venerdì 11 ottobre 2024

Un odore di morte…

L'ordine della violenza e la logica dello sterminio
- di Ernst Lohoff - Pubblicato in Krisis, Novembre 2023 -

“«Ho sempre sognato», esclamò con violenza, «un gruppo di uomini decisi ad accantonare ogni scrupolo nella scelta dei mezzi, forti abbastanza per definirsi apertamente dei distruttori, e liberi dalla peste di quel pessimismo rassegnato che manda il mondo in malora. Nessuna pietà per nulla, neanche per sé stessi, e la morte arruolata per sempre al servizio dell’umanità – ecco quanto avrei voluto vedere»” - da Joseph Conrad, ne "L'agente segreto" -

La grande negazione
I vincitori occidentali erano fermamente convinti che la rottura epocale del 1989 promettesse l'inizio di un'era di pace. In un mondo unito sotto la bandiera della democrazia, dei diritti umani e dei mercati globalizzati, la guerra e la violenza sarebbero diventati dei vecchi modelli obsoleti. Tale speranza ha ripreso i due antichi presupposti fondamentali del pensiero illuminista e li ha riuniti in sé. Da un lato, ha riproposto il famoso mito che circola dal XVIII secolo, secondo il quale nell'ambito dei principi fondamentali della modernità, della ragione, della libertà e del diritto non ci sarebbe posto per lo spargimento di sangue. Le guerre sono sempre state iniziate da attori statali, che non si basano su questi principi di libertà, uguaglianza e fraternità. Con la vittoria finale dell'Occidente, tali forze sono scomparse, ergo la terra si è trasformata in un'oasi di pace. Del resto, il processo di globalizzazione in corso è stato inteso come una garanzia di pace, visto che con il trionfo del mercato totale, il potenziale potere bellico dello Stato sta visibilmente perdendo terreno rispetto al presunto potere di pace del mercato. L'assunto è quello secondo cui la politica e lo Stato stiano perdendo il proprio peso, subordinandosi completamente alla logica del mercato; cosa che, secondo l'assunto, rende sempre più improbabili le guerre in sé. L'idea che laddove il mercato e le sue leggi danno il tono, anche le armi tacciono, e che il trionfo della logica economica significa pacificazione, ha anche delle profonde radici storiche. Fin dai tempi di Adam Smith e di Immanuel Kant, esso ha fatto parte del repertorio standard degli economisti liberali e dei filosofi dell'Illuminismo: «È lo spirito del commercio, che non può coesistere con la guerra, e che prima o poi si impadronirà di ogni popolo» [*1], lasciando a Thomas Paine il compito di dare all'aspettativa liberale della pace la sua forma classica. Nel suo "Rights of Man", pubblicato nel 1792, egli celebrava non solo gli ideali che brillano nel cielo borghese dei principi, in quanto pacificatori - ma allo stesso tempo celebrava il mercato come «un sistema pacifico che lavora per avvicinare le persone, rendendo le nazioni e gli individui utili gli uni agli altri». «L'invenzione del commercio rappresenta il più grande passo verso una civiltà generale, che tuttavia è stata fatta usando mezzi che non derivano direttamente dai principi morali».[*2] Lo sviluppo dell'ultimo decennio, ha del tutto smentito le aspettative secondo le quali il mondo, con la vittoria finale dell'Occidente, sarebbe diventato più pacifico. Naturalmente, questa negazione non va intesa nel senso che gli ottimisti avrebbero tratto conclusioni affrettate da quelle che in fondo erano giuste premesse. Piuttosto, le ipotesi di base originate dal fondo del pensiero illuminista sono insostenibili. Esse capovolgono il contesto reale. Da una parte, libertà, uguaglianza e fraternità non fanno affatto rima con pace e riconciliazione. Anzi, se si annusa più da vicino, questi principi hanno sempre emanato un odore sgradevolmente dolce, un fluido di morte e omicidio che oggi si sprigiona sempre di più. D'altra parte, l'equiparazione tra mercato e pace è fuorviante. Di certo, l'ascesa della società mercantile è stata caratterizzata dal fatto che la violenza e la guerra sono diventate sempre più l'unico affare di Stato. E tuttavia, ciò non significa affatto che i processi di de-statizzazione in corso faranno scomparire la violenza e la guerra. Ma stanno semplicemente subendo un cambiamento di forma in quella che è l'imminente epoca della crisi. Soprattutto nel contesto della globalizzazione, in gran parte del mondo fioriscono veri e propri mercati della violenza, mentre nuovi tipi di attori violenti stanno comparendo sulla scena. Sotto forma di signori della guerra e di dominio mafioso, l'imprenditoria bellica familiare fin dall'epoca rinascimentale, e da conflitti come la Guerra dei Trent'anni, sta tornando in gran parte del Terzo Mondo. Ma il regime statale di violenza presente nei centri occidentali subisce anch'esso metamorfosi che equivalgono alla liberazione, piuttosto che alla scomparsa, di potenziali di violenza. Il saggio inizia con un esame approfondito della storia intellettuale. Analizzando in maniera esemplare Hegel, Hobbes e Freud, si vede sviluppare la tesi secondo cui, in ultima analisi, il canone occidentale dei valori di libertà, uguaglianza e fraternità si basa sulla momentanea sospensione dell'omicidio e dell'omicidio colposo. Il soggetto merce si forma attorno a un nucleo di violenza. La seconda parte esamina il processo di nazionalizzazione della guerra e della violenza, che vede l'ascesa dello Stato come unico attore legittimo della violenza, nel contesto di un duplice processo di impianto e di addomesticamento di questo unico nucleo di violenza. La terza parte descrive la dissoluzione del regime di violenza gestito dallo stato. La base omicida repressa, che sottende la costituzione del soggetto e dei valori occidentali, viene alla luce ed emerge.

Ernst Lohoff - Pubblicato in Krisis, Novembre 2023 -

NOTE:

1 - Immanuel Kant, Zum ewigen Frieden, Stoccarda 1984, p. 33.

2 - Citato da Karl Otto Hondrich, Lehrmeister Krieg, Amburgo 1992, p. 16.

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