Sul manifesto elettorale del Partito Comunista Francese (del 1937), si può leggere: "Questi uomini non rappresentano né il lavoro creativo né l'onestà del risparmiatore, né la tecnica della produzione; non sono altro che i parassiti della Borsa, della speculazione e del profitto".
Difficile dare una definizione più sintetica di quello che è l'anticapitalismo tronco, portato avanti, ieri come oggi, dal "marxismo tradizionale", con la sua rapida inclinazione antisemita.
Il cattivo speculatore
- di Robert Kurz -
I Social Forum e le alleanze dei manifestanti vedono crescere i loro ranghi, gli studenti scioperano conto il taglio dei bilanci e l'aumento delle tasse scolastiche. La società si indigna e tuona dopo che, sotto l'etichetta di "Agenda 2010", le contro-riforme antisociali colpiscono le persone in maniera peggiore del previsto (queste contro-riforme non risparmiano più nemmeno le classi medie). Si delinea una nuova congiuntura per i movimenti sociali. E come ci si poteva aspettare, la dinamica sociale in seno alla sinistra e nelle organizzazioni che, come Attac, animano questi movimenti ravvivano la controversia intorno alle interpretazioni che vengono date della crisi. Questa disputa intorno alle cause sociali del declino sociale, tuttavia, non è affatto nuova. Essa ha una lunga storia, che, per chi si sporge ad osservarla meglio, rivela dei tratti sorprendenti.
Il XIX secolo ha conosciuto una critica del capitalismo specificamente piccolo borghese che intendeva spiegare la crisi e la povertà per mezzo delle sole esigenze del capitale portatore di interessi, ovvero, del capitale finanziario. Senza questo "gioco dell'interesse" - ad esempio, pensava Proudhon - non ci sarebbero più state crisi. Si trattava del punto di vista del piccolo bottegaio che ancora oggi (e che va dal proprietario del piccolo bar fino all'azienda di software) è incline a pensare che lui lavora solo "per la banca", dal momento che l'onere degli interessi e del pagamento dei crediti è pesante. Quel che dimenticano, è il fatto che, senza credito bancario, non sarebbero stati in grado di pagare il costo dei loro investimenti, oppure sarebbero falliti da molto tempo. Ed il capitale denaro, nel modo di produzione capitalista, è un elemento specifico del mercato, il quale, piaccia o meno, ha un suo prezzo.
Diverso, è stata l'argomentazione del marxismo classico del movimento operaio, come è stato rappresentato, fra gli altri, da Rudolf Hilferding nel suo libro "Il capitale finanziario" apparso nel 1910. Per lui, il capitale finanziario non costituisce la fonte di tutti i mali, bensì è un potere progressista e socializzante che rimane solo da sottomettere al controllo dello "Stato proletario". Una volta che questo controllo è stato messo in atto, si sarebbe praticamente realizzato il socialismo, quanto meno per quello che sono le sue basi. Questa, è stata certamente una visione che rimaneva largamente al di sotto del problema. In quanto Hilferding, così come il marxismo del movimento operaio nel suo insieme, non metteva per niente in discussione il principio "produttivo" della valorizzazione, la forma sociale della "valorizzazione del valore", pensando che la trasformazione decisiva sarebbe stata realizzata con il controllo politico puramente esterno esercitato dal "partito operaio" e dallo "Stato operaio". Pertanto, questa visione che rimaneva al di sotto di Marx, e che non era consapevole della forma feticistica del valore, era ben diversa dalla visione piccolo-borghese.
A considerare la discussione che è sul punto di nascere oggi, si può constatare che, nell'ideologia spontanea dei movimenti, si ha piuttosto la tendenza ad enfatizzare la versione piccolo-borghese della critica del capitalismo. A partire dagli anni 1990, è l'economia speculativa della bolla finanziaria che passa per essere la vera causa della crisi. E ci si diletta a fustigare la "avidità" dei cattivi speculatori. Quanto al capitale portatore di interessi, la pretesa fonte di tutti i mali, si intende assegnargli il posto dovutogli al fine di reindirizzare il denaro (che si pretende "non ce ne sia abbastanza per tutti") verso degli investimenti di capitale produttivo. Qui viene invertito il rapporto fra causa ed effetto. In realtà, la crisi è condizionata dal limite interno del capitale produttivo stesso. La forza produttrice della terza rivoluzione industriale [quella della microelettronica] oltrepassa la capacità di assorbimento del modo di produzione capitalista, viene "liberata" troppa forza lavoro si vedono nascere delle sovraccapacità che rendono di per sé inutili gli investimenti produttivi. È solamente questo ad aver generato l'economia fondata sul debito e la bolla speculativa. Non è altro che il risultato della crisi e la forma assunta da essa, e non la sua causa.
Ma la coscienza attualmente predominante nei movimenti sociali, intende solo criticare il capitale finanziario, e non il modo di produzione capitalista. Tale griglia di interpretazione riguarda sia i movimenti sindacali sia ciò che resta del marxismo accademico, come se avessimo dimenticato la teoria formulata da Marx circa le crisi dell'accumulazione. In sostanza, c'è qui un deficit di Hilferding. Quali sono le ragioni?
Principalmente: il collasso del socialismo di Stato ha reso obsoleta l'opzione principale del marxismo del movimento operaio, che consisteva nel fatto che lo "Stato proletario" prenderebbe sotto il suo controllo il "potere progressista" del capitale finanziario. Non c'è più nessuno che osi difendere un simile punto di vista. In secondo luogo, in seguito ai processi di socializzazione e di individualizzazione del capitalismo, la base sociale dei movimenti è ben lontana da una "classe operaia produttrice di plusvalore", ma essa costituisce piuttosto un soggetto diffuso e generalizzato della valorizzazione in cui le diverse categorie sociali - a partire dai beneficiari di assistenza sociale fino al tristemente famoso "Ich-AG" [*1] e passando per gli interinali, gli eterni studenti e gli abbonati ai lavori saltuari - si fondano le une sulle altre e diventano sempre più precarie. Il carattere sociale che ne risulta si trova spontaneamente caratterizzato da un lato neo-piccolo-borghese [*2] (da ciascuno secondo il suo proprio capitale umano, a ciascuno autovalorizzatore di sé stesso), ed il mezzo di produzione "autonomo" si riduce addirittura alla pelle dell'individuo. In terzo luogo: la nuova qualità della crisi fa sì che ciò che rimane del nucleo del lavoro industriale apparentemente produttivo dipenda ormai dall'anticipo "speculativo" su una futura creazione di valore (sovrastruttura del credito, iper-indebitamento a tutti i livelli, economia della bolla speculativa).
In questi contesti, è la dipendenza generale rispetto al capitale finanziario autonomizzato che viene visto come il vero scandalo, mentre la vera causa della crisi rimane ignorata. Lo stesso marxismo universitario (ad ogni modo, già diluito nel keynesismo) diviene ricettivo rispetto a questa sotto-critica - tanto più che la teoria keynesiana è centrata su una pretesa soluzione della crisi all'interno del capitalismo, che si rivolge agli interessi ed al capitalismo finanziario. Non si deve passare sotto silenzio che una simile critica tronca del capitalismo ha qualche affinità che la pone in contatto con delle ideologie della crisi populiste di destra. Si sa bene che storicamente una critica ridotta alla critica del capitalismo finanziario, si è sempre accompagnata a degli stereotipi antisemiti. Quanto ai media borghesi, essi scoprono in questo una possibilità di denunciare il movimento sociale in generale come "potenzialmente antisemita". Ci si può opporre a questa denuncia solo superando l'analisi regressiva e tronca che si limita al capitale finanziario e per mezzo della rivendicazione di un modo nuovo, sia tanto della socializzazione - che il principio di valorizzazione non è più in grado di rappresentare - che del suo potenziale civilizzatore (servizi pubblici, ecc.): oltre Hilferding, non al di sotto.
-Robert Kurz - Dicembre 2003 -
NOTE:
[*1] - Una delle trovare antisociali dell'Agenda 2010. La misura mirava a combattere il lavoro nero, invitando i disoccupati a mettersi ciascuno in proprio e diventare così un "Ich-AG", un "Io, Società Anonima". Vale a dire assumere lo status di auto-imprenditore.
[*2] - "Lato neo-piccolo-borghese" sta per "sekundâre Kleinbürgerlichkeit" ("piccola borghesia secondaria"). Non si tratta qui della mentalità piccolo borghese quale si manifesta durante l'avvento del capitalismo nel corso degli anni che vanno dal XVIII al XIX secolo, ma di una sua versione "relookée", riscaldata.
fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
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