sabato 19 ottobre 2024

Un “neo-antimperialismo”, che è ancora più triste di quello vecchio…

Fantasmi antimperialisti
- di Felyx Feyerabend & Kris Teva -

A tutt'oggi, la visione del mondo dell'antimperialismo - dottrina di Stato degli Stati sovietici e punto di orientamento della Nuova Sinistra - determina i modelli interpretativi dei gruppi e dei movimenti di sinistra. Ciò è stato recentemente dimostrato dalle reazioni al 7 ottobre. Gruppi come “Studis gegen rechte Hetze” coniugano l'antimperialismo classico a modelli di argomentazione postmoderni, cosa che li rende particolarmente popolari nelle università: «In breve, dovevamo rompere con tutte le sfaccettature della concezione leninista-stalinista della liberazione nazionale, che aveva determinato la politica del Comintern fin da subito e che avevamo acquisito nel corso della ricezione del marxismo-leninismo all'inizio degli anni Settanta (...) Era in gioco l'eredità che si è impressa nelle nostre menti e che determina il nostro pensiero politico molto più di quanto spesso ci rendiamo conto. Il ricorso alla storia non può risolvere le difficoltà che abbiamo di fronte più di quanto non lo faccia un riferimento enfatico alle lotte globali» (RZ, 1991). Nel 1991, le Cellule Rivoluzionarie (RZ) pubblicarono un testo dal titolo “Gerd Albartus è morto”. Albartus, un ex membro del gruppo, si era unito a una cellula terroristica palestinese ed era stato assassinato da questa cellula per motivi sconosciuti. Il testo non rappresenta solo il necrologio di un ex compagno, ma è anche l' amaro elogio di un dato di fatto che fino a quel momento la sinistra aveva ritenuto indiscutibile: l'antimperialismo. Il sostegno incondizionato ai movimenti di liberazione nazionale, finalizzato a contrastare l'egemonia geopolitica dell'Occidente, aveva oscurato la visione critica nei confronti del retroterra reazionario delle lotte antimperialiste. In linea con le dottrine di partito degli Stati membri del blocco, l'antisemitismo veniva romanzato come una necessaria lotta contro il “sionismo imperialista”. Il fatto che durante il dirottamento di Entebbe i viaggiatori ebrei siano stati separati dal resto dei passeggeri è stata solo la peggiore delle tante manifestazioni del loro Antisemitismo. [*1] L' autocritica della RZ, a cui, nonostante alcuni errori analitici, va riconosciuta la spietatezza nei confronti della propria storia, sembra oggi cadere nel vuoto. Nella sinistra radicale non si è ancora affermata la consapevolezza che i popoli oppressi possano diventare popoli in senso negativo. Ciò è stato chiaramente dimostrato dalle reazioni che alcuni gruppi di sinistra hanno avuto nei confronti del massacro di Hamas del 7 ottobre 2023. Se si volesse tentare di fare un resoconto completo delle varie posizioni e dichiarazioni emerse negli ultimi cinque mesi, probabilmente esso sarebbe destinato a fallire; tante sono state le dichiarazioni rilasciate da allora in poi. Mentre alcuni hanno sfruttato il più grande pogrom contro gli ebrei dai tempi della Shoah come un'opportunità per intensificare l'attenzione sull'antisemitismo (anche all'interno dei propri ranghi) [*2], altri, dopo settimane di silenzio, si sono esercitati in astratti appelli alla pace.[*3] Molto più gravi - per quanto non sorprendenti - sono state le posizioni assunte da alcuni importanti gruppi antimperialisti. La loro visione reazionaria del mondo è emersa come raramente era accaduto in precedenza. Nel contesto universitario di Francoforte, il gruppo “Studis gegen Rechte Hetze” (Studenti contro l' attività di destra) ha suscitato particolare attenzione relativizzando il pogrom, o addirittura accogliendolo come un'azione di resistenza anticoloniale. È vero che gruppi come questo non hanno mai avuto un ruolo di primo piano in quello che resta oggi della sinistra radicale. Tuttavia, gli schemi interpretativi dell'antimperialismo classico stanno riguadagnando complessivamente importanza.[*4] L'attuale attrattiva esercitata da una visione antimperialista del mondo, da un lato, può essere attribuita al disorientamento della sinistra radicale, nei confronti della quale offre ricette semplici. Dall'altro lato, la sua fusione con i temi dell'antirazzismo postmoderno consente una capacità di connessione che va al di là dei confini della nostra scena. La politica degli “studenti contro le agitazioni di destra” è esemplare di questo tipo di rinnovato antimperialismo identitario, che mentre può riferirsi alle certezze postcoloniali diffuse nelle università, allo stesso tempo si basa sulla ben nota visione del mondo legata a un antimperialismo manicheo.In questo contesto, il termine antimperialismo non si riferisce ai reali movimenti storici di emancipazione contro l'imperialismo e il colonialismo, ma a una specifica interpretazione marxista-leninista di tali lotte. Questa interpretazione, come movimento, in Germania ha vissuto il suo ultimo grande periodo di splendore con la svolta dogmatica di ciò che restava del '68. Pertanto, l'antimperialismo ha caratterizzato anche il fallimento della sinistra antiautoritaria, che va capito se si vuole comprendere il successo del nuovo antimperialismo.

Dal cosmopolitismo all'antimperialismo
«L'incubo, la realtà ci ha disturbato. La guerra di giugno non rientrava nella nostra visione del mondo. Nella “Interpretazione dei sogni”, Freud critica così la morale: “In ogni caso, è sempre istruttivo conoscere questo terreno molto battuto su cui si innalzano con orgoglio le nostre virtù (...)”. In Germania, il terreno così tanto battuto doveva essere stabilito attraverso semplici soluzioni alternative. I figli della sinistra morale volevano separarsi dalle colpe dei padri di destra. A partire dal 1967, abbiamo seguito la dialettica della moralità astratta. Logicamente, ciò si è concluso con una solidarietà acritica nei confronti dei palestinesi». (Detlev Claussen, 1983)In questo suo testo autocritico, “Nella casa del boia”, Detlev Claussen riflette sul riorientamento della Nuova Sinistra, che ebbe inizio nel 1967 con la Guerra dei Sei Giorni. Durante il suo periodo di formazione nella Germania occidentale del dopoguerra, la Nuova Sinistra aveva accostato l'imperativo “Mai più Auschwitz” al vecchio slogan di sinistra “Mai più guerra”, per sottolineare un'insufficiente comprensione del significato della Shoah. La realtà della Shoah, avendo dimostrato in modo terribile che poteva esistere qualcosa di peggiore della guerra (qualcosa di peggiore che, in ultima analisi, avrebbe potuto essere concluso solo con la guerra stessa), aveva fondamentalmente messo in discussione la visione politica della sinistra. Il progetto politico della sinistra antiautoritaria, per quanto frammentario e di breve durata, costituiva un tentativo di trovare delle risposte a questo interrogativo. Di conseguenza, la linea politica delle organizzazioni di sinistra del dopoguerra tedesco rimase la solidarietà trasversale con Israele. La solidarietà con lo “Stato dei sopravvissuti” faceva parte, almeno all'apparenza, dell'immagine che la sinistra aveva di sé.Nella misura in cui l'esame critico della generazione degli artefici del nazionalsocialismo e dell'antisemitismo non fosse già una falsa proiezione nell'eredità politica della Nuova Sinistra, al più tardi a partire dal 1967 prevalse un atteggiamento completamente diverso.[*5] Dopo la Guerra dei Sei Giorni tra Israele e i Paesi confinanti, Egitto, Giordania e Siria, l'antimperialismo e con esso l'antisionismo si spostarono al centro del sistema di coordinate della sinistra. Mentre in precedenza la Nuova Sinistra era impegnata nell'internazionalismo in “un senso fortemente ebraico e cosmopolita” (Dan Diner), ora l'antimperialismo si esprimeva attraverso una crescente glorificazione dell'etnicità e della indigeneità. Invece di opporsi all'imperialismo, in senso marxiano, nel quadro di un imperativo di liberazione universalistico per liberare i popoli dalla loro condizione di schiavitù, l'autodeterminazione nazionale e culturale veniva elevata a fine in sé. A ciò si associava un rifiuto della teoria critica e una ri-tradizionalizzazione dei contenuti: anziché riflettere sull'esperienza storica dell'integrazione del proletariato tedesco nella comunità nazionale, e sulla rottura della civiltà avvenuta ad Auschwitz, si faceva riferimento a un marxismo tradizionale ormai superato, o ai suoi modelli. Ciò ebbe gravi conseguenze teoriche: Il nazionalsocialismo venne sussunto sotto un concetto marxista-leninista di fascismo, il quale relativizzava il significato dell'antisemitismo e la natura senza precedenti della Shoah. Fedele alla tesi di Dimitroff,[*6] il fascismo venne rappresentato come una “dittatura terroristica degli elementi più reazionari, sciovinisti e imperialisti del capitale finanziario”, mentre l'antisemitismo come ideologia venne inteso tutt'al più come uno strumento per dividere la classe operaia. Questo regresso teorico fece perdere di vista la consapevolezza che l'antisemitismo non è solo un mero strumento della classe dominante, ma è il risultato della modernità capitalistica stessa. Questo slittamento preparò il terreno per una riabilitazione della nazione, che veniva proposta come punto di riferimento positivo contro il “capitale monopolistico imperialista”, rispetto all'internazionalismo, che era stato invece degradato ad antimperialismo.Il declino della sinistra antiautoritaria iniziò con la fase di fondazione dei K-Gruppen, nei quali si cercò di costruire un partito proletario di massa. Dato che il proletariato tedesco non mostrava particolare interesse per questo progetto, ci si rivolse sempre più ai movimenti di liberazione nazionale del Sud globale. Malgrado gli innumerevoli punti di contrasto, la maggioranza dei gruppi K concordava sul fatto che il fulcro della liberazione nazionale contro l'Occidente imperiale avrebbe dovuto essere la Palestina [*7]. Dal momento che consideravano i sionisti come i “nazisti dei nostri giorni” (KPD/AO), e le ex vittime come i nuovi carnefici, ora non avrebbero più dovuto preoccuparsi della colpevolezza della nazione tedesca, e avrebbero potuto dare libero sfogo al loro antisemitismo secondario [*8]. Nel 1974, meno di 30 anni dopo la fine del nazionalsocialismo, il KPD/ML propugnava: “La Germania al popolo tedesco”, chiedendo il ritiro degli Alleati e il rifiuto della tesi della colpa collettiva.[*9] Per quanto la cosiddetta tesi della colpa collettiva non sia mai stata così egemonica, come i suoi critici nazionalisti l'hanno fatta passare, la sua difesa a oltranza era perfettamente adatta per negare la responsabilità dei tedeschi. Ironia della sorte, oggi questo schema interpretativo si ripete sotto auspici apparentemente antitedeschi, con lo slogan “Liberare la Palestina dalla colpa tedesca”. La richiesta implicita, allora come oggi, è che il significato e la valenza di Auschwitz scompaia dalle menti e dalle analisi politiche della gente [*10].La valorizzazione dell'indigeneità e del particolarismo culturale, che prevaleva nella politica dei gruppi K, può essere ritrovata oggi, in una nuova veste, anche tra i gruppi antimperialisti. Nel 2020, ad esempio, il gruppo “Free Palestine FFM” ha usato una manifestazione contro le condizioni nel campo profughi di Moria come occasione per affermare che la fondazione dello Stato di Israele è avvenuta contestualmente all'espulsione del “popolo indigeno, i palestinesi”. La richiesta connessa a questa rivendicazione era chiara: “Uniamo le nostre lotte antimperialiste!” e una parte dei partecipanti alla manifestazione ha intonato “Yallah Yallah Intifada" [*11] e “Dal fiume al mare…" [*12]. Nel momento in cui “Migrantifa Hessen” (uno dei gruppi antirazzisti coinvolti) ha preso le distanze dalla manifestazione, ecco che lo “Studis gegen Rechte Hetze” ha immediatamente preso atto che il gruppo si era trasformato in un “gruppo anti-tedesco razzista locale”.La crescente paranoia riguardo a una presunta “ trasformazione antitedesca” dei gruppi e delle alleanze di sinistra costituisce un altro esempio della natura irrazionale delle proiezioni antimperialiste. La sinistra antitedesca, oggi marginale e insignificante come probabilmente non lo è mai stata dalla sua comparsa negli anni '90, viene sospettata di trovarsi dietro ogni opposizione interna alla sinistra rispetto alle sue stesse posizioni. La “critica” a Israele, secondo la quale lo Stato ebraico sarebbe dietro ogni ingiustizia nel mondo, è altrettanto delirante. Nel febbraio di quest'anno, ad esempio, è stato strumentalizzato l'anniversario dell'attacco razzista di Hanau ed è stata indetta una manifestazione con lo slogan “Da Hanau a Gaza”. Nel farlo, sono stati invocati presunti parallelismi con la “politica coloniale israeliana”. Naturalmente, non sono stati menzionati i paralleli tra la visione del mondo antisemita dell'aggressore di Hanau e quella di Hamas, contro cui lo Stato israeliano svolge una funzione protettiva.

Spettri con lenzuoli nuovi
Dalla sua fondazione avvenuta nel 2019, la pratica politica degli “Studenti contro l'agitazione di destra” è principalmente consistita nella demonizzazione di Israele. È apparso subito chiaro che non erano interessati a criticare le attività di destra all'interno dell'università. A metà del 2020, il gruppo ha sostenuto un appello degli antisemiti di “Free Palestine FFM” per la “commemorazione della Nakba”, nella quale si inveiva contro il “colonialismo dei coloni” e l'“apartheid” di Israele. Da allora, il gruppo ha promosso sempre più il suo profilo antimperialista. Non esitano a disturbare gli eventi che trattano il tema dell'antisemitismo, né a diffamare pubblicamente i compagni che criticano l'antisemitismo definendoli razzisti, né a collaborare con organizzazioni come Samidoun [*13]. Alcuni membri del gruppo hanno persino partecipato alla “Giornata di Al-Quds”,  quest'anno a Francoforte. Questa giornata internazionale di mobilitazione è stata voluta da Ruhollah Khomeini, il leader religioso della “rivoluzione islamica” iraniana, e propugna apertamente la distruzione di Israele. Nel gennaio di quest'anno, il gruppo ha interrotto una lettura organizzata da diskus e AStA sul libro “Judenhass Underground”, che trattava dell'antisemitismo nelle sottoculture. Questo ha mostrato le caratteristiche del loro attivismo politico: invece di discutere il contenuto, hanno provocato un'espulsione per poi definirla “a sfondo razziale”. Questa politica simbolica non riguarda il dibattito politico, ma la mera rappresentazione di sé. Ciò che è nuovo in gruppi come quello degli “Studis” non è tanto l'antimperialismo, che ha dominato fin dai gruppi K, ma piuttosto la sua combinazione con dei modelli postmoderni di argomentazione. Dal punto di vista retorico, essi utilizzano regolarmente il repertorio della teoria del discorso e quella del punto di vista. Ad esempio, quando le opinioni dissenzienti di altri gruppi politici (antirazzisti) vengono delegittimate, sostenendo che essi “non parlano a nome di tutte le persone di origine migrante in Assia; e [non] potrebbero mai farlo, anche se fingono di farlo esteriormente”. Anziché sostenere discussioni sostanziali, ci si limita a squalificare il punto di vista dell'altro: è la “strategia discorsiva” della sinistra postmoderna. Questo antirazzismo rimodellato in chiave identitaria, condivide con l'antimperialismo degli anni Settanta e Ottanta una visione manichea del mondo. Il primo utilizza principalmente dei pezzi teorici della teoria postcoloniale. In origine, sosteneva l'esatto contrario rispetto alle sue manifestazioni attuali: sebbene le grandi narrazioni coloniali dovessero essere criticate, ciò doveva essere fatto senza sostenere la dicotomia semplicistica tra colonizzato e colonizzatore (come lo si trova nelle teorie imperialiste dell'antimperialismo). Piuttosto, vengono enfatizzate le “posizioni ibride del soggetto” al fine di evitare una modalità di argomentazione essenzialista, o nazionalista. Poiché il post-colonialismo, in quanto prodotto del post-strutturalismo francese, poteva cogliere il contesto di dominio dello sviluppo capitalistico globale solo su un piano discorsivo-teorico fatto di narrazioni e contro-narrazioni, era pertanto ovvio, per interpretare i meccanismi economici di sfruttamento tra Nord e Sud, ricadere in degli schemi argomentativi antimperialisti semplificati. Per molti autori della teoria postcoloniale, tutto ciò si traduce in una contraddittoria confusione di forme argomentative anti-essenzialiste e decostruttiviste, con la contemporanea identificazione acritica con le “identità subalterne” del Sud globale.Uno sguardo più attento rivela che questa contraddizione è insita nella teoria. Poiché le teorie post-coloniali rifiutano qualsiasi nozione di totalità capitalistica, in quanto discorso eurocentrico, possono identificare un punto di riferimento non capitalista nel Sud del mondo. Non è quindi per caso che teorici post-strutturalisti o postcoloniali come Judith Butler, Edward Said o Gayatri Chakravorty Spivak abbiano dei problemi a criticare i movimenti reazionari nel Sud del mondo. Dopo tutto, dal loro punto di vista, una tale critica corrisponderebbe già a una "visione coloniale dell'altro".[*14] Di conseguenza, non solo si evitano le critiche, ma si glorificano i movimenti islamisti o pan-arabi (nazionali) vedendoli come resistenza anticoloniale.[*15] Sullo sfondo di tali teorie, una visione realistica del conflitto in Medio Oriente sembra essere estremamente difficile, se non impossibile. La vaghezza concettuale e la natura contraddittoria della teoria post-coloniale favoriscono una visione politica del mondo dove la dominazione sociale può essere proiettata unilateralmente nel soggetto collettivo del cosiddetto "Occidente". Il modo in cui questo costituisca il legame con l'antimperialismo classico, potrebbe essere osservato nel corso del posizionamento sulla guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina. Anziché accusare il partito della guerra più forte per il violento conflitto scatenato dall'imperialismo – come spesso si fa altrove – la guerra è stata considerata dagli "Studis" - o dal gruppo universitario di sinistra SDS - come se fosse un'opportunità per rendere edotti a proposito delle strutture fasciste in Ucraina. [*16] D'altra parte, non è stata detta una sola parola sull'influenza del pensiero neofascista di Alexander Dugin per quanto riguarda il dominio sempre più totalitario da parte dello Stato russo, o sulle atrocità e i crimini di guerra commessi dal suo esercito e dai suoi racket. Lo schema che viene seguito: il presunto antifascismo viene giustificato solo finché esso è diretto contro "l'Occidente collettivo" (Putin). Di conseguenza, le persone di sinistra, che semplicemente non vogliono adottare la narrativa propagandistica della Russia sulla denazificazione dell'Ucraina, vengono spesso insultate come "persone di sinistra della NATO". 

Capitale concreto, liberazione astratta 
Perché dei gruppi autoproclamatisi di sinistra difendono implicitamente o esplicitamente una grande potenza autoritaria (statale) capitalista? Sono stati gli stessi "studenti" che hanno fornito una risposta nel corso di una conferenza sul clima, l'anno scorso. Alla conferenza, hanno fatto saltare un dibattito in cui si criticava l'oppressione delle minoranze etniche e si chiedeva la decolonizzazione della Russia. Due sono state le posizioni opposte della critica post-coloniale: da un lato, la versione altrettanto reazionaria, ma comunque coerente, di un relativismo culturale che chiedeva il ritorno a un ordine etnico-culturale di piccoli Stati in Russia, e, dall'altro, una versione sostenuta dal quadro di riferimento marxista-leninista della Guerra Fredda, che invoca la decolonizzazione solo quando si tratta di nazioni occidentali. Il fatto che le due parti siano più vicine l'una all'altra in termini di contenuto, rispetto alla rumorosa battaglia suggerita in quel momento, è stato dimostrato dall'incapacità di alcuni partecipanti a decidere su quale parte dei fronti, che si urlano contro l'un l'altro, dovesse essere schierata. Prima di passare a insultarsi l'uno con l'altro, gli "studenti" hanno giustificato ancora una volta il proprio risentimento: la teoria dell'imperialismo di Lenin mostra che il pericolo viene principalmente dagli Stati dominati dal monopolio del capitale finanziario. Qualsiasi critica alle attività dello Stato russo e dei suoi alleati, serve quindi solo a legittimare "l'imperialismo della NATO". Nelle dichiarazioni pubbliche, hanno ulteriormente elaborato la loro argomentazione: la guerra, che continua ancora oggi, è una strategia di "banche occidentali e di hedge fund" che si stanno preparando "alla privatizzazione e alla svendita delle società e delle infrastrutture ucraine". [*17] In questa argomentazione, non solo vengono adottati i presupposti errati della teoria dell'imperialismo di Lenin, ma anche la sua critica abbreviata del lavoro e del capitale. Il governo viene inteso semplicemente come un blocco di potere monolitico di Stato e Capitale, l'ideologia viene vista semplicemente come la sua narrazione di menzogne. Così, vengono criticate solo le manifestazioni esteriori della società capitalistica, del mercato finanziario o dei rapporti di proprietà, senza tener conto del valore e del lavoro su cui si basa, in quanto forme storicamente specifiche di mediazione della società capitalista. Moishe Postone ha descritto il ritorno di questo falso anticapitalismo sotto forma di critica dell'imperialismo, vedendolo come "neo-anti-imperialismo". Le componenti di questa visione del mondo sono la "concretizzazione dell'astratto, una feticizzazione del capitale globale nella forma degli Stati Uniti, o, in alcune varianti, degli Stati Uniti e di Israele". Postone ha osservato questa tendenza sullo sfondo della guerra in Iraq. La sua analisi rimane attuale. Oggi è la Russia post-sovietica, che sta emergendo come se fosse la presunta antitesi del capitalismo dei mercati finanziari dell'Occidente. Pertanto, per il neo-anti-imperialismo, la Russia - che è caratterizzata da una politica industriale controllata dallo Stato, dall'estrazione delle risorse e dalla sua trasformazione industriale - rappresenta l'amministratore del "buon" lavoro industriale, che deve essere difeso contro il capitale finanziario concretizzato in Occidente.[*18] 

Reazione eterna
Sullo sfondo di una simile analisi capovolta, ogni e qualsiasi azione di attori subalterni – in cui la Russia viene impropriamente inclusa – appare al neo-antimperialismo come se si trattasse di una mera reazione all'azione reale dell'Occidente. Di conseguenza, tutti questi gruppi a volte adottano alla lettera quelle che sono delle ovvie narrazioni propagandistiche: la favola di Putin di una guerra antifascista contro l'Ucraina, o la reinterpretazione di un pogrom che viene visto come la fuga da una "prigione a cielo aperto". [*19] Riducendola a mera reattività, la violenza degli attori "subalterni" viene ripetutamente relativizzata implicitamente o esplicitamente. Inoltre, il problema dell'ideologia scompare dalle analisi. Se si dovessero spiegare le azioni di Hamas come attive, si dovrebbe, per esempio, fare i conti con l'ideologia che sta dietro la violenza. Il fatto che questo non venga fatto, da parte di molti gruppi più "moderati" della sinistra radicale, testimonia quanto la visione manichea del mondo dell'anti-imperialismo faccia ancora parte del "senso comune" della sinistra. Un esempio di ciò, è una dichiarazione della Sinistra Interventista di Francoforte a proposito della "Situazione in Israele/Palestina": sebbene il massacro antisemita del 7 ottobre sia stato chiaramente definito e condannato come tale, si evita di usare qualsiasi spiegazione per l'antisemitismo. Così, mentre una critica all'islamismo, che è costitutivo dell'antisemitismo di Hamas, rimane completamente nascosta, la causa della "escalation" viene attribuita a un indefinito stato d'animo di guerra e di militarizzazione.[*20] Invece di affrontare in maniera materialista le condizioni sociali dell'ideologia antisemita, vale a dire, ideologicamente critica, essi argomentano astrattamente contro una "logica di guerra", in modo da poter così mantenere una presunta equidistanza neutrale tra entrambe le parti. Tuttavia, è diventato subito chiaro che questo falso equilibrio non viene preso davvero sul serio: in un appello a manifestare [*21], a cui hanno partecipato, si parla di un "genocidio" e di una "ondata di annientamento" contro i Palästinenserinnen. In definitiva, la differenza tra la guerra israeliana e le sue crudeli conseguenze, per la popolazione civile di Gaza da un lato, e la campagna antisemita di annientamento di Hamas dall'altro, non solo è sfumata al punto da essere irriconoscibile, ma viene addirittura invertita. Tutti questi esempi testimoniano, in varia misura, l'efficacia duratura di una "ideologia anticapitalista feticizzata", così come si esprime (nel vecchio e nel nuovo) l'anti-imperialismo fino ad oggi. «Questa visione manichea del mondo, insieme all'assoluta semplificazione e glorificazione del Terzo Mondo, era già un errore alla fine degli anni '60, oggi è solo triste», scriveva Postone nel 1977. La permanenza dell'antimperialismo, mezzo secolo dopo è ancora più triste. 

- Felyx Feyerabend & Kris Teva - 20.05.2024 / Hochschule - Pubblicto du diskus -


NOTE:

1 -  "Gerd Albertus è morto": http://www.freilassung.de/div/texte/rz/zorn/Zorn04.htm

2 - Ne è un esempio, la dichiarazione "Nessuna solidarietà con l'antisemitismo, la misoginia e l'islamismo", a cui purtroppo finora ha aderito solo una frazione della sinistra radicale di Francoforte (compreso il gruppo di base antifascista, Ffem, Ökolinx e altri):https://antifa-basisgruppe.org/kein-schulterschluss-mit-antisemitismus-misogynie-und-islamismus/&nbsp

3 - Gli appelli astratti alla pace sollevano lo stesso problema del pacifismo in generale: l'analisi delle condizioni storiche di un conflitto, e quindi della sua possibile fine non confluisce nel posizionamento politico.

4 - Ciò è evidenziato anche dal boom di gruppi rossi come "Aurora Räteaufbau", "Rotes Mainz" o "Zora" (per citare solo alcuni esempi a Francoforte e dintorni), che adottano in gran parte narrazioni dell'anti-imperialismo classico. Emanuel Kapfinger descrive questo fenomeno, osservabile da diversi anni, come "neo-leninismo", nel quale si cerca di trovare risposte alle vere debolezze della sinistra radicale. Vedi: https://www.akweb.de/ausgaben/684/neuer-leninismus-proletarische-wende-hans-juergen-krahl/

5 - Mentre nel 1964, quando il governo della Germania Ovest inviò circa 500 tecnici missilistici in Egitto per aiutare a sviluppare armi da lancio, c'erano ancora critiche nel discus che "gli stessi tedeschi che ieri costruivano inceneritori stanno oggi costruendo razzi per i loro 'amici' con i quali i sopravvissuti degli inceneritori devono essere distrutti", è stato proclamato nel 1972 che "la pace di Israele [è] la pseudo-pace di una testa di ponte dell'imperialismo, che si vede sempre più accerchiato dalla lotta antimperialista dei popoli oppressi dell'Arabia che prendono le armi". Il fatto che l'analisi della stessa rivista sia stata completamente ribaltata nel giro di otto anni esemplifica la trasformazione della Nuova Sinistra. Prima citazione: Bert Welz (1964): "Doppia immoralità". In: Discus (n. 8, dicembre, p.1.) Seconda citazione: Erwin Erpel (1972): Zionismus. Cinismo. In: Discus (n. 5, novembre, p. 23).

6 - La tesi di Dimitrov, ripresa dal marxismo-leninismo, fu formulata da Georgi Dimitrov e divenne l'ideologia ufficiale dell'Internazionale Comunista negli anni '30.

7 - Sulla storia e le differenze dei gruppi K, vedi: Jens Benicke (2010) Da Adorno a Mao. Sulla brutta cancellazione del movimento antiautoritario. Friburgo: Ca-ira.

8 - L'antisemitismo secondario descrive la forma di antisemitismo che è diretta contro gli ebrei non nonostante, ma a causa della Shoah. Ad esempio, si è sostenuto che la memoria dell'Olocausto è stata utilizzata solo per legittimare la presunta oppressione del popolo tedesco. Modelli di argomentazione simili si possono trovare oggi, ad esempio quando si afferma che la memoria dell'Olocausto distrae dai crimini di Israele contro la Palästinenser_innen.

9 - Cfr.: Comitato Centrale del KPD/ML: La Germania al popolo tedesco. Dichiarazione sulla questione nazionale, in: Der Weg der Partei 1/1974.

10 - Anche negli attuali dibattiti "scientifici" si mette sempre più in discussione la natura inedita della Shoah. La cosiddetta "Historikerstreit 2.0" affronta la questione della misura in cui la Shoah può essere classificata nella storia del genocidio del colonialismo. In questo processo, le teorie postcoloniali non riescono a riconoscere le specificità dei crimini nazisti.

11 - Questo slogan è usato, intenzionalmente o meno, per sostenere gli attacchi terroristici contro Zivilist_innen in Israele durante la prima e la seconda intifada.

12 - Lo slogan "Dal fiume al mare" invoca una Palestina dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo e quindi la fine dello Stato ebraico di Israele. Non si dice cosa accadrà agli oltre nove milioni di israeliani.

13 - Samidoun è stata fondata nel 2012 da membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) e sostiene pubblicamente gli attacchi terroristici contro Zivilist_innen, tra cui il 7 ottobre.

14 - Il concetto di totalità si riferisce qui a una forma universale di società che assume diverse manifestazioni, ma si afferma al di là dei confini culturali.

15 - Spivak, ad esempio, ha banalizzato gli attacchi suicidi islamisti negli Stati Uniti o in Israele come "esecuzione e lutto allo stesso tempo, sia per se stessi che per gli altri", o come un "fallimento dell'ospitalità". Butler ha ripetutamente sottolineato (anche dopo il 7 ottobre) che il terrore di gruppi islamisti come Hamas era una "forma di resistenza" che poteva essere attribuita alla "sinistra globale". E Said ha descritto l'Intifada come una "contro-articolazione incoraggiante" di un movimento "internazionalista". Con il riferimento positivo alla violenza "anticoloniale", i Theoretiker_innen postcoloniali producono una certa autocontraddizione, che essi stessi costruiscono in questo momento l'"altro" dell'Occidente, cioè fanno esattamente ciò che è proibito sullo sfondo delle loro teorie. Citato da Udo Wolter (2004): "Sulla critica dell'anti-imperialismo postcoloniale" (pp. 6, 10). Cfr.: poko_rru2016.pdf (rote-ruhr-uni.com) 

16 - Cfr.: https://www.instagram.com/p/CrN8OlEMUtp/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA%3D%3D

17 - Così hanno scritto gli studenti in un post su Instagram del 16.03.2023 intitolato "Non c'è posto per i guerrafondai nella nostra università!"

18 - Cfr.: Moishe Postone: "Storia e impotenza. Mobilitazioni di massa e forme attuali di anticapitalismo". In: Moishe Postone (2005) La Germania, la sinistra e l'Olocausto. Interventi politici. Friburgo: Ca ira Verlag.

19 - Poco dopo il 7 ottobre, la Palestina ha celebrato di aver "fatto saltare in aria la sua prigione" e ha convocato una manifestazione contro il "regime coloniale sionista". Cf: post su Instagram del 9 ottobre 2023: https://www.instagram.com/p/CyLwVAGMxy9/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA . In una conferenza stampa del 13 ottobre, questo è stato ripetuto: l'attacco di Hamas non è stato terrorismo, ma legittima resistenza.

20 - Per la fine della violenza. | [iL*]-Francoforte sul Meno (interventionistische-linke.org)

21 - Appello per una manifestazione dell'"Alleanza di Francoforte per una Pace Giusta": Alleanza di Francoforte per una Pace Giusta (@ffm_gerechterfrieden) • Foto e video su Instagram

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ok. l'antimperislismo è un ferro vecchio da buttare nella discarica della storia. Ma una piccola critica al governo di Israele e ai coloni che attaccano bruciando terre e case ai contadini in Cisgiordania è proprio così difficile da fare?

BlackBlog francosenia ha detto...

Più d'una, mi vien da dire! Ma non credo sia codesto il problema, quanto piuttosto quello della "critica". Non lesiniamo di certo le critiche al governo che stiamo vedendo all'opera in Italia, ma mi pare che a nessuno sia venuto in mente di abolire l'Italia in quanto stato di occupazione del territorio della cosiddetta penisola italiana. Eppure, ripensando all'abolito esempio di Lucano a Riace, mi pungerebbe vaghezza...