Nel 1890, i marxisti si trovano di fronte ad un problema molto reale, e politicamente pressante, che Engels spiega nel modo seguente:
"Su un punto, i nostri compagni francesi hanno assolutamente ragione: nessuna trasformazione rivoluzionaria duratura è possibile in Francia contro il volere del piccolo contadino."
Al tempo, in Francia,i contadini erano la più numerosa classe sociale, ed era chiaro per Engels e per i marxisti che nessuna azione socialista, che avesse successo, poteva essere intrapresa, in opposizione a questa classe. Però, la classe non era affatto interessata agli obiettivi politici dei socialdemocratici, e preferiva mantenere le proprie condizioni economiche. Perciò, il problema che si poneva all'opposizione atteneva a come indirizzare le richieste economiche di questa classe al fine di prendere il potere. Secondo Engels, alcuni marxisti pensavano che questo poteva essere fatto mentendo sfacciatamente ai contadini, a proposito delle politiche del futuro governo socialdemocratico.
"(Noi) possiamo portare immediatamente dalla nostra parte la massa dei piccoli contadini solo se siamo in grado di fare loro una promessa che noi stessi sappiamo di non poter mantenere."
Chiaramente, Engels avvertiva i socialdemocratici che nessun marxista poteva salvare i piccoli produttori dal loro destino; tutt'al più, i marxisti potevano solo ritardare l'inevitabile.
"Non è per niente nel nostro interesse, portare il contadino dalla nostra parte, una notte, per poi perderlo di nuovo, la mattina dopo, se non possiamo mantenere le nostre promesse. Non possiamo fare nessun utilizzo del contadino, come membro del Partito, se lui si aspetta che noi perpetuiamo la sua proprietà del piccolo appezzamento di terra, così come del piccolo artigiano, che si vorrebbe vedere perpetuato come maestro."
Ora, era chiaro cosa avrebbe significato questo, nella Francia del tempo, ed Engels, che non si illudeva sulle conseguenze di un comportamento onesto da parte dei marxisti, non esitava a descriverne le conseguenze:
"Lasciateli andare con gli anti-semiti che prometteranno loro di salvare le loro piccole imprese."
Oggi, i marxisti hanno perso un simile senso di onestà.
Anche studiosi come Guglielmo Carchedi possono dimostrare, da un lato, che le politiche Keynesiane non funzionano, mentre, dall'altro lato, chiedono alla classe operaia di battersi, comunque, per tali politiche. Continuano a promettere la "vera democrazia", quando sanno che lo Stato deve essere abolito. Promettono "paghe decenti" alla classe operaia, quando sanno che il capitalismo sta abolendo la domanda di lavoro. Continuano a fare promesse sulla sicurezza sociale, ed altri programmi di welfare, quando sanno che tali programmi devono essere aboliti: se il capitalismo non viene abolita, la sicurezza sociale non c'è più; se il capitalismo viene abolito, la sicurezza sociale non serve. In entrambi i casi, non c'è più!
Oltretutto, la classe operaia non è una qualche classe di piccoli produttori condannata alla sua propria scomparsa, dal progresso del capitalismo, ma sarebbe proprio il prodotto del capitalismo ed il cuore della rivoluzione sociale. E allora, quale ragione ci dovrebbe essere per mentire alla classe operaia su tali questioni? Che vantaggio ne proverrebbe? Diversamente dai socialdemocratici dei tempi di Engels, i marxisti, oggi, non hanno nessuna speranza di sostituirsi al potere statale. Perciò, rimane solo da pensare che ci credono davvero alle loro bugie, e pensano davvero che cose come la sicurezza sociale, il salario minimo garantito e la protezione dell'ambiente possano sopravvivere alla fine del capitalismo. Fottuti buffoni!
Sia come sia, sembrano confermare la considerazione, fatta da Robert Kurz, a proposito del fatto che "La difficoltà consiste nel fatto che la forma capitalista della divisione funzionale della società - come nel caso della struttura capitalista del valore d'uso - non può essere assimilata, senza alterazioni, all'interno di una riproduzione emancipatrice". Che poi sarebbe la difficoltà di fronte alla quale si trovarono i Comunardi, a Parigi, quando presero il controllo della vecchia macchina statale; e si videro costretti a dismetterne l'intera struttura, per crearne una del tutto nuova che soddisfacesse ai nuovi specifici bisogni. Ora, l'esperienza comunarda circa lo stato, si estende all'intera struttura economica della società, che dev'essere distrutta.
La risposta alla domanda, "In che modo, esattamente?", comincia con l'assumere che niente delle presenti relazioni può più essere salvato, sotto nessuna forma.
L'ultima volta che questa domanda venne posta, dall'anarchico Bakunin, Marx rispose che anche dopo l'emancipazione, sarebbero rimaste vestigia dello Stato; non era questione di quello che si desiderava, ma di processi materiali che determinavano quello che poteva, e quello che non poteva essere realizzato. Dal punto di vista della società di allora, la produzione di merci non aveva ancora esaurito la sua utilità, ed il lavoro era ancora materialmente necessario, come la rivoluzione fordista avrebbe in seguito dimostrato. Marx risponde a Bakunin più o meno come Engels rispondeva ai marxisti, a proposito dei contadini. Smettere di firmare, agli anarchici, assegni che non potranno riscuotere. Si può promettere alla classe operaia che lo stato verrebbe abolito, ma sarebbe una promessa disonesta, come quella fatta ai contadini francesi.
L'argomento è semplice: lo stato non può essere abolito nella sua interezza, finché sussiste la produzione di merci.
Due sono i corni della questione. Il primo attiene alla relazione fra stato e produzione di beni, ed al fatto che lo stato non possa essere abolito finché si dà divisione dei mezzi di produzione, fra i membri del società, finché le basi economiche della società si fondano sulla produzione e sullo scambio di merci. Il secondo corno, invece, riguarda la necessità stessa della produzione di merci: a che punto diventa obsoleta per la società nel suo intero?
Assumendo che fosse corretta, l'argomentazione di Marx, circa la relazione fra Stato e produzione di merci, niente però lascia supporre che la sua risposta, alla domanda di Bakunin, fosse definitiva. E ora la produzione di merci ha ormai esaurito la sua utilità.
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