Dalla prima metà del diciassettesimo secolo fino al primo quarto dell'ottocento, in Inghilterra, la domanda di cadaveri, per gli studi anatomici dei medici, giocava un ruolo di non poco conto. A tal fine, da secoli, esisteva una legge che permetteva ai chirurghi di procurarsi i corpi dei giustiziati, ma il numero dei cadaveri delle persone condannate a morte era assolutamente insufficiente per le necessità dell'epoca.
Fu ad un certo punto che fece la sua apparizione, sul mercato, la categoria che prese il nome di "rianimatori", i quali non erano altro che individui senza scrupoli che si dedicavano a dissotterrare i morti recenti per venderne i corpi alla scienza, ovviamente non per amore della stessa, ma per avidità di una cospicua quantità di denaro. A seconda della qualità del cadavere, l'importo variava, arrivando in qualche caso ad arrivare all'equivalente di parecchi mesi del salario di un lavoratore. Un corpo poco deteriorato e che serviva, quindi, a portare avanti uno studio sui muscoli e su altri organi, poteva diventare il passaporto per la ricchezza. Non c'è quindi da sorprendersi di come, all'epoca, proliferassero i "rianimatori", e di come si diffondesse questo mestiere raccapricciante in cui, ovviamente, si poteva arrivare anche al punto di "fabbricarlo", il cadavere, anziché scavarlo. Per questo motivo, avvenne che i cimiteri furono trasformati in luoghi molto sorvegliati dalla polizia, e si arrivò al punto che i più "prudenti" decidevano di costruirsi delle tombe impenetrabili.
Il corpo di un uomo alto un metro e ottanta, giovane e forte, poteva essere una manna del cielo per un rianimatore. Ad esempio, di tale categoria facevano parte i pugili, i quali, quando morivano giovani, venivano sepolti fino a cinque metri di profondità, per evitare di essere ... risuscitati.
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