Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz
5.
Niente ha inculcato l'ideologia borghese dell'illuminismo nella nostra testa con più insistenza della sua rispettiva metafisica storica. La metafisica reale del lavoro e del valore è storicamente incorniciata dentro la costruzione teleologica del "progresso". All'ontologia borghese del lavoro che definisce il "lavoro" realmente astratto (secondo Marx, la "sostanza" della forma del valore) come condizione perpetua dell'umanità - e da cui proviene la risultante metafisica del lavoro consistente nella supposta liberazione del lavoro (e liberazione per mezzo del lavoro) - corrisponde l'ontologia e la metafisica borghese del soggetto: il soggetto del lavoro, della circolazione, della conoscenza e dello Stato della modernità, produttore di merci, diventa "l'Uomo" in termini generali, al quale troviamo associata la promessa metafisica di una sua "propria autonomia e responsabilità" che emana dalla forma del pensare e dell'agire borghese. A tale costruzione ideologica del soggetto corrisponde, a sua volta, l'ideologia borghese del progresso che intende tutta la storia antecedente come l'ascesa da una forma inferiore ad un'altra forma più elevata, così come la metafisica del progresso costruita su quest'ultima forma che scopre nella socializzazione del valore l'apice e la fine della storia. Nel pensiero illuminista originale si trattava inizialmente del presunto movimento dall' "errore" alla "verità", formulato classicamente da Condorcet. L'Umanità fino ad allora - così opina Kant nelle sue opere principali - era ancora condizionata nel suo pensiero e nella sua azione da errori ed incoerenze sistemiche; prima essa si era dedicata ad irrazionalità e ad inclinazioni erronee, mentre solo allora, con la modernità borghese, era cominciata l'era della "ragione". Hegel si limitò a criticare questa costruzione nella misura in cui la rifondò in una forma più raffinata. Secondo la sua versione, le condizioni pre-moderne dell'intelletto e della società non devono essere concepite come meri errori, ma come "forme evolutive necessarie" e come stati passeggeri dello "Spirito del Mondo" che, nel corso della storia umana, si avvicinava a sé stesso. La storia, pertanto, è una storia dello sviluppo, e per di più, necessaria. A tutte le formazioni anteriori viene concesso il diritto risultante da questa necessità che, tuttavia, si riduce man mano che si retrocede nel passato. Nell'identificazione metaforica dell'ontogenesi con la filogenesi storico-sociale, vengono rappresentate le tappe di un processo di maturazione dell'umanità dagli stadi pre-umani e semi-umani, o semi-animaleschi, attraverso l'infanzia e l'adolescenza, fino al glorioso stadio adulto (maschile e bianco) finalmente "razionale". Il positivismo, come erede legittimo del patrimonio dell'illuminismo, si dedicò a partire da Comte a divulgare, popolarizzare e politicizzare un tale schema, per esempio nelle politiche di legittimazione del colonialismo e nelle posteriori teorie politico-economiche dello "sviluppo"-
6.
La forma del soggetto che si avvicina a sé stessa in questa costruzione storica è, da un lato, astratta ed universale (da qui "l'uguaglianza") e, nella stessa misura, asessuata. Dall'altro lato, però, i momenti impossibili da essere coperti dal concetto di valore, come la riproduzione sociale, le forme di espressione umana, ecc., vengono delegati alla "Donna" (in quanto essere biologicamente sessuale e materno) e vengono separati dalla "vera" forma soggetto del valore. Così, il rapporto di valore, a prima vista, si presenta solo come trascendente e universale, e lo fa suggerendo di costituire una totalità che non esiste e che non può esistere. Ma al di là del concetto positivo della totalità, nella società moderna si tratta realmente di una meta-relazione dissimulata sotto la categoria del valore, in particolare della "relazione di separazione" determinata fondamentalmente sulla base dei criteri sessuali (Roswitha Scholz).
Questa relazione, che appunto smentisce la supposta universalità, scompare, da un lato, nel mondo concettuale borghese e illuminista; dall'altro lato, laddove dev'essere definita nelle sue manifestazioni pratiche nel quotidiano, tali manifestazioni possono essere rappresentate significativamente dentro le categorie borghesi solo come "diseguaglianze oggettive (naturali)". In tal modo, l'uguaglianza astratta si riferisce esclusivamente all'universo interiore per la forma valore e, di conseguenza, si applica alla donna solo nella misura in cui questa agisce dentro i limiti di questa forma (in quanto acquirente o venditrice di merci, o di forza lavoro), nel mentre che i momenti separati di questo universo, autosufficiente solo in apparenza, rimangono invisibili.
Così, l'universalismo del sistema produttore di merci non è solo astratto (realmente) e distruttivo, ma, come risulta altrettanto evidente, è privo di una vera universalità sociale. In quanto essenza separata, la "femminilità" sociale si trova situata all'esterno dell'universalismo, mentre la donna empirica vive lacerata nel suo interno da questo stesso fatto: come soggetto (anche monetario), sta "dentro"; come portatrice dei momenti e delle aree di vita separate, sta "fuori".
La relazione di separazione in quanto relazione generale paradossale della socializzazione del valore, implica, pertanto, l'universalità non vera, formale, dentro la sfera del valore e, allo stesso tempo, la determinazione sessuale dei momenti separati ed esclusi, in modo che il soggetto vero e pieno finisce per essere definito come maschile. Così, il soggetto storico, ovvero, il portatore del processo storico e dell'ontologia che "si avvicina a sé stessa", è per principio maschile, in quanto il momento del non-soggetto - che rimane necessariamente naturale e, perciò, senza storia - è femminile a causa di una supposta determinazione biologica.
7.
In una relazione fra i sessi costruita come relazione di separazione, i momenti della riproduzione materiale, culturale e psichica, socialmente necessari ma impossibili da essere rappresentati sotto la forma del valore, vengono rimossi dal contesto di uguaglianza ed universalità della socializzazione del valore e, così, vengono ridotti ad una dimensione mutilata dove si trovano limitati ad un'esistenza muta, come ombra della forma del valore. Ma dato che, puramente e semplicemente, non possono essere rappresentati sotto la forma del valore, non ha alcun senso cercare di introdurre a forza i momenti separati nell'universalità astratta, delimitata dalla forma del valore. Questa falsa universalità, negativa, in fin dei conti si fonda proprio sopra la separazione, senza la quale non può esistere, e neppure essere pensata. Viceversa, i momenti separati, a loro volta, non costituiscono alcuna "vera realtà" sociale, culturale o psichica nella quale l'universalismo astratto si possa integrare positivamente. Piuttosto, ciò che si trova separato, in quanto tale, lo si trova solo ridotto o mutilato; il superamento della relazione di separazione e, con essa, il superamento della propria relazione di valore, è possibile unicamente come superamento di entrambe le parti.
La relazione di separazione, che non dev'essere confusa con la realtà empirica immediata delle relazioni tra i sessi, costituisce la logica trascendente della modernità. L'attribuzione sessuale dell'universalismo del valore, da una parte, e la separazione, dall'altro, non costituiscono in ultima istanza una realtà di fatto naturale, ma una costruzione sociale; tuttavia è una costruzione non fortuita né aleatoria, ma storicamente oggettivata, che può solo essere soppressa insieme alla costituzione della forma valore. E, dunque, in questa misura che si configura un momento empirico, irrefutabile, dell'identità degli individui, ma senza che questi si riducano a quella.
Perciò è una realtà empirica indiscutibile quella per cui, per esempio, certe donne non si limitano ad agire in modo parziale all'interno della sfera astrattamente universalistica del valore, ma si integrano completamente, fanno carriera, ecc.. In tal misura, sono "soggetti", come dire, quasi esclusivamente "maschili", sebbene, nella maggioranza dei casi, sotto forma di identità paradossalmente frammentata. Questo non interferisce minimamente con la logica della relazione di separazione in quanto tale. Le donne in carriera, per esempio, non negano questa relazione, rappresentandola ancora meglio in quanto soggetti rispetto alle altre donne (e, in una certa misura, rispetto a sé stesse). La separazione in quanto tale si prolunga, anche sotto forme infinitamente fratturate e frammentate, mentre la relazione di valore continua ad esistere.
- (continua …) - - Robert Kurz -
fonte: EXIT!
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