venerdì 18 luglio 2014

La coscienza della necessità

sangue4

Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz

8.
Il carattere astratto, repressivo, separatore ed esclusivista dell'universalismo occidentale, costituito sulla base della relazione di valore, non si afferma solo a livello basico e sessuale, ma anche oltre. Questo universalismo riferito solo al mondo interno alla forma valore, configura, sotto molti aspetti, un sistema di esclusione, ed una serie di meccanismi che portano a questa esclusione. La definizione "dell'Uomo" come soggetto del valore, non solo riduce ad uno stadio semiumano il femminile separato, ma per sua propria natura esclude socialmente dall'umanità tutti gli individui che, in via temporanea o definitiva, non possono (o non possono più) agire nell'ambito del movimento spontaneo del "soggetto automatico" e che, conseguentemente, dal punto di vista di questo - che è diventato il punto di vista della riproduzione sociale in generale - devono essere considerati "superflui" e, perciò, fondamentalmente non-umani. Il diritto illuminista dell'Uomo comporta la disumanizzazione temporanea o totale degli individui non riproducibili sotto forma capitalista, perché fin dall'inizio tale diritto si riferisce all'Uomo in quanto soggetto del valore.
La disumanizzazione dell'uomo è stata oggettivamente stabilita dalla definizione dell'universalismo come delimitazione all'universo interno alla metafisica del valore; tuttavia, questo risultato è stato ottenuto per mezzo del meccanismo della concorrenza. La concorrenza decide chi, quando e dove, fa parte della categoria "Uomo". E per questo che la concorrenza riceve a priori, partendo dall'autodefinizione occidentale dell'illuminismo, una connotazione razzista (come ultima ratio della concorrenza di crisi) antisemita. Il razzismo e l'antisemitismo non costituiscono, perciò, un'opposizione fondamentale all'universalismo illuminista, essendo, al contrario, in quanto conseguenza necessaria della limitazione della forma valore, e quindi della concorrenza, i suoi componenti integrali. Il soggetto, secondo il suo proprio concetto, non solo è maschile, ma è anche bianco.
L'accoppiamento logico della disumanizzazione sociale e dell'esclusione razzista, specialmente da parte dell'universalismo occidentale, avviene allo stesso modo in cui ha luogo la relazione di dissociazione che si trova alla sua base: si tratta di una logica efficace come una costruzione oggettivata che non coincide in forma immediata con la realtà empirica, ma che la struttura in qualche modo. Agli individui non bianchi, si tende perciò ad applicare quello che vale per le donne: nel corso della globalizzazione, possono ascendere in modo minoritario (e frequentemente nelle regioni di crollo totale) all'universalismo astratto del valore; tuttavia, in quanto soggetti, viene loro conferita la dubbia categoria di "bianchi non bianchi". Così come l'ascesa delle donne nella categoria del soggetto dell'universo del valore non contesta la relazione di separazione, a sua volta una corrispondente ascesa minoritaria di individui non bianchi non contesta l'universalismo occidentale come relazione di esclusione sociale e razziale. E allo stesso modo non ha alcun senso pretendere di universalizzare di nuovo l'universalismo occidentale in forma secondaria, dato che questo, per via della concorrenza, si basa proprio su tale esclusione. L'emancipazione sociale non può invocare l'universalismo dell'illuminismo, così come non può farlo l'emancipazione sessuale.
9.
Il soggetto illuminista del valore e della storia - che per sua logica inerente è maschio e bianco - contiene in sé un'aporia impossibile da risolvere sul terreno del valore. Da un lato, viene definito come soggetto preminente della "libera volontà" borghese che si dota di un mondo di oggetti dai quali, allo stesso tempo, è separato per sempre, come da uno schermo impenetrabile dovuto alla sua propria forma autoreferente: così si trova rappresentato in forma affermativa nella problematica kantiana della cosa in sé; è questa per Hegel - in quanto movimento di esteriorizzazione della libera volontà verso gli oggetti, nei confronti dei quali però rimane qualcos'altro, in consonanza con la pretesa, autosufficiente e auto referente, di tornare a sé stessa - la rappresentazione logico-filosofica del processo di valorizzazione e di quello che muove il suo soggetto.
Questa forma di "libera volontà", ciò nonostante, è essa stessa essenziale e irriducibilmente oggettiva, non coincidendo, in questo senso, con la "libertà" di scegliere un'alternativa. Si tratta perciò solo della "libera scelta" in seno all'universo delle merci, in funzione della capacità contributiva e giuridica dell'individuo che, al di fuori di questi criteri nemmeno esiste come essere umano. Pertanto, il libero soggetto del valore costituisce un oggetto per sé stesso, oggettivandosi a sé stesso in quanto essere empirico, cosa che si ritrova riassunta nell'etica kantiana come un'autoviolazione veramente mostruosa dell'individuo reale in base ai criteri della forma vuota di una "legge in quanto tale".
Questa filosofia, ampliata e sostenuta nell'illuminismo capitalista ed economicista scozzese (anglosassone), porta la relazione aporetica al parossismo, sia dal punto di vista della teoria della conoscenza che da quello della teoria dell'azione ("etica"): il soggetto in quanto soggetto, così come la "libertà" corrispondente, non è di questo mondo, nel venire separato, nella sua propria essenza, da ogni sensualità, oggettività pratica e necessità sociale; è un mero fantasma della forma vuota del feticcio del valore. Tuttavia, nella misura in cui questo fantasma di un soggetto si riferisce al mondo reale, ed è anche "non libero per necessità naturale", solo ogni volta che può acquisire conoscenza ed agire d'accordo con le "leggi naturali" (meccaniche) fisiche e sociali - le quali, paradossalmente e per contribuire alla festa, secondo Kant sono perfino le leggi dell'esistenza immanente alla sua propria natura - si tratta solo della forma della conoscenza della sua relazione alienata (che gli appare come qualcosa di estraneo a sé stesso) con il mondo dei sensi. La libertà è vuota ed è dell'altro mondo, in quanto la vita reale si sviluppa secondo il ritmo della spietata "legge naturale " del capitale e del suo incessante processo di valorizzazione.
Qui, il concetto di sensualità è definito in forma astratta come "sensualità in quanto tale", proprio perché il vero riferimento sensuale rimane indifferente all'astrazione del valore. Da questo risulta un'inversione paradossale nel concetto di sensualità e di naturalezza: da una parte, si nega che il "processo di metabolismo con la natura" (Marx) sia esso stesso costituito a sua volta in forma culturale, non essendo, in alcun modo, immediato; e quindi la propria sensualità si presenta, storicamente e culturalmente, in una maniera differente, includendo la concezione dello spazio e del tempo. Invece, la sensualità appare in forma astorica sotto la forma della sensualità da sempre astratta ed indifferente alla relazione col valore. Dall'altro lato, la socializzazione del valore "lavora" con fervore, come nessun'altra formazione anteriore, per adeguare completamente la totalità del mondo naturale e sensuale, inclusa la sessualità umana, al suo proprio concetto; ossia, a convertire la propria naturalezza in uno stato astorico di piena compatibilità con l'astrazione del valore, livellando qualsiasi differenza tra la natura e la società capitalista (cosa che costituisce un progetto necessariamente condannato al fallimento).
Nell'oggettivare in questo modo tutta la natura e, insieme ad essa, anche la sensualità per mezzo dell'astrazione del valore, la socializzazione del valore in quanto tutto si disintegra in sé, così come qualsiasi altro suo soggetto, in una polarità aporetica di soggetto ed oggetto; la società si converte in una cieca oggettività che si oppone ai soggetti da essa formati (strutturalmente maschili e bianchi) come un potere estraneo (seconda natura), mentre i momenti che non riescono ad inquadrarsi in questa logica devono rimanere separati e, così, "irrazionalizzati". La preminenza e la "incondizionalità" della libera volontà totalmente privata di sensualità e, in generale, irrealizzata, si trasforma nel suo esatto contrario, fatto di un oggettivismo ugualmente incondizionato.
Ne consegue che come la metafisica del soggetto, la metafisica storica dev'essere di natura aporetica: al soggetto della storia, maschio e bianco, corrisponde la "legge naturale" oggettiva della storia, nella misura in cui questa è la vera storia della società; quanto più libera, tanto più necessaria (Hegel: "la libertà è la coscienza della necessità"). In tal modo, l'illuminismo è essenzialmente un'ideologia di auto-violazione e di auto-soggezione degli individui all'imperativo oggettivato della forma del valore (valorizzazione del valore) autonomizzata rispetto ad essi.
Come tale, se le donne e i non-bianchi ascendono empiricamente alla categoria del soggetto della metafisica del valore, non si emancipano, limitandosi a scambiare la propria riduzione alla categoria della separazione e la propria esclusione con l'altra riduzione, alla categoria dell'auto-oggettivazione.
10.
Come conseguenza della sua struttura aporetica, il soggetto della storia, maschio e "libero" - "libero" solo in quanto esecutore del movimento determinato dal fine in sé del valore - non deve fare altro che separare i momenti dell'emotività, della sensualità, ecc., finché non scinde sé stesso in un'opposizione interna fra il pensiero e l'azione: da un lato appaiono i "pragmatici" (economici e politici), i quali rappresentano le élite funzionali in gran parte esenti da riflessione (per lo meno al meta-livello delle forme sociali); dall'altro, i teorici sociali, in gran parte contemplativi, i quali non agiscono sul piano sociale della forma immediata e (tanto privati della sensualità e delle emozioni quanto lo sono i "pragmatici") devono comportarsi come osservatori meramente "esteriori"; per così dire, come se il cervello fluttuasse in una soluzione nutritiva su Marte e, per mezzo della forma aprioristica del pensiero del valore e con l'intermediazione degli apparati tecnici (oppure della capacità di astrazione teorica)  osservassero dall'esterno la ribollente vita oggettiva della società moderna.
La scissione sistematica fra la teoria e la pratica è perciò, in realtà, parte integrante della costituzione del valore, e si manifesta simultaneamente nella corrispondente teoria metafisica del soggetto e della storia. I pragmatici eseguono la marcia dell'oggettività, mentre i teorici contemplativi comprovano che tutto sia conforme, e che non può essere in altro modo.
11.
Il soggettivismo, apparentemente contrario, non è niente di più che un prodotto collaterale periodico ed una manifestazione secondaria di questa logica; ossia, l'ipostatizzazione dell'altro polo, senza abbandonare la costituzione propria della forma. E' per questo stesso motivo che, in effetti, fallisce invariabilmente ad essere reintrodotto nell'oggettività, tanto del soggetto quanto della storia. Tuttavia, nel corso della storia intellettuale borghese, si è consolidato ed autonomizzato anche in quanto posizione soggettivista di una falsa immediatezza, che nasconde il contesto costitutivo, storico e logico del soggetto determinato dalla forma valore del sistema produttore di merci, presupponendo quest'ultimo in modo positivo nella sua genesi irriflessiva.
Il risultato consiste, o nella mistificazione, o nella estetizzazione (oppure in entrambe le cose) della soggettività moderna nella sua esistenza banale e miserabile come agente e "orifizio orale" del movimento della valorizzazione carente di soggetto. Dal romanticismo, passando per i supposti solitari Kierkegaard, Schopenhauer e Nietzsche, fino alla cosiddetta filosofia della vita, all'esistenzialismo di Heidegger e simili, all'ideologia nazista, associata a questi potenti effetti sociali, e i movimenti di pensiero alimentati da queste radici nella seconda metà del XX secolo, scorre tutta una catena di manifestazioni di questa falsa immediatezza ideologica del soggetto del valore che si vive dolorosamente come "derelitto" in un mondo che gli estraneo e inchiodato alla croce della sua oggettività per poi, in un battito di ciglia, eroicizzare sé stesso in questa esistenza invece di sollevarsi contro tale stato ed emanciparsi da esso.

- (continua …) -                                                                                       - Robert Kurz -

fonte: EXIT!

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