Nel frammento N° 106 del suo libro "Della certezza", Wittgenstein riporta il breve racconto di un bambino che sente un adulto dire di essere stato sulla Luna. Nel pezzo, il punto centrale è che Wittgenstein deve convincere il bambino circa il fatto che andare sulla luna sarebbe impossibile: è troppo lontana, raggiungerla in aereo non è possibile, e così via. Tutto il nostro sistema fisico ci impedisce di credere questo, scrive Wittgenstein, convinto che andare sulla luna sia invece possibile! E così ne comincia a elencare le impossibilità: la forza di gravità, la mancanza di atmosfera.
"Della certezza" è stato l'ultimo sforzo filosofico di Wittgenstein. Le note del libro iniziano nel 1949, e arrivano fino al 1951, anno della sua morte. Parte degli appunti, li scrisse tra l'aprile del 1950 e il febbraio del 1951, quando viveva a Oxford nella casa della sua allieva e futura editrice Gertrude Anscombe (che, dopo la morte del filosofo, sarebbe stata una delle responsabili della pubblicazione del libro). L'ultima annotazione scritta da Wittgenstein risale al 27 aprile 1951 (aveva compiuto gli anni il giorno prima, il 26 aprile, 62 anni). Morì due giorni dopo, a casa del suo medico, Edward Bevan (fu alla moglie, Joan, che Wittgenstein consegnò le sue ultime parole: «Dite loro che ho avuto una vita meravigliosa»).
Wittgenstein, che amava così tanto andare al cinema (sedendosi in prima fila, come riporta il suo biografo Ray Monk), potrebbe aver visto il "Viaggio sulla Luna" di Méliès. Così come, un altro aspetto interessante di quello che avrebbe potuto essere il rapporto di Wittgenstein con un (possibile, impossibile?) viaggio sulla Luna, è rappresentato dalla sua formazione di ingegnere: egli arriva alla Victoria University di Manchester nel 1908 con l'intenzione di studiare, tra le altre cose, Aeronautica. In un certo senso, quando in "Della Certezza" racconta la favola del bambino, non sta commentando solo ed esclusivamente dalla sua posizione del filosofo, ma anche – sia pure indirettamente – a partire dalla posizione dell'ingegnere (e si tratta, per lui, anche di un'impossibilità meccanica: come fare a volare lì, quale tipo di propulsione sarebbe necessaria, ecc.).
«106. Un adulto ha raccontato a un bambino di essere stato sulla Luna: il bambino lo racconta a me, e io dico che era soltanto uno scherzo, che quel tizio non è mai stato sulla Luna; che nessuno è mai stato sulla Luna; la Luna è molto, molto lontana da noi, e non ci si può arrampicare o volare fin là. – Se ora però il bambino insiste: che forse un modo per poter arrivare sulla Luna c’è, e che magari io non lo conosco, ecc., – che cosa potrei obiettargli? Che cosa potrei obiettare agli adulti di una tribú che credessero che qualche volta gli uomini vadano sulla Luna (forse interpretano cosí i loro sogni) e che tuttavia ammettessero che con i mezzi attuali non è possibile arrampicarsi sulla Luna o volarci su? – Di solito, però, a una credenza di questo genere un bambino non starà aggrappato e ben presto sarà convinto da quello che gli diciamo in tutta serietà.»
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