Gli Stati Uniti e i loro alleati latino-americani (soprattutto il Brasile), così come, nella loro stragrande maggioranza, i paesi capitalisti europei , danno il loro zelante sostegno ad un giovane clone di Emmanuel Macron di nome Juan Guaido. Promettono, per adescare la popolazione affamata, qualche aiuto umanitario, che verrà ben presto dimenticato una volta che venga pienamente assicurato l'ordine dello zio Sam. Naturalmente, i paesi europei e gli Stati Uniti vogliono solamente un'unica cosa: il ritorno al vecchio ordine liberale, ad esclusivo beneficio dello schieramento americano. Quanto ai partigiani del caudillo Maduro, laddove l'esercito gioca un ruolo chiave in quella che è la gestione della rendita petrolifera, possono contare solo sull'aiuto lontano di alcuni paesi capitalisti, come la Cina e la Russia, che rappresentano l'altro schieramento imperialista.
Qualunque sia il risultato dell'attuale mercimonio politico in corso, ci sarà un'unica vittima: i lavoratori del Venezuela, sui quali l'esercito - sia che prenda posizione a favore di Guaido o a favore di Maduro - non esiterà un solo istante a far fuoco, nel caso dovessero osare ribellarsi contro il mostruoso sistema capitalista che li condanna alla fame, ad una miseria senza nome e all'esilio. Alla fine, se i proletari venezuelani non sono in grado di combattere duramente contro Guaido e contro Madura, quella che si vede all'orizzonte è una prospettiva di guerra civile borghese fra le due fazioni capitaliste. La prima vittima sara il proletariato venezuelano stesso, se non avrà la forza di lottare con la sua propria organizzazione e con un chiaro programma contro il capitalismo guidato da Guaido e da Maduro!
Qui di seguito, pubblichiamo questo articolo, apparso online su un sito del Quebec, e che appare essere corretto nella sua analisi. L'autore è Robert Bibeau, del quale può essere garantita la "buona fede" internazionalista .
( da Pantopolis )
Quale avvenire per il proletariato del Venezuela?
- di Robert Bibeau -
In Venezuela, alla fine del 2018. l'inflazione è arrivata a 1.000.000%, e il PIL del paese, in crisi finanziaria ed umanitaria, secondo le statistiche del FMI, pubblicate recentemente, si è ridotto del 18%.
Il Fondo Monetario Internazionale, sottolinea inoltre che i paesi vicini rischiano di essere sempre più esposti a ripercussioni dovute al collasso dell'economia venezuelana. La scarsità di generi alimentari, le difficoltà crescenti ad accedere all'assistenza sanitaria, all'elettricità, all'acqua, ai trasporti, combinata ai problemi dovuti alla mancanza di sicurezza, ha causato la fuga in massa della popolazione che si rifugia, soprattutto, in Colombia o in Brasile.
Questi rifugiati sono per lo più ex elettori di Hugo Chavez. Provengono dai quartieri poveri delle grandi città. Morti indossano ancora la maglietta rossa della rivoluzione bolivariana. Fra loro, c'è Mildre che ha fotto ore di autobus. Questa giovane donna trentenne viene da Ciudad Caribia, un complesso residenziale nei pressi di Caracas, costruito da Chavez nel 2011 e orgoglio del regime. «Ci siamo proprio sbagliati con loro. Si pensava che sarebbero stati un buon governo per il Venezuela, anche dopo Chavez, ma lo lo potete vedere da soli, non c'è più niente da fare.» spiega la giovane che si definisce come una chavista della prima ora, ma non di certo come una madurista. Dal 2013, sono stati tre milioni i venezuelani che hanno lasciato il loro paese, secondo le cifre fornite dall'opposizione. La maggioranza dei venezuelani non è a andata a votare alle ultime elezioni presidenziali.
«Il Venezuela resta impantanato in una profonda crisi economica e sociale», riassume Alejandro Werner. «E nel 2018, per il terzo anno consecutivo, il paese petrolifero ha registrato una recessione a due cifre» - ha precisato. «La contrazione del PIL avrebbe dovuto essere anche peggiore di quel che era stato previsto ( - 3 punti di percentuale) e ancora più marcata di quanto lo è stata nel 2017 (-16,5%), poiché la produzione di petrolio - che è la principale risorsa del paese, continua a crollare.»
Il Venezuela, una mono-economia, ricava il 96% delle sue entrate internazionali dal petrolio greggio. Ora, in un anno e mezzo la sua produzione di petrolio è crollata di almeno la metà, a causa della mancanza di liquidità per modernizzare i giacimenti. E nel mese di giugno la produzione di greggio ha continuato a cadere, fino ad 1,5 milioni di barili al giorno, ossia a quello che in 30 anni è stato il suo livello più basso - ha indicato l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Organization of the Petroleum Exporting Countries - OPEC).
La sinistra internazionale, che ci aveva messo così tanto fervore nel predicare la «Rivoluzione Bolivariana Cristiana e Civile», ora rimane in silenzio nel guardare questo disastroso bilancio della borghesia venezuelana allineata con il campo russo-cinese, come quando era rimasta bloccata allo stesso modo sul bilancio sovietico negli anni '80. Oggi, i "bobos" [N.d.T.:Contrazione di “bourgeois bohemian”], si indignano sull'ondata mediatica mainstream denunciando il «colpo di Stato» orchestrato dalla Casa Bianca e guidato da un piccolo arrivista, Juan Guaido, senza però domandarsi perché e come questo reazionario da quattro soldi possa mobilitare milioni di cittadini per protestare contro la rivoluzione boliviana nazionalista e «socialista» così tanto amata.
In realtà, il gioco di Jean Guaido non è stato progettato a Washington, ma in Brasile. Itamaraty è diventata la vera sede dell'opposizione venezuelana, e il governo Bolsonaro non ha esitato a fare uso di tutti gli argomenti disponibili per giustificare il suo intervento. Il fatto è che il Brasile e il Cile intendono sviluppare una politica imperialista che si appoggia agli Stati Uniti, e quindi in opposizione con lo schieramento russo-cinese che ha scelto Maduro e la sua cricca. Le misure per riallineare l'America Latina nell'alveo americano non mancano, e fra di esse c'è il lancio di una rinnovata organizzazione regionale (Mercosur) e la reinterpretazione, con la benedizione di Washington, di quello che è il nuovo trattato fra il Mercosur e l'Unione Europea, che vede un modo per rendere pan per focaccia ad una recalcitrante Unione Europea.
Il ciclone economico che si sta abbattendo sul Venezuela sembra essere senza fine, e se la dipendenza di ciascuna fazione borghese nazionalista dal campo imperialista occidentale (OTAN), o dal campo imperialista asiatico (Alleanza della Cooperazione di Shangai) appare evidente, c'è però una costante che colpisce l'osservatore proletario, vale a dire l'impossibilità di uno sviluppo indipendente del capitalismo nazionale venezuelano nelle condizioni dell'imperialismo contemporaneo. Non esiste un solo paese - non un solo capitalismo nazionale - che possa riuscire a sfuggire a quelle che sono le condizioni dell'imperialismo contemporaneo. Ecco perché non esiste alcuna «liberazione nazionale», né esiste un nazionalismo economico praticabile, come è stato dimostrato a partire dall'esempio sovietico nel nostro saggio « La question nationale sous l’impérialisme moderne », sia che questo nazionalismo reazionario sia chavista o di opposizione «guaidista»; ogni nazionalismo non è altro che una prigione nazionale per la classe operaia internazionale.
Perché mai la classe proletaria dovrebbe versare il proprio sangue per sostenere la fazione della borghesia bolivariana sottomessa agli interessi del campo imperialista asiatico - e perché mai la classe proletaria dovrebbe versare il suo sangue per sostenere la fazione della borghesia venezuelana sottomessa agli interessi del campo imperialista occidentale?
In Venezuela, come nel resto del mondo capitalista, per il proletariato, la vera alternativa - rispetto all'essere il portabandiera di una battaglia fra le due fazioni del capitale nazionale - è quella di battersi in maniera indipendente, in quanto lavoratori, per soddisfare i propri bisogni fondamentali, mandando al diavolo «l'interesse nazionale»; dal momento che l'interessa nazionale sciovinista non è altro che l'interesse del capitale nazionale che può condurre solo alla rovina, all'iperinflazione, alla fuga dal paese come rifugiati economici, e alla guerra. La classe proletaria venezuelana deve smettere di fare la politica delle altre classi e deve attuare la propria politica di classe, nel suo proprio interesse internazionalista.
- Robert Bibeau - pubblicato il 30/1/2019 sul webmagazine les 7 du Quebec -
fonte: les 7 du quebec
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