Henryk Grossmann (1881-1954) rimane uno fra i pochi marxisti del XX secolo che hanno ancora qualcosa da insegnarci. Proprio per questo, è rimasto in gran parte sconosciuto e altrettanto sconosciuta rimane la sua traettoria, negli anni 1920 e 30, in seno a quella che in seguito verrà chiamata la Scuola di Francoforte. La sua teoria del crollo del capitalismo fu uno dei punti di maggior dissenso in seno al gruppo francofortese, prima della seconda guerra mondiale, e vide Horkheimer, Adorno e Marcuse - come reazione - aderire alla tesi, che oggi sappiamo essere erronea, del "primato della politica" nel quadro del capitalismo post-liberale (che Adorno continuava a chiamare "tardo capitalismo"), sorto intorno agli anni 1930. Era questa una tesi di cui Friedrich Pollock era stato il principale architetto in seno all'Istituto di Francoforte. Ma la polemica di fondo di cui si era fatto portatore un "outsider" come Grossmann, rimane tuttavia ancora oggi piena di significato, proprio dopo quegli avvenimenti che si sono verificati a partire dagli anni 1970 fino ai giorni nostri e che hanno contraddistinto una nuova configurazione storica del "kernel" capitalista: quella definito configurazione Keynesiana-liberale del capitalismo della crisi globale.
Era il 1924, quando Félix Weil, Friedrich Pollock e Max Horkheimer fondarono l'Istituto di ricerche sociali a Francoforte. Ed è il 22 giugno di quell'anno, quando il suo primo direttore, lo storico ed economista austriaco Carl Grünberg - i cui allievi, a Vienna, erano stati all'origine della corrente austro-marxista -, conclude il suo discorso d'inaugurazione, affermando esplicitamente la sua adesione personale al marxismo. Si premura di precisare, tuttavia, che niente deve essere trasformato in un canone immutabile di verità eterne, inaugurando così quel"marxismo aperto" che verrà attribuito alla Scuola di Francoforte nel dopoguerra. Ma se, in seno all'Istituto, il dogmatismo della seconda e della terza Internazionale doveva affrontare delle critiche, era evidente che la maggioranza degli assistenti, in quella metà degli anni venti, era iscritta all'USPD (Partito Socialdemocratico Indipendente Tedesco) o al KPD (Partito Comunista di Germania), o comunque simpatizzanti del movimento comunista. In quell'epoca, tutti leggevano assiduamente le opere di Rosa Luxemburg, di Karl Korsch e di Georg Lukács, e molti dei giovani ricercatori dell'Istituto rimasero segnati dalla rivoluzione tedesca del 1918-22 (notamente consiliare) e dalla sua sconfitta.
I primi anni dell'Istituto furono quindi caratterizzati da un dibattito interno sulla natura dell'Unione Sovietica e sulla teoria della crisi in Marx; dibattito che in parte rifletteva un conflitto generazionale. Il conflitto principale oppose le tesi di Henryk Grossmann a quelle di Friedrich Pollock - i due più importanti economisti dell'Istituto a quel tempo. Grossmann era stato allievo, a Vienna, di Carl Grünberg e proprio quest'ultimo lo aveva invitato, nel 1925, ad unirsi all'Istituto: fu per Grossmann, questa, l'occasione per poter sfuggire alla polizia che, in Polonia, lo aveva messo agli arresti domiciliari a causa delle sue simpatie verso il regime sovietico. La sua opera - diversamente, da quanto se ne dicesse - non era affatto caratterizzata dal marxismo positivista e meccanicista di Engels e di Kautsky. Piuttosto, la sua riflessione si inscriveva in una serie di risposte al revisionismo di Bernstein e sviluppava una critica delle osservazioni e dei commentari fatti da Rosa Luxemburg agli schemi dei modelli riproduttivi elaborati da Marx nel II Libro del Capitale. Negli anni 1926 e 1927, Grossmann tiene dei corsi che poi verranno raccolti, nel 1929, sotto il titolo de "La legge dell'accumulazione e del crollo del sistema capitalista". La pubblicazione di tale opera coincideva con l'inizio della crisi mondiale del 1929, e per tale motivo rivestiva un'enorme importanza.
Nel libro, viene rimessa al centro della teoria marxista la questione dei limiti oggettivi allo sviluppo del capitalismo, riprendendo la questione sollevata dalla Luxemburg ne "L'accumulazione del capitale", che però ai suoi occhi era posta in maniera imperfetta ed in polemica con la teoria di Marx. Grossmann intende riprendere il problema, a partire dalle teorie della Luxemburg, concentrandosi sulla produzione, e non solo sulla realizzazione del plusvalore, come pensava quest'ultima. Sviluppa, in tal modo, una teoria del "crollo del capitalismo" provocato da una "assenza di valorizzazione in rapporto ad un eccesso di accumulazione". Per lui, la crisi consiste in una "diminuzione della massa del plusvalore". Nel 1940, Grossmann prosegue le sue riflessioni e pubblica, in poche copie, "Marx, l'economia politica classica e il problema della dinamica", la cui lettura non è affatto priva di interesse. Ma, diversamente dalle tesi di Rosa Luxemburg, la teoria del crollo del capitalismo di Grossmann divenne, rapidamente ed evidentemente, causa di divisione all'interno dell'Istituto.
Fu Friedrich Pollock (1894-1970) il principale avversario della "tesi del crollo". Partendo da quelle che riteneva fossero le insufficienze del concetto di "lavoro produttivo" in Marx, presenta nel 1929 la sua critica a Grossmann nel libro "Esperienze di pianificazione economica in Unione Sovietica (1917-1927)", scritto in seguito ad un viaggio in Unione Sovietica dovr aveva potuto frequentare l'opposizione minoritaria all'interno del partito comunista sovietico. I forti dissensi interni riguardo al soggetto del lavoro di Pollock (che non venne mai pubblicato) e il sostegno incrollabile dato da Grossmann all'Unione Sovietica (che lo isolava dagli altri suoi colleghi) fecero sì che l'argomento finisse per passare sotto silenzio a partire dal 1929. Tanto che, nel primo numero della rivista dell'Istituto, nel 1932, due contributi - uno di Grossmann, l'altro di Pollock - trattavano di "economia marxista", di teoria delle crisi e di "alternative" pianificate al capitalismo, ma ciascuna delle tesi si preoccupava di ignorare bellamente l'altra. Nel frattempo, Horkheimer, si schiera dalla parte di Pollock, suo amico d'infanzia, e quando diventa direttore dell'Istituto, nel 1931, avrà a dire che il marxismo molto teorico e militante non è più adeguato. L'orientamento dell'Istituto diventa quello del "riesame dei fondamenti del marxismo". L'arrivo, nel 1932, di Marcuse e quello del 1938, ufficialmente, di Adorno - entrambi schieratisi dalla parte di Pollock - avrà l'effetto di cristallizzare ulteriormente il dissenso. Praticamente ignoranti delle questioni economiche e con una conoscenza assolutamente superficiale dell'opera di Marx - se non per quello che affermava il marxismo tradizionale - sposeranno velocemente la tesi pollockiana del primato della politica nel capitalismo post-liberale.
Con l'arrivo del nazismo in Germania, questo conflitto interno, cristallizzatosi attorno a Grossmann e a Pollock, uno autore della teoria del crollo e l'altro interprete della natura dell'Unione Sovietica, si trasporrà nell'analisi teorica del fascismo. Tutti gli articoli della rivista vengono discussi nell'ufficio di Horkheimer. Ma questo modello di funzionamento si blocca sulla questione del fascismo. Due campi (Kirchheimer, Franz Neumann, Grossmann da un lato, e Pollock, Löwenthal, Adorno, Marcuse ed Horkheimer dall'altro) che in parte riproducono i campi della precedente opposizione. In tale contesto, un po' teso, c'è da dire che Grossmann non ha partecipato a nessuno dei progetti di ricerca empirici dell'Istituto e conserva un posto del tutto marginale, alla luce della sua specialità. Paradossalmente, se si considera la situazione di crisi economica senza precedenti, i problemi della teoria critica dell'economia politica, ed in particolare la questione dell'accumulazione e del crollo del capitalismo, hanno un posto assai secondario nel programma definito da Horkheimer.
Nel 1949, Grossmann finirà per trovare un posto di professore di economia presso l'Università di Leipzig e lascerà l'Istituto qualche anno dopo, poco prima di morire, l'anno successivo.
Nessun commento:
Posta un commento