sabato 28 dicembre 2013

manifesto di natale

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Nell'agosto del 1945, Arthur Koestler aveva già molto viaggiato, ed aveva vissuto molte vite che, dalla nativa Ungheria e dal Partito Comunista di Germania, lo avevano portato agli angoli più estremi del mondo. Era stato al Polo Nord, quale unico reporter della spedizione artica Graf Zeppelin del 1931, e nella Legione straniera in Nord Africa - l'unico modo per sfuggire all'inevitabile esecuzione da parte di Vichy. Aveva partecipato, in prima persona, a più significativi movimenti politici e filosofici in Europa, dal sionismo in Palestina allo stalinismo in Russia e, proprio nell'agosto del 1945, la sua ricerca dell'utopia lo aveva portato, insieme all'ultima moglie, in Galles, a passare tre anni della sua vita in una fattoria che apparteneva a Clough Williams-Ellis, il costruttore della città costiera di Portmerion. Lasciava Londra, per un remoto angolo del Galles del nord, ma forse quest'angolo non era poi così remoto e la scelta di Koestler non era poi così astrusa. In quell'angolo di Galles esisteva un bel circolo intellettuale in sintonia con quelle che erano le idee di Koestler a quel tempo, e personaggi come Bertrand Russell vivevano a poche miglia. Ma Koestler aveva un altro motivo per quella scelta: un alleato, anch'egli disilluso, e disgustato, dallo sproloquio istituzionalizzato del Comintern. George Orwell.1984orwell01

Era proprio riferendosi a Koestler, che Orwell aveva scritto, "Al giorno d'oggi, in aree sempre più crescenti della terra, si viene imprigionati non per ciò che uno fa, ma per ciò che uno è o, più esattamente, per quello che uno è sospettato di essere". Quello di cui Orwell era stato testimone, ed aveva esperito, durante la guerra civile spagnola, le cose che lo avevano allontanato dalla sinistra istituzionale, di quelle cose Koestler aveva fatto esperienza con maggiore intensità. Era stato in prigione parecchie volte, prima di trasferirsi a Bwlch Ocyn, e non solo per mano dei tradizionali nemici della sinistra. Era stato il periodo passato in un campo di prigionia a Siviglia, sotto la minaccia costante di un'esecuzione, che aveva scolpito la sua scrittura. Aveva passato anche qualche tempo nel famigerato campo di prigionia politico di Le Vernet, in Francia, in quanto sospetto rivoluzionario comunista, ed era stato nella prigione di Pentoville, a Londra, fin dal momento in cui aveva messo piede in Inghilterra, dopo essere sfuggito ai nazisti.
Nel 1945, a guerra finita, il totalitarismo  - il nemico, sia di Koestler che di Orwell - continuava a fiorire, in tutta la sua grigia solennità, ed avrebbe continuato a farlo, nella Spagna di Franco fino al 1977, nel Portogallo di Salazaar fino al 1968 e nella Russia di Stalin per lungo tempo dopo la morte del despota avvenuta nel 1953. Le preoccupazioni di Orwell riguardo al totalitarismo trovavano riscontro nel lavoro di Koestler, e Orwell, come Koestler, aveva perso la sua fede nel socialismo comunista, in Spagna, negli anni trenta. Non aveva avuto bisogno, Orwell, di prigionia e tortura e, diversamente dal suo donchisciottesco amico ungherese, era un pragmatico. Ragion per cui, il loro rapporto non fu mai ... "regolare".
Proprio un mese prima che Koestler arrivasse a Bwlch Ocyn, Orwell era diventato vice-presidente della Freedom Defence Committee, un gruppo per le libertà civili che comprendeva anche Bertrand Russell. Il programma del Comitato era quello di contrastare i gruppi di sinistra, dominati dai comunisti, a Londra e sul continente. Ma ben presto Orwell, forse sentendo gli stessi aromi che aveva annusato in Spagna, cominciò a sentirsi troppo "stretto" dai capricci del presidente anarchico del comitato, Herbert Read. Koestler, cui era arrivata all'orecchio la disillusione di Orwell, lo invitò a trascorrere il Natale a Bwlch Ocyn. C'è da dire che insieme a Koestler e alla moglie, a Bwlch Ocyn c'era Celia, la cognata di Koestler, che Orwell aveva recentemente incontrato a Londra, e di cui si era innamorato. Koestler ne era a conoscenza e puntava sul fatto che Orwell avrebbe mollato tutto, per accettare l'invito. E così fu.
Koestler era interessato a fondare un Comitato di sinistra che non fosse in balìa di nessuna cricca, né comunista né anarchica. Orwell e Koestler, quel natale del 1945, parlarono a lungo della possibilità di fondare una nuova "Lega per i Diritti dell'Uomo". La loro visione del futuro era assai cupa, colorata solo dalla loro percezione che il totalitarismo ed il despotismo erano sempre più sostenuti dagli intellettuali, soprattutto in Inghilterra, come metodi degni di ammirazione. Orwell riteneva che la situazione richiedesse non solo un'azione politica, ma una ridefinizione della democrazia stessa. Mentre Koestler sapeva che per fondare il Comitato che lui aveva in mente, ci sarebbe stato del coinvolgimento intellettuale di Orwell e dell'approvazione di Bertrand Russell, il quale era l'indiscusso portabandiera dei progressisti a quel tempo.

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Non erano uomini avvezzi alle intimità dell'amicizia, Koestler ed Orwell. Testardo e forzatamente auto-disciplinato, Orwell, altrettanto testardo e spinoso, Koestler; eppure i due, a quanto pare, svilupparono una qualche sorta di amicizia, costruita sulla reciproca stima ed ammirazione, in quelle giornate, passeggiando e scambiandosi pensieri intimi e confessando le rispettive ambizioni. Ma le conversazioni, spinte da Koestler, tornavano sempre alla formazione del Comitato. Alla fine, dopo molti giorni, e notti, passati a dibattere sullo stato della sinistra in Europa e sulla velenosa influenza di Stalin, Orwell accettò di contribuire a formare questo Comitato. Tornato a Londra, Orwell trascorse una settimana a scrivere un Manifesto che poi fece recapitare a Koestler. "Mentre la libertà senza sicurezza sociale è priva di valore, ci si dimentica che, senza la libertà, non può esservi sicurezza alcuna", così cominciava il testo in cui Orwell si preoccupava di ridefinire la democrazia ed i rapporti fra la classe governativa ed il popolo su cui essa governava. Era il tentativo di una visione pura, non corrotta né dai mali e dall'avidità della destra né dalla corruzione della sinistra. La decostruzione della destra e della sinistra, era l'unica filosofia progressista praticabile; la più "orwelliana" delle eredità.
Il piano di Koestler, per coinvolgere Orwell, aveva funzionato; si trattava ora di reclutare altri per il comitato. Ma le cose andavano a rilento, alcuni dicevano che il manifesto era troppo anti-sovietico, altri lo ritenevano troppo astratto. Russell pensava che il mondo fosse sull'orlo del baratro di una guerra apocalittica e voleva trasformare il comitato in una conferenza sul pericolo di una guerra nucleare. Erano queste le condizioni di Russell, e Koestler ed Orwell, riluttanti, accettarono. Vennero coinvolti importanti filosofi politici come Victor Gollancz, Michael Foot, Edmund White, Andre Malraux, Manes Sperber, e gli editori di  "Polemic", un importante rivista teorica.
La conferenza non ebbe mai luogo e le ragioni di questo sono un esempio del meglio e del peggio di Koestler. Era stata la sua energia a mettere insieme tutte queste figure, e fu il suo temperamento che fece fallire il tutto. Nel giro di poche settimane, entrò in conflitto con i redattori di "Polemic", la cui collaborazione era fondamentale per il successo del movimento anche se solo da un punto di vista "amministrativo". Poi ruppe con Russell, dopo averne insultato la moglie durante un dibattito sul testo del Manifesto.