Quello che segue, è il pezzo scritto da Erri De Luca, e pubblicato sull'Agenda di Magistratura Democratica, che tanto ha fatto infuriare il giudice Caselli, fino alle dimissioni dalla stessa organizzazione dei magistrati sedicenti democratici. Il battibecco che ne è seguito ha occupato brevemente le pagine dei giornali, con articoli conditi da allucinanti e risibili dichiarazioni da parte dei magistrati (sia quelli democratici, sia quelli non più), a proposito della "condanna e il rifiuto deciso, unanime, incondizionato, di ogni forma di violenza, qualunque ne sia la motivazione".
"Notizie su Euridice", è il titolo del brano di De Luca che, a partire dall'etimologia del nome della compagna di Orfeo, traccia un veloce disegno delle motivazioni che hanno portato nella seconda metà del secolo scorso ad un'insorgenza diffusa. L'analogia è suggestiva, e riesce a riportare, ricamando parole, lo sguardo e l'anima a quei fatti, arrivando alla fine perfino ad un capovolgimento del mito, in cui avviene che "Quella parte di Orfeo credette di essere seguito da Euridice, ma quando si voltò nel buio delle celle dell’isolamento, lei non c’era." Ragion per cui - vien da dire, inseguendo il demone dell'analogia - non è stato Orfeo a ricacciare Euridice nell'Ade, voltandosi e decretandone la condanna infinita. Disamorata, Euridice non ha nemmeno seguito i passi di chi voleva liberarla e riportarla sulla Terra, forse perché aveva già finito per affezionarsi al dio dell'oltretomba. Preferiva restare con lui. Chissà. E forse, allora, alla fine, Orfeo ha capito davvero che ... di Euridice è possibile trattenere solo il fruscìo della sua indifferenza ...risparmiandosi anche il complesso di colpa per essersi voltato e, alla fine, anche la propria morte per mano delle Menadi. Ed Euridice ... Euridice magari è finita a Spoon River, inchiodata sulla tomba di Carl Hamblin, dopo che "un giovane con un cappello rosso le balzò vicino e le strappo via la benda", e vide, vide "la follia di un'anima morente".
Notizie su Euridice
Euridice alla lettera significa trovare giustizia. Orfeo va oltre il confine dei vivi per riportarla in terra. Ho conosciuto e fatto parte di una generazione politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di imbracciare le armi per ottenerla. Intorno bolliva il 1900, secolo che spostava i rapporti di forza tra oppressori e oppressi con le rivoluzioni. Orfeo scende impugnando il suo strumento e il suo canto solista. La mia generazione e scesa in coro dentro la rivolta di piazza. Non dichiaro qui le sue ragioni: per gli sconfitti nelle aule dei tribunali speciali quelle ragioni erano delle circostanze aggravanti, usate contro di loro.
C’è nella formazione di un carattere rivoluzionario il lievito delle commozioni. Il loro accumulo forma una valanga. Rivoluzionario non è un ribelle, che sfoga un suo temperamento, è invece un’alleanza stretta con uguali con lo scopo di ottenere giustizia, liberare Euridice.
Innamorati di lei, accettammo l’urto frontale con i poteri costituiti. Nel parlamento italiano che allora ospitava il più forte partito comunista di occidente, nessuno di loro era con noi. Fummo liberi da ipoteche, tutori, padri adottivi. Andammo da soli, però in massa, sulle piste di Euridice. Conoscemmo le prigioni e le condanne sommarie costruite sopra reati associativi che non avevano bisogno di accertare responsabilità individuali. Ognuno era colpevole di tutto. Il nostro Orfeo collettivo e stato il più imprigionato per motivi politici di tutta la storia d’Italia, molto di più della generazione passata nelle carceri fasciste.
Il nostro Orfeo ha scontato i sotterranei, per molti un viaggio di sola andata. La nostra variante al mito: la nostra Euridice usciva alla luce dentro qualche vittoria presa di forza all’aria aperta e pubblica, ma Orfeo finiva ostaggio.
Cos’altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice? Chi della mia generazione si astenne, disertò. Gli altri fecero corpo con i poteri forti e costituiti e oggi sono la classe dirigente politica italiana. Cambiammo allora i connotati del nostro paese, nelle fabbriche, nelle prigioni, nei ranghi dell’esercito, nella aule scolastiche e delle università. Perfino allo stadio i tifosi imitavano gli slogan, i ritmi scanditi dentro le nostre manifestazioni. L’Orfeo che siamo stati fu contagioso, riempì di sé il decennio settanta. Chi lo nomina sotto la voce “sessantotto” vuole abrogare una dozzina di anni dal calendario. Si consumò una guerra civile di bassa intensità ma con migliaia di detenuti politici. Una parte di noi si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci furono azioni micidiali e clamorose ma senza futuro. Quella parte di Orfeo credette di essere seguito da Euridice, ma quando si voltò nel buio delle celle dell’isolamento, lei non c’era.
Ho conosciuto questa versione di quei due e del loro rapporto, li ho incontrati all’aperto nelle strade. Povera è una generazione nuova che non s’innamora di Euridice e non la va a cercare anche all’inferno.
1 commento:
Ottimo Franco e così Erri De Luca. Ognuno di noi si è sentito Orfeo e...di Euridice è possibile trattenere solo il fruscio della sua indifferenza...! i doppi sensi si possono sprecare. Gianni
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