venerdì 12 gennaio 2018

Piazzate

Copertina libro-Sicilia-in-Piazza_def

Dopo 156 giorni di riprese, 7.000 Km percorsi attraversando la Sicilia da Est a Ovest e da Nord a Sud, 256 mail spedite alle amministrazioni comunali per chiedere di liberare le piazze da autoveicoli e attrezzature di ristorazione che ne sconvolgono la fisionomia, Armando Rotoletti, affermato fotografo di reportage e ritrattista di origine messinese, ci presenta in questo volume 82 piazze siciliane come non le abbiamo mai viste. Le sue piazze sono vuote, e aspettano le persone, invitano a fantasticare, sgomentano, ammaliano, annichiliscono, sorprendono. Di questo libro scrive lo storico dell'arte Salvatore Settis: «In Sicilia la piazza è scenografia che non risponde a nessun copione, se non a quello della vita pulsante di quella città. La piazza è in Sicilia (anzi in Italia) la creazione più originale di un'idea di città che ne fa non solo la tana o il nido, ma il tempio degli umani, il teatro della vita politica e sociale. Perciò l'impresa siciliana di Rotoletti ha qualcosa di eroico (per le difficoltà certo incontrate di fotografare le piazze senza i mille ammennicoli che le invadono), ma soprattutto è innervata di bellezza e di speranza.»

( dal risvolto di copertina di: Sicilia in piazza-Striking piazzas of Sicily, di Armando Rotoletti e‎ Salvatore Settis )

copertina sicilia - leonforte

La Sicilia fa piazza pulita
- di Salvatore Settis -

Piazze di Sicilia, piazze d’Italia. Spazi talora di miracolosa bellezza, intrisi di memoria storica, di creatività e di vita civile. Chiese, palazzi, statue, fontane, strade che si diramano come arterie da un cuore: la piazza italiana nasce, si trasfigura e si offre allo sguardo intrecciando la propria forma e la propria vicenda, come una sorella gemella, con le forme e le vicende del teatro. In Sicilia, e le foto di Armando Rotoletti lo dimostrano con naturale, disarmante eloquenza, la piazza è scenografia che non risponde a nessun copione, se non a quello della vita pulsante di quella città. Perciò, se guardiamo una piazza, nello stesso istante ci germoglia dentro, senza saperlo e senza volerlo, l’immagine mentale della città intera. Quello che, con parola un po’ goffa, si chiama talvolta l’“invaso” di una piazza è generato dalla città che lo circonda, eppure sembra che, invece, ne sia il vero centro generatore. In questa come in mille altre cose, dal cibo al cielo, la Sicilia non è solo la più grande regione d’Italia, ne è anche una sorta di sintesi al superlativo. Valeva proprio la pena che Rotoletti, Dio solo sa con quali sforzi e quanta pazienza, riuscisse a svuotare queste piazze per rappresentarle nella loro forma più pura: si vede così con piana evidenza che la piazza è in Sicilia (anzi in Italia) la creazione più originale di un’idea di città che ne fa non solo la tana o il nido, ma il tempio degli umani, il teatro della vita politica e sociale.

siracusa

La piazza è l’erede più nobile e più consapevole dell’agorà greca e del foro romano. È luogo di discussione e d’incontro, di commercio e di scontro politico, di festa e di lutto. Teatro di feste e rituali collettivi, si presta alle manifestazioni civiche, accoglie cerimonie religiose, si trasforma talora in mercato, si circonda di spazi deputati all’incontro e alla conversazione. In un suo saggio di grande profondità e concisione, George Steiner individua l’essenza della sua idea di Europa nei caffè come «luogo degli appuntamenti e delle cospirazioni, del dibattito intellettuale e del pettegolezzo». Tale è in primo luogo la piazza, che genera intorno a sé una cartografia “camminata”, dove «il paesaggio è modellato e umanizzato da chi vi cammina», e che al tempo stesso vale come luogo di memoria, dominato dalla sovranità del ricordo, come risulta dal suo nome e da quelli delle strade che vi sboccano, spesso intitolate a personaggi storici.

dal libro Sicilia in Piazza di Armando Rotoletti from the book Striking Piazzas of Sicily by Armando Rotoletti

Eppure le nostre piazze, in un declino di coscienza e di conoscenza che affligge il nostro tempo, sono sempre più spesso viste come “invasi” vuoti, spazi da riempire, e perciò primariamente destinati a parcheggio. Lo stiamo dimenticando, ma anche piazza Navona a Roma o piazza del Duomo a Milano erano invase dalle auto fino a non tantissimi anni fa (se ne trovano ancora tristi fotografie); né mancò chi protestasse contro la loro pedonalizzazione. Negli ultimi anni si è sempre più diffusa l’abitudine di usare le nostre piazze come location per spettacoli e festival di solito estivi: e tanto si dà per scontato che la piazza di per sé “non serve”, e va riempita con qualcos’altro, che ben pochi balbettano qualche giustificazione o scusa. E i pochi che lo fanno si aggrappano all’uso storico della piazza per il mercato o per la festa: senza riflettere che tale uso era e resta (dove c’è) per sua natura intermittente, e lascia per la maggior parte dell’anno la piazza, tutta o quasi, libera perché venga esibita, vista, goduta per quel che è: vetrina della città e della storia, grembo per la conversazione e la crescita civile, promessa di futuro. La piazza del Campo a Siena accoglie il Palio, ma a nessuno verrebbe in mente di farvelo dieci volte al giorno per due mesi di fila: ma è proprio questo che accade, quando una piazza storica viene degradata a location e usata per mesi a farvi spettacoli, film, sfilate, manifestazioni sportive.

dal libro Sicilia in Piazza di Armando Rotoletti from the book Striking Piazzas of Sicily by Armando Rotoletti

Deturpate da invadenti strutture “provvisorie”, che però durano settimane o mesi, le piazze nascondono la loro bellezza e la loro diversità, diventano tutte uguali, accolgono gli stessi concerti dalle Alpi alla Sicilia, perdono forza e carattere, si svendono per trenta denari. Ma una piazza storica che venga intesa solo come location è già morta. L’idea stessa di location implica che la piazza di per sé non è nulla, non ha una funzione sua propria, a meno che non la si riempia di qualcos’altro, non importa se tornei sportivi, concerti rock, dibattiti culturali o cantanti d’opera. Nessuno fa i conti di quel che si perde: il turista che in quella piazza entra una volta sola nella vita, e avrebbe il diritto di vederla, ma ne è privato perché le architetture sono nascoste dall’attrezzeria dell’evento di turno; il degrado dell’immagine civica che ne consegue; il progressivo logoramento della stessa idea di città. La piazza fu infatti per secoli il supremo spazio sociale che crea e consolida l’identità civica e la memoria culturale, perché lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni vi accade grazie al luogo e non grazie al prezzo. Rischia ora di diventare, al contrario, un non-luogo (una non-piazza), dove solo il prezzo conta, e la bellezza è solo uno specchietto per le allodole, si mostra e si nasconde.

dal libro Sicilia in Piazza di armando Rotoletti dallbro Sicilia in Piazza di Armando Rotoletti

Perciò l’impresa siciliana di Rotoletti ha qualcosa di eroico (per le difficoltà certo incontrate di fotografare le piazze senza i mille ammennicoli che le invadono), ma soprattutto è innervata di bellezza e di speranza. Come racconta meglio la sua storia il tempio di Atena diventato cattedrale di Siracusa, se visto da quell’angolo, a piazza vuota! E quali segrete fraternità sbocciano sulla pagina, fra la piazza di Santa Maria Maggiore a Ispica e il mercato del pesce a Trapani! Per non citare Palermo o Catania: Acireale, Noto, Caltanissetta, Granmichele ci si offrono allo sguardo, dalle loro piazze vuote, con una densità di impressioni che impone l’intensità dello sguardo. Ragusa, Enna e Nicosia vestono le loro piazze con le folle e i riti della festa; Rosolini, Sortino e Palazzo Adriano si mostrano nude come forse solo all’alba; altre piazze dispiegano residui di un tempio pagano (Siracusa) o di una chiesa cristiana (Salemi); altre ancora rendono omaggio al mare che le accompagna (Marzamemi), o serbano memoria di terremoti (Gibellina). Quasi non le riconosciamo, le piazze che pure avevamo visto travolte da rumori e odori; quasi ci appaiono, le foto di questo libro, un’astratta galleria di vedute impossibili. Eppure il dono che Armando Rotoletti ci fa in queste pagine non è solo una sequenza di bellissime immagini su cui soffermare lo sguardo. È molto di più: un invito a guardare le nostre piazze per (ri)pensare le nostre città. A percorrere la Sicilia per (ri)pensare l’Italia.iazze di Sicilia, piazze d’Italia. Spazi talora di miracolosa bellezza, intrisi di memoria storica, di creatività e di vita civile. Chiese, palazzi, statue, fontane, strade che si diramano come arterie da un cuore: la piazza italiana nasce, si trasfigura e si offre allo sguardo intrecciando la propria forma e la propria vicenda, come una sorella gemella, con le forme e le vicende del teatro. In Sicilia, e le foto di Armando Rotoletti lo dimostrano con naturale, disarmante eloquenza, la piazza è scenografia che non risponde a nessun copione, se non a quello della vita pulsante di quella città. Perciò, se guardiamo una piazza, nello stesso istante ci germoglia dentro, senza saperlo e senza volerlo, l’immagine mentale della città intera. Quello che, con parola un po’ goffa, si chiama talvolta l’“invaso” di una piazza è generato dalla città che lo circonda, eppure sembra che, invece, ne sia il vero centro generatore. In questa come in mille altre cose, dal cibo al cielo, la Sicilia non è solo la più grande regione d’Italia, ne è anche una sorta di sintesi al superlativo. Valeva proprio la pena che Rotoletti, Dio solo sa con quali sforzi e quanta pazienza, riuscisse a svuotare queste piazze per rappresentarle nella loro forma più pura: si vede così con piana evidenza che la piazza è in Sicilia (anzi in Italia) la creazione più originale di un’idea di città che ne fa non solo la tana o il nido, ma il tempio degli umani, il teatro della vita politica e sociale.

dal libro Sicilia in Piazza di Armando Rotoletti from the book Striking Piazzas of Sicily by Armando Rotoletti

La piazza è l’erede più nobile e più consapevole dell’agorà greca e del foro romano. È luogo di discussione e d’incontro, di commercio e di scontro politico, di festa e di lutto. Teatro di feste e rituali collettivi, si presta alle manifestazioni civiche, accoglie cerimonie religiose, si trasforma talora in mercato, si circonda di spazi deputati all’incontro e alla conversazione. In un suo saggio di grande profondità e concisione, George Steiner individua l’essenza della sua idea di Europa nei caffè come «luogo degli appuntamenti e delle cospirazioni, del dibattito intellettuale e del pettegolezzo». Tale è in primo luogo la piazza, che genera intorno a sé una cartografia “camminata”, dove «il paesaggio è modellato e umanizzato da chi vi cammina», e che al tempo stesso vale come luogo di memoria, dominato dalla sovranità del ricordo, come risulta dal suo nome e da quelli delle strade che vi sboccano, spesso intitolate a personaggi storici.
Eppure le nostre piazze, in un declino di coscienza e di conoscenza che affligge il nostro tempo, sono sempre più spesso viste come “invasi” vuoti, spazi da riempire, e perciò primariamente destinati a parcheggio. Lo stiamo dimenticando, ma anche piazza Navona a Roma o piazza del Duomo a Milano erano invase dalle auto fino a non tantissimi anni fa (se ne trovano ancora tristi fotografie); né mancò chi protestasse contro la loro pedonalizzazione. Negli ultimi anni si è sempre più diffusa l’abitudine di usare le nostre piazze come location per spettacoli e festival di solito estivi: e tanto si dà per scontato che la piazza di per sé “non serve”, e va riempita con qualcos’altro, che ben pochi balbettano qualche giustificazione o scusa. E i pochi che lo fanno si aggrappano all’uso storico della piazza per il mercato o per la festa: senza riflettere che tale uso era e resta (dove c’è) per sua natura intermittente, e lascia per la maggior parte dell’anno la piazza, tutta o quasi, libera perché venga esibita, vista, goduta per quel che è: vetrina della città e della storia, grembo per la conversazione e la crescita civile, promessa di futuro. La piazza del Campo a Siena accoglie il Palio, ma a nessuno verrebbe in mente di farvelo dieci volte al giorno per due mesi di fila: ma è proprio questo che accade, quando una piazza storica viene degradata a location e usata per mesi a farvi spettacoli, film, sfilate, manifestazioni sportive.

dal libro Sicilia in Piazza di Armando Rotoletti from the book Striking Piazzas of Sicily by Armando Rotoletti

Deturpate da invadenti strutture “provvisorie”, che però durano settimane o mesi, le piazze nascondono la loro bellezza e la loro diversità, diventano tutte uguali, accolgono gli stessi concerti dalle Alpi alla Sicilia, perdono forza e carattere, si svendono per trenta denari. Ma una piazza storica che venga intesa solo come location è già morta. L’idea stessa di location implica che la piazza di per sé non è nulla, non ha una funzione sua propria, a meno che non la si riempia di qualcos’altro, non importa se tornei sportivi, concerti rock, dibattiti culturali o cantanti d’opera. Nessuno fa i conti di quel che si perde: il turista che in quella piazza entra una volta sola nella vita, e avrebbe il diritto di vederla, ma ne è privato perché le architetture sono nascoste dall’attrezzeria dell’evento di turno; il degrado dell’immagine civica che ne consegue; il progressivo logoramento della stessa idea di città. La piazza fu infatti per secoli il supremo spazio sociale che crea e consolida l’identità civica e la memoria culturale, perché lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni vi accade grazie al luogo e non grazie al prezzo. Rischia ora di diventare, al contrario, un non-luogo (una non-piazza), dove solo il prezzo conta, e la bellezza è solo uno specchietto per le allodole, si mostra e si nasconde.
Perciò l’impresa siciliana di Rotoletti ha qualcosa di eroico (per le difficoltà certo incontrate di fotografare le piazze senza i mille ammennicoli che le invadono), ma soprattutto è innervata di bellezza e di speranza. Come racconta meglio la sua storia il tempio di Atena diventato cattedrale di Siracusa, se visto da quell’angolo, a piazza vuota! E quali segrete fraternità sbocciano sulla pagina, fra la piazza di Santa Maria Maggiore a Ispica e il mercato del pesce a Trapani! Per non citare Palermo o Catania: Acireale, Noto, Caltanissetta, Grammichele ci si offrono allo sguardo, dalle loro piazze vuote, con una densità di impressioni che impone l’intensità dello sguardo. Ragusa, Enna e Nicosia vestono le loro piazze con le folle e i riti della festa; Rosolini, Sortino e Palazzo Adriano si mostrano nude come forse solo all’alba; altre piazze dispiegano residui di un tempio pagano (Siracusa) o di una chiesa cristiana (Salemi); altre ancora rendono omaggio al mare che le accompagna (Marzamemi), o serbano memoria di terremoti (Gibellina). Quasi non le riconosciamo, le piazze che pure avevamo visto travolte da rumori e odori; quasi ci appaiono, le foto di questo libro, un’astratta galleria di vedute impossibili. Eppure il dono che Armando Rotoletti ci fa in queste pagine non è solo una sequenza di bellissime immagini su cui soffermare lo sguardo. È molto di più: un invito a guardare le nostre piazze per (ri)pensare le nostre città. A percorrere la Sicilia per (ri)pensare l’Italia.

- Salvatore Settis - Pubblicato su Il Sole del 1°/1/2018 -

dal libro Sicilia in Piazza di Armando Rotoletti

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