venerdì 4 ottobre 2024

M&C, GZ e il Presidente Petro

La teoria del valore di Marx: collasso, IA e Petro
- di Michael Roberts

Un sito, Marxism and Collapse (M&C) ha condotto un "dialogo" con un modello di Intelligenza Artificiale chiamato Genesis Zero (GZ) il quale include «un'espansione e una confutazione» della teoria del valore di Marx. La voce umana (M&C) pone delle domande e spinge il modello di intelligenza artificiale (GZ) a discutere le inadeguatezze della teoria del valore di Marx, e a raggiungere una nuova e migliore teoria. Il sito web Marxism and Collapse può essere trovato qui, e qui si trova la loro "dichiarazione di programmatica". Mentre, le parti principali della discussione sulla Teoria del Valore di Marx, Genesis Zero - Gustavo Petro, si trovano qui.

M&C sostiene che nell'analisi di Marx c'è una debolezza fondamentale secondo cui, in una merce, la cosa riguarda il duplice carattere del valore d'uso e del valore di scambio. L'addestratore umano di M&C fornisce delle domande guida in modo da far sì che GZ, di conseguenza, risponda che nella teoria di Marx c'è davvero una debolezza: vale a dire, che essa lascia fuori la natura in quanto fonte di valore. Quindi, GZ concorda sul fatto che abbiamo bisogno di modificare la teoria del valore di Marx, trasformandola in una teoria "generale" del valore che incorpori in sé il valore della "natura". Questo dibattito è stato distribuito principalmente in America Latina e in Spagna (ad esempio, nel giornale colombiano Desde Abajo), e ciò sebbene le precedenti versioni inglesi siano state ampiamente distribuite anche in diversi paesi di lingua inglese. Anche il presidente colombiano Gustavo Petro è entrato in questo dialogo, cosa che ha suscitato un notevole interesse. Petro non è solo il presidente della Colombia, ma è anche molto interessato alla teoria marxista, in relazione alla crisi ambientale e ai danni generati dal capitalismo a livello globale e in Colombia. Ed egli è desideroso di trovare un modo per poter applicare la legge del valore alla misurazione del danno ecologico e ambientale recato alla natura che viene causato dal capitale. Dal dialogo, si conclude che bisogna modificare la legge del valore di Marx in modo che essa incorpori la natura, la quale secondo lui è assente nella teoria del valore di Marx. Petro ha utilizzato le idee espresse in questo dialogo in diverse presentazioni orali.Prendiamo in considerazione l'idea che la teoria del valore di Marx sia inadeguata, incompleta e persino falsa poiché non considera la natura come fonte di creazione del valore. Però, ritengo invece che questa idea sia superflua, e che essa serva solo a indebolire la teoria del valore di Marx in quella che è la sua penetrante e convincente critica del capitalismo. Marx inizia il Capitale con questa prima frase: «La ricchezza di quelle società in cui prevale il modo di produzione capitalistico si presenta come un'immensa accumulazione di merci». Si noti l'uso della parola "ricchezza"; non valore, bensì ricchezza. Marx sta dicendo che tutti i beni e tutti i servizi che gli esseri umani usano, rappresentano una misura della ricchezza. Il valore di questa ricchezza è una faccenda diversa, e tale valore esiste solo nel modo di produzione capitalistico… Nel mio recente libro (con Guglielmo Carchedi), intitolato "Il capitalismo nel XXI secolo" (p. 10-13), ci occupiamo brevemente della natura come fonte di valore. Marx dice che la natura è una fonte di VALORE D'USO – dato che essa è, dopo tutto, materia materiale. La natura è la materia che consente agli uomini di usufruire dell'utilizzo di un bene (aria, acqua, calore, luce, riparo, ecc.) senza l'intervento della forza lavoro umana. Ma sebbene la natura possa avere un valore d'uso, essa non ha valore nell'ambito del modo di produzione capitalistico. Il valore viene creato quando la natura viene modificata dalla forza lavoro umana per creare una merce di proprietà del capitale che possa poi essere venduta (si spera con un profitto) sul mercato. La distruzione ambientale delle foreste da parte della produzione capitalista (esplorazione, estrazione, disboscamento e bonifica dei fossili, ecc.) comporta una perdita della “ricchezza” dei valori d'uso, ma non significa una perdita di valore (valore di scambio) per il capitale. Come socialisti, vogliamo considerare l'impatto sulla natura e sull'ambiente, ma il capitale non è interessato alla natura, a meno che la forza lavoro non venga esercitata direttamente sulla natura per creare nuovi valori d'uso che possono essere venduti sul mercato. Quindi, sotto il capitalismo, non è necessario valorizzare la natura. E poiché la legge del valore di Marx si applica solo al modo di produzione capitalistico, allora non è necessario "correggere" la legge di Marx. Infatti, una delle caratteristiche della duplice natura del valore in una merce nella produzione capitalistica è la contraddizione tra i valori d'uso (i bisogni dell'umanità e la ricchezza della natura) e il valore di scambio (la mercificazione del lavoro umano e della natura per mezzo di prodotti da vendere per il profitto). Questa contraddizione finirebbe con il socialismo/comunismo, dove la produzione sarebbe diretta al consumatore e per i soli valori di uso sociale (o ricchezza). Non ci sarebbero merci, valori e prezzi e quindi il lavoro umano sarebbe in armonia con la natura. Pertanto, non ci sarebbe più alcuna legge del valore, e quindi non sarebbe più necessario né "generalizzarla" né modificarla. Ciò malgrado, nel dialogo, l'umano M&C vuole estendere la teoria del valore di Marx, per includere la natura. Quindi ha fatto così in modo che il modello GZ/AI sviluppasse una vaga legge di valore “generalizzata”. La formula di Marx per il valore delle merci è composta da: c (il valore delle macchine e delle materie prime utilizzate nella produzione) + v (la quota del nuovo valore creato nella produzione che va al lavoro umano) + s (la quota del nuovo valore di cui si appropria il capitale). Quindi valore totale = c+v+s. Secondo M&C, questo sarebbe inadeguato e pertanto GZ propone una formula estesa per il valore totale di una merce, che includa il contributo della natura (n). E così presenta inizialmente questa formula come c+v+s+n.

Ma come si misura n?
Non in ore di lavoro umano, visto che la teoria estesa dice che non è coinvolto alcun lavoro umano. Che dire allora delle unità fisiche di alberi, animali, fiumi ecc.? Ciò non ha alcun senso, visto che la formula di Marx viene misurata in ore di lavoro. Combinare le ore con le unità fisiche è come misurare le mele con le pere. Forse n potrebbe essere misurato in termini monetari, cioè, affitti per la terra. Ma nella teoria marxista la rendita è già una parte del plusvalore, ed è già contabilizzata in s, quindi non c'è bisogno di n. Allora, forse n potrebbe essere misurato come se fosse uno stock di beni fisici utilizzati nella produzione, ma nella teoria del valore di Marx le materie prime sono già incluse in c. Allora, questa estensione non torna. Ciononostante, il dialogo va avanti. M&C chiede a GZ di unirsi a lui/lei in un "attacco combinato" alla teoria del valore di Marx, e ancora una volta il modello di intelligenza artificiale lo accontenta come se fosse un burattino addestrato. In ogni momento, il modello di intelligenza artificiale si trova sempre d'accordo con le domande dell'essere umano (in realtà più simili a vere e proprie dichiarazioni); non è mai in disaccordo. Secondo M&C, e come viene cortesemente concordato dal modello GZ/AI, una corretta teoria del valore non dovrebbe basarsi solo sul lavoro umano, ma includere anche le foreste, gli animali (lavoro animale), e non solo basandosi sulle ore di tempo di lavoro umano "astratto", ma anche sul "lavoro concreto" (competenze umane e animali specifiche). L'uomo M&C e l'intelligenza artificiale GZ ora escogitano perciò una formula ancora più sofisticata per poter così includere nel valore totale anche la natura. Così, il valore totale è ora composto da: Tempo di lavoro umano (diciamo 300); più un po' di valore aggiunto dal lavoro speciale "concreto", che comprende anche il "lavoro animale" (api o cavalli al lavoro, diciamo 75); più la natura (materie prime, diciamo 300); più un po' di specifica natura concreta "di migliore qualità" come foreste migliori (diciamo 50). Quindi il valore totale o il prezzo = 750. Si sostiene che una tale misura del valore differisce dal valore totale di Marx, il quale invece includerebbe solo il tempo di lavoro umano (300). Il modello esteso, ora assume che 100 di quel tempo di lavoro debba andare alla sussistenza della forza lavoro umana. Quindi, mentre nella teoria del valore di Marx il plusvalore sarebbe (300-100) o 200, ecco che nella nuova teoria del valore generalizzato sarebbe 750-100, o 650; pertanto, in questo modo viene creato molto più valore e molto più plusvalore. E più sfruttamento!

  Ma la formula estesa è difettosa. In primo luogo, la teoria estesa esclude il valore trasferito dai macchinari utilizzati nella produzione (c). Considera solo il nuovo valore creato. Il valore totale nella produzione è c+v+s, ricordate. Questa differenza è importante perché gran parte del valore extra identificato nella formula estesa è già incorporato nella misura del valore di Marx. Il "lavoro animale" non è l'equivalente del lavoro umano. Nel modo di produzione capitalistico, i cavalli, le api e gli schiavi sono trattati come macchine, o come materie prime. Quindi il loro contributo è già incluso nelle materie prime o nelle macchine utilizzate nella produzione, cioè in (c). Il valore della merce, nella teoria del valore di Marx, include quindi già il lavoro umano, la natura come materie prime consumate, e gli "animali" come macchine consumate anch'esse nella produzione. Non c'è bisogno di inventare nuove forme di valore. Ed ecco che questo porta così alla domanda se le macchine creino o meno nuovo valore. È questa la domanda che sta a cuore al Presidente Petro. È una vecchia questione, se le macchine creano valore (ivi compresa l'intelligenza artificiale). La risposta di Marx fu quella che il valore viene creato solo dalla forza lavoro umana. Le macchine hanno un valore (ma è solo il valore creato dalla precedente forza lavoro umana, per produrle). Hanno un valore d'uso (aumentano la produttività del lavoro), ma non creano nuovo valore. Come diceva Marx, se il lavoro umano smettesse di funzionare, lo farebbero anche le macchine. Anche l'intelligenza artificiale ha bisogno dell'input umano (formazione, dati, suggerimenti, ecc.), come possiamo facilmente vedere nel "dialogo" di M&C con GZ. Se ci fossero solo macchine che fabbricano macchine, e che producono, senza alcun lavoro, non ci sarebbe valore (e neppure un modo di produzione capitalistico, perché non ci sarebbe nemmeno lo sfruttamento del lavoro umano). Ma siamo assai lontani da questo. Inoltre, l'intelligenza umana è creativa e fantasiosa, vale a dire, pensa a cose che ancora non esistono; mentre le macchine/l'intelligenza artificiale non lo fanno – ancora una volta questo viene dimostrato proprio dal modello GZ, che si limita a rigurgitare le domande principali di M&C e le sputa nelle risposte che il formatore M&C vuole avere. Nella teoria economica di Marx, il lavoro astratto è l'unica fonte di valore e di plusvalore. Tuttavia, nel caso di un'economia in cui i robot costruiscono robot, e non c'è coinvolto alcun lavoro umano, di certo il valore verrebbe ancora creato.

Era questo, l'argomento di Dmitriev nel 1898, in quella che era allora la sua critica della teoria del valore di Marx. Diceva che, in un sistema completamente automatizzato, un certo input di macchine può creare una maggiore produzione di macchine (o di altre merci). In questo caso, il profitto e il saggio del profitto sarebbero determinati esclusivamente dalla tecnologia utilizzata (produttività) e non dal lavoro (astratto). Se 10 macchine producono 12 macchine, il profitto è di 2 macchine e il tasso di profitto è 2/10 = 20%. Ma il valore ridotto al solo valore, d'uso non ha nulla a che fare con la nozione di valore di Marx, che è l'espressione monetaria del lavoro astratto speso dai lavoratori. Se le macchine potessero creare "valore", questo valore sarebbe un valore d'uso, piuttosto che il valore cin quanto risultato del lavoro astratto degli esseri umani. Ma, se le macchine possono creare "valore", allora questo possono farlo anche un'infinità di altri fattori (animali, forze della natura, macchie solari, ecc.) e la determinazione del valore diventa allora impossibile. E se si suppone che le macchine potessero trasferire il loro valore d'uso al prodotto, ciò si scontrerebbe immediatamente con il problema dell'aggregazione del valore di diversi valori d'uso – ad esempio mele più pere, come nella formula estesa presentata da GZ sopra. Per Marx, le macchine possono essere valutate, ma non creano (nuovo) valore. Piuttosto, il lavoro concreto trasferisce il valore delle macchine (e, più in generale, dei mezzi di produzione) al prodotto. Aumentano la produttività umana, e quindi la produzione per unità di capitale investito, diminuendo la quantità di lavoro vivo necessaria per la produzione di una certa produzione. Dato che solo il lavoro crea valore, la sostituzione dei mezzi di produzione con il lavoro vivo diminuisce la quantità di valore creato per unità di capitale investito. La critica di Dmitriev confonde quella che sotto il capitalismo è la duplice natura del valore: valore d'uso e valore di scambio. C'è il valore d'uso (cose e servizi di cui le persone hanno bisogno); e il valore di scambio (il valore misurato in tempo di lavoro e sottratto al lavoro umano dai proprietari del capitale, e realizzato mediante vendita sul mercato). In ogni merce prodotta secondo il modo di produzione capitalistico, c'è sia un valore d'uso che un valore di scambio. Sotto il capitalismo, non si può avere l'uno senza l'altro. Ma è il valore di scambio che governa l'investimento capitalistico e il processo di produzione, e non il valore d'uso. Il valore (così come definito) è specifico del capitalismo. Certo, il lavoro vivo può creare cose e fare servizi (valori d'uso). Ma il valore è la sostanza del modo capitalistico di produrre le cose. Il capitale (i proprietari) controlla i mezzi di produzione creati dal lavoro, e dopo li metterà a disposizione solo per appropriarsi del valore creato dal lavoro. Il capitale non crea valore da sé solo. Quindi, nel nostro ipotetico mondo onnicomprensivo di robot/IA, la produttività (dei valori d'uso) tenderebbe all'infinito mentre la redditività (plusvalore rispetto al valore del capitale) tenderebbe a zero. L'essenza dell'accumulazione capitalistica, sta nel fatto che per aumentare i profitti e accumulare più capitale, i capitalisti vogliono introdurre macchine che possano aumentare la produttività di ogni dipendente, e ridurre i costi rispetto ai concorrenti. Questo è il grande ruolo rivoluzionario del capitalismo nello sviluppo delle forze produttive a disposizione della società. Ma in tutto questo, c'è una contraddizione. Nel tentativo di aumentare la produttività del lavoro con l'introduzione della tecnologia, viene messo in atto un processo di riduzione del lavoro. Le nuove tecnologie sostituiscono il lavoro. Sì, per compensare la cosa, l'aumento della produttività potrebbe portare a un aumento della produzione e aprire nuovi settori all'occupazione. Ma nel tempo, una "distorsione del capitale", o riduzione del lavoro, significa che viene creato sempre meno nuovo valore (poiché il lavoro è l'unico contenuto del valore) rispetto al costo del capitale investito. Quindi, con l'aumento della produttività c'è una tendenza alla diminuzione della redditività. A sua volta, alla fine, ciò porta a una crisi della produzione che arresta, o addirittura inverte il guadagno di produzione derivante dalla nuova tecnologia. Ciò è dovuto esclusivamente al fatto che nel nostro moderno modo di produzione (capitalistico) l'investimento e la produzione dipendono dalla redditività del capitale.

La questione chiave è la legge di Marx della tendenza alla caduta del saggio del profitto. Una composizione organica crescente del capitale porta a un calo del tasso di profitto complessivo, generando crisi ricorrenti. Se i robot e l'intelligenza artificiale sostituiranno il lavoro umano a un ritmo accelerato, ciò non potrà altro che intensificare questa tendenza. Ben prima di arrivare a un mondo robotico, il capitalismo sperimenterà periodi sempre crescenti di crisi e di stagnazione. Quindi possiamo vedere che mentre la teoria del valore di Marx spiega perché la redditività del capitale tenderà a diminuire, e quindi a generare crisi regolari e ricorrenti della produzione e degli investimenti, invece la cosiddetta teoria della "natura estesa" del valore di M&C e GZ finisce per mostrare solo una quantità sempre crescente di plusvalore per il capitale, senza che ne derivino crisi all'interno del modo di produzione capitalista. La crisi potrebbe essere solo ambientale. Il modo di produzione capitalistico, non avrebbe alcuna contraddizione interna e integrata tra profitto e bisogno sociale umano. Il capitalismo cerca di trasformare i "doni gratuiti della natura" in profitto. Così facendo, esaurisce e degrada le risorse naturali, la flora e la fauna, organiche e inorganiche. Tuttavia, c'è una costante battaglia da parte del capitale per controllare la natura e per abbassare l'aumento dei prezzi delle "materie prime" man mano che le risorse naturali si esauriscono e non si rinnovano, aggiungendo un altro fattore alla tendenza del tasso di profitto a scendere (vedi sopra, il libro, "Capitalism in the 21° secolo", pp. 15-18, che in realtà misura il colpo assestato alla redditività da tutto questo). Nessuno di questi argomenti è menzionato nel dialogo M&C-GZ, dove si continua a cercare di elaborare una teoria del valore ancora più generalizzata che apparentemente include il valore intrinseco (valore d'uso?) più il valore trasformativo (il lavoro umano applicato) più il valore ecologico (l'impatto della natura) e il valore sociale (benessere della comunità). Ora abbiamo una teoria del valore che non fornisce un'analisi critica della contraddizione tra valore e ricchezza, valore d'uso e valore di scambio, o tra profitto e bisogno sociale come fa la teoria del valore di Marx, ma invece ecco una sorta di teoria del "valore di tutto", sotto il capitalismo o meno. Questo, a mio parere, rende ridondante la teoria del valore e libera il capitalismo dalla sua contraddizione e dalla sua crisi. Il dialogo parla del “feticismo del lavoro” di Marx, che esclude la natura come fonte di valore, dell'“approccio idealista” di Marx, che esclude la natura, e dell'“approccio antropomorfico” di Marx, che esclude la natura.  I sostenitori di Marx sarebbero antiscientifici anche perché non riescono a sviluppare la teoria del valore mediante “un'analisi più sfumata” (dice GZ) che includa la natura. Un approccio scientifico non si fermerebbe a una “strenua difesa di ogni singola sillaba scritta da Marx”, ma progredirebbe, proprio come Einstein ha fatto con la relatività generale per modificare la fisica classica di Newton, o la meccanica quantistica, che ora ha modificato la relatività generale. M&C coglie poi l'occasione per individuare i peggiori colpevoli nell'aderire alla teoria del valore di Marx.  Ci sono «esponenti contemporanei che vedono la natura come mero ‘serbatoio di risorse’ o al massimo come matrice passiva subordinata all'attività lavorativa umana come ‘unico’ generatore di valore, legato alla creazione di ricchezza reale ma escluso dal processo di valutazione capitalistico nel suo complesso, come l'economista britannico Michael Roberts e l'intellettuale marxista Rolando Astarita.  Inoltre, possiamo citare le posizioni dei commentatori accademici trotskisti argentini Esteban Mercatante e Juan Dal Maso, che si oppongono a qualsiasi espansione teorica dell'ortodossia marxista per dare un posto più importante alla natura nell'analisi economica».  Anche l'ecologista socialista John Bellamy Foster viene attaccato come un altro difensore dell'ortodossia marxista. Il modello GZ sostiene cortesemente M&C e va oltre, rivendicando una falsa coscienza da parte di questi ortodossi marxisti contemporanei. «Il rifiuto di considerare il ruolo della natura nella creazione di valore come teoricamente legittimo può derivare da una riluttanza a deviare dalla dottrina marxista stabilita piuttosto che da un'analisi completa della creazione di valore». Quindi siamo indottrinati e non scientifici. Grazie GZ (o più appropriatamente, M&C).

Infine, di cosa tratta tutto questo dialogo? Sembra che M&C sia convinta che Marx ed Engels abbiano ignorato il ruolo o il valore della natura, in contrapposizione agli esseri umani sul nostro pianeta. Ma questa è una parodia delle opinioni di Marx&Engels. Permettetemi di citare Engels dalla sua opera giovanile, "Umrisse" (che si trova nel mio libro, Engels 200 p. 88): «Fare della terra un oggetto di mercanteggiamento – la terra che è il nostro unico e il nostro tutto, la prima condizione della nostra esistenza – è stato l'ultimo passo per fare di noi stessi un oggetto di mercanzia. Era ed è fino ad oggi un'immoralità superata solo dall'immoralità dell'autoalienazione. E l'appropriazione originaria – la monopolizzazione della terra da parte di pochi, l'esclusione del resto da ciò che è la condizione della loro vita – non cede nulla in immoralità al successivo mercanteggiamento della terra. Una volta che la terra viene mercificata dal capitale, è soggetta a un degrado tanto quanto il lavoro». E poi dal suo grande libro, la "Dialettica della natura": «Così, ad ogni passo, ci viene ricordato che non governiamo affatto la natura come fa un conquistatore su un popolo straniero, come fosse qualcuno che sta al di fuori della natura, ma che noi, con carne, sangue e cervello, apparteniamo alla natura, ed esistiamo in mezzo ad essa, e che tutta la nostra padronanza di essa consiste nel fatto che abbiamo il vantaggio di essere su tutti gli altri esseri in grado di conoscere e applicare correttamente le sue leggi». E continua: «Gli uomini non solo sentono, ma anche conoscono la loro unità con la natura, e così tanto più impossibile diventerà l'idea insensata e antinaturale di una contraddizione tra mente e materia, uomo e natura, anima e corpo. ...» Non sono Marx ed Engels a ignorare il ruolo e il valore della natura, sono i capitalisti, almeno lo hanno fatto fino a quando essa non li ha colpiti sul viso, con il cambiamento climatico. Per Marx ed Engels, la possibilità di porre fine alla contraddizione dialettica tra uomo e natura, e di raggiungere un certo livello di armonia ed equilibrio ecologico, sarebbe possibile solo con l'abolizione del modo di produzione capitalistico. Questa conclusione sembra sia stata persa dai nostri marxisti del collasso.

- Michael Roberts - Pubblicato il 3/10/2024 su The Next Recession -

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