domenica 20 novembre 2016

Morire a Madrid

DurrutiKiller

In alto a sinistra: il nominato consigliere militare della Generalidad, sergente José Manzana (cerchiato), un militare professionista, già sergente istruttore nei Corpi di Artiglieria e campione olimpionico di tiro con la pistola. La mattina del 19 luglio era fuggito dal Cantiere Navale di Barcellona assediato, per unirsi alle milizie confederali. Da allora aveva accompagnato Durruti ovunque, e si trovava al suo fianco sul fronte d'Aragona dove era diventato il suo consigliere militare dopo che il capitano Enrique Pérez-Farrás era stato richiamato a Barcellona dalla Generalidad per dirigere i Mossos d’Escuadra (la polizia della Generalidad). Dopo la morte di Durruti, Manzana ritornò sul fronte d'Aragona per riorganizzare i resti della colonna Durruti e prepararla per la militarizzazione, mentre Ricardo Sanz assumeva il comando della colonna a Madrid. La militarizzazione della colonna venne finalmente portata a termine il 28 Aprile 1937, meno di una settimana prima del colpo di Stato stalinista del 3-8 Maggio.
In alto a destra: il sergente José Manzana (cerchiato), con in testa un cappello militare, il braccio destro ferito al collo, è nella prima linea del lutto. Alla sua sinistra, la vedova di Durruti, Emilienne Morin. Al suo braccio, a destra, la moglie di Miguel Yoldi.

Il Novembre del 1936 è stato una pietra miliare nella storia della guerra civile spagnola. Dopo aver circondato Madrid, l'esercito fascista stava compiendo uno sforzo supremo per impadronirsi della capitale. Il 4 Novembre 1936 i "più importanti leader" della CNT e  del Comitato Peninsulare della FAI avevano alla fine  abbandonato del tutto la posizione apolitica della Confederazione e avevano accettato che venissero fra di loro nominati quattro ministri nel governo centrale di Largo Caballero. Erano in molti a ritenere che si trattasse di una mossa cinica, da parte dello stesso Caballero, per facilitare la fuga del governo a Valencia, e in tal modo prevenire ogni critica o, più presumibilmente, ogni iniziativa rivoluzionaria da parte delle fila anarcosindacaliste. Casualmente (se credete alle coincidenze), due giorni dopo, il 6 Novembre, Largo Caballero ed il suo governo, inclusi i ministri anarchici freschi di nomina, fuggirono tutti a Valencia - mentre il popolo di Madrid si radunava per difendere la città al grido di "Lunga vita a Madrid senza Governo!"
L'ossessione della dirigenza della CNT per l'unità antifascista aveva costantemente allargato il divario fra i leader e le aspirazioni della massa dei membri della classe operaia. Gli interessi di classe che ora si trovavano a difendere erano quelli della borghesia e della classe proprietaria. Il 23 Ottobre 1936, era stato firmato un "Patto di Unità" in Catalogna fra CNT, FAI, UGT e PSUC. L'articolo 2 di quest'accordo, relativo alla collettivizzazione, stabiliva che sebbene il Consiglio sostenesse la collettivizzazione "di tutto quello che poteva essere essenziale agli interessi della guerra", il Consiglio riteneva che "tale collettivizzazione non riuscirebbe a produrre i risultati desiderati se non posta sotto il controllo ed il governo di un ente veramente rappresentativo della collettività", vale a dire il Consiglio della Generalidad.

«Per quanto riguarda la piccola industria, non sosteniamo la collettivizzazione se non nei casi di sedizione da parte dei proprietari o in caso di urgenti bisogni di guerra. Dovunque la piccola industria venga collettivizzata per motivi di esigenze di guerra, i proprietari espropriati devono essere compensati in modo da assicurare loro i mezzi di sussistenza, dando loro un contributo personale o professionale da parte del settore che è stato collettivizzato. In caso di collettivizzazione di imprese straniere, dev'essere stabilita una formula compensatoria che sia uguale al capitale totale... Noi... raccomandiamo che ci sia un unico comando ad orchestrare l'azione di ogni unità di combattimento, l'introduzione di una milizia di coscritti e la sua trasformazione in un grande esercito del popolo, ed il rafforzamento della disciplina...»

Era comunque l'Articolo 15, l'agghiacciante articolo finale che mostrava fino a che punto quella che era una volta una grande organizzazione libertaria si fosse spinta sulla strada del conservatorismo burocratico:
«Concordiamo su un'azione comune volta a stroncare le attività di gruppi incontrollabili che, per mancanza di comprensione o per malafede, costituiscono una minaccia per l'attuazione di questo programma.»

I miliziani erano indignati per la proposta di militarizzare le colonne popolari. Il Comitato di Guerra della colonna Durruti sul fronte di Osera spedì immediatamente un lettera, in data 1° Novembre, al Consiglio della Generalidad, informandolo del suo rifiuto a rispettare il decreto:

«MILIZIE ANTIFASCISTE - COLONNA DURRUTI
Quartier Generale

AL CONSIGLIO DELLA GENERALIDAD DI CATALOGNA

   Alla luce del Decreto sulla militarizzazione delle milizie, il Comitato di Guerra della COLONNA DURRUTI, nell'esprimere il sentimento di tutti e di ciascun individuo facente parte della colonna, afferma quanto segue:

   La provocazione militare fascista del 19 Luglio ha fatto nascere un autentico ed incontrovertibile movimento dal quale, fra l'altro, viene fermamente condannata l'organizzazione gerarchica militare ed il Codice di Giustizia cui si allude nell'Articolo 2 del citato decreto.

   Questa colonna, formatasi spontaneamente nel fuco di quella protesta nelle strade di Barcellona e successivamente cresciuta grazie a tutti quelli che si sono identificati con il nostro ideale, gode dell'unità di intenti e di obiettivi e i suoi membri individuali disciplinano sé stessi in ogni senso al fine di raggiungere lo scopo di sconfiggere il fascismo. Se il fine della disciplina è quello di accrescere il contributo dell'individuo, questa colonna può fornire ampie prove di tale efficacia attraverso il lavoro svolto sul fronte dai nostri miliziani, ed il costante avanzamento delle nostre posizioni è la nostra migliore testimonianza di autodisciplina.

   I miliziani di questa colonna hanno fiducia in sé stessi ed in noi che li guidiamo a partire dalla loro delega espressa senza riserve. Stando così le cose, ritengono - e noi condividiamo la loro convinzione - che il grado di militarizzazione non può migliorare le nostre capacità di combattimento ma che invece porterebbe a sospetti, timori e ripugnanza, come hanno notato, e contribuirebbe enormemente ad un vero e proprio stato di disordine.

   L'argomento offerto secondo il quale il nemico combatte ben dotato di equipaggiamento in grande abbondanza non può ovviamente essere risolto con la militarizzazione delle milizie.

   In considerazione di tutto quanto sopra espresso, questo comitato, in risposta al clamore di protesta suscitato in questa colonna dal succitato decreto, ritiene di essere chiamato a rifiutarne l'accettazione.

   Nel comunicare questa formale e specifica decisione, e assumendo che per questo la lotta in cui siamo coinvolti non debba allentarsi, chiediamo a codesto Consiglio la nostra libertà di organizzazione, e chiediamo che venga fornita una risposta dettagliata che possa, il più rapidamente possibile, porre fine allo stato di ansietà che è stato creato.

  fronte di Osera, 1° Novembre 1936

   A nome del COMITATO DI GUERRA

   (firmato) B. Durruti »


L'entrata della CNT nel governo del Novembre 1936

Alle 10:30 p.m. del 4 novembre 1936, il governo spagnolo emana in un nuovo bollettino la notizia che la CNT si è unita al governo.
Lo stesso giorno Solidaridad Obrera, il giornale della CNT di Barcellona, spiega tale decisione con una sicurezza di sé che ricorda quella di Lenin nell'estate del 1917:
« L'ingresso della CNT nel governo centrale rappresenta uno degli eventi più importanti nella storia politica di questo paese. A partire da una questione di principio e di convinzione, la CNT è sempre stata anti-statalista ed ostile al governo in ogni sua forma. Ma le circostanze, quasi sempre superiori ai desideri degli uomini sebbene da questi desideri determinate, hanno operato una trasformazione nella natura del governo e dello Stato spagnolo. Attualmente il governo in quanto strumento regolatore degli organi dello Stato, non rappresenta più una fonte di oppressione per la classe operaia, così come lo Stato non rappresenta più la fonte della divisione della società in classi. E con l'ingresso della CNT in essi, entrambi cesseranno completamente di opprimere il popolo. Le funzioni dello Stato dovranno essere ridotte in accordo con la gestione degli affari sociali ed economici del paese da parte delle organizzazioni sindacali. Ed il governo non dovrà preoccuparsi di altro che della corretta gestione della guerra e del coordinamento dell'opera della rivoluzione su una più ampia scala.
   I nostri compagni dovranno presentare al governo le decisioni, collettive o a maggioranza, delle masse lavoratrici precedentemente riunite in enormi assemblee generali. Non dovranno esporre alcun obiettivo personale o stravagante, bensì le decisioni liberamente prese dalle centinaia di migliaia di lavoratori organizzati dalla CNT. C'è una necessità storica che incombe su tutto questo. E la CNT accetta la necessità storica di servire il paese, con l'enfasi posta più sul vincere prontamente la guerra che sul timore che la rivoluzione popolare possa essere sfigurata.
   Abbiamo la più completa fiducia che i compagni scelti per rappresentare la CNT nel governo saranno in grado di compiere il loro dovere e la missione che è stata loro affidata. In loro dobbiamo vedere, non le personalità individuali, ma piuttosto l'organizzazione che rappresentano. Non sono governanti o statisti, ma guerrieri e rivoluzionari al servizio della vittoria sul fascismo. E più rapida e completa sarà questa vittoria se ancora più grande sarà il supporto che noi daremo loro.
»

Quella stessa sera, alle 9:30 p.m. del 4 novembre 1936, veniva trasmesso da Radio CNT-FAI un discorso di Buenaventura Durruti. Tutti erano ansiosi di ascoltare il suo parere sulle notizie di quel giorno circa il fatto che quattro anarchici erano entrati nel governo di Madrid.
Durruti si trovava a Barcellona per fare pressione per la liberazione di Saragozza e per sottolineare l'urgente bisogno di materiale bellico per la sua colonna, ma il borghese e catalano Comitato Centrale per le Milizie antifasciste, controllato dalla CNT, aveva deciso che la rivoluzione sociale era subordinata alle contingenze della guerra contro il fascismo. Secondo i consiglieri militari professionisti "distaccati" nelle colonne delle milizie dal governo borghese della Generalidad, era l'attacco a Maiorca a dover avere la precedenza. La loro improbabile e poco convincente argomentazione, era che prendere Maiorca avrebbe forzato un intervento italiano che, a sua volta, avrebbe portato all'intervento diretto della Gran Bretagna per ripristinare "l'equilibrio di potere" nel Mediterraneo. E così Saragozza era stata abbandonata al suo destino, alle milizie rivoluzionarie ed anarchiche era stato impedito di prendere il controllo del nord della Spagna, e la rivoluzione sociale aveva ricevuto la sua prima battuta d'arresto.

Alle 9:30 p.m., dagli altoparlanti comincia ad essere trasmessa la voce di Durruti:

«Lavoratori della Catalogna: rivolgo queste parole al popolo catalano, lo stesso popolo che, quattro mesi fa, fermò gli scagnozzi militari venuti a calpestarlo. Vi porto i saluti dei nostri fratelli e compagni che combattono sul fronte d'Aragona. Si trovano a pochi chilometri da Saragozza e possono già vedere le torri del Pilarica.
(...)
Se la militarizzazione decretata dalla Generalidad vuole avere lo scopo di spaventarci e rifilarci una disciplina di ferro, vi state tristemente sbagliando. Vi state sbagliando, consiglieri, con il vostro decreto di militarizzazione delle milizie. Visto che cianciate di disciplina di ferro, allora vi dico: venite con me sulla linea del fronte. Noi che ci troviamo lì non accettiamo nessuna disciplina perché abbiamo abbastanza coscienza per fare il nostro dovere. E così potrete vedere il nostro ordine e la nostra organizzazione. Poi torneremo a Barcellona e allora vi chiederò io della vostra disciplina, del vostro ordine e del vostro controllo, che non esistono. Rilassatevi. Non c'è nessun caos e nessuna mancanza di disciplina al fronte. Siamo tutti responsabili, e conosciamo l'onore che ci avete affidato. Dormite sonni tranquilli!
(...)
»

Ai primi di novembre, Federica Montseny, una dei ministri collaborazionisti, aveva chiamato Durruti, che si trovava con la sua colonna sul fronte di Aragona per cercare di liberare Saragozza, insistendo che lui ed i suoi uomini venissero a difendere Madrid - che, per inciso, aveva già 200mila difensori!
Da un punto di vista militare, molti consideravano che la sua presenza a Madrid non fosse necessaria, e la richiesta della Montseny aveva spinto Garcia Oliver a porre la domanda: "Vuole uccidere Durruti?"
Forse c'erano altre ragioni per voler attirare Durruti e i suoi volontari a Madrid.
Ad ogni modo, era stato Garcia Oliver che originariamente aveva suggerito a Largo Caballero che Durruti avrebbe potuto portare una forza di 12mila uomini dall'Aragona e che avrebbe dovuto essere nominato generale dandogli il comando di tre "brigate miste" (miliziani e truppe regolari) sul fronte di Madrid.

Prima di partire per Madrid, il 4 novembre, Durruti, come delegato di Colonna, aveva trasmesso sulla radio CNT-FAI un appello ai volontari a venire in aiuto  della capitale. L'appello era stata un'occasione per esprimere l'indignazione ed il senso di tradimento sentito dai miliziani sul fronte di Aragona di fronte agli eventi controrivoluzionari e agli sviluppi dietro le linee. Era una potente denuncia dell'erosione dei successi della rivoluzione e un atto d'accusa contro la politica del governi, che vi partecipassero o meno ministri della CNT. Durruti stava chiarendo ai leader della CNT che lui ed i suoi uomini non stavano combattendo per la Repubblica o per la democrazia borghese; la loro era una battaglia per il successo della rivoluzione sociale e per l'emancipazione degli individui.
Durruti era una spina sempre più dolorosa nel fianco non solo dei borghesi e dei politici stalinisti, ma soprattutto in quello della dirigenza della sua stessa unione anarcosindacalista, la CNT. Egli era convinto che la sola via per vincere era quella di proseguire la rivoluzione libertaria che aveva impedito che avesse successo il pronunciamento militare nelle prime ore del 19 luglio.
Per Durruti e per molti anarchici, guerra e rivoluzione erano inseparabili; solo una rivoluzione libertaria avrebbe potuto alla fine distruggere il fascismo - in quanto così facendo significava distruggere lo Stato, dal momento che il fascismo era solo una forma particolare dello Stato; tutti gli Stati diventano fascisti quando viene minacciato il privilegio.
Quando Durruti lasciò il fronte d'Aragona, aveva con sé mille volontari; quando il 14 novembre arrivarono sulle barricate di Vallecas alla periferia della capitale assediata, la sua colonna era arrivata ad essere formata da 1800 miliziani.

La difesa di Madrid era feroce e sanguinosa. Al suo arrivo, la sera del 14 novembre, a Durruti venne assegnata la responsabilità di un settore del campus universitario dove era schierata anche un'altra colonna, la Libertad-López-Tienda, comandata da un certo "Negus" del PSUC (il partito stalinista catalano). All'alba del giorno successivo, il 15 novembre, sia la Durruti che la Libertad-López-Tienda avevano lanciato un assalto frontale nel tentativo di impedire che le truppe moresche di Franco attraversassero il fiume Manzanare, ma la pressione era troppo grande. Rinforsi nazionalisti freschi agli ordini del generale Assenzio si erano aperti la strada attraverso la Scuola di Architettura, spazzando via la maggior parte della Libertad-López-Tienda e circa un terzo degli uomini della colonna Durruti.
Il 17 novembre, i Junkers tedeschi cominciarono il loro intenso raid di bombardamenti seminando morte e distruzione in tutta la città. Quel giorno Durruti scrisse quelle che sarebbero state le sue ultime parole:

«Sono venuto dalla terra d'Aragona per vincere questa battaglia che oggi è questione di vita o di morte, non solo per il proletariato spagnolo ma per il mondo intero. Tutto si gioca intorno a Madrid e non cercherò di nascondere la mia soddisfazione per trovarmi faccia a faccia con il nemico, non fosse altro per conferire nobiltà alla lotta. Prima di lasciare la Catalogna, avevo chiesto che coloro che sono coinvolti in questa lotta si mostrassero coscienziosi. Non mi sto riferendo ai poveri di spirito o a quelli che mancano di vigore. Intendo quelli di noi che sino impegnati a spingere in avanti, sempre avanti. I fucili non sono di nessuna utilità se non vi è determinazione, abilità nel loro uso. Non c'è alcun dubbio che i fascisti stanno entrando a Madrid, ma ben presto devono essere ricacciati, perché la Spagna possa essere ripresa.
Sono felice qui a Madrid, lo dico senza mezzi termini; mi incanta poterla vedere ora con la compostezza dell'uomo serio che vive le proprie responsabilità, e non con la frivolezza e la leggerezza che un uomo dimostra quando comincia ad essere tormentato.
»

Il 19 novembre, poco dopo mezzogiorno, Durruti - accompagnato dal suo autista Julio Graves, da Miguel Yoldi, Antonio Bonilla e dal suo consigliere militare, il sergente José Manzana — era diretto all'Ospedale Clinico, teatro di una dura battaglia contro le truppe moresche. Visto un gruppo di miliziani che riteneva avessero disertato, Durruti fece fermare l'automobile e scese, ordinando loro di riprendere la loro posizione, cosa che essi fecero.
Nell'aprire lo sportello della macchina per risalire, una raffica di mitra proveniente dall'interno colpì Durruti in pieno petto, a distanza ravvicinata.
Secondo Miguel Yoldi ed il sergente Manzana, le pallottole provenivano dal mitra di Durruti stesso, che aveva incidentalmente sbattuto contro lo sportello della macchina.
Tuttavia, secondo il terzo occupante l'automobile, Bonilla, il colpo fatale era stato esploso "deliberatamente o accidentalmente" dal sergente Manzana.
Secondo Garcia Oliver ed altri testimoni, Durruti non aveva mai portato un mitra, solo una pistola.

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Da sinistra a destra: con la mano in tasca, l'ex consigliere militare di Durruti, capitano Enrique Pérez-Farrás; accanto a lui, che tiene il braccio bendato di Manzana, c'è il segretario della FAI peninsulare Diego Abad de Santillan. Dietro, Andres Nin del POUM and Juan Garcia Oliver, ministro della giustizia della CNT.

Buenaventura Durruti muore a seguito delle ferite durante le prime ore del 20 novembre, all'età di 40 anni.
Il giorno successivo alla morte, il segretario generale della CNT, Mariano Vázquez, ‘Marianet’, presumibilmente convocò tutti quelli che erano nella macchina con Durruti al momento dell'incidente e fece loro solennemente giurare di mantenere il silenzio su quello che era successo.
Il mito secondo cui Durruti fosse morto per mano di un cecchino fascista venne messo in giro da Garcia Oliver - nonostante i suoi dubbi personali che sosteneva di avere sulla morte di Durruti - che aveva scarsa fiducia nella capacità del popolo di accettare le circostanze della morte e giudicare di conseguenza.
Fu lui ad assumersi la responsabilità di rilasciare la menzogna manipolatrice secondo la quale Durruti era morto da eroe per mano di un cecchino sconosciuto.
Non convinti del fatto che la morte di Durruti era opera del cecchino, come veniva asserito dai rappresentanti del comitato nazionale della CNT, e temendo che fosse una trappola progettata per eliminare i militanti anarcosindacalisti, quel che rimaneva della colonna Durruti voleva lasciare immediatamente Madrid.
Fu solo l'affrettato arrivo di Federica Montseny a convincerli a rimanere.
Il corpo di Durruti venne portato in macchina a Barcellona dove il 23 novembre ebbe luogo il funerale.

ManzanaOliverJosé Manzana e Garcia Oliver

fonte: ChristieBooks

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