"Una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso"; questo, per dirla con Walter Benjamin, dovrebbe essere ... la storia, comunque la si declini. Non importa che prenda l'aspetto del romanzo o dell'autobiografia, purché riesca a ... "far balenare un ricordo, nell'istante di un pericolo". Un ricordo di cui ci si possa impadronire. Forse sta in questo il senso per cui le storie ... si oppongono alla storia. Nessuna "immagine eterna del passato", ma "esperienza unica" del passato, insieme al passato, per "far saltare il continuum della storia", per liberare il passato, come il presente, dalla sua oppressione. Per "far saltare un’epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far saltare una determinata vita da un’epoca, una determinata opera dall’opera complessiva."
Parlando qui, del passato che non passa, uno rischia di fare ... autobiografia; e l'autobiografia è essenzialmente un atto di confessione, qualcosa che qualcuno non riesce a cominciare e che qualcun altro non riesce a smettere. Meglio evitarla!
Poi ci sono quelli che la Storia (la maiuscola è d'obbligo) la scrivono per fare l'autocritica degli ... altri. E, nel farlo, devono ovviamente nascondere tutti quei fatti che magari potrebbero risultare superflui, se non antagonisti, al fine che si erano preposto. E sono loro, la Storia, se la raccontano e se la sistemano al meglio. Qui, niente Storia, nemmeno la Storia degli storici che a farla verrebbe fuori un verminaio, da Masini a Cerrito ad Antonio Cardella ( Cardella lo storico! : uno che scrive (a pag.69) che la Rivoluzione del 1917 coglierà di sorpresa gli stessi teorici della rivoluzione sociale, tra i quali, in prima fila, lo stesso Marx!!!).
Le storie, come l'oro della prima internazionale, si trasformano in carbone, non appena cadono nelle mani del nemico. Non c'è verso. Così mi è capitato tempo fa, di prendere un libro che mi aveva incuriosito, a leggerne la quarta di copertina. "La Amapola di Alberto. Spagna 1957: l'ultimo viaggio di un bandolero anarchico", il titolo; Daniele Repetto, l'autore; pubblicato per i tipi di un piccolo editore, Memori. Il racconto, a tratti quasi onirico, sembra ripercorrere un periodo in cui l'autore, nato nel 1949, è solo un bambino di otto anni. C'è da dire che nella storia si muovono persone che ho conosciuto tempo fa, Aldo e Anna, qualche tempo dopo il periodo raccontato nel libro, quando erano praticamente la redazione di Umanità nova, settimanale anarchico. Non ne conservo un buon ricordo. Ad ogni modo, credo, l'intento dell'autore, e del libro, sia quello di contrapporre una figura "romantica" - almeno nei suoi ricordi di bambino - come quella di Facerias ad altre figure, più recenti, che usurperebbero il suo ricordo da "anima bella", che ci viene venduto al costo del prezzo del volumetto.
Curioso come sono, parecchi mesi dopo aver finito di leggere e messo da parte la novella, ho voluto fare una ricerca in rete a proposito dell'autore. Ho trovato un paio di cose, e confesso che nessuna delle due mi ha stupito. La prima è una sorta di articolo da lui firmato (che potere leggere qui), in cui viene stigmatizzata la gambizzazione, avvenuta a Genova, ai danni di Adinolfi, dirigente dell'Ansaldo, da parte della federazione anarchica informale. E, ahinoi, dopo aver attribuito ad Alfredo Bonanno la "responsabilità" di essere l'ideologo del mucchio degli "anarco-insurrezionalisti", non riesce ad esimersi dal contestare a Bonanno stesso la sua pretesa di ispirarsi ad un personaggio "puro" come Facerias. Nel farlo, indugia a chiamare lo spagnolo per nome, Alberto, mentre si scioglie a ricordare il padre che militava nella federazione anarchica ligure. Poi, dopo aver affermato, a proposito sempre di Facerias, di conoscerne la storia ed il pensiero (certo, ad otto anni si è come delle spugne, si assorbe e si impara tutto!!), si lancia nella professione di becchino, ovvero dell' "io so cosa penserebbe il morto!", asserendo che ad "Alberto" non piacerebbe venire accostato all'autore della gioia armata. Ché l'anarchia di Bonanno, somiglia troppo - sempre ai suoi occhi di bambino invecchiato - alla parodia di Forza Italia e del suo “facciamo un po’ come cazzo ci pare” di guzzantiana memoria.
Ah già, ho detto che ce n'è una seconda, di cose che ho trovato nella rete. Niente di che, parla solo di un altro libro del puro Repetto. Il libro si intitola "Rosso di sera", e a quanto leggo parla degli anni sessanta e settanta del secolo scorso, e dell'impegno dell'autore nel 1968, a partire da prima e fino a dopo. Lo scopo, vorrebbe essere quello di "liberarli", quegli anni. Ah, dimenticavo, la prefazione al libro è di Ignazio La Russa!!!
1 commento:
Boh??!! non si smette mai di stupirsi nel frugare tra le carte del passato, a me basta quello che ho vissuto perchè non c'è più posto nel cascame del W.C.. Leggerò Repetto, anche perchè l'avevo già ordinato quando ho letto il tuo approfondimento sul secondo libro del Repetto con prefazione di La Russa!! ...ma sai Franco anche Ventura (quello di Piazza Fontana) frequentava, come editore, i salotti degli artisti fiorentini ed il direttore dell'ANSA di Firenze, amico di Cerrito, era un agente dei Servizi segreti. Oggi sono poco più che pillacchere, indiscrezioni eloquenti, ma a quei tempi....Gianni
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