mercoledì 9 marzo 2016

Mammaliturchi!

merkel-erdogan

Questo 7 marzo 2016 la Commissione Europea ha convocato a Bruxelles i capi di Stato e di governo dei 28 paesi membri, in onore della visita del primo ministro della Turchia, il cui presidente, come era avvenuto lo scorso ottobre, non poteva scindersi dalle proprie pesanti responsabilità, ma che trovava tuttavia il tempo per qualche arringa mediatica dalla Tracia .
Sembra che il vertice abbia avuto come scopo principale quello di informare la stampa a proposito di un nuovo pacchetto di decisioni prese a settembre dal direttorio germano-europeo, presentate dal presidente Juncker al presidente Erdogan il 5 ottobre, poi rivelate in parte ai capi di Stato  e di governo europei il 15 ottobre, e di cui alcune hanno fatto parte del trattato ufficiale firmato il 29 novembre.
La parte che ne viene rivelata questa volta concerne il rinnovo per il 2018 del tributo di 3 miliardi di euro, il cui principio i 28 governanti hanno dovuto accettare per il 2017, qualche giorno dopo che il presidente della Commissione aveva dichiarato al Parlamento Europeo che si trattava solamente di un miliardo non rinnovabile. Ma già dalla fine di novembre si sapeva che questo tributo sarebbe stato annuale, e ad ottobre la stampa turca aveva parlato di 12 milioni.
Uno dei punti meno importanti riguarda il nuovo cambiamento della data di abolizione dell'obbligo di visto per i titolari di un passaporto turco, abolizione dapprima promessa per il mese di gennaio, poi rinviata al primo ottobre per problemi incomprensibili di burocrazia, e alla fine sancito per il mese di giugno.
L'accordo per la fornitura di migranti che la Turchia è stata incaricata di selezionare, e che l'Unione Europea dovrà andare direttamente a prendere in Turchia, comincia ad emergere, pur sempre circondata da misteri che sembrano confermare i sospetti che si tratti di un numero ben superiore a quello del mezzo milione previsto all'epoca in cui si considerava di pagare un tributo di solo un miliardo di euro. Questa volta si parla, ma evidentemente è solo l'inizio, di un numero equivalente a quello dei clandestini che sono arrivati nelle isole greche, dei quali l'Unione Europea sarebbe riuscita a determinare identità e nazionalità e ad ottenere un (assai ipotetico) accordo di riammissione nei paesi di origine.

Questa formulazione che pretende improvvisamente di legare i "programmi che permettano ai rifugiati in TUrchia di entrare nell'Unione Europea in maniera ordinata" (secondo il testo del memo 15-5777 della Commissione Europea del 5 ottobre) ad un'ipotetica "gestione dei clandestini che sono passati dalla Turchia in Grecia è soprattutto l'occasione per mettere in atto un ritorno spettacolare: non solo non si tratta più di tentare di impedire le partenze di clandestini dalla Turchia, ma di gestire la destinazione degli intrusi in Grecia, ed inoltre è ormai previsto che, anziché negoziare il dispiegamento di controllori europei sulla costa (continentale e rettilinea) turca, venga imposto alla Grecia di accogliere dei controllori turchi su alcune delle sue migliaia di isole (frastagliate), le più importanti delle quali sono altresì rivendicate dalla Turchia. Il pretesto è quello del controllo della "reinviabilità" al momento dell'arrivo in Europa, al posto della proibizione delle partenze clandestine dall'Asia, ulteriore prova della ricerca da parte della Commissione Europea delle formule più complicate e meno efficaci possibili che assicurino sia la continuazione dell'intrusione illegale di massa che l'alibi di un'azione comunitaria che proibisca ogni azione nazionale suscettibile di dare una soluzione a ciò che l'Unione non considera un problema, bensì un programma. Sia il presidente Juncker che la cancelliera Merckel hanno di nuovo ripetuto oggi che non si tratta di "chiudere la rotta dei Balcani", come dicono alcuni.

Si può leggere in questo o in quel comunicato che si tratta di istituire un canale ufficiale di ammissione che possa cortocircuitare le reti illegali di tratta di esseri umani. De Iure, si tratta effettivamente di istituzionalizzare l'introduzione illegale di massa, a cura dell'Unione Europea, di persone che non rientrano in alcuna categoria migratoria legale e che non rivestono lo status di rifugiati così come è definito dalla Convenzione del 1951 o dai testi legali in vigore nei paesi in cui la Commissione intende imporre la loro installazione. Di fatto, si tratta di sperimentare e poi di mettere in pratica una procedura non degradante (a differenza dell'invito ad introdursi tramite effrazione) e che non dipenda dalla complicità del governo o della polizia, che verrà in seguito allargata non a centinaia di migliaia bensì a milioni di coloni.

Quanto alla Grecia, tutto questo non può non far tornare alla mente le altre sanzioni, le altre prepotenze e le sofferenze in corso di imposizione.

Quanto a Cipro, la riunione del 7 marzo ha ancora una volta rinnovato la tacita autorizzazione alla sua occupazione militare da parte della Turchia.

fonte: Stratediplo

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