sabato 16 novembre 2013

finzioni

san_tommaso_1601

E' soprattutto a partire da "Le Vite" di Giorgio Vasari, che Marcel Schwob scrive la sua versione della vita di Paolo Uccello nel suo "Vite immaginarie". Il libro di Vasari, oltre ad essere uno degli ingredienti fondamentali usati da Schwob, per raccontare le sue vite immaginarie, si ritrova utilizzato anche in altre opere, come "Storia universale dell'infamia" di Borges, "La sinagoga degli iconoclasti" di Wilcok, "La letteratura nazista in America" di Bolaño, ma anche "La vita degli uomini infami" di Foucault e perfino "La vita, istruzioni per l'uso" di Perec.
Vasari, però, era interessato alla storiografia, mentre Schwob perseguiva la finzione. E su un episodio della vita di Paolo Uccello si misura tale distanza. Schwob e Vasari partono da un medesimo fatto, quello che attiene all'ultimo progetto di Paolo Uccello, e mentre Vasari scrive - per descriverlo - che lavorò ad "un San Tommaso che fruga nella piaga di Cristo", e finisce concludendo che "quest'opera lo impegnò molto; essa venne terminata nel corso della sua vecchiaia (...) a voler dimostrare quanto valeva e sapeva". Inoltre, sempre il Vasari, ci informa del fatto che "ordinò che venisse realizzato un pannello di legno, di modo che nessuno potesse vedere l'opera prima che fosse completata". Ma, avviene che Donatello - il famoso scultore, amico e vicino di casa di Paolo Uccello - "una mattina, mentre andava al mercato per comprare della frutta da usare per un suo disegno, vide Paolo mentre scopriva la sua opera". Dopo che ebbe "guardato bene il lavoro" - continua a scrivere Vasari - Donatello gli espresse la sua delusione. Uccello se ne vergognò e abbandonò il lavoro.
Lo scostamento fra Vasari e Schwob, si verifica a partire dalla frase "terminata durante la sua vecchiaia" e viene giocato intorno alla presenza di Donatello. Ed ecco che, in Schwob, è Uccello a chiamare Donatello, dopo aver terminato il quadro. Il pittore è certo di "aver compiuto il miracolo". "Ma Donatello non riesce a vedere che un groviglio di linee". Donatello morirà nel 1466 (Uccello nel 1475, era nato nel 1397 e quindi non arrivò mai agli "ottant'anni" dichiarati da Schwob nel suo racconto) e quindi lo scultore non può aver visto il quadro terminato, così come non possiamo vederlo noi, dal momento che è perduto, come le scene dalla vita di San Francesco. Sarà Caravaggio, poi, nel 1601, un secolo dopo, ad esplorare quel medesimo argomento. Chissà se aveva visto il quadro di Paolo Uccello?

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