mercoledì 11 dicembre 2013

Pasukanis

pasukanis

"La teoria generale del diritto e il marxismo", di Eughenij Bronislavovic Pasukanis, viene pubblicato nel 1924 e pur rimanendo ancorato, in moltissimi passaggi, ai paradigmi del marxismo tradizionale rimane un punto di partenza ed una base, ancora oggi, per una discussione sul superamento del Diritto. L'autore, Pasukanis, giurista e membro del partito bolscevico russo, nel 1936 sarà fatto oggetto di attacchi politici sempre più frequenti, poi denunciato come "deviazionista trotskista" ed infine giustiziato, nel 1937, dopo essere stato sostituito all'Istituto per il diritto sovietico, di cui era stato direttore fino al 1936, da Andrej Vysinskij, la pubblica accusa in tutti i grandi processi di Mosca dal 1936 al 1939.

pasukmarx

Nonostante Marx si sia dannato a dimostrare che le forme giuridiche e politiche - e non solo il loro contenuto - sono delle forme specifiche della società capitalista, i commentatori del marxismo ufficiale hanno fatto di tutto per presentare le forme giuridiche e statali come degli strumenti di carattere tecnico, o neutro. Secondo la più parte di essi, è la volontà della classe dominante, malgrado gli ostacoli interposti - volontà della classe oppressa, limiti oggettivi del sistema -, a dare contenuto a tali forme e ai rapporti   che ne discendono (relazioni fra gruppi ed individui). Da qui, a concludere che basti sostituire ad un personale politico e giudiziario borghese, un personale di origine proletaria o piccolo borghese, il passo è breve: quello fatto dagli apologeti servili dello stalinismo, come Vysinskij!
Perciò, si vedono alcuni teorici comunisti affermare che la volontà della classe operaia si contrappone alla volontà della classe dominante e che, a fianco di un diritto marcato dall'influenza borghese, si può sviluppare un contro-diritto favorevole alla classe operaia. I rapporti statali e giuridici si solidificano fino a prendere l'aspetto di "naturali ed inevitabili" ed i problemi da affrontare si riducono al grado, più o meno grande, di giustizia che si riesce a conquistare. Così, si finisce per soccombere al nuovo feticismo, quello che prende le forme fenomeniche (rapporti giuridici, formalismo giuridico) così come si presentano immediatamente agli attori sociali, senza interrogarsi sulle ragioni del loro imporsi.
In questo quadro, il libro di Pasukanis ha ancora molto da dire. Non che sia senza difetti. Gli si può rimproverare di non attenersi all'obiettivo dichiarato (quello di mostrare la specificità dei rapporti giuridici in quanto rapporti sociali particolari) e di cedere troppo facilmente alla tentazione di ridurre questi rapporti a rapporti di mercato, cioè a dire economici. Ma va riconosciuto che rifiuta, in modo efficace, i concetti che fanno del Diritto una tecnica (normativismo e positivismo) senza vedere in esso quell'insieme di rapporti, di forme e di ideologie funzionali ad un certo contesto sociale. Sotto il feudalesimo, il diritto formalmente egualitario era ricoperto, ed avviluppato, da un sistema di privilegi di cui godevano individui o gruppi; sotto il capitalismo, raggiunge il suo pieno potenziale, ma nella società di transizione verso il socialismo è destinato a scomparire gradualmente nella misura in cui spariscono i rapporti capitalisti e di mercato: questa, a grandi linee, la teoria del diritto difesa da Pasukanis e che rimane la base, ancora oggi, per sviluppare una teoria generale dei rapporti e delle forme giuridiche.
Dalla prima pubblicazione di questo libro, si sono verificati molti cambiamenti nella vita giuridica. Abbiamo visto crescere un diritto, detto sociale, che ha mostrato assai chiaramente come le pretese egualitarie del diritto borghese si scontrano con la realtà delle profonde disuguaglianze fra gli individui, i gruppi, le classi. Lo stesso ordine giudiziario è cambiato. In molti paesi occidentali, i vertici della magistratura sono diventati più "politici", cioè più direttamente dipendenti dallo Stato, venendo ad assumere funzioni politico-amministrative assai ampie. Inoltre, i raggruppamenti professionali hanno visto crescere le loro competenze in campo giudiziario o quasi-giudiziario. Ne è risultata una complicazione straordinaria della giustizia, un groviglio di giurisdizioni e di competenze, di sovrapposizioni di dominii che implicano interventi sempre più frequenti da parte dei governi e dell'alta burocrazia. La separazione dei poteri, che non è altro che divisione del lavoro all'interno dello Stato, controllata, e sanzionata, da un'opinione pubblica borghese è diventata solo una finzione. L'interventismo dello stato capitalista ha messo in atto delle modifiche continue del sistema giuridico che è diventato sempre più pesante, più oppressivo. Per le masse popolari, prive di consiglieri giuridici, il diritto si è fatto sempre più imprevedibile ed irrazionale. Le caratteristiche degli individui, la loro situazione in un momento dato, non hanno apparentemente alcuna relazione significativa con i rapporti giuridici che essi intrattengono gli uni con gli altri. I cambiamenti del diritto, i suoi adattamenti alla trasformazione della società capitalista, non cambiano la sua natura di classe, il suo ruolo di produrre, e riprodurre, quell'individuo isolato necessario ai rapporti di produzione, in modo da favorire l'appropriazione capitalista, per reprimere e minare l'organizzazione collettiva dei lavoratori e per contenere conflitti degli individui e dei differenti settori della società.

pauk bolscevi

Pasukanis, come tutta quella vecchia generazione di bolscevichi artefice della Rivoluzione d'Ottobre, aveva preso troppo sul serio le teorie di Marx e di Lenin a proposito della scomparsa dello Stato e del Diritto! Certo, la lettura del libro presenta numerose difficoltà e, come sottolineato da Karl Korsch, il dogmatismo dell'autore, influenzato da quegli stessi che critica, conferisce alla sua opera un aspetto minaccioso. Riferimenti ad esempi concreti non abbondano certo e la realtà sovietica del 1923 si intravvede appena; ragion per cui possono servire alcune spiegazioni complementari sulla teoria giuridica. Serve dire che la "scuola del diritto naturale", nata nel XVIII secolo come contestazione all'ordine giuridico feudale, cercò i fondamenti delle regole della vita sociale nei principi conformi alla "natura umana"; e non all' "ordine divino". Riflettendo cos' l'ascesa dell'individualismo borghese e preparando il piano rivoluzionario dell'epoca. Oggi invece, i difensori della teoria del diritto naturale si preoccupano di difendere l'ordine capitalista esistente, attribuendogli un carattere naturale e sovra-storico. Va detto che nei paesi dell'est (Unione Sovietica, democrazie popolari) vi erano delle correnti riformiste che opponevano quest'idea del diritto naturale all'arbitrarietà della burocrazia. Il positivismo giuridico, invece, non si preoccupa del problema dei fondamenti. Per esso, la legittimità proviene dal fatto che esiste e perdura. Il suo interesse è il funzionamento effettivo dell'ordine giuridico, e la sua evoluzione in funzione dei problemi pratici. Può essere considerato una variante del positivismo, quello che viene detto storicismo giuridico. Vede l'ordine giuridico come frutto di un'evoluzione assai lenta, in opposizione a che dà troppa importanza alla logica dell'adeguamento delle regole giuridiche. Il normativismo giuridico di Kelsen è anch'esso una variante del positivismo. SI distingue per uno studio rigoroso dei sistemi delle norme, mostrandone i legami logici che li uniscono a partire da una norma fondamentale che considerano la base di tutti i sistemi. Partono dal presupposto che ogni vita sociale organizzata debba ricorrere al diritto, ovvero deve stabilire delle regole sanzionate dallo stato ed esterne agli individui ed ai gruppi. Non passa loro nemmeno per il capo che delle norme generali possano deperire all'interno di una società auto-governata!
Il diritto è quindi concepito come l'insieme delle regole, e delle istituzioni, necessarie al mantenimento ed al corretto funzionamento delle organizzazioni burocratiche.

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