L'antropocene come feticismo
di Daniel Cunha
“Una società sempre piú malata, ma sempre piú potente, ha ricreato il mondo come ambiente e scenario della sua malattia, come pianeta malato”
- Guy Debord - Il pianeta malato -
L'Antropocene è diventato un concetto di moda nelle scienze naturali e sociali. Esso descrive "l'epoca geologica dominata dall'uomo", in quanto in questo periodo della storia naturale è l'Uomo che controlla i cicli bio-geo-chimici del pianeta. Il risultato, tuttavia, è catastrofico: la distruzione del ciclo del carbonio, ad esempio, porta verso il riscaldamento globale che si sta avvicinando a dei punti critici che potrebbero diventare irreversibili. La crescita esponenziale della nostra libertà e del potere, cioè, della nostra capacità di trasformare la natura, si traduce ora in una limitazione alla nostra libertà, inclusa la destabilizzazione della struttura stessa della vita. Il grado più alto è stato raggiunto con il problema del riscaldamento globale. In questo contesto, diventa chiaro come l'Antropocene sia un concetto contraddittorio. Se "l'epoca geologica dominata dall'Uomo" ci sta portando verso una situazione in cui l'esistenza degli umani potrebbe essere a rischio, allora vuol dire che c'è qualcosa di assai problematico con questo tipo di dominio della Natura che si riduce ad un "substrato di dominio" il quale dovrebbe essere investigato. La premessa, banale, è che il dominio umano dovrebbe essere messo in discussione - dopo tutto, ci deve essere qualcosa di disumano o di oggettivato in un dominio il cui esito potrebbe essere l'estinzione della razza umana.
Quello che qui viene sostenuto è che, proprio come per la libertà, l'Antropocene è una promessa non mantenuta. Allo stesso modo in cui la libertà, nel capitalismo, è vincolata dal feticismo e dalle relazioni di classe - le dinamiche capitalistiche sono vincolate alla legge e fuori dal controllo degli individui; i lavoratori sono "liberi" nel senso che non sono "proprietà" come gli schiavi, ma anche nel senso che sono "liberi", separati dai mezzi di produzione, deprivati delle loro condizioni di esistenza; i capitalisti sono "liberi" nella misura in cui seguono le regole oggettivate dell'accumulazione del capitale, diversamente fanno bancarotta - lo è anche il metabolismo sociale con la natura. Pertanto, sostengo che l'Antropocene è la forma feticizzata dello scambio fra Uomo e Natura storicamente specifico al capitalismo, allo stesso modo in cui la "mano invisibile" (del mercato) è la forma feticizzata della "libertà" di scambio fra gli uomini.
Fin dall'accumulazione primitiva, il capitale ha causato una frattura metabolica fra Uomo e Natura. Empiricamente, è stato osservabile, quanto meno a partire dall'impoverimento del suolo causato dalla separazione fra città e campagna nell'Inghilterra del 19° secolo. Nel 21° secolo, tuttavia, questa frattura si è globalizzata, ed ha incluso le interruzioni critiche del ciclo del carbonio (riscaldamento globale), del ciclo dell'azoto, e la crescita del tasso di perdita di biodiversità che implica il fatto che l'umanità è già fuori da uno "spazio operativo sicuro" per quanto riguarda le condizioni ambientali globali. L'Antropocene appare , quindi, come la distruzione globalizzata dei cicli naturali globali - e, cosa ancora più importante, non in quanto (per una qualche ragione) distruzione pianificata, intenzionale e controllata, ma in quanto effetto collaterale non voluto del metabolismo sociale con la natura, che appare sempre più fuori controllo. Tutto questo può essere illustrato tramite esempi. Nel caso del ciclo del carbonio, la combustione di carburanti fossili avviene in quanto fonte di energia per il sistema industriale e per il sistema dei trasporti. L'estrazione massiccia di carbone ha avuto inizio in Inghilterra nel corso della rivoluzione industriale di modo che, con questa nuova forma di energia mobile, le industrie potessero muovere ed allontanarsi dalle dighe per andare verso le città dove il lavoro era più a buon mercato.
Non c'era alcuna intenzione di manipolare il ciclo del carbonio o di causare il riscaldamento globale, né alcuna coscienza di star facendo una cosa del genere. Il risultato, tuttavia, è che, nel 21° secolo, la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera si trova già oltre il limite di sicurezza di 350 ppm, che consente uno sviluppo umano a lungo termine. Così come per il ciclo dell'azoto, che è stato distrutto dall'industrializzazione dell'agricoltura e dalla produzione di fertilizzanti, ivi inclusa la concentrazione di azoto atmosferico per mezzo del processo Haber-Bosch. Anche in questo caso, non c'era alcuna intenzione di pianificare il controllo del ciclo dell'azoto, di causare l'eutrofizzazione dei laghi, o di indurre il collasso degli ecosistemi. Anche qui, il limite di 62 milioni di tonnellate all'anno di azoto rimosso dall'atmosfera è stato ampiamente superato, con 150 milioni di tonnellate nel 2014. Una storia simile potrebbe essere raccontata a proposito del tasso di biodiversità perduta, e a proposito del ciclo del fosforo e dell'acidificazione oceanica, che seguono il medesimo schema. L'epoca geologica "dominata dall'Uomo", a questo proposito, appare assai più come un prodotto del caso e dell'incoscienza, piuttosto che un adeguato controllo dei cicli materiali globali, nonostante i riferimenti di Crutzen a Vernadsky e Chardin, allo "aumento di coscienza e pensiero" e al "mondo del pensiero" (Noosfera). "Loro non lo sanno, ma lo fanno" - questo è quel che Marx diceva a proposito dell'attività sociale feticizzata mediata dalle merci, e questa è la chiave per una comprensione critica dell'Antropocene.
Infatti, Crutzen colloca l'inizio dell'Antropocene nella progettazione della macchina a vapore durante la rivoluzione industriale. Tuttavia, anziché essere svolta come una mera osservazione empirica, si dovrebbero investigare concettualmente, nella forma capitalistica delle relazioni sociali, i fattori determinanti dell'epoca geologica "dominata dall'Uomo". Con la sua analisi del feticismo, Marx ha mostrato come il capitalismo sia una formazione sociale nella quale c'è una prevalenza di "relazioni materiali fra individui e relazioni sociali fra cose, " in cui "la circolazione del denaro come capitale è un fine in sé". Il capitale è l'inversione in cui il valore di scambio governa l'uso, il lavoro astratto governa il lavoro concreto: "una formazione sociale in cui il processo di produzione padroneggia l'uomo, invece del'opposto," e la sua circolazione sotto forma di denaro e di merci per amore dell'accumulazione costituisce il "soggetto automatico", "il valore che si auto-valorizza". Collocare l'Antropocene nel capitalismo, pertanto, implica un'indagine nel rapporto fra Antropocene ed alienazione, o, come è stato ulteriormente sviluppato da Marx, il feticismo. Questo è il nucleo delle contraddizioni dell'epoca geologica "dominata dall'Uomo". Secondo Marx, la forma mediata dal lavoro delle relazioni sociali del capitalismo acquisisce vita propria, indipendente dagli individui che partecipano alla sua costituzione, sviluppandosi in una sorta di sistema oggettivo, sopra e contro gli individui, e determinando sempre più gli scopi ed il significato dell'attività umana. Il lavoro alienato costituisce una struttura sociale di dominio astratto che aliena i legami sociali, in cui "dopo aver iniziato come il condottiero del valore d'uso, il valore di scambio finisce per condurre una guerra che è del tutto e solo sua". Tale struttura, tuttavia, non appare essere costituita socialmente, ma naturalmente. Il valore, la cui forma fenomenica di apparenza è il denaro, diviene in sé una forma dell'organizzazione sociale, una comunità perversa. Questo è l'opposto di quello che potrebbe essere chiamato "controllo sociale". Un sistema che diventa quasi-automatico, oltre il controllo cosciente di coloro che sono coinvolti, ed è guidato dalla compulsione di un'accumulazione senza limiti come fine in sé, ha necessariamente come conseguenza la distruzione dei cicli materiali della Terra. Chiamarlo "Antropocene", tuttavia, è chiaramente impreciso, da un lato, in quanto è il risultato di una forma storica specifica di metabolismo con la Natura, e non di un essere ontologico generico (antropo), e, dall'altro lato, perché il capitalismo costituisce un "dominio senza soggetto", cioè, in cui il soggetto non è l'Uomo (e nemmeno la classe dirigente), ma il capitale.
E' importante notare che il feticismo non è una mera illusione che dovrebbe essere decifrata, di modo che la classe "reale" e lo sfruttamento ambientale possa essere compreso. Come ha sottolineato lo stesso Marx, "per i produttori... le relazioni sociali fra i loro lavori privati appaiono per quello che sono, per esempio, come relazioni materiali fra persone e come relazioni sociali fra cose"; "il feticismo delle merci... non è situato nelle nostre menti, di modo che noi (non)percepiamo la realtà, ma nella nostra stessa realtà sociale." E' per questo che neanche le prove scientifiche della distruzione ecologica, sempre raccolte post festum, sono in grado di fermare la dinamica distruttiva del capitale, mostrandoci ad un livello caricaturale l'inutilità della conoscenza senza un utilizzo. Il fatto che ora "sanno molto bene che cosa stanno facendo, eppure continuano a farlo" non confuta, ma piuttosto conferma che le forme delle relazioni sociali sono oltre ogni controllo sociale, e semplicemente cambiando il nome di "Antropocene" (a "Capitolocene" o qualsiasi altro nome) non si risolverebbero le contraddizioni sociali e materiali inerenti. La produzione sociale diretta dal valore, cioè, la produzione determinata dalla minimizzazione del tempo di lavoro socialmente necessario, si traduce in modo oggettivato di produzione materiale e di vita sociale che può essere descritta da leggi "oggettive". Tempo, spazio e tecnologia vengono oggettivati dalla legge del valore. Certo, gli agenti della "valorizzazione del valore" sono esseri umani, ma essi svolgono la loro attività sociale come "maschere di carattere", "personificazioni delle relazioni economiche": il capitalista è il capitale personificato ed il lavoratore è il lavoro personificato. La valorizzazione, feticista, auto-referenziale, del valore per mezzo dello sfruttamento del lavoro (M-C-M') con le sue caratteristiche di espansione ed astrazione dal contenuto materiale implica il carattere ecologicamente distruttivo del capitalismo, cioè, che nel capitalismo "lo sviluppo delle forze produttive è simultaneamente lo sviluppo delle forze distruttive".
Il valore che si auto-valorizza crea un "sistema industriale a palla di neve" che non è consapevolmente controllato, "una forza indipendente da ogni volontà umana". In tale contesto, non sorprende che la distruzione dei cicli ecologici globali venga presentata come "l'Antropocene", cioè, come un concetto che allude ad un processo naturale. L'Uomo viene presentato come una forza geologica cieca, come un'eruzione vulcanica o come variazioni nella radiazione solare, è un'espressione della forma naturalizzata o feticizzata delle relazioni sociali prevalente nel capitalismo.
Quindi, le strutture tecniche con cui l'Uomo svolge il suo metabolismo con la Natura sono logicamente segnate dal feticismo. Come ha notato Marx, "la tecnologia rivela la relazione attiva dell'uomo con la natura, il processo diretto della produzione della sua vita, e con ciò mette anche a nudo il processo della produzione delle relazioni sociali della sua vira, e delle concezioni mentali che decorrono da queste relazioni." Nel capitalismo, i processi di produzione non vengono progettati secondo i desideri e le esigenze dei produttori, secondo le considerazioni ecologiche o sociali, ma secondo la legge del valore. Prendendo come esempio i sistemi energetici del mondo, è stato dimostrato che non c'è alcun vincolo tecnico che impedisca la completa transizione all'energia solare, nel giro di venti o trent'anni, se consideriamo il valore d'uso delle energie fossili e di quelle rinnovabili (il loro ritorno di energia e il fabbisogno materiale), cioè, è tecnicamente possibile utilizzare energia fossile per costruire un'infrastruttura solare per fornire al mondo energia in una quantità e qualità sufficiente allo sviluppo umano. Questa transizione, che è desiderabile, necessaria ed urgente (a causa del riscaldamento globale) dal punto di vista del valore d'uso o della ricchezza materiale, non avviene, tuttavia, perché l'energia fossile è assai più adatta all'accumulazione del capitale: il capitale è andato in Cina per sfruttare lavoro a buon mercato e carbone a buon mercato, provocando un forte picco nelle emissioni di carbone alla vigilia di un'emergenza climatica, in un chiaro sprazzo di irrazionalità feticistica. Più in generale, l'ecologista americano Barry Commoner ha mostrato come nel 20° secolo molti prodotti sintetici (come la plastica ed i fertilizzanti) siano stati sviluppati prendendo il posto dei prodotti naturali e biodegradabili. Tuttavia, i nuovi prodotti non erano meglio dei vecchi; la transizione era stata effettuata solo perché era più redditizio produrli, sebbene fossero molto più inquinanti e dannosi per l'ambiente - infatti viene mostrato che queste nuove tecnologie sono state il fattore principale per l'incremento dell'inquinamento negli Stati Uniti, superiore all'incremento della popolazione e dei consumi.
Naturalmente, la legge del valore non determina soltanto i prodotti finali, ma anche i processi di produzione, che devono essere costantemente intensificati sia in termini di ritmi che di efficienza materiale, se non in termini di estensione della giornata lavorativa. Già ai suoi tempi, Marx ha evidenziato il "fanatismo che il capitalista mostra per economizzare sui mezzi di produzione" arrivando fino a cercare i "rifiuti della produzione" al fine di riutilizzarsi e riciclarli. Tuttavia, sotto la forma capitalistica della produzione sociale, gli incrementi di produttività si traducono in una minore quantità di valore creato per ogni unità materiale, cosicché viene promosso un consumo allargato di materiale. Questa tendenza generale è osservabile empiricamente nel cosiddetto Paradosso di Jevons. quando l'efficienza cresce si produce eventualmente come effetto di rimbalzo un aumento della produzione materiale. E' stato dimostrato per la prima volta da William Stanley Jevons, il quale ha presentato dei dati che dimostravano come l'economia del carbone della macchina a vapore, durante la rivoluzione industriale, avesse determinato un aumento del consumo di carbone. Quello che in un produzione sociale consapevole avrebbe portato a dei benefici ecologici (un aumento di efficienza nell'utilizzo delle risorse), nel capitalismo incrementava il plusvalore relativo, e quando rafforzava l'accumulo distruttivo senza limiti del capitale e un sistema tecnologico che è soprattutto inappropriato. E' sorprendente che vi siano molti ambientalisti che ancora predicano l'efficienza come se fosse un rimedio ecologico, senza accorgersi che la forma sociale capitalistica di ricchezza (valore) trasforma la produttività in una forza distruttiva.
Anche la maniera in cui il capitalismo affronta il problema dell'inquinamento è configurato dall'alienazione: ogni cosa può essere discussa, tranne il modo di produzione basato sulla mercificazione e la massimizzazione dei profitti. Dal momento che la produzione viene portata avanti da unità produttive isolate, il controllo socio-tecnico si limita ad un controllo esterno, attraverso la regolazione statale che impone tecnologie di fine ciclo e meccanismi di mercato. Il Protocollo di Kyoto è il miglior esempio di meccanismo di mercato. Esso rappresenta la mercificazione del ciclo del carbonio, stabilendo il principio di equivalenza, la forma stessa del feticismo delle merci, in una sorta di Borsa del Carbonio. Pertanto, questo implica tutto un processo di astrazione dalla qualità ecologica, sociale e materiale al fine di rendere possibile l'equivalenza delle emissioni di carbonio, delle dislocazioni, e dei depositi situati in contesti ecologici e sociali molto differenti. Il processo di astrazione include la parificazione delle riduzioni di emissione in contesti ecologici e sociali differenti, la parificazione delle riduzioni di emissione attuate con tecnologie differenti, la parificazione del carbone di origine fossile con quello di origine biotica, la parificazione delle diverse molecole per mezzo del concetto di "carbonio equivalente" e della definizione di "foresta che non richiede alcun requisito di biodiversità.
Tuttavia, come avviene con ogni merce nel capitalismo, il valore d'uso (riduzione delle emissioni di carbonio) è governato dal valore di scambio. L'inversione feticistica fra valore d'uso e valore di scambio che caratterizza il capitalismo implica che l'obiettivo effettivo di tutto il processo di scambio di emissioni sia il denaro, non la riduzione delle emissioni. Gli esempi empirici abbondano. Lo schema di scambio non offre alcun incentivo per una transizione tecnologica a lungo termine, ma soltanto per guadagni finanziari (il tempo è moneta) a breve termine. Le correzioni permettono in pratica agli inquinatori di rimandare la transizione tecnologica, mentre il corrispondente progetto di CDM (Meccanismo di Sviluppo Pulito) probabilmente genera un effetto di rimbalzo che favorirà l'impiego di combustibili fossili nei paesi in via di sviluppo. Semplici riduzioni tecnologiche, come bruciare il metano nelle discariche, consentono alla prosecuzione delle emissioni di carbonio da parte delle grandi aziende. Alcune industrie hanno fatto più profitti mitigando le emissioni di HFC-23 di quanti ne abbiano fatti con le merci che producono, mentre hanno generato un'enorme quantità di correzioni che hanno permesso di nuovo agli inquinatori di continuare con le loro emissioni. E la comparazione di progetti sulla base di scenari "possibili" permettono tragicamente l'incremento diretto delle emissioni, ad esempio, finanziando miniere di carbone che mitigano le emissioni di metano. E potrebbero essere fatti molti altri esempi. Il fatto che il riscaldamento globale sia determinato dalle emissioni cumulative rivela, su qualsiasi significativa scala temporale umana, l'effetto perverso di questo schema guidato dal valore di scambio: oggi, i ritardi nella riduzione delle emissioni vincolano le possibilità del futuro. Ancora una volta, come avrebbe potuto essere compreso in anticipo con la semplice critica marxiana, il valore di scambio diviene dominante sul valore d'uso, così come la ripartizione delle emissioni di carbonio viene determinata non da criteri socio-ecologici, ma secondo le esigenze della valorizzazione o secondo "l'allocazione ottimizzata delle risorse" - quando il mercato globale de carbonio ha raggiunto il record di 176 miliardi di dollari nel 2011, La Banca Mondiale ha detto che "una considerevole porzione di scambi è motivata principalmente da operazioni di copertura, aggiustamenti di portafogli, profitti ed arbitraggio", tipico gergo da speculatori finanziari. Kyoto, con il suo approccio quantitativo, non affronta, ed ostacola, la transizione qualitativa necessaria ad evitare un catastrofico cambiamento climatico. Anche se notevoli quantità di capitale vengono mobilitate attraverso i sistemi di scambio, le emissioni di carbonio continuano ad aumentare.
In questo scenario, diventa sempre più probabile che si renda necessaria l'applicazione di una tecnologia fine-ciclo. Con l'avvento dello Stato sociale e della regolamentazione ambientale, una miriade di tali tecnologie sono state utilizzate al fine di mitigare le emissioni industriali nell'acqua nell'aria e nel suolo - filtri, impianti di depurazione, ecc.. Il problema è che queste tecnologie possono essere applicate solamente in particolari unità produttive, quando è fattibile, nel contesto delle produzione guidata dal valore, cioè, solo se non compromettono la redditività delle imprese. Avviene, però, che l'estrazione e lo stoccaggio del carbonio (CCS) sia ancora troppo costoso per essere utilizzato nelle unità di produzione e nel sistema dei trasporti. Pertanto, quella che è venuta alla ribalta è la geoingegneria, l'ultima tecnologia fine-ciclo, la manipolazione diretta del clima stesso - attraverso l'uso di processi quali l'emissione di aerosol nella stratosfera per riflettere le radiazioni solari, oppure la fertilizzazione degli oceani per mezzo del ferro per indurre la crescita delle alghe che assorbono il carbonio. La sua origine si può far risalire alla guerra del Vietnam ed ai progetti stalinisti, ed uno dei suoi primi sostenitori è stato Edward Teller, il padre della bomba atomica. Ci sono enormi rischi in un simile approccio, dal momento che il sistema climatico ed i suoi sottosistemi non sono stati ancora pienamente compresi e sono soggetti alla non-linearità, punti critici, trasformazioni improvvise, e caos. Inoltre, l'inerzia del sistema climatico implica l'irreversibilità del riscaldamento globale su una scala temporale di un millennio, cosicché le tecniche di geoingegneria dovrebbero essere applicate per la stessa quantità di tempo, cosa che sarebbe un onere per dozzine di generazioni future. In caso di fallimento tecnologico delle applicazioni di geoingegneria, il risultato potrebbe essere catastrofico, con un repentino cambio climatico.
Considerando però il suo relativo basso costo, è probabile che il capitalismo si assuma come al solito un tale rischio al fine di riuscire a preservare la sua ricerca feticistica del profitto, facendo della geoingegneria una sorta di pallottola d'argento da sparare sul riscaldamento globale. Certamente, c'è la spaventosa possibilità che si possano combinare geoingegneria e modelli commerciali, di modo che i progetti geoingeregnistici possano generare crediti di carbonio in un mercato concorrenziale. Era questa l'idea della Planktos Inc. con il suo controverso esperimento di fertilizzazione degli oceani che fa intravvedere un futuro distopico nel quale il clima mondiale viene manipolato secondo gli interessi dei profitti delle imprese. E' chiaro che il controllo capitalista dell'inquinamento, sia attraverso meccanismi di mercato che di regolamentazioni statali, assomiglia all'hegeliana civetta di Minerva: essa (re)agisce solo successivamente al processo alienato di produzione ed al processo generale di alienazione sociale. Tuttavia, se il nucleo della distruttività è il processo feticistico stesso che viene riprodotto nel sistema di scambio, e le tecnologie di fine-ciclo sono soggette al fallimento e alle complesse dinamiche che non sono razionalmente accessibili sulla scala temporale delle istituzioni umane (almeno nella loro forma attuale), sia il mercato che i meccanismi statali potrebbero fallire nell'evitare un catastrofico cambiamento climatico.
Le future proiezioni del riscaldamento globale da parte degli economisti neoclassici rivelano il nucleo alienato dell'Antropocene in tutta la sua essenza. Nei modelli integrati climatico-economici, come quelli sviluppati da William Nordhaus e Nicholas Stern, il tasso di interesse finale determina quello che è accettabile in termini di concentrazione atmosferica di gas serra e del suo rispettivo impatto (inondazioni costiere, perdita di biodiversità, distruzione dell'agricoltura, epidemie, ecc.), in quanto "l'analisi di costi-benefici" deduce l'impatto futuro dagli attuali guadagni composti. Ma come mostrato da Marx, l'interesse è la parte del profitto che il capitalista industriale paga al capitalista finanziario che precedentemente gli ha prestato il denaro-capitale, dopo che il processo di valorizzazione è andato a buon fine. L'interesse prodotto dal capitale è il valore è la capacità che possiede il valore d'uso di creare plusvalore o profitto. Pertanto, "nell'interesse prodotto dal capitale, la relazione di capitale raggiunge la sua forma più superficiale e feticizzata", "denaro che produce denaro", "valore che si auto-valorizza". L'interesse prodotto dal capitale è la perfetta rappresentazione feticistica del capitale, in quanto progressione geometrica automatica di produzione di plusvalore, un "puro automa". Conseguentemente, la determinazione, per mezzo del tasso di interesse, del metabolismo sociale futuro con la Natura è la massima espressione del carattere feticistico di questa forma storica di metabolismo sociale con la natura, cioè, del nucleo feticista del cosiddetto Antropocene, a prescindere dalla grandezza del tasso di interesse. Nel capitalismo, il tasso di interesse determina gli investimenti e le allocazioni di risorse, e superare tutto questo non è una questione moralistica (ed irrealistica) usando un abbassamento della grandezza dell'interesse, come fa Stern, ma si tratta di superare lo stesso modo di produzione capitalistica.
Gli scenari futuri determinati dal tasso di interesse, in fin dei conti, negano la storia, dal momento che soltanto nel capitalismo il tasso di interesse è socialmente determinante, dal momento che è capitale nella sua forma più pura. Mentre nel capitalismo l'interesse prodotto da capitale diviene assolutamente adatto alle condizioni della produzione capitalistica, e la promuove per mezzo dello sviluppo del sistema creditizio, nelle formazioni sociali pre-capitalistiche, "l'usura impoverisce il modo di produzione, paralizza le forze produttive". Questo avviene perché nel capitalismo il credito viene accordato nell'aspettativa che esso funzionerà come capitale, che il capitale prestato verrà usato per valorizzare il valore, verrà usato per appropriarsi di lavoro "free" non pagato, mentre nel Medioevo gli usurai sfruttavano i piccoli produttori ed i contadini che lavoravano per sé stessi. La determinazione della futura relazione sociale metabolica con la natura per mezzo del tasso di interesse è quindi un'estrapolazione del modo capitalistico di produzione e di tutte le sue categorie (valore, plusvalore, lavoro astratto, ecc.) riguardo al futuro, la feticizzazione della storia - ancora una volta, tutto questo è in linea con il termine Antropocene, che fa riferimento ad un Uomo astorico.
Inoltre, il tipo di analisi di costo-benefici che Nordhaus e Stern svolgono, tende a negare non solo la storia, ma la materia stessa, in quanto il compromesso fra degrado delle risorse materiali e crescita astratta implica l'assoluta intercambiabilità fra le diverse risorse materiali, e quindi fra la ricchezza astratta (capitale) e la ricchezza materiale, cosa che in pratica è un falso presupposto. Ad esempio, il più elementare processo di sintesi naturale necessario alla vita sulla Terra così come noi la conosciamo, la fotosintesi, non è tecnologicamente sostituibile, cioè, nessun ammontare di valore di scambio la potrebbe rimpiazzare. Inoltre, sintetizzare le complesse interazioni ed i flussi materiali e di energia che costituiscono ecosistemi con caratteristiche differenti e su scale diverse, con le loro storie che dipendono da percorsi naturali, non è affatto un compito banale - interazioni materiali e specificità sono esattamente ciò da cui il valore di scambio astrae. Quello che un tale tipo di analisi dà per scontato è che la forma merce stessa, con la sua sostanza comune (valore) che permette lo scambio fra differenti risorse materiali in quantità definite, sia staccata dal suo contesto materiale ed ambientale. Ma è proprio questo distacco, o astrazione, che porta alla distruttività. "Il sogno implicito del capitale è quello dell'illimitatezza assoluta, una fantasia di libertà in quanto completa liberazione dalla materia, dalla natura. Questo 'sogno' del capitale sta diventando l'incubo di quelli da cui il capitale si sforza di liberare sé stesso - il pianeta e i suoi abitanti" (Postone).
Da ultimo, ma non ultimo, il capitale sta provando ad incrementare i suoi profitti anche sfruttando la stessa ansietà causata dalla prospettiva di una catastrofe ecologica, estendendo la produzione di soggettività da parte dell'industria culturale. Per esempio, le caffetterie Starbucks offrono ai loro clienti un caffè che è un po' più caro, ma sostengono che parte del denaro va alle foreste del Congo, ai bambini poveri in Guatemala, ecc.. In tal modo, la coscienza politica viene depoliticizzata per mezzo di quello che viene chiamato "effetto Starbucks". Lo possiamo anche vedere nelle pubblicità commerciali. In una di queste, dopo delle scene che raffigurano un qualche genere di catastrofe naturale indefinita, intercalate con scene di un falegname che costruisce un'imprecisata struttura di legno e con scende di donne in quella che sembra una sfilata di moda, viene rivelato il vero contesto reale: le modella stanno andando verso una sorta di Arca di Noè costruita dal falegname, di modo che così potranno sopravvivere alla catastrofe ecologica. Lo scopo della pubblicità viene alla fine svelato: vendere deodorante - "la fragranza finale". Lo slogan - "Felice fine del mondo" - sfrutta esplicitamente il collasso ecologico al fine di vendere merci.
Opposizione e volontà politica sono state sedotte e si sono adattate alla forma merce, penetrando perfino nella stessa scienza climatica. Alcuni scienziati sembrano essersi accorti di questa pressione pervasiva, da parte del feticismo economico, sulla scienza, quando affermano: "l'obiettivo, per quanto scomodo, è quello di liberare la scienza dall'economia, dalla finanza, e dall'astrologia" oppure "la geoingegneria è come un tossicodipendente che trova un nuovo modo per lasciare i suoi figli senza un soldo". La decarbonizzazione viene sempre richiamata ad essere "economicamente sostenibile". Ciò che è necessario, tuttavia, è che emerga nel pubblico dibattito una critica più radicale, una posizione esplicitamente anticapitalistica che rifiuti le richieste di accumulazione di capitale nella definizione delle politiche socio-ambientali - non da ultimo perché pare sia già impossibile conciliare il limite di riscaldamento globale a due gradi celsius e allo stesso tempo mantenere la "crescita economica".
Bisogna sottolineare che la feticizzazione qui descritta e la sua distruttività ecologica sono uno sviluppo storico specifico al capitalismo, e che questo può essere superato: il metabolismo sociale con la natura non è necessariamente distruttivo. Il feticismo delle merci ed il lavoro come categoria sociale mediante (lavoro astratto) sono storicamente specifici al capitalismo, e sono cominciati con l'accumulazione primitiva. L'Antropocene in quanto distruzione globalizzata della natura è l'esternalizzazione del lavoro alienati, la sua logica conclusione materiale. Superarlo, richiede la riappropriazione di quello che è stato costituito sotto forma alienata, cioè, la demercificazione dell'attività sociale umana o il superamento del capitalismo. La tecnologia così riconfigurata e socializzata non verrebbe più determinata dalla redditività, ma sarebbe la traduzione tecnica di nuovo valori e tenderebbe a diventare arte. Anziché essere determinata dall'unidimensionale valorizzazione del valore, la produzione sociale sarebbe il risultato di una molteplicità di criteri comunemente discussi, che promanano da considerazioni sociali, ecologiche, estetiche ed etiche, ed oltre - in altre parole, la ricchezza materiale deve essere liberata dalla forma valore. Tecnologie come l'energia solare, la microelettronica e l'agroecologia, per esempio, potrebbero essere usate per dare forma ad un mondo di abbondante ricchezza materiale e ad un consapevole metabolismo sociale con la natura - un mondo con abbondante rinnovabile energia pulita, abbondante tempo libero sociale grazie alle forze produttive altamente automatizzate, ed abbondante cibo prodotto ecologicamente, sotto il controllo sociale.
Allora e solo allora l'Uomo potrebbe avere il controllo consapevole dei cicli materiali planetari e potrebbe usare questo controllo a scopi umani (anche decidendo di lasciarli nel loro stato "naturale). In realtà, questo significa prendere molto sul seria la promessa dell'Antropocene, cioè, l'Uomo dovrebbe avere il controllo consapevole dei cicli materiali planetari, estendere il territorio della politica finora lasciato ai ciechi meccanismi della natura e, nel capitalismo, al feticismo delle merci. E questo non solo perché le forze produttive sviluppate dal capitalismo lo permettono - sebbene finora è avvenuto senza un consapevole controllo sociale - ma anche perché potrebbe essere necessario. La civiltà si è adattata alle condizioni oloceniche che hanno prevalso negli ultimi diecimila anni, e dovremmo essere preparati ad agire per preservare queste condizioni cje permettono lo sviluppo umano, o mitigare i cambiamenti improvvisi, dal momento che potrebbero essere messe in pericolo non solo dall'attività umana (feticizzata), ma anche da cause naturali, cosa che è già accaduta molte volte nella storia naturale (come nel caso dei cicli glaciali-interglaciali attivati da perturbazioni nell'orbita della Terra, o la catastrofica estinzione dei dinosauri dovuta all'impatto di un meteorite). La "mano invisibile" (feticizzata) e l'Antropocene (feticizzato) sono le due facce della stessa medaglia, della stessa inconsapevole socializzazione, e dovrebbero essere entrambe superate per mezzo della comunalizzazione dell'attività sociale, cioè, il controllo reale dei cicli materiali planetari dipende dal controllo sociale consapevole della produzione mondiale.
Andrebbe sottolineato che ciò che qui chiamiamo "feticismo" non è semplicemente la denominazione imprecisa dell'Antropocene, bensì la forma dell'interscambio materiale stesso. Ed ancora una volta ciò che emerge è una vera e propria prospettiva utopica, la promessa della realizzazione dell'Antropocene, non in quanto constante antropologica o forza "naturale", ma in quanto essenza della specie pienamente storica che controlla consapevolmente e da forma alle condizioni materiali del pianeta. Se, come affermava il giovane Marx, il lavoro alienato aliena la specie dell'Uomo, la riorganizzazione liberatrice dello scambio socio-materiale libererebbe il potenziale della specie in essa incorporato, sebbene socialmente negato, nell'Antropocene. La geoingegneria e la tecnologia avanzata in generale liberata dalla forma valore e dalla ragione strumentale potrebbe essere usata non solo per risolvere il problema climatico, ma anche, come ha scritto Adorno, "aiutare la natura ad aprire gli occhi", per aiutarla "sulla povera Terra a diventare quello che forse vorrebbe essere". Le forze avanzate della produzione implicano che la visione utopica poetica di Fourier, richiamata da Walter Benjamin, potrebbe materializzarsi:
"il lavoro cooperativo aumenterebbe l'efficienza a tal punto che ci sarebbero quattro lune, ad illuminare il cielo di notte, le calotte polari indietreggerebbero, l'acqua di mare perderebbe il suo gusto salato, e le bestie da preda eseguirebbero gli ordini dell'uomo. Tutto questo disegna un genere di lavoro che, lungi dallo sfruttare la natura, l'aiuterebbe a dare alla luce quello che giace dormiente nel suo ventre." (Walter Benjamin).
Anche l'eliminazione della brutalità (predazione), nella natura, e l'abolizione dei macelli per mezzo della produzione di carne sintetica appare oggi alla portata teorica attraverso la "riprogrammazione genetica" e la tecnologia delle cellule staminali. Questo va oltre i sogni più selvaggi delle utopie marcusiane. Certo, tutto questo richiede una lotta sociale che sovverta la produzione determinata dalla valorizzazione del valore e liberi, per prima cosa, il potenziale umano. D'altra parte, come al solito, siamo portati a vedere determinato il nostro futuro materiale sulla Terra dal tasso di interesse, dall'emergenza della geoingegneria, e dal caso.
- Daniel Cunha - pubblicato su Mediations, volume 28, n° 2, primavera 2015 -
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