Aristofane inventò la psicoanalisi
- di Mauro Bonazzi -
«Adesso sdraiati qui e tira fuori qualche pensiero sui casi tuoi». Si ripete sempre che la psicoanalisi è nata alla fine dell’Ottocento, quando Sigmund Freud iniziò a esaminare le sue pazienti, distese sul famoso divano. Ma se questo è il gesto che inaugura la psicoanalisi, allora tutto è cominciato prima, molto prima.
Nel marzo del 423 a.C. gli Ateniesi si ritrovarono a teatro per assistere alla nuova commedia di Aristofane, le Nuvole. La storia, eternamente uguale a se stessa, è quella di un padre che non sa come fare per sbarcare il lunario, con una moglie poco propensa al risparmio (ma viene dalla società bene, lei, mentre il marito è un contadino inurbato), un figlio scapestrato (tutto la madre) e tanti creditori che lo assillano. È l’alba, il momento dei pensieri più angosciosi e delle intuizioni più ardite. Corre voce di un sapientone, si chiama Socrate, che aiuta a risolvere i problemi, insegnando come fregare gli altri. Ecco chi lo salverà! Strepsiade si precipita da Socrate, che lo guarda dubbioso: prima lo vuole conoscere, e Strepsiade deve conoscere se stesso. C’è un lettino nel suo pensatoio, pieno di cimici e pidocchi, ma pur sempre un lettino: Strepsiade è invitato a sdraiarsi e ad aprirsi al maestro (è il verso citato all’inizio). La psicoanalisi è nata quel giorno, all’ombra dell’Acropoli di Atene.
Una battuta? Di quelle che nascondono un grano di verità, però. La scoperta di Freud, che scandalizzò l’Europa, fu che non siamo quello che pensiamo di essere. Ci crediamo razionali e morali; invece siamo un calderone ribollente di passioni, impulsi, istinti di cui non siamo neppure consapevoli. Questo è, precisamente, quello che il Socrate di Aristofane rivelava ai suoi malcapitati pazienti. Strepsiade, poveretto, è troppo stupido per seguire. Ma suo figlio, Fidippide, capisce, e in fretta: pensiamo di essere superiori, ma ci sono davvero differenze tra noi e gli animali? Non inseguiamo le stesse cose – sesso, sesso, e ancora sesso? («c’est le sexe, toujours le sexe», spiegava Charcot, uno dei maestri di Freud). E cosa sono le leggi o la morale, se non dei tentativi di contenere la nostra natura profonda? Ostacoli, insomma, che ci impediscono di inseguire i nostri bisogni, condannandoci all’infelicità? (E uno legge Il disagio della civiltà ). È ora di cambiare! A partire dal problema dei problemi, la causa di tutti i mali. La guerra di liberazione di Fidippide inizia con il gesto più semplice, quello che – secondo Freud – tutti sognano di fare, fin dalla più tenera età: negare il padre. Il complesso di Edipo. Avrebbe potuto chiamarlo il complesso di Aristofane.
Freud conosceva molto bene il mondo antico. Di Aristofane, però, non parla mai: per nascondere il suo debito? Anche per un’altra ragione.
George Steiner lo ha suggerito con una osservazione fulminante: molte delle nevrosi di cui parla Freud sono spuntate fuori solo dopo che lui ne ha parlato, come profezie che si autoavverano. Che si stesse meglio prima di scoprire l’inconscio? Aristofane, un conoscitore dei nostri abissi, ne era convinto. Davvero occorre portare tutto alla luce? Forse c’è un motivo se in noi sono attivi dei meccanismi che occultano le pulsioni più bestiali, ricacciandole nelle profondità dell’Io. Sul lettino di Socrate Fidippide ha guardato nel suo disordine, recuperando ciò che aveva rimosso. Si è conosciuto per quello che è e ha picchiato suo padre, spiegandogli pure che era giusto farlo. Già «la vita non è facile», come lo stesso Freud una volta ammise: era proprio necessario che Fidippide scoprisse queste cose? Che bella cosa la rimozione! Strepsiade, pentito, bastona Socrate e incendia il pensatoio. Nelle Nuvole Aristofane non solo ha inventato la psicoanalisi: ha anche cercato di affondarla per sempre.
Se non ci è riuscito è perché ad Atene Freud ha trovato un alleato. Si parla di Platone come di uno scrittore composto, sereno, equanime. Ma la sua qualità più bella è la perfidia con cui sa rimettere a posto avversari e rivali – non erano pochi, e per tutti c’è in serbo qualcosa. Aristofane aveva proiettato un’ombra su Socrate, che bisognava vendicare. Nel Simposio il personaggio sarà lui.
È una serata di discorsi in onore di Eros, ma quando arriva il suo turno, Aristofane non riesce a parlare: scoppia in un singhiozzo terribile, incontenibile – saltella, si solletica il naso, starnutisce, ma niente...
Non ci potrebbe essere difesa più brillante della psicoanalisi. Questo singhiozzo irrefrenabile ricorda i tic nervosi delle pazienti di Freud, che erompono tanto più furiosi quanto più si cerca di reprimerli; è il sintomo che rivela il suo punto debole, come la tosse nervosa rivelava quello di Anna O.: che abbia anche lui un problema con amore e sesso? È la risposta di Platone alle domande di Aristofane. Inutile illudersi di nascondere quello che abbiamo dentro, perché tanto viene fuori, in un modo o nell’altro: Aristofane, il moralista spregiudicato, in fondo è come le fragili damigelle della borghesia viennese. Magari la filosofia e la psicoanalisi potrebbero aiutarlo a fare chiarezza dentro di sé, a convivere con i suoi problemi.
Improvvisamente tutto si fa turbinoso. Freud non cita spesso Platone, ma quando lo fa le sorprese non mancano. Come in Al di là del principio di piacere, in cui rievoca le uniche pagine che non ci si sarebbe aspettato: il discorso di Aristofane nel Simposio, quando finalmente si è liberato del singhiozzo. Ma non poteva essere altrimenti perché proprio in quelle parole c’è la risposta ultima ai misteri della nostra esistenza, la rivelazione che dentro di noi la tensione verso la vita è controbilanciata da un oscuro impulso verso la morte. Eros e Thanatos : il ritmo della nostra esistenza è scandito dal conflitto tra queste forze, con una sorpresa finale. A prevalere è la seconda, la nostalgia della quiete, l’inerzia perfetta della materia inorganica. La vita è una tragica anomalia, un’eccezione che va ricomposta; il compimento della libido è il riposo della morte: come appunto insegnava il mito aristofanesco degli uomini disperatamente in cerca dell’unità perduta, che quando ritrovavano la propria metà «si lasciavano morire di fame e di inerzia». La teoria più audace di Freud era stata anticipata dall’Aristofane del Simposio. Era il capolavoro di Platone, il cerchio che si chiude: Aristofane, nemico ostinato, è arruolato tra i grandi della psicoanalisi.
Quando arrivò ad Atene, la reazione di Aristotele fu di sconcerto. La Macedonia era una regione colta, che ospitava poeti e filosofi. Era anche una terra ricca di buon senso. Proprio quello che mancava agli intellettuali ateniesi: raffinati, raffinatissimi, ma anche nevrotici, persi in polemiche, invidie e gelosie. Così Aristotele, figlio di un medico, avrebbe ragionato da scienziato, dissipando come nuvole al vento tutte queste idee sull’anima, l’amore e la morte. Con una sola mossa.
Platone, come Freud e Aristofane, aveva organizzato il suo discorso intorno alla potenza di Eros, riconoscendo in noi la presenza di passioni violente e indomabili. C’è una componente razionale, ovviamente, e diversi tipi di desideri: desideri che possono essere educati, ma anche brame bestiali, con cui è impossibile fare i conti. Il mostro dalle mille teste, scriveva Platone; il calderone di impulsi ribollenti, avrebbe ribattuto Freud.
Il rovesciamento aristotelico è semplice. Ci sono, Platone ha ragione, come tre centri dentro di noi, uno dei quali sordo a qualunque possibilità di controllo. Ma questa «parte» non ha niente a che vedere con l’amore o il sesso: è quella che sovrintende alle funzioni organiche di base – respirazione, digestione, circolazione del sangue. È la vita che trionfa, incurante dei nostri pensieri. Quanto al resto, passioni amorose incluse, tutto può essere corretto, con un po’ di educazione e un po’ di sana attività fisica. Gli psicodrammi di Aristofane e Platone non servono.
È la sfida dei nostri giorni, con medici e scienziati che guadagnano terreno a spese di filosofi e psicologi. Forse avranno anche ragione, gli eredi di Aristotele. Ma non sarebbe fin troppo noioso un mondo privo delle bizzarre teorie dei Platone e dei Freud? Senza dimenticare che tutto è ancora incerto: e se anche filosofi e psicologi avessero le loro ragioni? Sono domande. Peccato che non ci sia più in giro Aristofane per aiutarci a rispondere.
- Mauro Bonazzi - Pubblicato sulla Lettura dell'11 giugno 2017 -
Nessun commento:
Posta un commento