domenica 17 febbraio 2013

un lavoro come un altro

rianima
Dalla prima metà del diciassettesimo secolo fino al primo quarto dell'ottocento, in Inghilterra, la domanda di cadaveri, per gli studi anatomici dei medici, giocava un ruolo di non poco conto. A tal fine, da secoli, esisteva una legge che permetteva ai chirurghi di procurarsi i corpi dei giustiziati, ma il numero dei cadaveri delle persone condannate a morte era assolutamente insufficiente per le necessità dell'epoca.
Fu ad un certo punto che fece la sua apparizione, sul mercato, la categoria che prese il nome di "rianimatori", i quali non erano altro che individui senza scrupoli  che si dedicavano a dissotterrare i morti recenti per venderne i corpi alla scienza, ovviamente non per amore della stessa, ma per avidità di una cospicua quantità di denaro. A seconda della qualità del cadavere, l'importo variava, arrivando in qualche caso ad arrivare all'equivalente di parecchi mesi del salario di un lavoratore. Un corpo poco deteriorato e che serviva, quindi, a portare avanti uno studio sui muscoli e su altri organi, poteva diventare il passaporto per la ricchezza. Non c'è quindi da sorprendersi di come, all'epoca, proliferassero i "rianimatori", e di come si diffondesse questo mestiere raccapricciante in cui, ovviamente, si poteva arrivare anche al punto di "fabbricarlo", il cadavere, anziché scavarlo. Per questo motivo, avvenne che i cimiteri furono trasformati in luoghi molto sorvegliati dalla polizia, e si arrivò al punto che i più "prudenti" decidevano di costruirsi delle tombe impenetrabili.
Il corpo di un uomo alto un metro e ottanta, giovane e forte, poteva essere una manna del cielo per un rianimatore. Ad esempio, di tale categoria facevano parte i pugili, i quali, quando morivano giovani, venivano sepolti fino a cinque metri di profondità, per evitare di essere ... risuscitati.

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