martedì 29 novembre 2016

Nell'urna, con una pietra al collo

banchiere a zurigo

La lunga depressione in Italia
- di Michael Roberts -

Il prossimo fine settimana l'Italia ha un referendum. Il primo ministro italiano blairiano (clintonesco) Matteo Renzi al governo della coalizione democratica di centro-sinistra ha indetto un referendum, nello stile britannico di Cameron, per "riformare" la costituzione.[...]
Renzi ha puntato la sua reputazione politica e la sua posizione come premier sulla vittoria in questo referendum, come ha fatto David Cameron in Gran Bretagna con il referendum sulla Brexit. E, secondo i sondaggi, sembra che sia diretto verso la medesima sconfitta di Cameron, gettando nella confusione, nell'incertezza e nella paralisi un altro grande Stato capitalista.
Ma tutto è relativo - in fin dei conti, la politica e l'economia italiana sono rimasti in uno stato di paralisi per decenni, con una situazione che dalla fine della Grande Recessione non ha fatto altro che peggiorare. L'Italia si trova ora in una Lunga Depressione alla quale non sembra in grado di sfuggire.

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Il problema immediato per l'Italia, sono le banche italiane. Attualmente, le banche europee detengono 1 trilione di euro di quelli che vengono chiamati "non-performing loans" [prestiti non performanti: attività che non riescono più a ripagare ai creditori il capitale e gli interessi dovuti]. Di questo trilione, circa un terzo è detenuto da banche italiane. Questi "bad debits" sono come una macina da mulino legata al collo del settore finanziario italiano. La miriade di piccole banche regionali e di grandi banche nazionali hanno fatto prestiti a piccole imprese e società immobiliari. Ma migliaia di queste piccole aziende hanno fatto bancarotta e non possono ripagare i loro debiti dal momento che l'economia ristagna.
Come ho scritto nel mio libro, "The Long Depression" (capitolo 9), fra le prime sette economie capitaliste, in qualche modo l'Italia è quella che si trova nella situazione più terribile. Il capitale italiano, già prima della Grande Depressione si trovava in una situazione di stagnazione. La redditività era in calo fin dal 2000, ed ora è scesa di un altro 30% rispetto al 2004. L'investimento netto si è prosciugato e la produttività del lavoro non cresce nemmeno lentamente, come avviene nelle altre maggiori economie, ma si contrae direttamente. Dato che la Lunga Depressione in Europa continua, l'Italia non può recuperare.

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E come risultato di tutto questo, le banche si trovano vicine al fallimento. Gli analisti bancari ritengono che se Renzi perde il referendum fino ad otto banche - guidate dalla terza più grande e più antica banca italiana, il famigerato Monte dei Paschi - rischiano il fallimento. Questo perché i potenziali investitori in tali banche, di cui quest'ultime hanno disperato bisogno se vogliono estinguere i loro "bad debits", non cacceranno i soldi.
Ho fatto qualche semplice stima delle probabili perdite cui andranno incontro le banche italiane (basate sul recente rapporto finanziario della Banca d'Italia). Fino ad oggi, le banche hanno prestato 2 trilioni di euro alle imprese italiane e alle famiglie. Circa 330 miliardi di questi prestiti sono "bad" (vale a dire che non verranno restituiti) Si tratta all'incirca del 20% del PIL italiano. Le banche hanno accumulato riserve per circa 150 miliardi di euro, al fine di coprire le potenziali perdite, e ci si può aspettare che venderanno alcuni dei beni delle imprese che sono fallite nel corso del tempo. Anche così, continuerebbe ad esserci una perdita potenziale di circa 100 miliardi di euro, se prendono il toro per le corna ed estinguono questi "bad loans". Ciò potrebbe annientare completamente il valore delle azioni degli investitori in molte di queste banche. Ad esempio, il Monte dei Paschi subirebbe un colpo nove volte superiore a quello che è adesso il valore della banca sul mercato azionario. E la maggior banca, l'Unicredit, che si suppone dovrebbe aiutare le altre piccole banche al collasso come il Banco Veneto, verrebbe spazzata via anch'essa. Infatti, Unicredit vuole aumentare il capitale di 13 miliardi di euro per poter rimanere a galla.

Si può calcolare che un piano di salvataggio delle banche verrebbe a costare almeno 40 miliardi di euro, solo per permettere alle banche più grandi di poter rimettersi in piedi. E da dove dovrebbe provenire un simili piano di salvataggio? Il governo Renzi ha istituito un fondo speciale chiamato Atlante, che è stato finanziato dal altre banche più grandi, con un piccolo aiuto da parte dello Stato. Questi ci ha messo solo 4 miliardi, la maggior parte dei quali sono già stati spesi, senza risultato, per il Monte dei Paschi. Ma c'è di peggio. Secondo le nuove regole bancarie europee, volute dalla Germania, lo Stato non può essere usato per salvare le banche. Per salvare le banche devono essere usati gli azionisti e gli obbligazionisi, almeno da principio.

Questo suona bene, si potrebbe dire. Facciamo pagare gli azionisti. Ma il problema sta proprio qui. Le banche italiane si sono impegnate in un volgare "mis-selling" [una strategia consapevole di vendita di prodotti inidonei a soddisfare l'interesse previdenziale del cliente] nei confronti dei loro clienti e dei loro risparmi. I clienti sono stati incoraggiati a "salvare", comprando le obbligazioni della banca - in altre parole a fare un prestito proprio alla banca. Così centinia di migliaia di anziani (non così tanto ricchi) ora, se la banca cancellasse i suoi "bad debits" e ricapitalizzasse usando i propri debiti (obbligazioni a zero), perderebbero tutti i loro risparmi. Sarebbe dinamite politica, oltre a causare la miseria di centinaia di migliaia - e la cosa è già avvenuta per i "salvatori" con Banco Veneto e con il Monte dei Paschi.

Renzi ha fatto pressioni sui leader tedeschi ed europei per allentare le regole e permettere che vengano usati fondi statali (preferibilmente fondi di "stabilità" europei, che sono disponibili) per attuare il salvataggio delle sue banche. Ma i tedeschi sono rimasti ostinatamente aggrappati alle regole, in quanto il salvataggio degli italiani, dopo la Grecia, costituisce un anatema e sarebbe benzina sul fuoco euroscettico per quanto riguarda le prossime elezioni tedesche del 2017.

Quindi, se domenica il voto sarà contro Renzi, gli investitori italiani ed internazionali saranno assai riluttanti a scucire i fondi necessari alle banche italiane in quanto temono che il governo cadrà e che ci sarà la possibilità che alle prossime elezioni venga sostituito da un'alleanza populista guidata dai 5 stelle, che è già uscita vincente nelle elezioni per il sindaco di Roma e di Torino, e che risulta in testa nei sondaggi.
Ci potrebbe essere in Italia una leadership "populista" fuori dal controllo delle élite, e questa volta non si tratterebbe di Berlusconi?
Nella migliore delle ipotesi, ci sarà un governo che non sarà in grado di attuare in Parlamento delle "riforme" nell'interesse del capitale, vale a dire la riduzione dei diritti dei lavoratori; maggiori privatizzazioni e tagli alla Spesa.

È possibile che Renzi riesca a vincere il referendum contro tutte le aspettative. Ma anche se questo avviene, il problema delle banche rimane. Ed il problema delle banche non è altro che un sintomo del fallimento del capitalismo italiano e della paralisi della sua élite politica.
L'Italia rimane in depressione, e non c'è stato ancora un nuovo collasso.

- Michael Roberts - Pubblicato il 28 novembre 2016 -

fonte: Michael Roberts Blog

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