottiche, quasi sempre gente che è passata dalle guerre in Afghanistan o Iraq alla supervisione dello smistamento dei pacchi per essere certi che arrivino nelle nostre case come previsto. Babbo Natale non esiste e Bezos ha altri metodi per tenere fede agli impegni.
Gli Stati Uniti da questo punto di vista sono un mondo a parte: lì c’è anche un progetto per veterani di guerra che vengono incoraggiati — con 10 mila dollari a fondo perduto — ad aprire una startup che poi lavori con Amazon. Una cosa nobile, che punta al reinserimento sociale di chi ha servito la patria al fronte. Diverso il volere dei “guerrieri” a gestire i magazzini. La ragione di questa corsia preferenziale, anzi, esclusiva, per gli esponenti della forze armate, Jeff Bezos la spiega nel sito dedicato alle offerte di lavoro per i paesi europei e africani. Dice il fondatore e amministratore delegato: “Cerchiamo leader che possano inventare, pensare in grande, avere una inclinazione per l’azione e ottenere risultati concreti per i nostri clienti”. Chi vi viene in mente? A Bezos solo i militari. “La loro esperienza ha un valore infinito nel nostro ambiente di lavoro”.
Di questa cosa relativamente all’Italia se ne parlava da qualche mese: secondo quello che risulta a Repubblica sarebbero già tre gli ex ufficiali delle nostre forze armate assunti da Amazon. Ma questa, dicono da Amazon, dovrebbe essere la prima offerta di lavoro esclusiva. Non è così importante. Quello che colpisce semmai è che questa esigenza di costruire una “organizzazione militare” sembra confermare alcune delle storie che da sempre circolano sulle condizioni di lavoro nei magazzini di Amazon e che l’altro ieri hanno portato una dozzina di senatori democratici, guidati dai candidati alla Casa Bianca Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, a mandare una lettera aperta a Jeff Bezos per chiedergli di finirla con questa cultura che mette il profitto davanti agli esseri umani. Fanno riferimento ad una petizione di circa seicento dipendenti del magazzino di New York, a Staten Island, intitolata “Non sono un robot” dove il numero di incidenti sul lavoro sarebbe tre volte superiore alla media del paese. Pare che gli addetti a mettere gli articoli nei pacchi abbiano un obiettivo di 700 pacchi l’ora (11 al minuto); e chi deve smistarli ne ha 400 l’ora. Il tutto supervisionato da schermi, collegati a computer, governati da un algoritmo. E dietro l’algoritmo, un ex ufficiale delle forze armate. Amazon ha risposto alla petizione dei senatori democratici invitandoli a visitare personalmente un magazzino.

- Riccardo Luna - Pubblicato su Repubblica del 12/2/2020 -

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