"Pensiero americano": Dalla barbarie teorica alla decadenza intellettuale- di Juraj Katalenac -
«L'America è l'unico paese che sia andato dalla barbarie alla decadenza senza passare per la civiltà.» (Oscar Wilde)
Vi siete accorti come, ad esempio, essere scortesi nei confronti delle persone grasse sia diventata improvvisamente una questione che riguarda la politica di sinistra, anziché una corretta educazione ed essere un essere umano decente? Vi siete mai accorti del fatto che, improvvisamente, accettare i propri disturbi mentali, anziché trattarli in maniera adeguata, ed incoraggiare gli altri a fare lo stesso, sia diventato un atto di "emancipazione politica" e do "potenziamento" dell'individuo? Vi siete accorti di come la tossica correttezza politica occidentale sia diventata la lingua obbligatoria della politica di sinistra con il suo scopo di imporre un certo modo di discussione che non esamina il contenuto? Vi siete accorti di come la classe operaia sia improvvisamente diventata solo una delle identità, di come improvvisamente tu possa diventare classe operaia solo per associazione, anziché perché hai bisogno di lavorare per un salario o perché dipendi da qualcuno che lo fa, e di come la classe operaia abbia perduto il suo ruolo come "motore del cambiamento sociale" per diventare "gente oppressa"? Ti sei mai accorto di come il problema del razzismo sia stato improvvisamente "usato" per imporre particolari identità etniche?
Insomma: ti sei mai accorto di come la politica di sinistra abbia completamente abbandonato il suo contenuto a favore di inutili forme e/o cortine fumogene e come abbia smesso di essere un'idea che mira alla creazione di un movimento di massa della classe operaia con lo scopo del cambiamento e della creazione di una società migliore, e sia diventata uno scenario sociale per persone socialmente inadeguate?
Per citare Francisco Sánchez de las Brozas, filologi ed umanista spagnolo del XVI secolo: «Latet enim veritas, sed nihil pretiosius veritate ["La verità è nascosta, ma niente è più prezioso della verità"]». [*1]
Il post-modernismo degli asiniTutti questi problemi rappresentano un trend nella politica di sinistra ed il pensiero che provenga dalla "Anglo"accademia, prevalentemente gli Stati Uniti d'America, e per questo che ho deciso di chiamare questo fenomeno "Pensiero Americano".
Che cosa intendo quando dico "pensiero americano"? Sto parlando (per lo più) di idee come l'appropriazione culturale, la politica dell'identità, l'intersezionalità, il potenziamento, le teorie della vergogna e del privilegio e le teorie americane sulla razza e sul razzismo, nelle quali la sinistra americana si mescola al marxismo, all'etno-nazionalismo "progressivo" del Terzo Mondo e la sua proiezione sul resto del mondo - soprattutto l'Europa - senza nessuna vera analisi materialista per sostenere questi pensieri. Dopo tutto, i metodi scientifici materialisti - frutto di secoli di illuminismo europeo - sono "inutili", soprattutto perché richiedono che tu fornisca argomenti, per gestire apparati teorici e sostenere le tua affermazioni con prove storiche. Lo sai, tutte queste cose fastidiose che ti impediscono di esprimere te stesso e la tua oppressione.
Nella sua comprensione del mondo, il pensiero americano non è nemmeno originale. Essenzialmente si tratta della volgare teoria francese della sinistra post-1968, il cosiddetto postmodernismo, tutto strappato in tanti piccoli pezzetti e poi rimesso insieme in un linguaggio semplificato adatto per i campus americani. È la "poesia teorica" francese spogliata del suo fascino e del suo romanticismo, in un'isteria senza fine di insalate di pare senza senso.
Le radici di tutto questo possono essere trovate nell'agenda del neoliberismo di società che si dissolvono in individui e merci. Certo, il neoliberismo non dissolve la classe dentro la produzione o la divisione sociale del lavoro, ma dissolve il potenziale politico della classe operaia per mezzo dell'individualizzazione delle masse. È per questo che la sinistra oggi, nella sua incapacità a far fronte alla completa distruzione della controparte storica nel corso del XX secolo, ha deciso di rivolgersi all'ideologia e alle strategie dell'estrema destra, con la sua enfasi sull'individuo, la sua identità, il romanticismo etnico e la difesa della cultura, e ha sostituito la classe con tutto questo. L'interesse di classe della classe operaia non è quello che guida la politica di sinistra odierna dal momento che la classe operaia viene vista soprattutto come una delle identità "perdenti".
È estremamente importante anche notare come il "pensiero americano" tragga vantaggio dalla supremazia planetaria degli Stati Uniti. L'imperialismo americano lo aiuta a diffondersi - per lo più attraverso le reti sociali, la cultura popolare, ed i media "indipendenti" - imponendosi, proprio come fanno gli USA, comportandosi come la sharia di questo piccolo scenario sociopolitico a livello internazionale. In breve: Il mondo esiste solo se lo guardi attraverso gli occhi della sinistra americana.
Le reti sociali sono fondamentali per la diffusione del "pensiero americano" non solo perché promuovo un'espressione semplificata, ma anche esse sono un linguaggio semplificativo che si adatta a questa narrativa di semplificazione teorica e di impoverimento. Inoltre, le reti sociali consentono ad alcuni accademici, che nelle loro vite non hanno pubblicato niente di originale o di importante e che non possono nemmeno utilizzare la base delle loro discipline accademiche, di guadagnare attenzione e seguito solamente dicendo delle "cose scioccanti" su Internet. Sto parlando di casi come quello del twitter di
George Ciccariello-Maher sul "genocidio bianco" sulla bravata di Michael Rectenwald per ottenere un impiego permanente alla New York University. Il bisogno narcisista di un'attenzione costante è certamente una delle missioni più importanti del "pensiero americano", ma a differenza dell'accademia del passato non è in grado di soddisfare a quello che è il suo scopo sociale fondamentale: educare e sviluppare teoria.
Anche se uno potrebbe notare che si stanno ancora sviluppando teorie che servono l'agenda della classe dirigente nell'attuale epoca capitalista con i loro discorsi identitari e individualisti. Inoltre, questo narcisismo è presente anche negli ambienti degli attivisti. Alcuni dei peggiori esempi sono stati i vari "pensatori" intorno al recente assassinio di Heather Heyer, a Charlotsville.
Del fenomeno della sinistra sulle reti sociali se ne parla, fra le altre cose, in nuovo interessante libro di Angela Nagle, dal titolo "Kill All Normies: Online Culture Wars From 4Chan and Tumblr to Trump and the Alt-Right"(2017). La Nagle stessa, mentre critica sia la sinistra che la destra ed il loro approccio alle reti sociali, è stata vittima di una campagna di diffamazione che ha prodotto numerosi articoli che non hanno contestato un solo punto delle sue affermazioni ma che cercavano solo di screditarla. La cosa ci mostra in che modo il "pensiero americano" tratta chi lo critica.
Di solito quando qualcuno critica le idee che compongono il "pensiero americano" - specialmente il mischiare l'identità politica con il marxismo - lui o lei viene marchiata con un "phobe" (abbreviazione per "fobico"). Nel mondo ottuso, ed in bianco e nero, della politica di sinistra, il giudizio critico è inutile e pericoloso. Ci sono solo "buoni" ragazzi e "cattivi" ragazzi. Fondamentalmente "Phobe" è politichese per dire "fascista" - il male ed il nemico finale, o solo qualcuno che non è d'accordo con te. Per essere un "buono" bisogna vincere le "Olimpiadi dell'oppressione", che fondamentalmente sono un rituale di accettazione, progettato dagli americani di sinistra, in cui uno deve collezionare tutte le identità possibili che possano nascondere il fatto che la maggior parte di loro appartiene alla popolazione bianca degli Stati Uniti che ha avuto un'educazione universitaria - le persone più privilegiate del mondo.
Tuttavia, se queste idee rimanessero rinchiuse nei campus delle università americane, nessuno se ne sarebbe preoccupato. Ma non è il caso che un simile approccio si diffonda per tutto il mondo.
Come ha detto scherzando uno dei miei amici irlandesi: «L'idiozia degli studenti universitari sinistroidi, si può spiegare facilmente portando come esempio Judith Butler, in quanto lei considera un saggio accademico come se fosse una violenza e allo stesso tempo ritiene che Hamas ed Hezbollah siano parte della sinistra. »
In quel che rimane di questo testo discuterò il perché gli elementi particolari del "pensiero americano" non hanno niente in comune col marxismo. Ma prima devo fare una dichiarazione.
In primo luogo, nonostante si definisca questo fenomeno a partire dal paese della sua origine, è importante sottolineare che lo scopo di questo testo non è in alcun modo quello di promuovere una qualsiasi forma di pensiero nazionalista, come ad esempio l'antiamericanismo. L'antiamericanismo è qualcosa che è popolare presso la destra e la sinistra dei paesi post-socialisti, esso si lega alle teorie cospirazioniste, all'antisemitismo, e ad altre forme di sciovinismo e di solito rappresenta un particolare nazionalismo travestito. Inoltre, è popolare fra gli antiimperialisti di sinistra di tutto il mondo in quanto esso rappresenta, come dice Postone, "l'antiimperialismo degli sciocchi", poiché il loro concetto di emancipazione anticapitalista non è costruire una "comunità umana" (Marx), ma sradicare il "male globale" - gli USA [*2]. In secondo luogo, non penso che questo fenomeno rappresenti la sinistra nel mondo "Anglo" nel suo insieme.
Ci sono molti compagni che partecipano alla lotta di classe, sia organizzando che partecipando, ma purtroppo nessuno ha bisogno di connettersi con loro per avere informazioni ed approfondimenti circa il loro lavoro, i loro successi e i loro fallimenti, le loro esperienze e il loro esempio dal momento che tutto è come soffocato dalla narrazione del "pensiero americano"
Bianchezza, razzismo e popoli oppressiOggi è quasi impossibile trovare qualcuno impegnato in discussioni con la sinistra occidentale che non abbia dovuto confrontarsi con le idee di "privilegio bianco" o di "bianchezza". In questo particolare idioma, il concetto di bianchezza diventa una "categoria sociologica" separata. La gente a volte dimentica come sia la razza, similmente alla classe, un problema politico ed economico - ossia, un problema di accesso alle risorse e ai servizi sociali, ed un problema di segregazione e di violenza nel processo politico. La razza viene sempre usata per escludere alcuni gruppi etnici sulla base del loro background ancestrale.
L'approccio alla razza e alla cultura, da parte del pensiero americano, rivela anche la sua povertà di comprensione del ruolo storico, dei limiti e dei concetti fondamentali del liberalismo classico; così come viene espressa l'individualità nel saggio "Sulla Libertà" (1859) di John Stuart Mill. L'approccio del pensiero americano esprime un costante bisogno di aderire alle proprie identità etniche e ad imporle aggressivamente agli altri. Ciò si trova radicato nella loro costante paura di non avere un'identità e nel loro rifiuto ad accettare semplicemente il fatto che sono solo americani.
Per di più, sembra che oggi l'antirazzismo sia diventato l'imposizione delle differenze razziali ed etniche come risposta al fallimento del "daltonico" antirazzismo liberale. Ho detto etnico perché, per esempio, il concetto di bianchezza non è radicato in quel che conosciamo come "divisione razziale classica", dal momento che essa esclude numerosi gruppi etnici che in base all'eredità politica del XIX e del XX secolo vengono solitamente considerati come caucasici. Certo, ancora una volta, esclusivamente da una prospettiva americana. La quale solitamente afferma che alcuni gruppi caucasici sono non bianchi in "senso sociologico" e come, di conseguenza, tutti i non-bianchi vengono considerati come "popoli oppressi". Chi attualmente sia bianco, e chi non lo sia, è una domanda rispetto alla quale chi sono un bel po' di risposte diverse fra loro. Molti autoproclamatisi marxisti, mentre cercano una via per uscirne, stanno sprofondando sempre più nel pozzo nero della ciarlataneria della "scienza razziale".
Se andiamo ancora un po' di più in profondità e collochiamo questi concetti nella realtà del discorso politico ed economico che è stato presente negli ultimi decenni, ossia quello comunemente detto "neoliberismo", acquisiamo qualche interessante intuizione. Uno dei risultati più importanti delle politiche neoliberiste è stata la distruzione totale dello "ambito pubblico", insieme all'idea stessa del pubblico e del sociale. Con il processo di transizione , le società ex socialiste, come la Croazia, in cui vivo, sono state colpite da questo cambiamento del discorso più di quanto sia avvenuto con le società occidentali. E nella sfera politica, questo discorso non ha solamente abolito il pubblico ed il sociale, ma ha proclamato ciò che è personale come l'unica forma di politica. Cosa che nella sua essenza, insieme alla dissoluzione della società negli individui, ci porta ad una situazione in cui leggere attentamente l'identità e la cultura razziale ed etnica di qualcuno viene considerato progressista.
Vorrei di nuovo sottolineare la natura imperialista del "pensiero americano", vale a dire, in questo particolare caso, guardare il resto del mondo attraverso "occhi americani" e copiaincollare su ogni altra società le dinamiche razziali americane. Ad esempio, l'Europa è un continente estremamente complesso con una storia di interazioni estremamente lunga, fatta di conquiste, guerre mondiali, guerra fredda, conflitti, pogrom e rancori. È impossibile considerarla come una totalità nella misura in cui si divide nei suoi propri segmenti in base a questi precedenti conflitti ed interazioni. Cercare di incorporare la bianchezza in Europa è francamente una cosa piuttosto idiota, dal momento che la maggior parte delle persone in Europa sono caucasici e tuttavia nel corso della storia molti di loro sono stati schiavizzati [*3], ghettizzati, sterminati e riallocati. Pertanto, è impossibile utilizzare un'idea americana del razzismo in Europa, dal momento che ci sono molte parti dell'Europa, come i paesi della ex Jugoslavia, dove il razzismo semplicemente non svolge alcun ruolo significativo dal momento che ci sono altri conflitti etnici, religiosi, di clan, tribali ed ideologici che hanno segnato la nostra storia recente e che giocano un importante ruolo. L'islamofobia europea e l'antisemitismo, forme purtroppo dominanti e diffuse di discriminazione e di pregiudizio non possono essere guardate attraverso "occhi americani". Tuttavia, possiamo usare una comprensione classica del razzismo, nel senso di un certo gruppo di persone che viene visto come inferiore ad un altro, come avviene nel caso dell'antiziganismo, rivolto contro le persone di retaggio Rom che si sono diffuse per tutta l'Europa. Perché uno possa capire queste relazioni, è importante svolgere una corretta analisi delle dinamiche sociali delle società in questione, insieme all'esame delle fonti storiche, anziché adottare le scorciatoie delle teorie a buon mercato.
Il concetto di bianchezza gioca un ruolo interessante anche per quel che riguarda gli sforzi della sinistra di commentare i conflitti che avvengono in tutto il mondo. Le conclusioni sono sempre le stesse: i processi falliti di liberazione nazionale [*4] sono sempre al centro, secondo la più primitiva logica neo-maoista, ogni banda di ladri di polli merita un supporto "critico", non importa quale sia la loro classe, la loro politica e i loro prefissi ideologici (vale a dire, sostegno ad Hamas, Hezbollah, fratellanza musulmana, ecc.) e nel caso che ci possa essere un qualche tipo di presagio "socialista" (tipo Rojava, “Novorossiya,” Naxaliti, ecc.), che solitamente si tratta solo di qualche reliquia dell'imperialismo della guerra fredda sovietica, allora si dà inizio al confronto con le rivoluzioni sociali del passato. Naturalmente, nessuno menziona mai la classe operaia. L'obiettivo della analisi di "politica estera" è sempre lo stesso: solidarietà con il "popolo oppresso".
Ma chi, o che cosa, sono questi "popoli oppressi"?Di solito vengono considerati "popoli oppressi" tutti quelli che non appartengono alla narrativa identitaria dominante dei paesi in cui vivono. Quando virgoletto la parola oppresso non intendo ridicolizzare l'oppressione di alcuni gruppi, che è reale e che non dovrebbe essere ignorata. Molte di queste forme di oppressione - per esempio l'oppressione delle donne - sono esistite ed esistono quasi da quando esiste la stessa civiltà umana e non sono necessariamente peculiari del capitalismo, sebbene siano state spesso assorbite, a volte aumentate, e in alcuni casi hanno spesso messo in moto dei cambiamenti e delle riforme progressive. Molti di questi casi mostrano come sia impossibile risolverli all'interno dei limiti della società capitalista.
Ad ogni modo, uno/una non si può definire marxista se uno/una insegue categorie sociali populiste approssimative e superficiali. "Il popolo" è stata una categoria ampia con un unico semplice compito realpolitico, nazionalista e populista: giustificare la collaborazione dei marxisti con una certa frazione della borghesia. La storia della post-Jugoslavia testimonia i fallimenti e la tossicità auto-distruttiva di simili tentativi.
Un'altra cosa su cui è importante riflettere, è il modo in cui la bianchezza viene usata nelle discussioni. Grida come "stai zitto" e "guarda quali sono i tuoi privilegi" vengono usati ogni qual volta qualcuno esprime disaccordo rispetto alle sciocchezze della sinistra americana. L'obiettivo di un simile approccio non è mai quello di impegnarsi in una discussione o di accampare e scambiare argomenti, che di solito, nella sua maniera modernista, porta a nuove conclusioni e cognizioni. Ma per gli ambienti sociali: il cambiamento non è un obiettivo. Il loro scopo principale è quello di preservare sé stessi e quindi sono ostili ad ogni intrusione che potrebbe scuotere le loro fondamenta. Per citare El Mago, il capo della banda di Mara Salvatrucha, nel film
"Sin Nombre" (2009): «
The scariness goes away, but the gang is forever.»
"Appropriazione Culturale"La definizione comune di "appropriazione culturale" riguarda l'utilizzo di elementi di una cultura da parte di persone che appartengono ad un'altra cultura. Anche qui, il problema può essere riferito all'interpretazione che di questo fenomeno fanno gli americani di sinistra. Essi lo vedono come qualcosa di negativo, così come vedono come una loro missione proteggere dalla bianchezza le culture indigene, oppresse e non-bianche. E inoltre essi collegano tutto questo anche con il marxismo.
Per tentare di incorporare nel marxismo questa loro visione dell'appropriazione culturale - vale a dire, per darle una "giustificazione materialista" - viene assegnata al marxismo, in maniera abbastanza assurda, una missione modernizzatrice e umanista.
Un simile concetto di "appropriazione culturale" è infatti una posizione conservatrice, derivata da antecedenti sciovinisti e nazionalisti, piuttosto che marxisti internazionalisti. Essa mira a difendere la purezza di certe culture, usanze e "modi di vita" rispetto alle adulterazioni straniere. La mera idea è quella secondo la quale un certo gruppo di persone si comporta in un certo modo e dovrebbe essere "lasciato da solo" a svilupparsi intellettualmente e coscientemente, senza l'intervento di "estranei". Questa premessa non solo è conservatrice e reazionaria nella sua essenza, ma è anche del tutto a-storica: per tutta la sua storia, l'umanità si è sempre sviluppata attraverso l'interazione e l'appropriazione di idee più avanzate.
Il relativismo postmoderno della politica dell'identità e la sua agenda di "preservazione culturale", vista come in opposizione all'appropriazione culturale, può portare alla conclusione che non c'è alcun problema con l'estrema arretratezza di alcune società. Ad esempio, non vedono alcun problema con le donne che indossano il velo, o qualche altro simile simbolo culturale. Agli occhi di queste persone il hijab non rappresenta il simbolo del dominio patriarcale e della repressione - un simbolo che non "fluttua nell'aria" semplicemente ma che ha reale ripercussione nel sistema politico e sociale di alcune società. E non c'è razionalizzazione che possa cambiare questo fatto, insieme al fatto che ci sono un bel po' di comunisti provenienti dal "mondo musulmano" che hanno criticato queste tradizioni religiose per quello che sono [*5]. Naturalmente, la proposta di vietare il velo in tutta l'Unione Europea è una questione del tutto differente, legata all'islamofabia europea, e dev'essere discussa in questo contesto.
Se prendiamo sul serio il "pensiero americano", potrebbe sembrare che lo scopo dei marxisti è quello di preservare le culture o le identità nazionali, etniche, locali e perfino religiose - tutte sviluppate nel corso dei secoli attraverso lo sfruttamento, la repressione politica e la gerarchia sociale primitiva - anziché distruggerle.
È anche interessante notare come molti sostenitori del "pensiero americano" amino attaccare il marxismo "ortodosso" per il suo eurocentrismo. Dicendo che il marxismo è eurocentrico, si comportano come se avessero "scoperto l'acqua calda". Certo che lo è! Karl Marx stesso era eurocentrico. Ed il marxismo dei suoi seguaci, specialmente nella Seconda Internazionale, era ancora più eurocentrico
[*6] - proprio come ogni altra moderna ideologia che è stata prodotta in Europa. Ma non è, o quanto meno si suppone che non lo sia, un dogma che per la sua realizzazione richiede la "fine della storia", ma "un movimento vivente che cambia lo stato attuale delle cose", abolisce lo sfruttamento economico e sociale degli individui e continua la sua missione di far progredire la "condizione umana". In altre parole, il fine del marxismo risiede nella sua continuità dello sviluppo dei liberi rapporti sociali fra le persone.
Questo naturalmente significa che nel ventunesimo secolo non possiamo limitarci a recitare le sciocchezze di Lenin mentre i nostri ascoltatori aspettano la comunione e la possibilità di tornare a casa per schiacciare un sonnellino. Il marxismo deve svilupparsi nel tempo, assieme ai cambiamenti che avvengono nella coscienza umana e alle relazione, con l'obiettivo di abolire la società di classe. Questo non significa che il marxismo debba, come sostengono le proposte del "pensiero americano", di incorpororare alcune specifiche "intuizioni culturali". Il marxismo non è mai stato una questione di cultura, ma di lotta di classe, e anche se non si può negare l'eurocentrismo che ne ha segnato la storia, e che era indispensabile per il modo di pensare degli intellettuali europei del passato, quegli errori non vengono cancellati o corretti accettando la ferocia nazionalista e religiosa proveniente da altre parti del mondo. La sola via d'uscita rimane l'internazionalismo proletario.
Tuttavia, è quasi impossibile non ricordare che le stesse persone che protestano contro l'eurocentrismo del marxismo "ortodosso" non hanno alcun problema ad usare l'influenza del loro paese per imporre idee anglocentriche
[*7] al resto del mondo. Ma sono le contraddizioni a renderci umani, non è così?
È stupido credere che sotto il capitalismo la cultura non sia una merce. La cultura ha un suo valore, che dipende dalle tendenze del mercato. Tuttavia, fin dal principio il capitalismo ha dato inizio al processo di distruzione di particolari culture allo stesso tempo in cui stabiliva la propria cultura come universale. A questo processo di solito ci si riferisce col termine di globalizzazione, o a volte di multiculturalismo, spesso come se fosse un prefisso negativo che riguarda sia il nazionalismo di destra che quello di sinistra. Certo, questo processo è fortemente limitato da contraddizioni ideologiche e storiche che il capitalismo cerca di compiacere.
Cosa che ci porta a quanto segue: il pensiero marxista è un pensiero rivoluzionario proprio perché intende abolire tutte le relazioni sociali dell'attuale società e crearne una nuova. La cultura appartiene a questo pacchetto, in quanto non può essere vista come una "verità" esterna e senza tempo.
E la classe operaia?Ora è il momento di discutere della politica dell'identità, l'
Intersezionalità [N.d.t. da Wiki: In sociologia e in giurisprudenza, l'intersezionalità (dall'inglese intersectionality) è un termine proposto nel 1989 dall'attivista e giurista statunitense Kimberlé Williams Crenshaw per descrivere la sovrapposizione (o "intersezione") di diverse identità sociali e le relative possibili particolari discriminazioni, oppressioni, o dominazioni], e in che modo il marxismo rientra in tutto questo. Ma prima di approfondire le problematiche in quanto tali, è davvero importante affermare che non si può essere marxista e/o comunista se si vede la classe operaia come un'identità.
Vedere la natura della classe operaia come una "identità", è un costrutto ideologico diffuso dai populusti europei di destra. Per loro la classe operaia, di solito accompagnata da attributi come bianca e cristiana, è il pilastro della società. È l'identità che ha in sé tutti i valori fondamentali sui quali è stata edificata l'Europa, ed è qualcosa di cui bisognerebbe andare fieri. In realtà, questa non è nient'altro che una contorta logica cristiana che valorizza il duro lavoro e la sofferenza "in questo mondo" come qualcosa che è necessaria per essere poi ricompensato ne "l'altro mondo" - dove va a riposarsi l'anima eterna.
Dall'altro lato, le persone di sinistra dei tempi moderni identificano sé stessi come classe operaia solo per associazione. Nella loro visione, la classe operaia è la sola classe sociale morale solo per il fatto di essere classe operaia. È l'eterno perdente nella lotta contro il capitale. Ma cos'è che lo rende morale o giusto? Come fa la classe sociale a detenere alcune virtù se non è altro che un costrutto dell'attuale società? Inoltre, come ti puoi identificare con una classe se non condividi la sua posizione nella produzione?
I marxisti rifiutano tutte queste sciocchezze ideologiche e moralistiche. Non c'è alcun motivo di esser fiero del proprio sfruttamento da parte di altri, della propria povertà, o della sofferenza e dell'umiliazione che si sopporta nella vita quotidiana. Seriamente, perché mai uno dovrebbe essere fiero di vivere come un cane?
Per i marxisti, la classe operaia quindi non è una mera identità che uno dovrebbe proteggere o abolire, ma è una classe sociale che viene definita dal fatto che si vende la propria forza lavoro per di un salario. Oltre questa relazione socioeconomica, un lavoratore individuale (o proletario) non ha niente in comune con altri lavoratori. Cosa che rende impossibile creare una specifica identità di classe operaia o di categoria sociale.
Questo aspetto viene ben tratto dal libro di Monsieur Dupont, "Nihilist Communism":«
Non sappiamo cosa alcuni vogliono dire quando descrivono il proletariato come una categoria sociale. Se con questo stanno sottintendendo che la classe operaia in quanto corpo sociale abbia qualcosa in comune fra di loro che non sia l'esperienza lavorativa, rifiutiamo questo completamente. Monsieur Dupont ha una passione per lo Champagne e per i film di Tarkovsky, mentre i nostri vicini preferiscono "White Lightning" e il wrestling WWF, ma la nostra posizione economica, tuttavia, è identica. Noi rifiutiamo ogni identità politica in quanto ideologica e rifiutiamo assolutamente di vedere il proletariato come se fosse un collegio elettorale politico-sociologico equivalente all'appartenenza etnica, al genere o alla preferenza sessuale. Il proletariato non ha alcuna esistenza indipendente dal capitalismo»
[*8].
Anche la società contemporanea si è evoluta per quanto riguarda alcune libertà che non sono state affrontate dai marxisti "ortodossi" del XIX secolo e dei primi anni del XX (ad esempio, il genere e la razza) nelle loro discussioni e nei loro testi, il che non significa che la classe non sia ancora la principale unità di divisione del lavoro e della società, e che la classe operaia non sia il "motore della storia", vale a dire la sola che può creare la società comunista.
Ciononostante, credo che ci sia una diffusa ed erronea comprensione della natura della classe operaia vista come un "corpo monolitico ed unitario". Il retaggio leninista approccia in tal modo la classe operaia, affermando che ha solo bisogno di una solida organizzazione che la focalizzi su "l'obiettivo finale". Ma in realtà, la classe operaia è estremamente divisa da vari interessi che sono basati sulla posizione di alcuni lavoratori all'interno della divisione capitalistica del lavoro o su determinate industrie/settori in cui lavorano. Dividono la classe operaia anche diverse identità, quali il genere, l'appartenenza etnica, ecc. Tuttavia, non si deve fingere che la borghesia sia un corpo unitario, visto che anch'essa è divisa da vari interessi ed identità, e che fra i suoi ranghi è sempre in corso una continua lotta per il potere.
Classe e identità funzionano a livelli differenti. L'identità è trans-classe - cioè, non è connessa con una specifica classe all'interno del modo di produzione capitalista. O, come ha sottolineato la marxista-femminista
Eve Mithchell nella sua critica dell'intersezionalità: «
La politica dell'identità è radicata in un'espressione unilaterale del capitalismo, e pertanto non è una politica rivoluzionaria»
[*9]. È una politica borghese, che è un prodotto di un certo contesto storico, e prende le forme della lotta borghese - lotta dell'individuo e unione di individui, piuttosto che classe.
È anche importante notare che oggi molti auto-proclamati marxisti hanno effettivamente un un punto di vista conservatore su quel che è la classa operaia (o il proletariato). Questo punto di vista deve più alla sociologia borghese del XIX e del XX secolo, che alla teoria marxista delle classi sociali. È questo il motivo per cui è diventato più comune riferirsi alla classe operaia solo come operai industriali. Si sa, classe operaia vuol dire forti uomini pelosi che fanno dondolare pesanti mazze! Di fronte all'offensiva capitalistica cominciata a partire dagli anni 1970, segnata dalla deindustrializzazione in Occidente, così come anche dal collasso del blocco orientale e della Jugoslavia durante gli anni 1990 nel "Secondo Mondo", questa visione si confronta con le proprie contraddizioni. Ma naturalmente, anziché tornare "indietro a Marx" (puramente, nel senso di una metodologia materialista, anziché abbracciare in maniera a-storica le sue politiche nel suo complesso), la sinistra affonda sempre più nel discorso liberale americano e culturale, adottando la politica dell'identità come spina dorsale e come visione del mondo. Dal momento che la sinistra, come ha detto un osservatore spiritoso, vuole giocare sia il ruolo dell'etnologo che quello della vittima. Si focalizza su tutto tranne che sulla classe operaia. Questo è il motivo per cui i suoi accademici mentre cercano di essere innovativi quando provano ad inventare nuovi gruppi sociali di fantasia, categorie e soggetti rivoluzionari, dalla moltitudine al precariato e alle popolazioni in eccesso, mentre di solito è assente ogni più grande contesto storico e teorico e manca essenzialmente - il nocciolo della questione.
Ma in questi giorni non dovremmo essere sorpresi dal fatto che la sinistra abbia ben poca, o nessuna, connessione con la classe operaia. Come amo dire, si comporta come una piccola ape, che salta di fiore in fiore, di lotta in lotta, di identità in identità, nella sua pretesa di esistere ancora, potente e rilevante come sempre, fino al momento in cui qualcuno non dica che "il re è nudo!"
Undicesima tesiLa politica dell'identità e tutte le altri componenti del pensiero americano sono ripugnanti per il marxismo. Soprattutto quando i loro proponenti rivendicano il marxismo e perseguono "motori del cambiamento" diversi dalla classe operaia. Vorrei invocare la famosa undicesima tesi su Feuerbach di Marx e sottolineare che oggi non siamo solo davanti ad un problema di "cambiamento", ma anche di fronte ad un problema di totale mancanza di "interpretazione" materialista del mondo.
È abbastanza ovvio che se vogliamo cambiare la posizione in cui si trova in questi giorni la sinistra, dobbiamo annichilire l'idea del marxismo come quella di un'altra scienza sociale. Specialmente quando il midollo del marxismo si trova nella sua missione sociale di avanzare verso la "comunità umana" per mezzo dell'azione collettiva, e non attraverso la ribellione individualista di adolescenti arrabbiati che vogliono solo sfidare i loro genitori.
Si potrebbe pensare che con il mio rifiuto del pensiero americano io sia a favore di una ricaduta sui "classici" dell'età dell'oro dei marxismo ortodosso europeo. Una simile posizione sarebbe abbastanza ridicola oggi, e non sarebbe altro che un altro estremo della medesima polarizzazione della "scena sociale". Nel ventunesimo secolo il marxismo non avrà alcun futuro se combatte l'individualismo del campus, nei suo ranghi, per mezzo della letteratura protestante. Dopo tutto, è una ideologia politica che ha la sua propria metodologia ed il suo proprio approccio all'analisi delle relazioni sociali. E queste relazioni sociali non sono statiche, predefinite, o "qui per rimanere". Piuttosto è il contrario, che è come dire che abbiamo bisogno di tornare ad usare il metodo di Marx per comprendere la società, anziché affidarsi a schemi o a liste della spesa.
Ancora una volta, abbraccio l'idea che sta dietro l'undicesima delle sue Tesi su Feuerbach.
Mentre i fanatici di questo o quel pensiero che esiste oggi stanno cercando di illuminarci con le loro nuove teorie, azioni per le azioni e/o autopromozione, ci possiamo accorgere che tutte queste idee stanno provenendo dall'alto - da un'un'intellighenzia auto-proclamatasi e da un'avanguardia che sono un riflesso del loro punto di vista borghese e piccolo-borghese della società. In realtà, essi non fanno altro che mantenere lo status quo della riproduzione dei rapporti capitalistici. La classe operaia è ancora rinchiusa nei suoi luoghi di lavoro e nei centri per la disoccupazione.
Ma perché per un cambiamento si dovrebbe guardare alla sinistra e all'intellighenzia? Come hanno scritto Marx ed Engels nel loro Manifesto comunista:
«Le proposizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto su idee, su princìpi inventati o scoperti da questo o quel riformatore del mondo. Esse sono semplicemente espressioni generali di rapporti di fatto di una esistente lotta di classi, cioè di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi.» [*10] La sinistra oggi non ha nessun interesse in un vero cambiamento sociale. È una forza conservatrice in quanto la sua unica ragione di esistere è quella di mantenere la sua micro-riproduzione, la sua micro-gerarchia e la sicurezza di essere del tutto inutile.
NOTE:
[*1] - Francisco Sánchez de las Brozas. Minevra sive de causis linguae Latinae, Ed: Sánchez Salor, E. and Chaparro Gómez, C. (Cáceres : Insitución Cultural El Brocense, 1995).
[*2] - Moishe Postone. “Dualism of Capitalist Modernity: Reflections on History, the Holocaust, and Antisemitism.” in: Jews and Leftist Politics: Judaism, Israel, Antisemitism, and Gender, ed: Jack Jacobs. Cambridge: Cambridge University Press, 2017, p. 65.
[*3] - Qui è interessante notare come la radice etimologica della parola inglese "slave" provenda dal latino medievale "sclavus". Altre lingue che si basano sul latino, come il francese o lo spagnolo, condividono la stessa radice. La storia dietro la parola risiede nei conflitti durante il IX secolo in cui i popoli slavi sono stati catturati e poi usati come schiavi. Nella lingua araba, la parola "saqaliba" si riferisce agli schiavi slavi che sono stati catturati nel corso di raid o di guerre, ma anche a quelli che hanno servito come mercenari nel mondo musulmano durante il medioevo. Inoltre, il sultano ottomano Murad I aveva istituito dei corpi di élite costituiti da schiavi chiamati Giannizzeri. Essi erano formati da ragazzi cristiani che si erano convertiti all'Islam e che erano stati per lo più reclutati nei Balcani. I Giannizzeri vennero aboliti dal sultano Mahmud II nel 1826, culminato ne "il fausto incidente", in cui più di 6.000 di loro vennero giustiziati.
[*4] - Mi riferisco alle lotte nazionali di liberazione in quanto processi falliti nel senso della creazione di nuove comuniste, o "progressive", società, non nel senso di fare uso di azioni militari per liberare determinati paesi dagli "imperialisti" e creare nel processo delle borghesie nazionali. Se teniamo conto di questo, le lotte di liberazione nazionale hanno avuto tutte abbastanza successo, ma sto guardando la cosa dal punto di vista comunista - qualcosa che la sinistra che li supporta, pretende di fare.
[*5] - Per questa critica vedi l'articolo di Mansoor Hekmat, “Islam, Children’s Rights, and the Hijab-gate of Rah-e-Kargar: In Defense of the Prohibition of the Islamic Veil for Children” (1997). [
https://www.marxists.org/archive/hekmat-mansoor/1997/06/children.htm ]
[*6] Dal momento che sto parlando dell'eurocentrismo del marxismo, vorrei sottolineare un interessante libro di Kevin B. Anderson, dal titolo: "Marx at the Margins: On Nationalism, Ethnicity, and Non-Western Societies" (2010).
[*7] - Con Androcentrismo, per lo più mi riferisco alla prospettica che vede gli USA e il Regno Unito come centro dell'universo, con gli Stati Uniti come forza predominante e il Regno Unito come suo leale sostenitore. Una sorta di Batman e Robin.
[*8] - Monsieur Dupont. Nihilist Communism: A Critique of Optimism in the Far Left. (Ardent Press, 2009), pg. 50.
[*9] - Eve Mitchell. “
I am a woman and a human: a Marxist feminist critique of intersectionality theory.”
[*10] - Karl Marx and Friedrich Engels - Manifesto del Partito Comunista