sabato 12 settembre 2020

Se passi da quelle parti …


ZOCCOLI LORENESI
- di Stefano Borselli -

Senza Lorena.
Ho raccolto questi appunti come omaggio alla Lorena (patria mancata che ora, come regione, non esiste più) e alle sue bellezze, che conservo nella sede dei ricordi. Le due canzoni, (vanno prima ascoltate [ qui, En passant par la Lorraine; e qui, Les sabots d’Hélène. ]) sono qui occasione di una lezioncina che speriamo non annoi. I lettori perdoneranno perché si tratta di un gioco.

Le disavventure della merce.
Un noto passo dei Grundrisse descrive la momentanea svalorizzazione che càpita alla merce quando, già perfetta, cioè finita, pronta, sta per essere presentata al mercato. In quel momento il valore che racchiude è come annullato, perché per varie ragioni la sua vendita potrebbe avvenire in rimessa o addirittura non avvenire. Orbene, En passant par la Lorraine intanto ci parla proprio di quello: racconta una disputa sul valore della bella zoccolante. I tre capitani, brutalmente, la svalorizzano con la formula: vilaine (contadina) dunque vilaine (brutta). Ma, fornendoci materiale per un approfondimento dei rudimenti marxiani, la ragazza tira fuori l’equivalente generale della giustizia, il re. Il figlio del re ne è innamorato, certificando così che lei non è per niente vilaine, ma vale e vale molto. Ora, attenzione, è il re che l’ama, non viceversa. La bella lorenese non parla di affetti ma di opportunità: si stratta di puro calcolo. Si prenderà la pena, la fatica di  piantare il bouquet che il principe le ha donato e se l’ordalia avrà successo (la maggiorana può riprodursi per talea) sarà regina. Altrimenti l’investimento (la pena) andrà perduto.

Le lacrime d’Hélène.
Georges Brassens, da par suo, ritorna sulla vicenda conservandone tutte le parole chiave: Sabots, Vilaine, Peine, Roi-Reine, ma con importanti modifiche. La bella perde la certezza dell’origine geografica (la Lorena non è menzionata, forse si dà per saputa), ma acquista concretezza, piedi, gambe, cuore, e un nome: Hélène. Il tema della svalorizzazione dei tre capitani permane ma l’umanissima ragazza ora è capace di piangere, eccome. Sebbene quel secchio di lacrime non vada confuso con la brocca (langella) di Fenesta vascia, ricolma di «lacreme d’ammore»: quelle di Hélène sono lacrime di disappunto da svalorizzazione. Brassens ha compiuto tuttavia un passo decisivo abolendo il re e facendo assegnare individualmente il valore alle cose. È aperto un percorso che può condurre fino alla perdita dell’idea stessa di valore. E il valore non è una cosa, è un’idea…
Rimane un punto sospeso: ma la bella Hélène sarà poi davvero fuori dalla logica del calcolo e capace di affetto? Qui si resta perplessi perché Brassens ci informa che quello di Hélène è «l’amour d’une reine» (e riecco l’equivalente generale: la regina lo è della bellezza). Ma soprattutto Brassens, che ha cantato Villon, non poteva non avere presente che le regine, le dames du temps jadis, (e pure la bella «padrona crudele» del postulante di Fenesta vascia) sono sans merci, anaffettive, algide come les neiges d’antan.

Je les ai gardés.
Non si rende giustizia a Brassens però se non si sottolinea la parola chiave che aggiunge: Garder, tener per sé, tener di conto, conservare, proteggere. Per opposizione salta alla mente Pongo Twistlelon in Uncle Dynamite, una delle vette wodehousiane, che alla vista del sorriso di Sally (che «ti lampeggiava come le luci di una taverna di paese scorte attraverso la nebbia e l'oscurità alla fine di una marcia di dieci miglia e ti trasportava in un mondo di intimità, gioia e risate») si trova a provare «una momentanea fitta di nostalgia, un rapido spasimo di quell'autorimprovero che arriva a un uomo consapevole di essersi imbattuto in una cosa buona e di aver omesso di portarla avanti».

- Stefano BorselliFirenze, 10 settembre 2020 -

I testi.

(K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica [Grundrisse], III, Il Capitale. Seconda Sezione, (1) Il processo di circolazione del Capitale).
La svalutazione di cui qui si tratta è quella che riguarda il capitale che dalla forma di denaro è passato a quella di una merce, di un prodotto che ha un determinato prezzo che deve essere realizzato. In quanto denaro, esso esisteva come valore. Ora esso esiste come prodotto, e solo idealmente come prezzo; ma non come valore in quanto tale. [...] Ora il capitalista non entra più nel processo di circolazione in veste di soggetto dello scambio, ma di produttore di fronte agli altri soggetti dello scambio che hanno la veste di consumatori. Costoro debbono scambiare denaro per ricevere la sua merce che serve al loro consumo, mentre egli scambia il suo prodotto per ricevere il loro denaro. Se per ipotesi questo processo non si compie — e la possibilità che non si compia è data in ciascun singolo caso semplicemente dalla loro separazione —, ecco che il denaro del capitalista si è trasformato in un prodotto privo di valore, e non solo non ha acquistato nessun valore nuovo, ma ha anche perduto quello originario. Che ciò accada oppure no, la svalutazione costituisce in ogni caso un momento del processo di valorizzazione; il che è già implicito nel semplice fatto che il prodotto del processo nella sua forma immediata non è un valore, ma deve previamente rientrare in circolazione per essere realizzato in quanto tale. Se è vero dunque che attraverso il processo di produzione il capitale è riprodotto come valore e come nuovo valore, è al tempo stesso vero che esso è posto come non-valore, come qualcosa che deve essere previamente valorizzato attraverso lo scambio.

(Jacques Camatte, Glossario, vedi Il Covile n° 480, novembre 2018).
Equivalente generale. È il risultato di un fenomeno di esclusione di un elemento da un insieme, elemento che, da allora in poi, potrà rappresentare qualsiasi elemento dell’insieme stesso. K. Marx ha messo in evidenza ciò per quanto riguarda il denaro (valore), ma è valido per tutti i valori. L’esclusione è accompagnata da un’elezione. In altre parole, ciò che viene escluso diventa eletto, elevato al grado di unità superiore che fonda e rappresenta. I concetti sono in generale degli equivalenti generali. Così l’Uomo è un equivalente generale. Esso presuppone l’ esclusione di un dato tipo di uomo — quello determinato dal sorgere del modo di produzione capitalistico — che tenderà a rappresentare tutti i tipi di uomini possibili (esistiti e che esistono ancora). Ciò appare nettamente quando si tratta di diritti dell’Uomo.

(Ibidem)
Valore. «È il fenomeno della rappresentazione del discontinuo che opera nella comunità che si disintegra; il che pone la necessità di una quantificazione che renda idonea la rappresentazione del posizionamento dei suoi membri al suo interno».
1 «Il valore è un operatore dell’attività umano-femminina, a partire dal momento in cui c’è scissione con la comunità. È un concetto che include misura, quantificazione, giudizio di esistenza. Esso si purifica nel corso della sua autonomizzazione, vale a dire che si distacca dalle rappresentazioni mitiche e si carica di nuove determinazioni a seguito della sua operatività in vari ambiti — al di fuori di quello strettamente economico da cui è sorto nella sua determinazione che lo rese operativo — che possono conoscere dei divenire più o meno divergenti».
2 Ogni valore è un equivalente generale, che sia il valore economico, la giustizia, l'onore, l'amore, la bontà, ecc…

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