Secondo questo grafico, ogni tentativo di ridurre il deficit federale degli Stati Uniti negli ultimi 30 anni sembra che finisca per minare lo stesso capitale.
Questa correlazione suggerisce che se la sinistra si impegnasse per una società al di là del capitalismo, il farla finita con tutti i deficit statali potrebbe essere una strada per realizzare questo superamento. La correlazione si spiega con il fatto che il capitale, a questo punto, sta producendo più plusvalore di quanto possa essere reinvestito con profitto in un'occupazione produttiva. L'assenza di sbocchi sufficienti per i nuovi capitali non è un semplice problema per quei capitalisti, come i proprietari delle più grandi corporazioni americane, che devono restare seduti sui profitti non investiti: a meno che il deficit statale non cresca costantemente, la sovrapproduzione di plusvalore alla fine impone una svalutazione generale del capitale, dal momento che il modo di produzione ai fini del profitto si blocca.
Niente di quanto ho detto dovrebbe essere una sorprese dal momento che sono le stesse conclusioni cui sono arrivati, insieme, sia la teoria del lavoro che la teoria keynesiana. Ad esempio, secondo l'economista borghese Hyman Minsky, i profitti aggregati del capitale devono eguagliare gli investimenti aggregati del capitale più il deficit spending dello Stato:
"Nonostante la maggiore complessità delle relazioni finanziarie, il fattore determinante del comportamento del sistema rimane il livello dei profitti. In un modello scheletrico, con comportamenti di consumo, altamente semplificati, dei ricevitori di redditi e di salari, in ogni periodo i profitti aggregati sono uguali agli investimenti aggregati. In una struttura più complessa (seppure ancora altamente astratta), i profitti aggregati sono uguali agli investimenti aggregati più il disavanzo pubblico. L'aspettativa di profitti dipende dall'investimento nel futuro, ed i profitti realizzati sono determinati dall'investimento: quindi, che le passività vengano o no convalidate dipende dall'investimento. L'investimento ha ora luogo perché gli uomini d'affari ed i loro banchieri si aspettano che ci saranno investimenti in futuro."
Peter Jones, uno scrittore marxista, è pervenuto ad una conclusione simile riguardo a come il deficit spending dello Stato incrementi la ricchezza dei capitalisti:
"Si consideri la seguente possibilità. Supponiamo che il governo decida di attuare un taglio della tassa sulle imprese aumentando il deficit, e lasciando immutata la spesa pubblica. Supponiamo che come risultato le entrate crollino di X dollari, ed il debito statale si incrementi del medesimo ammontare. Si assuma che le banche (nazionali od estere) finanzino questo debito acquistando X dollari di obbligazioni del Tesoro extra. Ora supponiamo, per semplificare, che le decisioni di investimenti da parte delle imprese non siano influenzate dalla combinazione del taglio delle tasse e dell'incremento del debito statale. Questo implica che gli extra X dollari di profitto in più che hanno fatto come risultato del taglio delle tasse si tradurrà interamente in dividendi pagati. Si supponga anche che tale incremento nei dividendi non faccia alcuna differenza sul consumo totale, e che così i depositi bancari totali si incrementino di X dollari. In questo caso, le banche avranno un extra di X dollari come fondi disponibili: vale a dire, quanto basta a coprire il valore dei buoni del Tesoro.
Così, secondo quest'ipotesi semplificata, un taglio alle tasse sulle imprese finanziato da un aumento dell'indebitamento porta un incremento equivalente nel pagamento dei dividendi, che a sua volta 'crea' i fondi prestabili richiesti per finanziare l'aumento del deficit. Sia il reddito che la ricchezza degli azionisti si incrementa di quella quota del taglio delle tasse sulle imprese, il profitto post-tassa aumenta al netto delle imposte, ma il consumo degli azionisti, e di tutti gli altri, rimane invariato. Cosa ancora più importante, il tasso di profitto post-tassa si incrementa (anche se prima del taglio delle tasse era costante)."
Pertanto, sia la teoria del valore-lavoro che la teoria keynesiana suggeriscono che il capitalismo non può sopravvivere senza il deficit della spesa dello Stato, per quanto ciascuna scuola utilizzi questa conclusione per i propri fini.
Va capito che il deficit federale è una completa truffa: in primo luogo, viene concesso ai ricchi un taglio delle tasse dai politici dello Stato; poi, i tagli fiscali vengono riprestati allo Stato; infine, lo Stato emette delle obbligazioni che consentono ai ricchi di reclamare una porzione delle future entrate fiscali dello Stato. E dopo, per coronare tutto questo, arriva l'MMT (Modern Monetary Theory) e riveste questa truffa definendola "attività finanziarie cumulative" del settore privato.
La sinistra, che diventa nervosa quando si parla di riduzione del deficit, nella truffa gioca la parte del pazzo. La truffa non potrebbe continuare se la sinistra non combattesse a fianco dei fascisti contro ogni tentativo di porre fine al deficit spending. Da una parte, la sinistra rende possibile ai fascisti di proclamare che il deficit spending serve ad aiutare tutti. Dall'altra parte, si lamenta della crescente disuguaglianza degli ultimi trent'anni sebbene ignori il fatto che lo Stato paga, letteralmente, i ricchi per NON pagare tasse. Non mi aspetto che tutto questo cambi, dal momento che deriva dall'idea che la spesa statale sia in un qualche modo più "progressista" degli investimenti del capitale privato.
La realtà è che sia gli investimenti che l'accumulazione del debito pubblico statale è accumulazione di ricchezza nelle mani delle stesse persone contro cui si pensa di stare combattendo. Il debito statale in tutte le sue forme è esso stesso la misura della crescente disuguaglianza sociale.
Ad un certo punto, la sinistra radicale sarà costretta a fare sul serio riguardo al deficit spending e ad aprire un dibattito su quali sono i suoi veri obiettivi. Non importa se decidono di riparare il capitalismo o di ucciderlo, ma non possono fare una delle due cose mentre allo stesso tempo sostengono l'altra . Il vero problema, ad ogni modo, è che la sinistra radicale non è realmente impegnata a porre fine al capitalismo ed è impegnata solo a parole a svolgere questo compito. Il suo scopo pratico reale è quello di aggiustare il capitalismo, in qualche modo.
La sinistra radicale sta per fare un salto nel buio e si fida della propria teoria, anche se le conseguenze appaiono essere spiacevoli. La teoria dice che il deficit statale se ne deve andare, ma la paura dice che quando il deficit spending se ne va, se ne vanno anche i posti di lavoro e i salari. Come ogni schiavo ben addestrato, pensi che sia impossibile sopravvivere senza posti di lavoro e senza salari, vale a dire senza schiavitù salariale. Hai torto. La tua teoria dice che hai torto. O hai fede nella tua teoria oppure hai fede in decenni di indottrinamento capitalistico.
fonte: The Real Movement
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