venerdì 22 febbraio 2019

L’antimperialismo degli imbecilli

Un altro autunno tedesco
- Discorso rivolto alla manifestazione contro l'antisemitismo svoltasi ad Amburgo il 13/12/2009 -
di Moishe Postone

Penso che sia politicamente importante che gran parte della sinistra prenda sul serio le espressioni di antisemitismo che si sono diffuse fra i gruppi che si definiscono antimperialisti. La cosa potrebbe portare, forse, ad un chiarimento teorico del quale si sente da tempo la mancanza. Non si tratta di sapere se la politica israeliana possa essere o meno criticata. La politica israeliana deve essere criticata, soprattutto quando cerca di pregiudicare instaurare qualsiasi possibile Stato palestinese in Cisgiordania e a Gaza. Tuttavia, la critica del «sionismo» che è prevalente in numerose cerchie anti-imperialiste va ben al di là di una critica della politica israeliana. Essa attribuisce a Israele e ai «sionisti» un'unica cattiva condotta, ed un potere cospirazionista globale. Israele non viene criticato come avviene con altri paesi - ma in quanto incarnazione di quello che è un male estremo e fondamentale. In breve, la rappresentazione di Israele e dei «sionisti», che viene fatta in questa forma di «antisionismo» «antimperialista», è fondamentalmente la stessa rappresentazione degli ebrei che avviene in quell'antisemitismo virulento che trova la sua espressione più dura nel nazismo. In entrambi i casi, la «soluzione» è la stessa: l'eliminazione fatta in nome dell'emancipazione.
La tradizionale rappresentazione stalinista e socialdemocratica, che vede nel nazismo e nel fascismo solo degli strumenti che vengono utilizzati dalla classe capitalista per schiacciare la classe operaia, tralascia sempre quella che è una delle loro dimensioni centrali. Questi movimenti, al livello della loro auto-comprensione e della loro attrattiva sulle masse, sono state delle rivolte. Anche il nazismo stesso si è presentato come una lotta per la liberazione (ed ha sostenuto dei movimenti «antimperialisti» nel mondo arabo ed in Asia). Questa auto-comprensione ha avuto come base una comprensione feticistica del capitalismo: l'inafferrabile dominio globale, astratto, degli ebrei. Lungi dall'essere un attacco ad una minoranza, l'antisemitismo nazista considerava sé stesso come anti-egemonico. Il suo obiettivo era quello di liberate l'umanità dal dominio spietato ed onnipresente degli ebrei. È stato a causa di questo suo carattere anti-egemonico che l'antisemitismo ha posto alla sinistra un problema particolare. E questo carattere spiega il perché, un secolo fa, si sia potuti definire l'antisemitismo come «socialismo degli imbecilli». Oggi, lo si può definire come «antimperialismo degli imbecilli».
Purtroppo, questa forma antisemita di «antisionismo» non è affatto nuova. La si trovava già al cuore dei processi-spettacolo stalinisti avvenuti all'inizio degli anni '50, in particolare in Cecoslovacchia, quando dei comunisti internazionalisti, dei quali molti erano ebrei, vennero accusati di essere degli «agenti sionisti» e furono fucilati. Questa forma codificata di antisemitismo, le cui origini non avevano nulla a che vedere con le lotte in Medio Oriente, venne esportato laggiù dall'Unione Sovietica e dai suoi alleati, durante la Guerra Fredda - soprattutto dai servizi segreti della Repubblica Democratica Tedesca e dalle organizzazioni occidentali e mediorientali che dipendevano da quei servizi (vale a dire la Frazione Armata Rossa e diversi gruppi palestinesi «radicali».
Questa forma di antisionismo «estremista di sinistra» si è mescolata al nazionalismo arabo e all'islamismo radicale - che non sono meno repressivi di qualsiasi altra forma di nazionalismo radicale, come il nazionalismo albanese o croato, e per i quali la spinta eliminazionista contro gli ebrei in Israele è giustificata dal fatto che è diretta contro dei colonizzatori «europei». Ogni qualvolta la spinta eliminazionista contro gli ebrei si trova al culmine, allora la legittimità di Israele viene messa in discussione al massimo - con argomenti che vanno dall'idea secondo cui la maggior parte degli ebrei europei non sarebbero biologicamente dei mediorientali (un'idea questa, lanciata nel 1947 dall'Alto Comitato Arabo, e che oggi viene riciclata come se fosse una «nuova scoperta» da Shlomo Sand) fino a quella secondo la quale essi sono dei semplici colonizzatori europei che andrebbero rispediti a casa loro, come i pied-noir francesi. É triste, ma non sorprende, che i nazionalisti radicali del Medio Oriente vedano la situazione in questi termini. Ma la cosa diventa perversa allorché degli europei - in particolare, dei tedeschi - identificano gli ebrei, il gruppo più perseguitato e massacrato per un millennio dagli europei, con questi stessi europei. Identificando gli ebrei con il proprio passato omicida, questi europei possono evitare in tal modo la pesante eredità. Il risultato, è un modo di fingere di combattere il passato, che invece viene in realtà prolungato ed esteso.
Questa forma di antisionismo fa parte di una campagna, che si è rafforzata a partire dall'inizio della seconda Intifada, per eliminare Israele. Il suo focalizzarsi sulla debolezza dei palestinesi nasconde questa intenzione ultima. Questa forma di antisionismo fa parte del problema, non della soluzione. Lungi dall'essere un faro di progresso, si è alleato con i nazionalisti arabi radicali ed islamisti, vale a dire con la destra radicale in Medio Oriente, e, così facendo, rafforza la destra israeliana. È costitutivo di una guerra sempre più concepita come se fosse un gioco a somma zero, che pregiudica ogni possibile soluzione politica; una ricetta per una guerra infinita. L'odio espresso da questo antisionismo fa andare in frantumi quelli che sono i limiti della politica, dal momento che esso è senza limiti, tanto quanto lo è il suo oggetto immaginato. Una simile mancanza di limiti porta al sogno dell'eliminazione. I tedeschi, così come molti degli altri europei, conoscono fin troppo bene questo sogno eliminazionista. È venuto il momento di svegliarsi.

- Moishe Postone -

fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme

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