Fra l'ectogenesi e la felicità materna
- Sulla riproduzione della razza umana nella crisi del patriarcato produttore di merci -
- di Thomas Meyer -
La crisi del patriarcato produttore di merci si riflette non solo nella dissoluzione della sostanza del lavoro, ma anche nel l'aspetto soggettivo per cui il carattere sociale narcisista è diventato un fenomeno di massa (Wissen, 2017) ed appaiono delle distorsioni ideologiche enormi, come si può vedere dall'ascesa del neofascismo (si veda, ad esempio, Späth 2017 e Konicz 2018).
Ma anche l'area della riproduzione del genere umano mostra quello che è il suo proprio percorso di crisi. Questo si esprime, per esempio, nel collasso della famiglia e, soprattutto, nel fatto che avere figli diventi un «fattore di perturbazione» fondamentale. Nel discorso pubblico, questo problema appare, da un lato, in un «femminismo di Stato», che per emancipazione delle donne intende soprattutto l'integrazione nel mercato del lavoro (precario), dal momento che vengono (devono essere) delegate allo Stato un numero crescente di attività dello stato sociale [*1]. Dall'altro lato, questo lo si vede nei neo-conservatori che rifiutano questa forma di emancipazione civico-femminista, e scommettono invece sulla felicità familiare privata.
Tuttavia, la promessa di felicità borghese della sinistra, a partire dal fatto che ora anche la donna può e deve finalmente avere un lavoro salariato, diventa in qualche modo inutile in quelle che sono le condizioni di crisi, in special modo in Germania, come sottolineano Lent e Trumann nel loro libro (Lent; Trumann 2015), visto che negli ultimi anni l'aumento dell'occupazione femminile è dovuta soprattutto all'espansione dei settori a bassa salario (le analisi di Lent e di Trumann si riferiscono solo alla Germania).
Da parte sua, la parte neoconservatrice, come nel caso di Birgit Kelle [*2], evidenzia il fatto che una tale emancipazione finisca per portare solo ad un eccesso di carichi in più alle donne, dal momento che di norma «carriera e figli» si escludono a vicenda [*3]. Kelle continua sottolineando che la donna non vuole smettere di credere che fare figli possa essere significativo e possa realizzare la sua vita, anziché consegnarla allo Stato, e dare perciò un senso alla vita per mezzo del lavoro salariato.
Secondo Kelle, per il capitalismo gravidanza e maternità sono un onere così grande, in quanto allontanano per qualche tempo le donne dal mercato dal lavoro. «Qualsiasi persona che desidera che le donne si sbrighino ad aver figli il più presto possibile, le sta trattando come se fossero delle incubatrici. Qui la gravidanza è un male necessario, una situazione transitoria medicalmente necessaria, la quale, purtroppo, interferisce ripetutamente con i processo di produzione per l'economia» (Kelle, 2017). Continua ad essere auspicabile, pertanto, che dopo la gravidanza, la donna torni il più velocemente possibile sul mercato del lavoro (per esempio, nidi d'infanzia per tutti). È ovvio che qui non vengono discusse le condizioni di lavoro ed il loro contenuto (Lente, Trumann, 2015). Inoltre, la carriera lavorativa delle donne ha una qualità diversa rispetto a quelle degli uomini, nel senso che la donna, come lavoratrice, è sottoposta ad essere il proprio compenso privato per il lavoro salariato, come ha scritto nel 1987 Christel Eckart: «Al contrario del lavoratore uomo, per cui la divisione sessuale del lavoro lo rifornisce della "donna che sta al suo fianco" come assistente alla carriera, le donne invece hanno bisogno di imparare a pianificare e configurare la propria carriera e le loro condizioni di riproduzione [...] e come professioniste devono crearsi una vita privata complementare. [...] La socializzazione femminile, la quale esige una differenziazione emotiva e un'azione orientata alle persone[...], insieme all'emergere dell'individualizzazione del mercato del lavoro, che porta le donne alla differenziazione cognitivo-intellettuale e all'azione strumentale nel mercato del lavoro, mette oggettivamente sotto pressione le donne stesse, affinché esse possano riunire quello che nella società civile esiste come lacerato, nella separazione fra sfera pubblica e privata e con la polarizzazione dei caratteri sessuali» (Eckart, 1987). Per Eckart l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro non è emancipatrice, dal momento che significa solo un allineamento con la forma del soggetto maschile, laddove allo stesso tempo la donna deve assumere il ruolo di «donna» in sé.
Il fatto che avere figli - vale a dire, una vita familiare - e un posto di lavoro (a tempo pieno) siano fra di loro fondamentalmente incompatibili e sempre meno sostenibili (a causa della precarizzazione, ecc.), è stato ripetutamente criticato dalle femministe (recentemente Lent; Trumann 2015, e si veda anche Scholz 1999). Lent e Trumann sostengono anche che, nel movimento e nella teoria femminista, la maternità è stata messa da parte e viene considerata come se fosse un problema privato. L'obiezione a tutto questo, è stata formulata dalle correnti che vengono definite come «femminismo della differenza», la cui critica sosteneva che il femminismo ufficiale «aveva marginalizzato le madri, e prendeva sul serio solo le donne in quanto professioniste», e criticava anche quello che era il «trattamento predominante della maternità nella società». In questo modo, è nata la madre vista come un soggetto rivoluzionario (Lent, Trumann 2015). Inoltre, le femministe della differenza parlano di «non adattarsi al mondo capitalista borghese esistente [...]. ma esigerne la sua completa rivoluzione» [*4].
Dall'altro lato, è stato giustamente criticato ciò che è l'addestrare la donna, da parte dello Stato e della Chiesa, come se fosse una macchina per partorire. Shulamith Firestone è arrivata al punto di considerare la capacità di partorire come un ostacolo cruciale all'emancipazione delle donne, e per questo ha accolto positivamente il fatto che rimanere incinta ed avere figli potrebbe essere abolito grazie alla tecnologie riproduttive. Nel farlo, Firestone ha equiparato quello che è un fatto biologico al trattamento patriarcale di tale fatto. Di conseguenza, se in futuro gli esseri umani venissero creati artificialmente, scomparirebbe una giustificazione ed una base decisiva del patriarcato, e la donna potrebbe finalmente raggiungere l'uomo nella soggettività del lavoro produttivo. Questa soggettività del lavoro, borghese e androcentrica, che prende come modello l'esistenza vista come recipiente della forza lavoro, dev'essere essa stessa un bersaglio della critica, e non un obiettivo per cui lottare, soprattutto in tempi di crisi, quando la forma borghese del soggetto diventa comunque obsoleta. In caso contrario, si corre il rischio, come scrive Felicita Reuschling, di «cadere in una posizione eugenetica che misura la natura dei corpi vulnerabili dei vecchi, dei giovani e di altri a partire dalla norma delle funzionalità ai fini del capitalismo» (Reuschling 2009). La posizione acritica e ingenua di Firestone, relativa alle tecnologie di riproduzione, e le varie fantasie di creazione artificiale sono pertanto spaventose. Ci avverte che, se la «riproduzione artificiale dovesse cadere nelle mani degli attuali governanti», questo significherebbe realizzare un incubo, ma rispetto a questo procede in maniera simile a quella del solito marxismo che ritiene neutrale la tecnologia, preoccupata solo che eventualmente essa non cada nelle mani sbagliate.
Una critica delle tecnologie riproduttive, delle madri surrogate e della selezione genetica, ecc., è stata anche uno degli argomenti della critica femminista, in special modo negli anni '80. Sebbene, a partire dagli anni '60, i dibattiti e le critiche all'eugenetica siano divenuti ripetutamente attuali (come è accaduto in conessione con la Conferenza della "Fondazione CIBA", nel 1962 a Londra [*5], per la critica si vedano gli articoli in: Wagner, 1969), per molto tempo non hanno tuttavia costituito un tema per la sinistra (Brockmann, Schwerdtner 1987). È stata Traude Bührmann (Bührmann, 1981) a dare il via alla critica femminista nei confronti della tecnologia genetica e della riproduzione. In essa viene elencato assai chiaramente cosa muove i Biocrati: si pretende, in tutta serietà, di risolvere tutti i problemi attraverso l'ingegneria genetica, ossia, tecnicamente, anziché cambiare quelle che sono le condizioni sociali; una logica argomentativa che oggi viene propagandata anche dagli scagnozzi del transumanesimo. Ad esempio, Bührmann cita il genetista e Premio Nobel Joshua Lederberg, un «avversario rabbioso di qualsiasi restrizione alla ricerca genetica». Secondo lui, l'umanità rimarrebbe «sconvolta a causa del collasso della tecnologia». In tal coso, il «problema [...] può essere risolto solo adattando geneticamente l'essere umano a questo sviluppo, per esempio risolvendo - secondo la citazione di Lerderberg, che ne fa Bührmann - il problema del suicidio nucleare dell'umanità industriale, attraverso il suo adattamento genetico all'era atomica (!), il problema dei negri negli Stati Uniti, eliminandone la sua base genetica (!), e la discriminazione delle donne nella società industriale, per mezzo del livellamento genetico, o attraverso la sospensione dei due sessi che ne stanno alla base» (Bührmann 1981). Tuttavia, a partire dagli anni '90, la preoccupazione della parte femminista nei confronti di questo tema è diminuita in maniera significativa, fino a quando alla fine «è scomparsa» (Trumann, 2006) [*6]. Questo dimostra come i problemi in sé e la necessità di affrontarli sono tutt'altro che scomparsi!
Pertanto, la situazione dell'avere figli è stata, o viene, trattata in maniera diversa, secondo posizioni che sono, in una certa misura, completamente errate. Da un lato, in termini di difesa della famiglia nucleare borghese e della propaganda della felicità materna (che sicuramente può essere sperimentata come felicità solo da parte di coloro che si trovano in una situazione migliore, dal momento che molti non possono scegliere fra figli e lavoro), dall'altro lato, avere figli viene visto come un fattore di perturbazione anti-emancipatoria: La donna rinuncia ad aver figli, per potersi dedicare interamente alla carriera, oppure accetta un doppio fardello. E se ha figli - allora, per favore, che costino il meno possibile! In questa società competitiva non c'è posto per «vite sovraccaricate»! Perciò, ogni donna può decidere «liberamente» se mettere al mondo un bambino con una possibile (!) disabilità [*7]. Vale a dire: emancipazione attraverso il lavoro, oppure attraverso la felicità familiare borghese, ma non emancipandosi da entrambe le cose! Senza dubbio, le due posizioni hanno in comune il fatto che non tengono conto della struttura della società della dissociazione-valore e, pertanto, non la percepiscono come criticabile e come storicamente superabile. Dovrebbero piuttosto essere abbattute tutte quelle condizioni che misurano il valore della vita umana secondo la sua redditività ed efficienza, e costringono allo sforzo di dover estrarre lavoro da ogni atomo. Quindi, coloro che non sono ancora, o che non sono più, competitivi (soprattutto gli anziani, si veda Urban, 2018) sono per il capitalismo un problema fondamentale.
Più avanti, rivisiteremo la critica femminista delle tecnologie riproduttive. Anche se con questo argomento sia diminuita l'occupazione, come abbiamo detto, la questione continua a sussistere in maniera ancora virulenta. Sia perché
c'è di nuovo fermento contro le persone che hanno disabilità [*8], sia perché avere figli viene razionalizzato tecnicamente, per esempio, attraverso il «social freezing» [*9], oppure attraverso quei processi derivati ripetutamente dalla costruzione di un «utero artificiale». Già nel 1955 esisteva un brevetto per un «utero artificiale», o per un suo primo test tecnico [*10]. Per definire la crescita di un embrione in un utero artificiale, esiste del resto un concetto autonomo: Ectogenesi. In questo discorso, sono presenti anche gli ideologhi del transumanesimo - c'è qualcuno che li ammira? - (di questo più nella III sezione).
II Sezione
La scomparsa dalla scena, della critica femminista delle tecnologie riproduttive fin dagli anni '90, può essere correlata, come sostiene Andrea Trumann (Truman, 2006), col fatto che alcune parti del movimento femminista, con la loro insistenza sull'«autodeterminazione» delle donne [*11], hanno contribuito alla diffusione e all'accettazione delle tecnologie riproduttive.
Un'altra ragione potrebbe benissimo risiedere nel post-strutturalismo, che ha prevalso anch'esso negli anni '90, e su cui tutto, in qualche modo, è costruito solo sul discorso, e tutte le cose si esauriscono nel linguaggio. La «natura», è stata perciò presupposta come pre-teorica e, pertanto, insignificante. Di conseguenza, non ci sarebbe «natura» che possa essere funzionalizzata e condizionata dal capitalismo. Cosa cui va contrapposto che anche la nostra immagine di natura, di fatto, è di già, e sempre, influenzata dalla società e dal potere. Uno degli errori centrali del post-strutturalismo è quello che non può (o non vuole) distinguere fra immagine (linguistica) di una cosa, e cosa in sé, equiparando quindi la realtà con una determinata (cattiva) comprensione della stessa; come se l'esistenza dei dinosauri fosse solo un prodotto del discorso, senza alcun riferimento a qualcosa che si trova fuori dal discorso umano, o dalla prassi umana (la paleontologia è nata, come si sa, nel XIX secolo, così come la psichiatria moderna e la sessuologia) [*12].
Come scrive Robert Kurz, «Il punto di vista secondo cui la lingua non è un mezzo neutrale per poter descrivere una realtà indipendente da essa, è stato troppo ampliato, fino all'affermazione che il linguaggio è l'unica cosa costitutiva della realtà, effettivamente l'unica realtà in sé» (Kutz, 2014).
Dal momento che, per il post-strutturalismo, la natura, e l'atteggiamento sociale verso di essa, resta fuori dal suo esame teorico e critico - e dal momento che per la visione post-strutturalista la natura di fatto non esiste - il suo controllo, e la sua distruzione, possono essere realmente criticati. Infatti, il «new materialism» (che si dispone a criticare il post-strutturalismo) conclude che il rifiuto di una natura al di fuori del discorso, vale a dire, la visione della natura in quanto pura costruzione sociale, non esprime altro che la pretesa di poter disporre completamente di essa, e contro di essa (si veda Henning, 2016) [*13].
Il post-strutturalismo dimostra di essere incapace di una critica fondamentale sia del capitalismo che della corrispondente forma del soggetto, anche se in quest'ultimo caso, soprattutto attraverso Foucault, ha fornito qualche contributo. Come potrebbe essere realmente abolita la forma del soggetto borghese, se l'essere umano stesso non è altro che una figura tracciata sulla sabbia, che sparirebbe del tutto se venisse eliminato il discorso moderno, vale a dire la forma del soggetto? [*14]
Su Foucault ed i suoi seguaci, Georg Gangl ha scritto: «Questa valorizzazione del sapere, che è radicata in profondità nella teoria di Foucault, e che ha guidato anche gran parte della sua prassi politica [...] diventa epistemologicamente interessante dal punto di vista delle diverse colorazioni (post-coloniale, femminista, queer). Pertanto Foucautl vuole valorizzare il "sapere locale, disarticolato, squalificato, non legittimato" nei confronti della "istanza teorica unitaria" [...] della verità e della scienza, visto che sono proprio i tesori dell'esperienza delle donne, delle minoranze sessuali ed etniche, ecc. che assai spesso vengono strutturalmente ignorate nei discorsi scientifici. In questo senso, la prospettiva foucaultiana, che sottolinea quella che è la stretta connessione fra potere, sapere e dominio, può certamente essere utile negli sforzi di emancipazione da parte di questi gruppi [...]. La spina dorsale filosofica che molte epistemologie condividono, o accettano da Foucault [...] è, alla fine, soprattutto un ostacolo per questi sforzi di emancipazione, dal momento che, come abbiamo argomentato, tende a negare una verità che sia al di là del potere, e rende impossibile che vengano visti quelli che sono dei contesti estensivi» (Gangl 2012).
Tuttavia, la pretesa post-strutturalista, o costruttivista, contro la natura, contiene anche un po' di legittimità, anche se, in seguito, si è trasformata nell'esatto opposto della critica (come contingenza pura, piuttosto che come determinismo) e ha rifiutato, per mezzo di un'accusa di essenzialismo, qualsiasi coinvolgimento con la natura e con quello che non è semplicemente costruito nel discorso, o che da esso non viene assorbito. Ute Bertrand, nel contesto di una critica femminista della biologia e della biotecnologia, scrive quanto segue: «Sicuramente, l'approccio costruzionista facilita la relativizzazione delle verità scientifiche, ed aiuta a difendere la rivendicazione dell'esistenza di una vera e propria verità. Nell'abbandonare la distinzione fra "sesso" e "genere", e nel descrivere tutte le affermazioni scientifiche sulla natura come se fossero una costruzione sociale, le donne possono difendersi contro le attribuzioni di qualità basate sulla biologia (molecolare). Non hanno bisogno di lasciarsi compromettere, non serve loro che siano altri a dire come sono o come dovrebbero essere le donne - se è la struttura del cervello, la miscela di ormoni o la codifica dei geni, quella che gli scienziati descrivono come caratteristiche della femminilità. [...] L'atteggiamento da esperto, il quale dichiara che il mondo è universale ed obbligatorio per tutti, viene ridicolizzato; la "comunità scientifica" è diventata una setta fra le altre. [...] Con il costruttivismo, anche la critica della scienza ha conosciuto un nuovo progresso. Ci invita a dare un'occhiata più da vicino a quelle che sono le dichiarazioni degli scienziati, come se fossimo dei marziani che visitano la Terra nel corso di una spedizione tecnologica. Con distacco, le donne possono analizzare gli "stili di pensiero" dei diversi "collettivi di pensiero" e cercare spiegazioni circa il motivo perché alcune verità abbiano prevalso, mentre altre continuano a vivere nell'ombra, o sono cadute completamente nel dimenticatoio» (Bertrand 1994).
Tuttavia, gli aspetti accettabili e significativi del post-strutturalismo e del costruttivismo presentano il problema di aver rinunciato, in ultima analisi, ad una pretesa di verità e soprattutto, eventualmente contro le sue intenzioni,
dissolvendo tutto quanto nei discorsi e nei simboli, raggiungendo così un momento a-storico - soprattutto il costruttivismo - trovandosi perciò d'accordo con la virtualizzazione del mondo della vita (si veda Kurz 1999). Continua Bertrand: «Con la relativizzazione costruttivista della verità dei suoi avversari, i critici si sparano sui propri piedi, dal momento che devono relativizzare ugualmente anche le loro proprie verità (ivi incluso l'approccio costruttivista). [...] Se manca la prospettiva storica, i vantaggi dell'argomentazione costruttivista si trasformano rapidamente nel suo opposto. Per cui, enfatizzare il modellamento del mondo significa accelerare la perdita della realtà. Informazioni, segni, simboli, rappresentazioni della realtà determinano la vita nell'ombra, l'auto-messinscena nella società dell'informazione. Importa solo ciò di cui la gente parla. [...] Barbara Duden critica giustamente il "coro degli accademici" che vuole "conferire all'auto-reificazione della società mediatica, l'apparenza che questo avvenga anche nell'interesse del movimento delle donne"» (Bertrand 1994).
Dall'altro lato, diversi autori, come quelli di "Beiträge zur feministischen Theorie und Praxis" ["Contributi alla teoria e alla pratica femminista"], pretendono di legare la biotecnologia e le tecnnologie riproduttive, alle conseguenti applicazioni eugenetiche, nel contesto di una critica fondamentale del capitalismo (e di quello che è il suo presente reale), in contrasto con i teorici del discorso puro e, maggiormente, con i lavoratori intellettuali, oggi accademicamente addomesticati. Perciò, Gundula Kayser formula, quali sono le motivazioni o gli obiettivi perseguiti dalla ricerca sulle tecnologie genetiche o riproduttive, così come viene dimostrato in molte citazioni di scienziati: «La capacità di partorire delle donne e la possibilità della manipolazione dei geni, saranno nel futuro oggetto di ricerca, per determinare prima della nascita, con precisione, le qualità fisiche e psichiche, e qual è l'occorrenza quantitativa di determinati tipi di esseri umani, facendo la corrispondente pianificazione tecnica, e controllandone totalmente il suo processo di produzione, sotto la supervisione di specialisti in produzione umana. Come in qualsiasi altra merce, dev'essere industrializzata anche la produzione della merce "forza lavoro". [...] Sul piano politico, ciò significa, a mio avviso, un consolidamento delle tendenze fasciste nella politica demografica mondiale. Queste sono già state applicate a partire dall'industrializzazione della produzione di merci, e fino ad ora a quella che è stata la loro applicazione sistematica nel nazismo» (Kayser 1985).
Ufficialmente, le tecnologie riproduttive sono motivate soprattutto per aiutare le donne nel loro desiderio di avere un figlio. Ma Gena Corea osserva che le tecnologie riproduttive, e il loro metodi, come viene dimostrato in ultima analisi dalla zootecnica industriale, vengono trasferite agli esseri umani (Corea, 1986). In particolare, critica il fatto che normalmente le difficoltà, i fallimenti e le sofferenze delle persone non vengono divulgate, preferendo occultarle (ivi). A questo si aggiunge un linguaggio, relativo alle donne/madri, che è disumanizzate e sessista [*15].
Sia Corea che le altre evidenziano le applicazioni eugenetiche delle varie tecnologie riproduttive, come avviene nell'esame degli embrioni da impiantare, relativamente a possibili malattie ereditarie, o disabilità, come la trissioma 21 (sindrome di Down), ed altre caratteristiche che sono in linea di principio geneticamente identificabili [*16]. A questo, va aggiunta la determinazione del sesso attraverso l'amniocentesi, o quello che ha portato (e che porta) milioni di volte, specialmente in India ed in Cina, al fatto che le neonate venissero, e vengano, abortite, solo a causa del loro genere (Patel 1985) [*17]. Una simile politica demografica, per alcune femministe, è stata caratterizzata
come femminicidio (Bührmann, 1985, si veda anche: Corea, 1986). Pertanto, diventa molto chiaro quale sia la portate delle tecnologie riproduttive.
In realtà, la non fertilità è un problema crescente [*18]. Ma non si parla mai delle cause, come lo stress psicosomatico o l'inquinamento (si veda, ad esempio, Peters, 1993). Invece, si invoca la scienza come soluzione dei problemi, senza che la società capitalista ed il suo distruttivo «metabolismo con la natura» (Marx) siano viste a partire da una critica radicale. Si fa anche uso di un «depistaggio genetico» (Hansen, 1985), per analizzare quelle lavoratrici che hanno una (presunta) predisposizione genetica alla sensibilità nei confronti di determinate sostanze nella produzione industriale, le quali non dovrebbero essere assunte o, secondo una visione estrapolatrice del futuro, sarebbe meglio che non nascessero nemmeno, di modo che quelli nati dopo di noi possano sopravvivere in una natura avvelenata e contaminata (si veda anche Ditfurth, 1997). Ovviamente, qui non si desidera alcuna mutazione nella composizione materiale della produzione, così come nel suo contenuto e nei suoi risultati. Come scrive anche Daniel Cunha (Cunha, 1916), nel capitalismo, al vero e proprio processo di produzione sono collegate tutta una serie di tecniche che si presume pongano rimedio alla distruzione ambientale o all'inquinamento (come i filtri per la fuliggine), le cosiddette tecnologie «end-of-pipe», che tuttavia lasciano generalmente intatto il processo di produzione stesso. La continua promozione delle tecnologie riproduttive - la quale non è probabile che in futuro potrà diminuire nel regime capitalista, dal momento che sempre più persone sono afflitte dall'infertilità - si inquadra anch'essa in questa categoria.
La critica femminista delle tecnologie riproduttive, è rivolta principalmente al dominio patriarcale e tecnico sulla natura femminile: l'espropriazione della capacità di generare, rendendo le donne dipendenti da un apparato tecnico reificante e, infine, dando loro una libertà di scelta con delle implicazioni eugenetiche che non è altro che un'imposizione, la quale porta ad un «rafforzamento del controllo sociale» sulle donne, e ad «una pressione più o meno aperta della legittimità sociale, che viene esercitata attraverso le nuove possibilità di diagnosi» (Kontos, 1985). Poiché, continua Kontos:«La decisione, da parte di una donna, di accettare o meno un bambino presumibilmente disabile, è pre-strutturata in larga misura dal modo in cui la società affronta e gestisce la malattia, la sofferenza e la disabilità» (ivi). E questo modo di affrontare e gestire significa proprio che «le vite che sono un peso» devono essere evitate! La conseguenza è una fondamentale ostilità nei confronti della disabilità, la cui persistenza ed aumento sempre più crescente a partire dagli anni '80 appare ripetutamente nella critica (su questo: Christoph, 1990).
Kontos, tuttavia, critica anche quello che è un rifiuto generalizzato delle moderne tecnologie riproduttive, come spesso accade nella critica femminista. In quanto, ad essere decisive non sarebbero le tecnologie in quanto tali ed il loro «utilizzo o non utilizzo», ma, semmai, la connessa «ristrutturazione delle relazioni sociali che determinano il processo di riproduzione» (Kontos, 1985). Una natura della riproduzione immediata, che non sia influenzata né dalla tecnica né dalla cultura, non esiste, «si è sempre tentato di influenzare la fertilità delle donne [...]». Tuttavia, Kontos fa un capitombolo, e si dice convinta che la gravidanza ecc. siano ancora solo delle costruzioni sociali, e suggerisce che alla fine eventualmente le idee di Firestone non sarebbero poi da respingere completamente, e dovrebbero quanto meno essere discusse (ivi).
Il rifiuto generalizzato porta, praticamente, anche ad un «appello ad un'interruzione della ricerca che, con ogni probabilità, è condannata al fallimento, poiché non affronta le condizioni sociali sulle quali si basa la tecnologia riproduttiva. [...] Ora, per comprendere il totale significato sociale delle nuove tecnologie riproduttive, esse devono essere collocate nel contesto di quelle che sono le condizioni riproduttive generali [...] » (ivi). Cosa con cui si può essere d'accordo, ma le proibizioni alla ricerca, o quanto meno le moratorie possono ancora avere senso (anche se non necessariamente). Pur così, non potendo essere eliminate le cause sociali, difficilmente sarà necessario usare questo come scusa per tutto ciò che dev'essere autorizzato, o per realizzare per la prima volta qualsiasi porcheria (e si deve quindi procedere "eticamente") [*19]. Le condizioni e le radici sociali dovrebbero essere tematizzate congiuntamente alla proibizione o alla moratoria, perché poi si possa attuare qualsiasi sviluppo in una direzione, o di qualità, diversa, oppure abolire del tutto determinati sviluppi.
Seguendo Kontos, in realtà, si può dire che di regola le tecnologie non dovrebbero essere rifiutate globalmente, dal momento che le loro opzioni e contenuti non si esauriscono necessariamente nella costituzione del feticcio a partire dal quale sono state inventate, sia che si tratti del capitalismo o dell'antichità. Vale a dire, la macchina a vapore ed il martello ancora non realizzano il capitale, e neppure il motore a combustione interna realizza il traffico del trasporto individuale. Bisogna anche distinguere fra la mera invenzione e la sua distribuzione di massa, o l'implementazione imprenditoriale. Ora, un'invenzione o la sua capacità tecnica è produttiva in eccesso, e viene venduta in eccesso, se con questo apre la prospettiva di un corrispondente profitto; profitto che continua ad essere l'obiettivo della produzione nel regime capitalista della valorizzazione del valore: quel D-M-D', con cui l'infrastruttura e l'ambiente di vita vengono poi trasformati in conformità, laddove quello che è il risultato viene considerato, da qui in avanti, irreversibile, ed appare come se fosse «progresso» necessario. I distruttivi effetti collaterali possono effettivamente essere conosciuti e ricercati, ma vengono ancora ignorati o scartati come eco-isteria di sinistra. Si suppone poi, che le catastrofi ecologiche corrispondenti non hanno niente a che vedere con il modo di produzione, e pertanto metterlo in discussione non sarebbe altro che populismo di sinistra, oppure un presunto «ritorno al Medioevo». Proprio le tecnologie che sono state, o che vengono sviluppate e prodotte come tecnologie "end-of-pipe", sono però tuttavia discutibili, se si tiene conto della loro motivazione feticistica. Così, negli ultimi anni, l'attenzione è stata più volte attratta dalla mortalità delle api. Per rimediare alla mancanza di api, si sono messi in marcia eserciti di lavoratori e lavoratrici per eseguire manualmente le impollinazioni. Ma, per economizzare il lavoro, si stanno facendo dei seri tentativi per sviluppare adeguati droni per l'impollinazione. (!) [*20]
Lo stesso succede, come già detto, con le tecnologie di riproduzione. Perciò, la loro origine può essere collocata nell'allevamento industriale e nell'imprenditoria scientifica androcentrica, ma questo non vuol dire che siano in qualche modo legati a quella che è la sua origine nel dominio. Per quanto possa essere così, da questo non ne deriva la sua applicazione di massa, né il suo utilizzo volontario. Se non fosse per l'aumento dell'infertilità causata dall'inquinamento industriale e dalla coercizione eugenetica - nel senso che è più opportuno fare nascere solo coloro che poi saranno idonei in quanto portatori di forza lavoro - le tecnologie riproduttive, benché note ed utilizzabili, non avrebbero alcun significato sociale. Allo stesso modo, quando qualcuno ordina un bambino su misura, quello che mostra è il suo narcisismo malato. Senza il patriarcato, nessuno avrebbe mai avuto l'idea di testare l'embrione per quel che riguarda il sesso, in modo che non nascesse nessuna bambina! L'efficacia concreta della tecnologia, e le sue conseguenze sociali sono determinate dai suoi propositi sociali o feticisti di dominio e, pertanto, solo insieme ad essi possono essere criticati . In questo modo si eviterebbe una critica «non dialettica» della tecnica.
III Sezione
Com'è noto, anche il transumanesimo non è piovuto dal cielo. Darwinismo sociale ed eugenetica, vale a dire, la «creazione di materiale umano redditizio» e tutte quelle idee secondo cui l'essere umano è una macchina da ottimizzare, possono essere giustamente considerate come i suoi predecessori storici (si veda, ad esempio, Wess, 1989). Occasionalmente, i transumanisti considerano la loro storia, o la loro origine storica, essere quella che sostiene nel suo saggio, "A History of Transhumanist Thought" [*21], Nick Bostrom. È ovvio che il transumanesimo non vorrebbe avere niente a che vedere con le irragionevoli esigenze di questa società, ma le sue idee fondamentali, per così dire, sarebbero sempre esistite, come nel caso della ricerca o del desiderio di immortalità, che può essere trovato fin dall'epopea di Gilgamesh. Ad essere popolari, e citati più volte con compiacimento (si veda Woyke, 2010), sono quei pensatori del Rinascimento, come Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), il quale disse che l'essere umano è stato creato libero da Dio, ed egli ha la libertà di esistere come pianta, come animale, o perfino come angelo, e pertanto l'essere umano è, in certo senso, aperto allo sviluppo, e non è predeterminato; posizione questa, in cui transumanisti affermano di riconoscere sé stessi e la loro ideologia [*22]. È interessante anche notate che, fra le fonti delle idee transumaniste (e fra quelle di un'eugenetica «liberale») citate da Bostrom, come John Haldane (1892-1964) e Julian Huxley (1887-1975) (si veda Heil, 2010), nella lista non compare Trotsky, sebbene, nel suo discorso di Copenaghen del 1932, ha formulato in termini inequivocabili il «miglioramento della razza umana», potendo così, pertanto, essere giustamente considerato come una delle fonti delle idee del transumanesimo. Egli dice: «Quando l'avrà fatta finita con le forze anarchiche della sua stessa propria società, l'essere umano si integrerà nei laboratori, nelle storte del chimico. Per la prima volta, l'umanità considererà sé stessa come una materia prima e, nel migliore dei casi, come un prodotto semilavorato fisico e psichico. Il socialismo significherà un salto dal regno della necessità al regno della libertà, nel senso che l'essere umano odierno, che vive senza armonia, schiacciato sotto il peso delle contraddizioni, aprirà la strada ad una nuova razza più felice» [*23]. Sebbene le parole di Trotsky sembrano essere uscite dalla bocca del signor Bostrom e dei suoi amici, a quanto pare il signor Bostrom si vergogna a riferirsi ai bolscevichi. Probabilmente perché il nazionalsocialismo ed il socialismo sono per lui e per i suoi amici degli «imperi del male», vedendo una differenza di principio fra la biopolitica di questi e quella dei liberali, anziché tener conto della loro sovrapposizione e della loro comune origine.
In ogni caso, il termine «ectogenesi» risale al già citato Haldane, come scrive il transumanista Zoltan Istvan [*24] [*25]. Nella giustificazione di un «utero artificiale» si fa ricorso alla solita verbosità scientifica: si cerca solo di aiutare! Per esempio, si vorrebbe dare ai bambini nati prematuri una maggiore probabilità di sopravvivenza [*26], e un utero artificiale sarebbe un vantaggio anche per le donne. Poiché la gravidanza è ancora un tema rischioso: cosa succede, quando una donna durante una gravidanza beve acqua di rubinetto che contiene piombo, o prende l'influenza, o che effetto ha sull'intelligenza del bambino il fatto che beva mezzo bicchiere di vino? [*27] Ovviamente, in Istvan l'idea secondo cui questa tecnica potrebbe essere molto rischiosa, una volta disponibile, non balena nemmeno. Com'è noto, le centrali nucleari, dopo tutto, sono anche sicure! Inoltre, l'ectogenesi liberebbe le donne ancora di più dal lavoro domestico (Firestone manda i suoi saluti) e, alla fine, la gravidanza potrebbe anche avvenire in età avanzata (in modo che la dona più giovane possa essere completamente disponibile per il lavoro salariato) e i gay, o i single (!) non dovrebbero continuare ad affidarsi a delle «madri in affitto». Con tutte queste promesse di felicità, si può solo restare a bocca aperta!
Quindi, lo stress e la tensione per la gravidanza, che non sono solo una questione naturale, devono essere aboliti o ridotti per mezzo dell'ectogenesi, anziché abolire le cause sociali del doppio incarico, ecc. Fondamentalmente, tutto punta ad una razionalizzazione tecnologica della gravidanza o della riproduzione [*28]. La sarcastica osservazione di Kelle, secondo la quale nove mesi di gravidanza sono davvero troppi, e il tempo dovrebbe essere ridotto a beneficio dell'economia, non è affatto uno scherzo: «Basterebbe solamente ridurre legalmente la gravidanza a sei mesi. Nove mesi - che perdita di tempo! Come mai gli economisti non considerano questo di più? Sarebbero tre mesi in più per la catena della creazione di valore sul mercato del lavoro delle madri. Possiamo avere anche bambini prematuri così grandi. Da un'incubatrice all'altra, dopo di che nell'asilo nido, un'istruzione secondaria turbo, rapidamente, una laurea, poi uno stage non retribuito e, a seguire, un lavoro con un salario minimo. Ecco fatto. Chiunque grugnisca viene sedato con il Ritalin» (Kelle, 2017).
Tuttavia, le osservazioni di Kelle suggeriscono che la famiglia borghese tradizionale ha sempre più difficoltà ad adempiere ai suoi compiti ed obiettivi. Ciò è dovuto al fatto che la loro base sociale è sempre più frammentata (cosa che Kelle ed i suoi naturalmente non vedono). Ora, della crisi della famiglia, non ci se ne dovrebbe lamentare, ma non dovrebbe neppure essere celebrata. Non la si dovrebbe celebrare, dal momento che i «modelli di vita alternativi», nelle condizioni sociali date, sono tutt'altro che migliori. Comunità residenziali vegane, o clan ceceni, di solito sono anche peggiori.
Si auspica, tuttavia, che riparta una critica delle tecnologie riproduttive, e che (ancora di più) una critica di quelle che sono le promesse tecniche di salvezza del transumanesimo apra la strada nel contesto del femminismo radicale. Allo stesso tempo, il recupero neofascista e neoconservatore della famiglia borghese, ivi inclusa l'eterosessualità compulsiva ed il romanticismo della maternità (come ripetutamente risuona nei libri di Kelle) [*29] venga contrastato, senza che qui la diversità postmoderna (ancora più ingenua) venga vista come la fine della storia.
È ovvio che uno stile di vita postmoderno di sinistra, profondamente segnato dal carattere sociale narcisistico (cfr. Wissen, 2017), non dispone di nessuna risposta efficace alla svolta neoconservatrice, né, tanto meno, alla fascistizzazione (si veda, Kurz 1999).
- Thomas Meyer - Pubblicato il 26/7/208 su EXIT! -
NOTE:
[*1] - Ovviamente, questa è la situazione in Germania. È chiaro che una simile delega delle attività assistenziali allo Stato è valida solo a condizione che sia finanziabile. Probabilmente questo succede ancora (!) solo perché la Germania è la vincitrice del mercato mondiale, e beneficia del suo sciovinismo di esportazione. Ma prima o poi questo finirà.
[*2] - Per la critica di Kelle, si veda Meyer 2016.
[*3] - Anche "Radikalfeminin", una sezione antifemminista degli identitari, si lamenta del fatto che la gravidanza non sia inclusa nella pianificazione tradizionale della vita. Cfr. Radikalfeminin – Frauen gegen Genderwahn
[*4] - Nella critica del femminismo della differenza, spesso, come affermano Lent & Trumann, questi aspetti vengono trascurati. Il femminismo della differenza, è senza dubbio criticabile nel senso che tendeva in fondo ad occupare positivamente quello che viene attribuito al "femminile", questione che tuttavia non può essere qui approfondita.
[*5] - Jan, Löther e Senglaub riassumono il contenuto di questo simposio che, non a caso, ci ricorda gli argomenti degli attuali transumanisti: «Gli autori [del simposio] partono dalla vecchia concezione della contro-selezione e pensano che l'essere umano, attraverso la civiltà tecnica e la medicina moderna da lui create, sarebbe sfuggito alla legge della selezione naturale, e ora degenererebbe geneticamente, se non mette in atto un intervento regolatore. D'altra parte, si ritiene che l'attuale essere umano, con la sua condizione fisica e le possibilità della sua mente e della sua ragione, non sia più in grado di controllare lo sviluppo tecnico che ha messo in moto. Entrambe le questioni portano alla stessa conclusione, ai programmi di riproduzione umana e alla manipolazione genetica dell'umanità, che un'élite impone come dev'essere e dove porta. Per la fattibilità di tali programmi, i loro araldi invocano i risultati e le prospettive della genetica. Da qui le risorse necessarie al miglioramento biologico, supposto come necessario all'umanità. Per questo, sono previsti rigidi controllo della natalità con finalità eugenetiche, congelamento degli spermatozoi dei donatori considerati geneticamente validi per l'inseminazione artificiale, aumento della prole delle donne considerate geneticamente particolarmente preziose, attraverso lo scarico di uova fertilizzate trapiantati in madri ospiti umane di basso rating, ed altri metodi collaudati e testati nel corso della creazione e della riproduzione di animali» (Jan; Löther; Senglaub, 585s.).
[*6] - Si veda anche la lezione di Kelle sul tema «Madre a noleggio: come la tratta di persone diventa nuovamente accettabile», su youtube del 24/1/2018.
[*7] - Silja Samerski scrive: «Nel consultorio medico e nella seduta di consulenza, i calcoli della probabilità appaiono come se fossero previsioni concrete, o addirittura diagnosi. Perfino con i risultati dei test genetici, con alcune eccezioni, quelle che possono dedursi sono solo delle dichiarazioni di probabilità: Un "difetto genetico" o un gene identificato in laboratorio, in genere ci dice solo che la persona testata potrebbe ammalarsi, e questo "potrebbe" va inteso in termini di rischio. Tuttavia rimane oscuro ciò che il pensiero presuppone in termini di rischio: vale a dire, una forma di pensiero di gruppo, secondo cui l'individuo si trasforma in un membro senza volto che appartiene ad una popolazione» (Samerski 2008).
[*8] - L'AfD [Alternative für Deutschland] ha fatto una piccola indagine per sapere quante persone disabili esistono in Germania, soprattutto a causa dell'endogamia, e in che misura parte di questo è dovuto all'afflusso di migranti o di rifugiati, cfr Hilfe zur Hetze, neues-deutschland.de del 23.04.2018.
[*9] - Cosa che consiste nel congelare gli ovuli, in modo che la donna possa dedicarsi alla carriera durante la sua gioventù, senza essere disturbata nelle sua attività imprenditoriali da nessuna irritante creatura. Poi, quando è il tempo, o di solito troppo tardi, può fertilizzare il suo uovo conservato e farlo impiantare su sé stessa o piuttosto su una "madre a noleggio"; per meglio dire, una "incubatrice" in affitto, cfr "Social Freezing".
[*10] - Cfr.: "Il coraggioso mondo nuovo" - L'utero artificiale - La macchina al posto della madre è una realtà, Netzfrauen.org del 9.07.2016.
[*11] - Quando si parlava di "autonomia", o di "autodeterminazione", vale la pena ricordare, si criticava l'individualismo borghese: si rivendicava l'enfatizzazione del lato collettivo della lotta femminista, volta a superare "i rapporti uomo-donna", visti come relazioni di sfruttamento e di oppressione (si veda l'editoriale di Beiträge zur feministischen Theorie und Praxis n°14). Allo stesso modo, si criticava anche uno sforzo emancipatore che permettesse alla donna, in quanto proprietaria del suo corpo, di disporne liberamente, dal momento che questo avrebbe portato ad una relazione reificante con il corpo e con la natura, equiparandosi alla forma maschile del soggetto, borghese e dominante la natura, cosa che anch'essa doveva essere oggetto della critica, cfr. Brockmann, 1989, così come Mies, 1989. Venne anche criticato che si parlasse di autodeterminazione astraendo dal contesto politico e sociale. Soprattutto perché l'autodeterminazione, con enfasi sul soggetto borghese, non a caso era associata al dominio razzista e sessista, cfr. E.coli.bri 1994.
[*12] - Questo punto è stato persino usato contro Foucault, dai filosofi conservatori, come Roger Scruton, in: Scruton, 2016.
[*13] - Sulla Critica del nuovo materialismo e del nuovo realismo, cfr. Scholz 2018, così come Henning 2016.
[*14] - Per la critica di Foucault, si veda Gangl 2012, 117-136 (testo disponibile online su exit.online.org , così come Kurz, 2004.
[*15] - Si parla, per esempio, di "ambiente fetale" riferendosi ad una donna o ad una madre in attesa.
[*16] - Gli embrioni vengono selezionati anche in funzione del colore dei capelli (!) desiderato, o degli occhi (!) (si veda Jansen 2015). Pertanto, non si tratta solo di abortire i bambini con la sindrome di Down, ma di fare bambini su ordinazione. In ultima analisi, è indesiderabile qualsiasi neonato che non si conformi ( o che presumibilmente non) si conformi a quella che è la misurazione di una bellezza superiore. È stato macabro un caso in cui una coppia di lesbiche sorde che avevano chiesto esplicitamente un bebè sordo e, pertanto, era stato fornito materiale genetico proveniente da una famiglia in cui nascevano sordi da diverse generazioni (essendo così, quindi, probabile la sordità del nascituro). La giustificazione è stata che essere sordo è un "modo di vivere" proprio (!), vale a dire, un'identità culturale (!), la quale, è ovvio, richiede un riconoscimento. Anche il bambino deve perciò corrispondere a questa identità, cfr. Sandel 2015).
[*17] - Cfr.: Troppi uomini, Cina e India si scontrano con le conseguenze dello squilibrio di genere, netzfrauen.org del 22/5/2018.
[*18] - Per esempio, negli ultimi anni l'infertilità nelle gigantesche città cinesi contaminate dall'inquinamento atmosferico è aumentata in maniera massiccia, cfr. Florian Rötzer, Telepolis del 14.11.2013. Quando in Cina, alla fine del 2016, circa 500 milioni (!) di persone sono fuggite verso la campagna (i rifugiati dallo smog!), il governo cinese ha definito smog come se fosse semplicemente un «disastro meteorologico», al fine di «impedire che le autorità potessero essere ritenute responsabili del disastro» (cfr. Zizex 2018). Pertanto, lo smog sarebbe un «disastro naturale», come un uragano! Da notare anche che negli ultimi 40 anni il numero di spermatozoi degli uomini occidentali è crollato della metà, cfr. Florian Rötzer: Telepolis del 11.10.2017.
[*19] - Soprattutto perché in simili frangenti, come obiezione, si invoca sempre la nota «logica della localizzazione dell'investimento»: se non lo facciamo noi, lo fanno gli altri. Vista in questo modo, si può sempre lasciare tutto com'è, o accettare tutto quello che si vede. Ma se si ottiene una moratoria o una proibizione di, per esempio, alcuni prodotti geneticamente modificati, questo rende evidente anche il fatto che gli sviluppi tecnologici non sono il destino inevitabile, come vengono volentieri sempre rappresentati. Il fattore decisivo è che una proibizione o una moratoria dev'essere accompagnata da una critica fondamentale del capitalismo e dei suoi prodotti.
[*20] - Si vede, ad esempio, «Robot volante con supergel cerca di sostituire le api», su spektrum.de del 9/2/2017.
[*21] - https://nickbostrom.com/papers/history.pdf
[*22] - « [...] "Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto. 19.La natura agli altri esseri, una volta definita, è costretta entro le leggi da noi dettate. 20. Nel tuo caso sarai tu, non costretto da alcuna limitazione, secondo il tuo arbitrio, nella cui mano ti ho posto, a decidere su di essa. 21. Ti ho posto in mezzo al mondo, perché di qui potessi più facilmente guardare attorno a quanto è nel mondo." [...] " 24. O somma liberalità di Dio Padre, somma e mirabile felicità dell’uomo! 25. Al quale è dato avere ciò che desidera, essere ciò che vuole. 26. I bruti nascendo recano seco (come dice Lucilio) dall’utero della madre tutto ciò che possederanno. 27. Gli spiriti superni o sin dall’inizio o poco dopo diventarono quello che saranno nelle perpetue eternità. 28. Nell’uomo nascente il Padre infuse semi di ogni tipo e germi d’ogni specie di vita. 29. I quali cresceranno in colui che li avrà coltivati e in lui daranno i loro frutti. Se saranno vegetali, diventerà pianta; se sensibili [sensitivo?] abbrutirà. Se razionali, riuscirà animale celeste. Se intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio. 31. E se, non contento della sorte di nessuna creatura, si raccoglierà nel centro della sua unità, fattosi uno spirito solo con Dio, nella solitaria caligine del Padre, colui che è collocato sopra tutte le cose su tutte primeggerà. § 7. [...]" » (Pico Giovanni della Mirandola, Discorso sulla dignità dell'uomo (Oratio de hominis dignitate)).
[*23] - https://www.marxists.org/deutsch/archiv/trotzki/1932/11/koprede.htm
[*24] - Nel 2014, Zoltan Istvan ha fondato il "Transhumanist Party": https://www.huffingtonpost.com/zoltan-istvan/should-a-transhumanist-be_b_5949688.html . Tuttavia, poi si è unito al "Libertarian Party", ossia, al partito degli anarco-capitalisti. Per la critica dell'anarco-capitalismo si veda Meyer 2017.
[*25] - Quel che segue è una citazione da: https://motherboard.vice.com/de/article/4xampd/knstliche-gebaermuetter-sind-laengst-in-der-entwicklung
[*26] - Riguardo questo problema, c'è già stata una ricerca affannosa sugli animali: un utero artificiale per gli agnelli nati prematuri, si veda: https://www.nature.com/articles/ncomms15112 .
[*27] Infatti, tali elenchi evidenziano una certa paranoia. Anche Gena Corea ha fatto qualche elenco da "farmacista", nel senso che l'«ambiente fetale», vale a dire, la donna - come viene chiamata nel gergo sessista dei "farmacisti" - è pericolosa per l'embrione. Solo per fare un esempio: «Siamo giunti alla conclusione che l'utero sia un luogo tenebroso, un ambiente che mette a rischio la vita. Dobbiamo augurare ai nostri potenziali figli un luogo dove essi si trovino sotto la miglio supervisione possibile (!) e con la miglior protezione possibile.» Qui la causa può essere la paura androcentrica della natura, o della natura femminile, che non è tecnicamente disponibile o dominabile nel suo insieme, sebbene questo sia stato tentato, cfr. Corea 1986. Ci sono qui dei paralleli con la caccia alle streghe.
[*28] - Di fatto, tale razionalizzazione non esiste soltanto nell'ectogenesi: «Uno degli aspetti dell'industrializzazione della riproduzione, è l'applicazione, dalla fabbrica alla procreazione, del principio della linea di montaggio. [...] Nella fabbrica delle nascite, la parola chiave è efficienza. Per soddisfare le necessità della fabbrica, le donne devono partorire durante l'orario d'ufficio, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17. Alcuni medici, non solo praticano l'«ostetricia diurna», vale a dire, iniziano artificialmente il lavoro del parto secondo gli interessi della comodità, ma lo rivendicano apertamente. Ci sono anche prove, per cui i tagli cesarei, che negli Stati Uniti sono arrivati ad una percentuale scandalosa, vengono fatti per adattare le nascite agli orari di lavoro preferiti dai medici» (Corea, 1989).
[*29] - Soprattutto da parte dei fondamentalisti cristiani, si è alla ricerca di un'inversione radicale. Su questo, per qualche tempo, sono stati resi pubblici alcuni documenti, si veda: www.queer.de/detail.php?article_id=31059
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