martedì 15 ottobre 2024

Contro il sogno della libertà e di una vita migliore !!

L'imperialismo liquido e la colonialità del potere
- di Frederick Harry Pitts -

Come notato in precedenza, in un certo qual modo, l'analisi della Wertkritik relativa a uno sviluppo intrecciato del capitalismo e del conflitto che spinge verso l'attuale "guerra civile mondiale", risuona con altre analisi che si collocano all'interno di una linea marxiana, come quella della "Colonialità del potere ed eurocentrismo in America latina", da parte di Anibal Quijano (2007). Quest'ultimo concetto, è stato ampliato anche in un recente intervento del dissidente marxista siriano Yassin al-Haj Saleh (2023) che segue una linea di argomentazione che mette in discussione la rilevanza delle teorizzazioni convenzionali che vedono l'imperialismo come lo "stadio supremo" del capitalismo, e che appare quindi simile a quelle prodotte dai pensatori della Wertkritik relative ai conflitti e alle crisi del periodo contemporaneo. Saleh, traccia il modo in cui le forme passate di imperialismo siano state prima sepolte, per poi venire completamente riconfigurate nella guerra civile mondiale contemporanea; e lo fa usando la Siria come un caso di studio nelle iniziative e nelle priorità concorrenti dei diversi attori. Descrive il modo in cui gli Stati Uniti, la Russia, l'Iran, la Turchia e Israele - per non parlare dell'ISIS e dello stesso regime di Assad - portino in sé delle storie associate in qualche modo all'imperialismo o al colonialismo, che oggi modellano secondo le loro ambizioni regionali. Tutto questo produce un insieme complesso e intersecante di alleanze e rivalità, basate su storie coloniali e imperiali, che Saleh definisce «imperialismo liquido». E lo fa usando il concetto di Quijano, di "colonialità del potere", al fine di capire in che modo lo stesso regime di Assad oggi occupi una posizione coloniale in riferimento al territorio che governa, estendendola poi per mezzo dell'invito fatto alla Russia e all'Iran, a intervenire in suo nome contro gli stessi cittadini siriani. La Russia ha stabilito per la prima volta una presenza in Siria, al di là della sua tradizionale sfera di influenza, su invito del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Nel frattempo, come suggerisce Saleh, il cosiddetto "asse della resistenza" dell'Iran in Medio Oriente (2023) dispiega la retorica "antimperialista", usandola come "cortina fumogena", volta a celare l'espansionismo della Repubblica islamica, e usando il sostegno alle dittature regionali contro la ribellione popolare e la destabilizzazione dei governi, attraverso milizie settarie come gli Houthi; nonché istituendo una rete per procura, che è stata messa al lavoro contro obiettivi civili e militari, appartenenti a Israele e all'Occidente, nel conflitto regionale recentemente scoppiato sulla scia degli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Nel frattempo, gli islamisti salafiti-jihadisti, che hanno fatto deragliare la lotta di emancipazione contro il regime di Assad, rappresentano anche una forza esterna che ha dei disegni imperiali per dominare e controllare la Siria, vista come parte di un califfato fondamentalista. Saleh, suggerisce che lo spazio - per far sì che i diversi "imperialismi liquidi" possano sbarcare in Siria - è stato aperto, non a partire da dei processi rimasti confinati solo all'autoritario "asse della resistenza", apparentemente opposto all'Occidente, proprio dalla guerra al terrore portata avanti da quest'ultimo, nella quale, a volte, abbiamo visto attori del calibro di Stati Uniti e Regno Unito coordinarsi con la Russia, al fine di combattere i crociati salafiti-jihadisti che erano entrati nella regione. Anche durante le fasi peggiori dell'assalto congiunto Assad-Putin-Soleimani al popolo siriano, l'Occidente si è impegnato in un'attenta danza di "de-conflitto", e di divisione del lavoro riguardante la distruzione dell'ISIS. La combinazione di questa calibrazione con l'inimicizia generale ha evidenziato il carattere "liquido" dei progetti imperiali in gioco. La complessità con cui si è espressa la partecipazione delle potenze occidentali e della NATO al conflitto, è evidenziata - suggerisce Saleh – proprio a partire dal modo in cui gli Stati Uniti hanno collaborato con le forze curde, in quanto alleato contro l'ISIS in Siria; e questo sebbene le forze curde mantengano anche un'intesa strategica con le forze militari di Assad. Nel frattempo, la Turchia, alleata degli Stati Uniti, nella NATO, è intervenuta in Siria per combattere il PKK curdo, esportando così la propria guerra civile, dal Kurdistan turco al Kurdistan siriano, vedendola come parte della più ampia guerra civile siriana,e  conseguenza della rivoluzione popolare contro Assad. Il ramo siriano del PKK, il PYD, era un alleato degli Stati Uniti nella lotta contro l'ISIS, ma gli Stati Uniti alla fine hanno tradito i curdi, nel contesto di un mercanteggiamento con la Turchia su altre questioni militari e diplomatiche legate alla loro vicinanza alla Russia di Putin. Pertanto, negli interessi strategici in gioco, esiste ben poca coerenza - o consistenza - rispetto a quella che veniva garantita dagli imperativi materiali, o economici, dell'imperialismo classico.

Come suggerisce Saleh, l'adesione della sinistra a quella che è stata una comprensione dell'imperialismo debitrice della concettualizzazione di Lenin riguardo la "fase suprema del capitalismo", ha causato la tendenza a limitarne la sua applicazione solamente alle democrazie liberali occidentali, facendolo per di più in base alla fantasia secondo cui la Russia e la Cina di oggi, in qualche modo, recherebbero, proveniente dal loro proprio passato, un contenuto non capitalistico, per quanto poi siano in pratica capitaliste esse stesse. Così, in tal senso, "l'imperialismo liquido" fornisce una spiegazione alternativa e coglie la complessità e l'estensione delle attuali pratiche "imperiali", come dimostrato in Siria e oltre. Le diverse potenze che si sono abbattute sul paese - nelle loro risposte, a volte contrastanti, alla rivolta popolare contro una brutale dittatura, - stanno perseguendo strategie che mancano di "solidità o coerenza", e stanno collassando o cambiando a causa dell'assenza da parte loro di qualsiasi "missione civilizzatrice", o di interessi materiali di sostegno, come quelli legati alle risorse naturali che ne avevano definito lo scopo nei passati periodi di rivalità inter-imperialista. Di fatto, Saleh suggerisce che gli Stati Uniti e l'Occidente in generale, ben lungi dallo spingere a un "cambio di regime" in Siria - come vengono spesso visti fare nelle teorie del complotto dell'immaginario "antimperialista" - hanno in realtà perseguito una politica di "conservazione del regime", in quanto mezzo di stabilizzazione. Da questo punto di vista, il concetto di "imperialismo liquido" risuona insieme a quello di "guerra civile mondiale", descrivendo uno stato di conflitto globale sempre più incoerente e complicato, nel quale l'antagonismo, o la contraddizione fondamentale, permea le azioni e gli approcci da parte di specifici Stati, piuttosto che separarli nettamente l'uno dall'altro, rappresentando così una frattura nel tessuto della stessa società mondiale, anziché l'imposizione di una logica esterna su una democrazia liberale altrimenti armoniosa. Tuttavia, mentre esistono affinità tra la narrazione dello "imperialismo liquido" - che Saleh propone vedendolo come un'estensione della "colonialità del potere" - e quella della "guerra civile mondiale" teorizzata dalla Wertkritik, si danno anche delle differenze. "L'imperialismo", sostiene Lohoff (2023b), qui non vale poiché esso presuppone che il comportamento degli Stati sia determinato da interessi economici in nome del capitale nazionale. Questa rappresentazione del potere mondiale, può aver avuto una certa plausibilità nell'era del colonialismo, oppure anche nell'epoca del confronto incentrato sui blocchi e associato alla Guerra Fredda, quando le economie nazionali erano in gran parte separate e indipendenti. Oggi, ciò non avviene a causa dell'intreccio delle economie nazionali nei mercati globali e nelle reti di produzione. I conflitti contemporanei non impongono alcuna integrazione nei processi di commercio o di saccheggio da parte di una potenza rispetto all'altra, proprio perché da tutte le parti abbiamo già un'integrazione, senza che ci sia la necessità di un intervento militare per garantirla; che si tratti di risorse russe, di materie prime cinesi o di servizi occidentali. Nell'attuale "guerra civile mondiale" - scommette Lohoff - qualsiasi dimensione imperiale apparente si riferisce unicamente a delle "fantasie imperiali" che derivano più da idee che da interessi materiali, come nel caso russo, per esempio, dove agisce una «ideologia legittimante la guerra preventiva contro il sogno della libertà e di una vita migliore».


- Frederick Harry Pitts - Pubblicato su European Journal of Social Theory Volume 27, °4 Nov. 2024 -

- 5 – Continua  -

Nessun commento: