sabato 3 giugno 2017

E l'anarchismo divenne spagnolo!

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«Ci sembra che, ieri come oggi, "criticare il capitalismo dal punto di vista del lavoro è un'impossibilità logica, in quanto non si può criticare il capitale dal punto di vista della sua sostanza. Una critica del capitalismo deve rimettere in discussione tale sostanza, e quindi deve liberare l'umanità dalla sua sottomissione alla costrizione del lavoro astratto" (Robert Kurz, Vita e morte del capitalismo). Per "lavoro astratto", intendiamo il lavoro considerato come lavoro che fa astrazione di ogni determinazione particolare, e viene commisurato solamente al tempo, senza nessun altro contenuto. Perciò, quest'attività è del tutto indifferente a ciò che essa produce. Anziché criticare questo processo, il movimento operaio, così come si è sviluppato attraverso i suoi partiti e i suoi sindacati, ha adottato il "punto di vista del lavoro", ed ha concepito la valorizzazione del capitale come un fatto positivo. È diventato esso stesso un acceleratore della società capitalista del lavoro, proponendo una gestione burocratica dei lavoratori [...]. In Spagna, negli anni 1930, all'interno di questo stesso movimento operaio, perduravano ancora le tracce percettibili di una comunità umana precedente alla generalizzazione del lavoro. Una parte dei rivoluzionari anarchici li sostenne nei quartieri di Barcellona e nelle comuni anarchiche aragonesi, e allo stesso tempo cominciò ad immaginare un'esistenza al di là del quadro dei rapporti strettamente economici»
(Estratto da: Giménologues
, A Zaragoza o al Charco ! Aragon 1936-1938. Récits de protagonistes libertaires, L'insomniaque/Giménologues, 2016, pp. 308-309.)

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Una storia delll'anarchismo, del comunismo libertario e delle lotte della classe operaia della Spagna, su "Les chemins du communisme libertaire en Espagne (1868-1937). Et l'anarchisme devint espagnol (1868-1910) (éditions Divergences, 2017)" di Myrtille dei Giménologues.
Una storia della resistenza popolare (scioperi, sommosse, sabotaggi, insurrezioni, repressioni) al nascente capitalismo e alla violenza dello Stato (la Guardia Civil, i suoi assassini e le sue torture) e delle classi dominanti nella Spagna del XIX secolo, con una menzione dello sciopero generale del 1855, della repressione repubblicana del sollevamento di Alcoy del 1873 e della clandestinità del periodo 1874-1881, tappe di una vera e propria guerra di classe fra un partito anticapitalista, anti-statale, anti-politico ed anticlericale delle classi popolari e quello delle classi dominanti (monarchia, grandi proprietari, Chiesa, esercito, padroni) che si opponeva ad ogni riforma.
Allo stesso tempo una storia dell'incontro con l'anarchismo di una parte delle classi popolari della Spagna (artigiani o operai catalani che andarono progressivamente verso un sindacalismo anarchico, operai agricoli dell'Andalusia si organizzarono come gruppi di affinità clandestini "intransigenti"), una storia della fondazione della FRE (Federazione Regionale spagnola, sezione dell'Internazionale anti-autoritaria) e della "propaganda attraverso i fatti" come risposta alla violenza dello Stato e delle classi dominanti. Inoltre, una storia dell'Internazionale anti-autoritaria (scissione dall'Internazionale del 1872), una storia dell'elaborazione del comunismo libertario ("da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni", senza ripartizioni "collettivistiche" dei prodotti dell'attività produttiva in base al tempo di lavoro) inteso come progetto rivoluzionario degli esuli della Comune di Parigi (Reclus, Kropotkine) e degli altri (Malatesta, Cafiero, ecc.) e della progressiva adozione di questo progetto in seno alle federazioni anarchiche di tutto il mondo.
Una storia, infine, delle lotte dei quartieri di Barcellona, della repressione dell'anarchismo durante gli anni 1890-1900, del sollevamento popolare di Barcellona del 1909 (e della sua feroce repressione) e infine della fondazione della CNT (centrale sindacale "anarchica") nel 1910.

Inoltre, si troveranno elementi della storia dell'anarchismo, del comunismo libertario e delle lotte delle classi popolari della Spagna in "Et l’anarchisme devint espagnol" (éditions Divergences, 2017).

«In questo libro, e nel volume che seguirà, si tratterà di evocare gli slanci, l'audacia e le auto-limitazioni del movimento anarchico spagnolo prima del 1939. Riguardo a quest'ultimi, non ci limiteremo affatto alla spiegazione per mezzo del tradimento e della critica personale ad hominem dei quadri della CNT-FAI. Pur senza eludere le loro responsabilità, si tratterà soprattutto di discernere ciò che è imputabile ai limiti intrinseci del movimento da ciò che rappresenta lo smarrimento di un'epoca. Come quello facente parte delle altre organizzazioni operaie, l'anticapitalismo del movimento anarchico venne attraversato e modificato dall'evoluzione del capitalismo stesso, dalle sue crisi e dai suoi sviluppi; e l'analisi delle circostanze del fallimento di tale movimento può aiutarci a meglio comprendere come le categorie "lavoro", "denaro", "merci", "valore" esprimano il modo in cui è strutturato il nostro mondo capitalista, e come i rapporti sociali che questo mondo ha generato si presentano a noi come dei fatti naturali.

L'ultimo avatar di questo processo, nello stato di decomposizione e di passività raggiunto dalla nostra epoca, è l'idea con la quale oggi ci confrontiamo spesso, secondo cui il capitalismo si perpetuerebbe all'infinito, ivi compresi anche coloro che si dichiarano nemici del capitalismo. Questo sistema arriva a rappresentare, per alcuni, l'ultimo baluardo contro la barbarie che esso stesso ha generato: vale a dire, o lui o il caos.

Ragion per cui, non è affatto male rivisitare quei tempi in cui il capitalismo venne percepito un po' di più per quel che era, e che è sempre stato: un momento della storia in cui l'energia umana veniva trattata come la prima delle merci».

«Chi dipende da un salario, qualunque sia la sua forma, non può essere considerato come un uomo libero. [...] Né governo, né salario! [...] Ormai non si tratta più di lavorare più o meno ore, ed ancor meno di tratta di ricorrere a pompose e rachitiche manifestazioni, ma si tratta di una lotta senza pietà in cui la classe operaia ha portato fino ad oggi il fardello più pesante. Ora che ha cominciato, non si può sfuggire a questo dilemma: o ci rassegniamo, e soccombiamo alla servitù volontaria, o ci ribelliamo per bene contro ogni oltraggio, ogni ingiustizia ed ogni umiliazione, per mostrare ai nostri sfruttatori ed ai governanti che non siamo un gregge di pecore pronto ad essere tosato» (da un opuscolo anarco-comunista diffuso a Barcellona, il 1° maggio 1892).

fonte: Sortir du capitalisme

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