Nel 1956, Guy Debord e Gil Wolman pubblicano il loro articolo, “Mode d’emploi du détournement”, su una rivista surrealista belga, “Les Lèvres Nues” (le labbra nude). In quell'anno, sono entrambi membri di un piccolo gruppo d'avanguardia, l'Internazionale Lettrista, i cui membri, da lì a poco, contribuiranno a dar vita all'Internazionale Situazionista. La teoria del "détournement" ha giocato un ruolo centrale nella vita dell'I.S.; comunque Debord e Wolman non hanno mai affermato di essere stati loro ad inventare il détournement:
"Détournement, il riutilizzo di elementi artistici pre-esistenti all'interno di un nuovo contesto, è stata una tendenza costantemente presente delle avanguardie contemporanee, sia prima che dopo la formazione dell'Internazionale Situazionista" (qui).
Piuttosto, essi provano a teorizzare la pratica del plagio in termini di una critica della società capitalistica e della proprietà e, in particolare, di un utilizzo degli "elementi artistici preesistenti" volto a distruggere il capitalismo stesso. Si differenziano, in tal modo, dalle pratiche puramente formali, ovvero "inconsce e accidentali", di détournement che dagli anni '50 si sono sempre più diffuse all'interno della produzione culturale (Debord e Wolman sottolineano come in particolare la pubblicità abbia abbracciato entusiasticamente tali pratiche di plagio). Fondamentalmente, il détournement non è puro plagio dell'originale, ma il riutilizzo di elementi artistici preesistenti all'interno di un nuovo contesto, volto ad un nuovo uso.
Per l'I.S. il détournement era la verità della pratica creatrice, laddove consideriamo le pratiche formali delle avanguardie nel corso del ventesimo secolo, o a più lungo termine nella storia della creazione umana vista come processo sociale. Certamente, la pratica del collage e l'utilizzo degli oggetti "trovati" nelle opere pittoriche e letterarie da parte delle prime avanguardie del ventesimo secolo, erano nuove tecniche rese possibili dallo sviluppo di una vera e propria cultura di massa capitalista (libri, riviste, cinema, ecc.); tuttavia, tale sviluppo era inscritto nella natura sociale, sempre più crescente, della produzione e del consumo di massa. Per cui, troviamo, soprattutto nelle avanguardie dadaiste e surrealiste, che le condizioni peculiari della moderna alienazione industriale sono simultaneamente sia la fonte di questi nuovi materiali che l'oggetto della critica. La possibilità di una vita più creativa, che andasse oltre l'orizzonte di questa invasione capitalista della vida quotidiana, venne posto da queste avanguardie - in modo implicito, per mezzo della loro pratica artistica e con una sempre maggior sofisticatezza che proclamava esplicitamente come tali pratiche anticipassero una modalità di vita più creativa.
Il concetto di détournement di Debord e dell'I.S. era, comunque, diverso dal semplice riutilizzo plagiario della cultura. In particolare, si differenziavano da simili pratiche, che diventavano sempre più prevalenti nei '50 e nei '60, e il cui plagiarismo era largamente privo di qualsiasi esplicita prospettiva critica. Così facendo, riconoscevano il ruolo di uno dei più sorprendenti precursori del plagiarismo critico: Isidore Ducasse, conosciuto anche come il Conte di Lautréamont.
Nel 1950, l'opera più conosciuta di Ducasse - I canti di Maldoror, scritti sotto il pseudonimo di Conte di Lautréamont e pubblicati nel 1869 - si rivelò costituita in parte di materiale plagiato. Debord e Wolman risposero al tentativo di "screditare" Ducasse, affermando che anche quelli che difendevano il suo "insolente" plagiarismo non avevano capito la sua pubblica confessione relativa al suo metodo e alla sua pratica. Nel suo ultimo lavoro, l'opera di prosa epigrammatica intitolata Poesie, e pubblicata nel 1870 (ma, a tutti gli effetti dimenticata finché Breton non la riscoprì e ripubblicò nel 1919), Ducasse scriveva: "Le idee migliorano. Il significato delle parole gioca un ruolo in tale miglioramento. Il plagio è necessario. Lo implica il progresso. Esso si afferra strettamente alla frase di un autore, usa le sue espressioni, cancella un'idea falsa, la sostituisce con quella giusta."
Il più della seconda parte delle Poesie è costituito di questo genere di plagio, o meglio "correzioni", in cui Ducasse intreccia molte massime non citate di Pascal e Vauvenargues. Tuttavia, le modifiche più o meno sottili vengono introdotte in molti dei suoi détournement, che Ducasse descrive, non come mere "correzioni", ma come "sviluppi" dell'originale. Tali correzioni e sviluppi erano necessari ai suoi argomenti, considerando sia il suo obiettivo principale di presentare una nuova teoria poetica, sia i suoi disaccordi con Pascal, Vauvenargues e gli altri autori che aveva détournato. Debord e l'I.S. richiamano l'attenzione sulla superiorità del détournement,rispetto al suo pallido parente: la citazione accademica. Dove la citazione accademica riposa su un'idea finita ed autoritaria, il détournement rimette le idee in gioco, rapisce una frase, la dirotta, non si limita a ripeterla, ma la corregge e sviluppa le idee in un nuovo assemblaggio critico.
In ciascuno dei dodici numeri della rivista "Internazionale situazionista", si può leggere, apposta dagli editori, la famigerata clausola anti-copyright:
"Tutti i testi pubblicati su "Internazionale Situazionista" possono essere liberamente riprodotti, tradotti ed adattati, anche senza l'indicazione dell'origine."
Ma cosa significava quest'avviso? Nella versione originale dell'avviso, pubblicato nei primi due numeri della rivista, nel 1958, l'I.S. riportava l'attenzione sulla "comune ricerca" collaborativa del progetto situazionista. Tale pratica collaborativa era il cuore dell'elaborazione teorica e pratica dell'I.S., e lo rimase fino alla fine. In contrasto con le teorie della trasformazione rivoluzionaria, come quelle dell'avanguardia leninista, e del "gradualismo" della socialdemocrazia, l'I.S. riteneva che i loro mezzi anticipassero l'obiettivo per cui lavoravano. Pur rifiutando il fatto che il loro gruppo potesse essere una "micro-società" comunista, nondimeno enfatizzavano la natura collettiva e collaborativa della loro pratica, come esplicitamente opposta all'ideologia individuale borghese. L'importanza di una simile pratica collaborativa, va tenuta in mente quando si considera quello che forse è stato il pià famoso caso di plagio avvenuto durante l'esistenza del gruppo. Nel 1962, il noto filosofo e sociologo Henri Lefebvre plagiò un lavoro collaborativo dell'I.S. sulla Comune di Parigi. Nella circolare emessa dal gruppo contro Lefebvre, si prendeva di mira la sua decisione di pubblicare il lavoro a suo nome su una rivista intitolata Arguments. Per l'I.S. il problema minore era il plagio di Lefebvre. Si trattava, piuttosto, della sua scelta di pubblicare su una rivista che pose fine alla sua collaborazione con l'I.S., considerata la relazione apertamente ostile che esisteva fra l'I.S. stessa e il comitato redazionale di Arguments.
Insomma, la verità è che tutte le attività creative sono sempre collaborative, anche in quelle che appaiono essere manifestazioni individuali. Non c'è dubbio che la collaborazione può essere più o meno diretta, più o meno prossima; ma sicuramente, quando si lavora con gli strumenti del linguaggio, che è anche la comune elaborazione del presente e del passato di coloro che lo parlano, il concetto di plagio smette di essere opaco e confuso, e diventa chiaro: esso si trova alla radice di tutte le pratiche creative, dichiarato o meno.
Il problema reale con cui bisogna confrontarsi, non attiene alla sfumature concettuali del plagio ma, piuttosto, ai problemi pratici della collaborazione, e a quello che è forse il problema più pressante fra tutti: collaborare apertamente e liberamente alla creazione di una società realmente umana.
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