"Finora si è letto Spengler come il pletorico apologeta di una civiltà perduta (Kultur) e il fustigatore della corruzione metropolitana (Zivilisation). È giunto il momento di riconsiderarlo alla luce diaccia della contemporaneità. L’opera di Spengler si rivela di fatto un autentico «viaggio al termine della notte», alla ricerca spasmodica delle risorse necessarie a contenere la dissipazione entropica dell’Occidente."
(dal risvolto di copertina di: Oswald Spengler, “Il tramonto dell'Occidente", Aragno 1°volume, pp.677, 40 euro)
Il tramonto dell’Occidente non tramonta mai
-La nuova (e inattesa) traduzione di un classico del ’900. “Non è un simbolo della destra, ma un profeta del socialismo”-
di Bruno Ventavoli
Più citato che letto, il Tramonto dell’Occidente è un testo cardine del novecento. Anche perché quel titolo, perfetto come una profezia, calza bene alle crisi della modernità, dal terrorismo, ai dissesti finanziari, alla denatalità che riempie l’Europa di un’umanità arzillamente vecchia (e senza pensioni). E così eccolo tornare sempre di moda, macabro monito, nei ringhi dei leader populisti o negli sproloqui degli haters sul web, anche se pochi hanno digerito quelle 1.500 pagine di lingua vibrante, polifonica, erudita. Per restituirlo alla lettura (e ad altre albe interpretative) l'editore Aragno manda in libreria il primo volume di una nuova traduzione, tanto minuziosa nel lessico quanto rivoluzionaria nell'interpretazione. L'ha realizzata con certosino ardore Giuseppe Raciti, docente di filosofia teoretica all'Università di Catania, già curatore di Junger, Bachofen, o Lukacs.
Il tramonto dell'Occidente fu concepito da Spengler prima dello scoppio della Grande Guerra, nel momento in cui la potenza tedesca sembrava indiscutibile (l'autore si augura che "non sia del tutto indegno delle imprese militari della Germania"). Uscì tra il '18 ed il '22, in un contesto capovolto per la Germania umiliata dalla sconfitta, e riverbera i borborigmi politici, intellettuali, ideali, che percorsero l'Europa dissanguata dal conflitto. Spengler con vigore quasi messianico (come un "pioniere del domani" "nonostante la miseria e lo schifo del presente") tratteggia una nuova filosofia del destino - o della storia - che concepisce la civiltà umana come un organismo che, quanto tale, attraversa varie fasi, dall'infanzia alla maturità. Per studiare la civiltà occidentale, "l'unica il cui compimento sia oggi in atto su questo pianeta", si concentra sui rapporti che essa intrattiene con la vita, l'anima, la natura, lo spirito. Il materiale raccolto è gigantesco. Con vertiginosa scioltezza, Spengler passa dall'analisi dei sistemi socio-economici all'immane solitudine del Walhalla, dalla saggezza del Talmud alle pietre delle cattedrali gotiche, dalle sette dell'illuminismo arabo alla penombra nelle tele di Rembrandt, al libro dei morti egizio.
In quel magma di pensieri poderosamente faustiani - non a caso Goethe è citato come modello insieme a Nietschze - chiunque può trovare una stampella teorica. E appropriarsene. Storicamente tuttavia, Spengler è arruolato dalla destra e da quel pensiero antimoderno, anticapitalistico, pessimista, che ha visto nella "civilizzazione" soggetta al denaro, politicamente fragile, idealmente arida, un terribile segno di decadenza. Mussolini lo leggeva (sebbene Spengler fosse inclemente fino all'ingiustizia con il valore delle legioni romane). Hitler ne era affascinato (sebbene Spengler tenesse le distanze dalla rozzezza nazista).
In Italia il tramonto è conosciuto soprattutto attraverso la traduzione che ne fece Julius Evola, filoso della destra più radicale, pubblicata negli anni 50 da Longanesi. C'è stata poi una versione più nuova, curata da Jesi (forse solo formalmente) purgata dei lemmi più politicamente scorretti.
Domanda: Professor Raciti, che cos'ha cambiato rispetto a Evola?
Raciti: Sono intervenuto sul linguaggio per scostare la prosa dai riferimenti troppo datati. Ansima spesso nei confronti dell'originale, incapace di coprirne la ricchezza. Evola era preoccupato di fare un altro libro di Evola, più che di restituire la voce ad un autore diverso da lui.
Domanda: Evola è stato infedele?
Raciti: È una falsa questione. Perché l'oggettività non esiste. Esistono interpretazioni ed il traduttore può essere fedele solo alla propria interpretazione. La traduzione di Evola è pioneristica, ha tracciato solchi importanti, e chi è venuto dopo non ha potuto che trarne profitto. Evola, comunque, tirava acqua al proprio mulino. Grazie a lui il Tramonto è stato letto come documento drammatico della fine di un'epoca.
Domanda: Qual era invece l'intenzione spengleriana?
Raciti: Con la mia traduzione ho sterzato idelogicamente la fruizione del testo. Volevo aprire un'altra prospettiva, che non fosse solo quella destrorsa. E soprattutto non pessimistica.
Domanda: Che lettura propone?
Raciti: Uno degli autori di Spengler era Nietzsche. La parola "tramonto" è da intendersi nel senso dello Zarathustra. Tramonto significa superamento di sé, auto-superamento della crisi dell'Occidente. Non è un libro sulla tragica e irreversibile fine di una civiltà. Bensì sulle energie di cui questa civiltà dispone ancora e sul tentativo di valorizzarle. Non è insomma un pianto sulla crisi, è il documento di una rinascita.
Domanda: Come può avvenire questa rinascita?
Raciti: La civiltà può rinascere in forma tecnica. Il tutto naturalmente affogato in una temperie etica chiamata "socialismo prussiano". Se ne occupa nel saggio del '19 Preussentum un Sozialismus. Il socialismo prussiano è la vera filosofia di Spengler. Non un socialismo di tipo economico. Bensì etico, basato sul principio della solidarietà che passa attraverso la disciplina. È la cosiddetta libertas obbedientiae, prerogativa dell'esercito prussiano e della classe operaia di Bebel. Un personaggio fondamentale nella costellazione spengleriana, di cui parla diffusamente nel Tramonto, mal considerato nel suo giusto peso, è Shaw. Che era un alfiere di questo socialismo a base fabiana.
Domanda: Un socialismo poco marxista...
Raciti: È una singolare religione politica, dalla cui azione alchemica dipendono le sorti dell'occidente. Quest'etica socialista è la corretta etica della civilizzazione. È ciò che consentirebbe alla civilizzazione di restaurare, seppure artificialmente, il senso della civiltà.
Domanda: Lei dunque lo legge in una direzione diametralmente opposta a quella tradizionale della destra: ne fa addirittura un testo socialista.
Raciti: Lo dice lo stesso autore. Non invento niente. Spengler è espressamente un teorico del socialismo prussiano. Per Spengler anche Nietzsche, suo malgrado, era un socialista.
Domanda: Il "Tramonto" è ancora attuale per leggere i sussulti dell'Occidente?
Raciti: Assolutamente. Solo che l'apporto di novità non sarebbe venuto dalla sponda dell'atlantico. Spengler non ha nessuna propensione americana. Anzi. L'apporto sarebbe venuto dal cuore dell'Europa. Ma non l'Europa hitleriana.
Domanda: Che posizione ebbe nei confronti del nazismo?
Raciti: È morto nel 1936. Troppo presto per poter stabilire una qualsivoglia relazione con i nazionalsocialisti andati al potere. Il lettore più geniale, Junger, ipotizza addirittura in una pagina di diario che Spengler sia morto a seguito delle continue incursioni della polizia nazista a casa sua. Per dire che il rapporto col nazismo è molto problematico.
Domanda: Oltre alle correzioni stilistiche che cosa c'è di nuovo nella sua traduzione?
Raciti: Ho scoperto che la prima stesura del Tramonto è praticamente un altro libro da quello che conosciamo. Nel '18 Spengler scrive la prima parte, nel '22 la seconda, nel '23 le unisce insieme. Ma il risultato è un Tramonto parallelo scomparso. Non ho fatto un'edizione critica che sarebbe stata sterminata - non esiste nemmeno in tedesco - e avrebbe fatto esplodere la foliazione gettando nel panico l'editore, ho però cercato di recuperare attraverso cospicue note buona parte dei concetti che Spengler, per logiche non sempre percorribili, ha omesso dall'edizione del '23, servita a tutte le traduzioni straniere.
Domanda: La cosa più importante che finì sbianchettata?
Raciti: Quella sula quale ha usato più understatement è la relazione tra cristianesimo e arabismo. Nella versione definitiva del Tramonto questa nozione rimane in superficie mentre nella prima era molto più radicale.
Domanda: Che cosa intende per civiltà araba?
Raciti: La chiama suggestivamente "magica", è caratterizzata dal conflitto di due potenze, bene e male. Una struttura molto semplice che accomuna tutti i grandi monoteismi, ebraico, cristiano, arabo. Per Spengler questa civiltà araba contiene il cristianesimo. Con un gesto assolutamente profetico, che tanto inquietò Croce, scioglie il cristianesimo, vanto dell'Europa occidentale, nelle spire dell'arabismo. "Non possiamo non dirci islamici" sussurrava con velenosa, sconcertante attualità.
- Pubblicato su La Stampa del 10 giugno 2017 -
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