Non voglio né un posto di lavoro né una famiglia
- Intervista a Roswitha Scholz, della rivista Konkret - Luglio 2020 -
Konkret: Una crisi come quella del coronavirus, aggrava le disuguaglianza sociali in generale. In che misura colpisce le donne?
Scholz: La questione centrale riguarda il fatto che, ad esempio, con la chiusura degli asili nido e delle scuole materne, si è dovuto occuparsi dei bambini e svolgere le attività domestiche, oltre al lavoro che è stato svolto a domicilio, come il tele-lavoro. Ho anche letto che le donne, nella loro maggioranza di dipendenti part-time, hanno abbandonato le attività lavorative professionali. Fino al 25%.
Konkret: Ciò significa che durante la pandemia si è avuto una quantità assai maggiore di lavoro non retribuito, e che gran parte di questo è stato svolto da donne.
Scholz: Tutto questo ha le sue cause nella società patriarcale capitalista, oltre che nella socializzazione tra le donne e gli uomini relativa a tale società e nella divisione globale del lavoro tra uomini e donne, la quale, a sua volta, implica un aspetto psico-sociale che non dovrebbe essere sottovalutato. Oltre che, naturalmente, nel fatto che le donne si sentono maggiormente responsabili delle attività di cura, e gli uomini per le attività relative alla sfera pubblica e alla produzione.
Konkret: Se le donne non si sentissero responsabili, il lavoro relativo alla sfera della riproduzione ricadrebbe sugli uomini, e pertanto lo farebbero anche loro?
Scholz: Quando si obietta che le donne dovrebbero dire di no, assai spesso ci si sente rispondere che «contro questo parla la struttura», vale a dire, che le donne guadagnano meno di quanto guadagnano gli uomini. Ma il fatto è che, al di là di questo, le donne hanno interiorizzato il ruolo che è stato assunto, sia fin dall'antico patriarcato, e poi dal patriarcato postmoderno o post-postmoderno.
Konkret: Detto seriamente, nella crisi del coronavirus le donne fanno quello che facevano prima, solo che lo fanno di più.
Scholz: È vero. Dal momento che, naturalmente, va detto che nel contesto del coronavirus e del confinamento, per esempio, la cura dei bambini è stata nuovamente spostata nella sfera privata. Ma questi lavori, così come le attività della cura, venivano già svolti professionalmente da donne.
Konkret: Ritiene che le professioni assistenziali siano malpagate anche perché sono per natura professioni femminili?
Scholz: Sì, si tratta di costruzioni e di attribuzioni profondamente ancorate al sistema patriarcale capitalista, che portano a collocare il lavoro produttivo o l'attività professionale nella sfera maschile, mentre le attività che si sono sviluppate nella sfera privata sono assai meno valorizzate perché si pensa: le donne sono così per natura. Ma anche le donne che lavorano nelle professioni cosiddette maschili finiscono per sentire questa dissociazione - come la chiamo io - e vengono considerate come delle virago, e soprattutto come se fossero meno competenti.
Konkret: Che cos'è la dissociazione?
Scholz: Detto in parole povere, dissociazione vuol dire che le attività di riproduzione vengono dissociate dal valore, dal lavoro astratto, e sono assegnate ad una sfera privata che viene attribuita alle donne. In un tale contesto, sorgono un dominio pubblico e un dominio privato. E tutto questo mantiene anche una dimensione psico-sociale: a partire da quella che è la loro socializzazione, le ragazze ed i ragazzi si orientano in maniera differente: gli uomini ritengono di dover prendere le distanze dalla madre e dalla femminilità, le ragazze devono identificarsi con la madre, in modo che dopo possano voler intraprendere le attività di cura. A ciò corrisponde tutto il discorso intorno alla mascolinità e alla femminilità.
Konkret: La dissociazione si riferisce ad un tipo di lavoro che non è parte della creazione di valore?
Scholz: Esattamente. Ma non si tratta del fatto che il valore domini la dissociazione. C'è una relazione dialettica: uno non può esistere senza l'altra.
Konkret: Il lavoro di riproduzione è necessario?
Scholz: Sì.
Konkret: Ed è per questo che c'è bisogno di un asino per poterlo fare.
Scholz: Per così dire.
Konkret: Tornando alla crisi del coronavirus: fino a che punto aiutano le donne le misure con cui il governo pretende di rendere più sopportabili le conseguenze della pandemia?
Scholz: Devo ammettere che non mi sono occupata di queste misure. Quel che ho notato è che l'indennità di disoccupazione per quei lavoratori con orario ridotto non interessa molte donne, questo perché raramente una donna viene pagata nel caso che svolga un lavoro a tempo parziale. E per quel che attiene al dominio della cura, alle donne vengono offerte salsicce vegane [ride]; mi riferisco ai sussidi. Non credo che il lavoro femminile dopo la pandemia venga molto valorizzato. La cosa più probabile è che, con l'aumento del debito pubblico ci sarà uno shock da svalorizzazione, e penso che dopo la cornucopia non verrà di nuovo riempito, ma arriveranno drastiche misure di risparmio. Perciò vedremo una rivoluzione completamente diversa nell'assistenza: se lo Stato non sarà in grado di continuare a finanziare le cure prestate professionalmente, allora queste torneranno ad essere delegate alla sfera privata, e ciò significa ancora più lavoro per le donne...
Konkret: ... che non verrà pagato.
Scholz: Esattamente.
Konkret: Avverrà quindi quella che Angela Merkel e Jutta Allmendinger, del Centro di Scienze Sociali di Berlino, chiamano «ri-tradizionalizzazione»?
Scholz: Come potrebbe essere possibile? Il modello della donna casalinga e dell'uomo-che-sostiene-la-famiglia, ormai è esaurito da tempo, perché è da un bel po' che l'uomo non riesce a sfamare la famiglia con il suo salario. Da tempo, la situazione nel suo insieme ha fatto sì che le donne siano responsabili di guadagnare denaro e della riproduzione. Probabilmente, la ri-tradizionalizzazione ha a che fare con quello che io chiamo inselvaggimento del patriarcato: quando le strutture e le istituzioni patriarcali, come la famiglia e il lavoro professionale, si dissolvono, gli uomini hanno ancora più bisogno di dimostrare di essere uomini, cosa che il più delle volte avviene mostrandosi violenti con le donne.
Se, con la pandemia, aumenterà la miseria economica, allora può succedere che le donne condividano ancora più attività di riproduzione e di educazione dei bambini con altre donne. Sta succedendo qualcosa di simile in quelle che sono le cosiddette favelas del Terzo Mondo. In ogni caso, rimane problematico, anche se ora il movimento delle donne sta nuovamente diffondendo solidarietà tra le donne, cosa che si adatta perfettamente alle misure di amministrazione della crisi: le donne trasformano in sistema di emancipazione tutto ciò che deriva comunque dalla situazione sociale. Si potrebbe dire, con Margareta Stokowski: le donne sono importanti per il sistema, ma il sistema è in ginocchio.
Konkret: Ma non è forse problematico anche il discorso della ri-tradizionalizzazione, nella misura in cui va avanti come se fossimo già più avanti di quanto realmente siamo?
Scholz: Da una parte - di fatto è così - stiamo procedendo come se fossimo più progrediti di quanto realmente siamo. A differenza di quello che era il discorso degli anni '90, tuttavia, ora riusciamo a vedere molto meglio che la tradizionale distribuzione dei ruoli non è stata superata. Del resto, nel movimento contro la ridefinizione degli anni '90, oggi non si vedono molte cose. Tutto il discorso femminista è diventato marxista, potremmo quasi dire marxista volgare. Ora, non viviamo più negli anni '50. Il livello di istruzione delle donne è un altro, così come le possibilità di contraccezione, le misure di razionalizzazione del lavoro domestico, ecc. Rispetto alla condivisione nel dominio della produzione e della riproduzione, semplicemente non c'è nient'altro. In questo campo il patriarcato capitalista ha continuato.
Konkret: È possibile l'uguaglianza dei diritti nel capitalismo?
Scholz: Penso di avere un problema con la sua domanda, dal momento che parte da un'uguaglianza vista in senso completamente immanente. La stessa cosa che fa Jutta Almendiger, per cui il capitalismo in questo senso non esiste. Per lei non esiste un contesto nel quale avviene la discriminazione di genere. Lei vede tutto nel contesto di una ridiscussione ridotta: le donne sono uguali agli uomini o no? Nel senso della teoria della dissociazione e del valore, il problema non si pone.
Konkret: Allora, l'uguaglianza dei diritti nel capitalismo non è possibile?
Scholz: No, non è possibile. Ed io come donna non voglio essere doppiamente socializzata. Non voglio un posto di lavoro né una famiglia. Nemmeno la professione e la carriera maschile sono un modello attraente, come non lo è la maternità.
Konkret: ... figuriamoci tutt'e due le cose insieme. Si tratta di puro stress!
Scholz: È lo stress totale. Vale a dire, qui le donne pescano una carta del tutto truccata.
Konkret: Per meglio chiarire, ancora una domanda: il «patriarcato inselvaggito» diventa visibile quando le relazioni economiche sono particolarmente difficili?
Scholz: Non ci troviamo più di fronte ad una crisi meramente congiunturale, ma ad una crisi strutturale. Il capitalismo si trova in quello che è un processo di decadimento, e queste storie, completamente populiste, che vengono raccontate dalla sinistra, suonano per me profondamente sospette, soprattutto per quello che sottende una sua svolta versi un rozzo marxismo di classe, nonostante il fatto che la classe operaia non esista più in quella sua forma. Dal momento che non ci sono quasi più operai, ecco che semplicemente si prendono altri gruppi e li si proclamano classe operaia: i senzatetto, i lavoratori stagionali, i fornitori di servizi... Qui, il concetto di classe viene travisato e rappresentato in maniera erronea per poter favorire una costruzione «contro chi sta in cima». Ed ecco che allora si dice: «Espropriare Zuckerberg», oppure quelli dei fondi speculativi [hedge funds], oppure quelli che hanno lo yacht ormeggiato a Saint-Tropez; tutte cose del genere. E nel suo insieme, la cosa naturalmente assume di nuovo un carattere antisemita: Zuckerberg, Wall Steet e la malvagia astrazione.
C'è un manifesto di Nancy Fraser, Cinzia Arruza e Tithi Bhattacharya dal titolo "Femminismo per il 99%", il quale include formulazioni del tipo: «I tentacoli del sistema finanziario stritolano tutta la struttura sociale», oppure parlano del«la pestilenza dell'astrazione quantitativa»; una cosa che mi fa inorridire. Il problema è che la socializzazione della dissociazione del valore è un processo anonimo e, quando si diffonde il panico, ecco che allora si va alla ricerca di colpevoli che possano essere additati e individuati. Succede sempre così. Solo che gli intellettuali sollevano un polverone in proposito, quando invece il loro compito dovrebbe essere quello di rendere chiaro e far capire che le cose non sono poi così semplici. E invece assumono queste assurdità e le rendono parte delle loro teorie. Ho come l'impressione che quanto più grande sia la crisi, tanto più volgare diventi.
Intervista di Friederike Gremliza, per Konkret, del Luglio 2020 -
Originale "Ich will weder Beruf noch Familie", in: revista konkret 7/2020.
fonte: Exit!
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