domenica 20 luglio 2014

Rinuncia all’eredità

sangue

Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz

15.
Sotto molti aspetti, il marxismo non costituisce il superamento, ma solo la continuazione ed il prolungamento della distruttiva metafisica del valore del soggetto e della storia, propria dell'illuminismo. Come è ben noto, proprio Marx, e molto di più il cosiddetto marxismo, adottarono essenzialmente la versione hegeliana, ampliata, dell'ontologia e della metafisica illuminista del progresso, limitandosi a cercare di capovolgerla, presumibilmente, dalla testa ai piedi, in maniera "materialista". La "necessaria storia dello sviluppo" si convertì nella storia politico-economica dei "modi di produzione" in armonia con i "modi di pensare" (materialismo storico). Alla reinterpretazione materialista corrispose un prolungamento della costruzione illuminista. Come la storia necessaria dello sviluppo dello spirito del mondo, nell'avvicinarsi a sé stesso, divenne la storia necessaria delle forze e delle condizioni di produzione, così il finale glorioso non doveva consistere nella società borghese, ma nel "socialismo operaio".
Il marxismo si limitò, pertanto, a postulare uno "stadio dello sviluppo oggettivamente necessario" addizionale e supplementare, che doveva seguire a quello borghese, rivelandosi così come una mera appendice della metafisica storica dell'illuminismo. E' un fatto che Marx si sia riferito occasionalmente al socialismo/comunismo, non come ad un finale della storia ma, proprio in maniera precisamente inversa, come alla "fine della preistoria"; concetto questo che potrà costituire un primo punto di partenza per una critica più ampia. Tuttavia, questa formulazione corrisponde proprio ai momenti della teoria marxista che non sono compatibili con l'ideologia dell'illuminismo e che, perciò, (soprattutto sotto la forma del concetto di feticcio) non sono compatibili con il materialismo storico. La forma di feticcio del valore, in sé stessa, ha poco o niente di "materiale".
In relazione al "doppio Marx", dunque, il materialismo storico si inquadra pienamente nell'eredità borghese e illuminista, nel Marx della modernizzazione e del movimento operaio; lo stesso vale ugualmente per la versione marxista del concetto di "progresso" che, fondamentalmente, si incontra solo al servizio della funzione di avanguardia del marxismo del movimento operaio nel processo di modernizzazione capitalista (creazione di una soggettività giuridica e di cittadinanza generalizzata, ecc.).
Quello che si accompagnò a tutto questo fu, conseguentemente, la parzialità categoriale del marxismo, anche nei termini degli altri momenti dell'ontologia e della metafisica capitalista; non solo per quel che riguarda le forme della relazione sociale oggettivata del lavoro e del valore, ma anche in rapporto alla forma borghese del soggetto, in quanto l'accesso alla stessa, ed il riconoscimento sociale nel seno della stessa, ha costituito la causa storica essenziale del movimento operaio. Alla versione materialista della metafisica storica illuminista corrispondeva, necessariamente, una versione materialista della metafisica illuminista del soggetto (soprattutto sotto la forma dell'ideologia sociologica di classe), incapace di pensare al superamento della forma storico-sociale soggiacente.
Com'è logico, il marxismo, in questo modo, fu in grado di affrontare il rapporto fra i sessi solo nell'ambito della forma borghese del soggetto, al fine di risolvere i "compiti" già stabiliti, fin dal principio, dall'ideologia dell'illuminismo, anche se erano pendenti, cioè, come "problemi dell'equiparazione", astratta e giuridica, che si riferiva alla cittadinanza in uno Stato (in analogia con la corrispondente logica dei soggetti maschili salariati), mentre che, allo stesso tempo, la delega alla donna (la proletaria come "fattrice" dei "soldati del lavoro") dei momenti separati, venne adottata anche dall'ideologia dell'illuminismo sotto forma di un materialismo biologico del rapporto di separazione immaginato da essa.
In modo del tutto simile si presentava la relazione marxista col razzismo e con il colonialismo: anche in questo senso, il movimento operaio adottò in gran misura l'idea illuminista della superiorità bianca e della "missione civilizzatrice" del capitale, attenuata appena da una critica contenuta nei confronti degli "eccessi" colonialisti. Per tutto questo, anche il soggetto del progresso storico-metafisico in direzione del socialismo, in quanto supposto culmine della storia del progresso dell'umanità, poteva essere solamente, in linea di principio, maschio e bianco.
All'affezione alle reali categorie capitaliste, all'inventario essenziale dell'ideologia illuminista e alla relazione di separazione doveva corrispondere un uguale affetto verso le forme di riflessione teorica. Marx, nella sua critica all'economia politica, ha rappresentato con chiarezza la concatenazione categoriale ed il processo di riproduzione del capitale, ma limitandosi però al nucleo della relazione del valore, senza contemplare la dimensione della relazione di separazione e senza dare conto, in modo sistemico, della forma della politica (la prima cosa, per mancanza di comprensione; la seconda, per mancanza di opportunità). Riassunta in maniera simile, e perciò, contraddittoria, una volta inquadrata nella metafisica illuminista del progresso, rimase come la rappresentazione marxiana del colonialismo.
In secondo luogo, la forma della rappresentazione è proprio quella che può essere letta, in modo positivo e conforme alla logica identitaria, come una mera versione materialista ed economico-politica della teoria dei sistemi totalitari in senso hegeliano; mentre la teoria negativa della costituzione del feticcio appare, innanzitutto, come una "scheggia impazzita" (che da sempre ha causato meraviglia, soprattutto al pensiero deduttivo maschile caratterizzato dalla logica identitaria). Una volta isolato questo corpo estraneo, il marxismo del movimento operaio può, perciò, adottare la teoria marxiana in modo positivista, come istruzione per l'uso all'interno dell'involucro della forma valore e della forma borghese del soggetto.
Sotto quest'spetto, il marxismo si è rivelato essere, in modo particolarmente coerente, una mera appendice dell'ideologia dell'illuminismo, nella misura in cui, come il suo "de cuius", si è sempre collocato in modo conseguente dalla parte della razionalità, sotto la forma del valore ("ragione") e del "progresso" di tale forma. L'irrazionalità della propria relazione doveva essere sempre intesa, in questo modo, come esterna ed ostile alla relazione con le rispettive forme di pensiero, invece di riconoscere il carattere perfettamente immanente delle ideologie soggettiviste ed irrazionaliste e delle corrispondenti conseguenze devastatrici. Nella riduzione al "razionalismo degli interessi", suppostamente sociologico della forma del valore, il pensiero marxista finì per dimostrare di essere più realista del re riguardo al concetto di razionalità capitalista ed illuminista, nella misura in cui sognò sempre di "realizzare" gli ideali borghesi astrattamente universalistici (che, proprio come tali, non smettono di essere una menzogna, ogni volta che sono separatori ed escludenti) contro l'irrazionalità borghese ideologicamente esteriorizzata, cercando di comprendere i movimenti intellettuali, e le forme distruttive di attuazione corrispondenti a tale irrazionalità oggettivata della razionalità borghese, come un "tradimento" perpetrato dal mondo borghese contro la sua propria razionalità; invece di affrontarla come conseguenza intrinseca e necessaria (cosa che si trova dimostrata in modo esemplare in Lukács, nel suo trattato sul presunto "Assalto alla ragione").
Come tale, il marxismo del movimento operaio si convertì nella forza trainante della storia successiva della modernizzazione capitalista, proprio per il fatto che sembrava rappresentare la purezza della forma del pensiero e dell'azione, guidata dalla logica identitaria, della razionalizzazione borghese idealizzata, contro l'irrazionalità debordante propria di quest'ultima. Fu questo a costituire la sua forza, all'epoca, in quanto la socializzazione del valore si trovava ancora storicamente in salita; successivamente, tuttavia, è stato anche quello che lo ha reso obsoleto alla fine di questo sviluppo immanente della relazione di valore.
Così come è successo, in maniera generale, in seno all'ideologia illuminista e nel processo reale del moderno sistema produttore di merci, il movimento operaio non fece altro che riprodurre proprio la scissione borghese fra la teoria e la pratica sotto le modalità di riflessione di un marxismo positivista. Anche i suoi rappresentanti (nella loro maggioranza, com'è evidente empiricamente, maschi e bianchi) si dividevano, da parte loro, in "pragmatici" e teorici contemplativi. I primi scindevano la pratica sociale, a immagine dell'esempio borghese e secondo la logica identificatrice, in azione economica (sindacati analoghi al "management", e allo stesso tempo parte integrante di questo) ed azione politica (il partito, prima come aspirante, e alla fine come parte integrante della classe politica); i secondi sviluppavano e coltivavano un apparato concettuale marxista subordinato alla logica identitaria nel senso di astrazione del valore (percepita in termini sociologici, in modo abusivamente schematizzato e, perciò, carente riguardo alla sua immanenza).

- (continua …) -                                                                                     - Robert Kurz -

fonte: EXIT!

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