Che cos'è il fascismo
- di André Prudhommeaux -
«Il fascismo non passerà!». Questo slogan, rilanciato dal Cremlino con una potente orchestrazione e ripetuto in coro dai Partiti Comunisti di tutti i paesi, a quanto pare è tanto più efficace quanto più rimane vago. L'avversario non viene designato con un nome, il che permette ad ognuno di raffigurarselo con l'immaginazione, in base ai propri interessi, ai propri pregiudizi, o alle proprie concezioni ideologiche.
Non viene nemmeno definito, e ci si guarda bene dal dire che cos'è il fascismo, sia attraverso l'analisi di esempi concreti presi dal passato, sia in funzione di una teoria politico-sociale del mondo odierno. Infatti, la divisione del lavoro è la seguente: le masse vagamente spaventate o irritate manifestano «contro il fascismo», intendendo in tal senso tutto ciò che possono temere o detestare (guerra, dittatura poliziesca, «reazione», cesarismo, politica anti-operaia, violenze, insicurezza del lavoro, avventure coloniali, esplosioni scioviniste, tallone di ferro del grande capitale, influenza del padronato, delle banche, dell'esercito, del clero, della «bottega», della piccola proprietà rurale, della burocrazia, ecc.). Quanto ai comunisti, essi si riservano di dare a tutta questa espressione ambigua di sentimenti politici estremamente diversi un orientamento e un punto d'applicazione di cui loro rimangono i soli giudici. Per essi è implicitamente «fascista» tutto ciò che non rientra nella linea attuale del Partito, ed è esplicitamente «fascista» ciò che l'Agit-Prop, nella sua ultima circolare, stigmatizza come il nemico numero uno del posto e del tempo.
È così che in passato tutte le potenze, tutti i partiti, tutti i politici, tutte le filosofie, tutte le tendenze, che deviavano anche leggermente dalla linea ufficiale del Partito Comunista in uno qualsiasi dei suoi più stravaganti zig-zag, hanno meritato di volta in volta l'etichetta di fascista. Al contrario, non esiste una potenza, non un politico, non un partito, non un regime - anche se si richiama apertamente a Hitler, a Mussolini o ai loro emuli - che non sia stato graziato in occasione di una alleanza provvisoria o di un tentativo di «fronte unico», allorquando il termine «fascista» scompariva come per magia. In definitiva, in ogni momento e in ogni ambiente infiltrato da un Partito-capo, è fascista ciò che al Partito piace definire così; e purtroppo, a questo arbitrio terminologico, gli oppositori al bolscevismo e al fascismo non hanno saputo opporre un pensiero e un vocabolario di una certa precisione.
Si contrappone comunemente fascismo e democrazia, fascismo e progressismo, fascismo e rivoluzione, fascismo e proletariato, fascismo e socialismo.
Di recente in una dotta rivista della Sinistra non stalinista, negli Stati Uniti, "Contemporary Issues", L.W. Hedley definiva il fascismo, nello stesso articolo, come centralismo assoluto, come estremismo sciovinista, come immobilismo sociale, come contro-rivoluzione, come aristocrazia, come disfattismo (!) e come individualismo forsennato.
È ovvio che queste contraddittorie equiparazioni non fanno che alimentare la confusione più totale, e riducono l'«antifascismo» ad un arbitrio verbale.
Lungi dall'essere equivalente al «centralismo» assoluto, il fascismo si adatta perfettamente al potere locale arbitrario (ovvero, extra-legale) di un podestà - di un Gauleiter, di uno Statthalter qualsiasi - spalleggiato da una cricca alla maniera di un capobanda. Lungi dall’essere necessariamente «sciovinista», è spesso accompagnato da una xenofilia quasi delirante nei confronti di un modello straniero dominante con la forza e incondizionatamente venerato.
Lungi dall'essere «immobilista», il fascismo è dinamico e futurista al più alto livello, e insiste per abolire tutto ciò che si oppone alla sua utopia totalitaria. Lo spirito della «contro-rivoluzione», vale a dire il ritorno ad uno stato storico precedente, gli è sconosciuto; al contrario, è un'avventura senza freni verso la potenza industriale, militare, statale, ideologica, demografica: una volontà di rottura nichilista. Per tutti questi motivi, esso è ciò che di meno «aristocratico» ci sia al mondo: un movimento dell’uomo massa, una rivincita brutale dell’ignoranza, della volgarità, della bassa demagogia e dell’arrivismo in tutte le sue forme, un maremoto sociale che mette all'apice dei sotto-uomini e degli analfabeti, idoli di un proletariato alla romana — composto, a loro immagine, da disoccupati politicizzati e mantenuti.
Il fascismo non sostiene né i «valori» tradizionali di casta, i quali sono un insulto al suo carattere plebeo, né il contatto con l'«intelligenza», ai suoi occhi sospetta e decadente, né soprattutto «l'individualismo», in quanto nega ferocemente l'individuo e la vita privata. La sua visione del mondo non è storica, ma leggendaria e mitica. Erige lo Stato o la Razza ad assoluto davanti al quale tutti i diritti, tutte le libertà, tutte le particolarità devono sacrificarsi nell'unità. Esalta la passione collettiva della potenza e della violenza del Popolo, considerato come realtà trascendente dalle persone che lo compongono, e si sforza di realizzare questa trascendenza attraverso l’irreggimentazione politico-militare del popolo intero.
In breve, il fascismo è pura democrazia (nel senso etimologico ed assoluto del termine): la democrazia sfrenata e senza limiti morali o costituzionali — la dittatura della democrazia o ancora (se ci si riferisce ad una accezione negativa) la democrazia SENZA TOLLERANZA NÉ LIBERALISMO, la legge di Lynch, la democrazia popolare (e popolana).
Una democrazia assoluta e diretta, come quella concepita da Rousseau nel Contratto Sociale, non ha in effetti nulla a che fare con le garanzie legali di separazione dei poteri, di rispetto delle minoranze; l'habeas corpus gli è estraneo, come le nozioni di interiorità e di vita privata. Essa proclama fittizio e nemico del popolo non solo chiunque agisca — ma anche chiunque parli o pensi «a margine degli altri».
Essa non ammette altro atteggiamento che l'entusiasmo permanente, altro comportamento che lo sfoggio continuo della virtù civica e dello spirito di sacrificio per lo Stato. Infine non conosce altra gerarchia che quella che sanziona la legge del numero e del successo.
Il fascismo è di essenza plebea e plebiscitaria — gregaria, cesariana, leghista e giacobina.
L’antipodo e l’antidoto del fascismo è lo spirito liberale e libertario — vale a dire il senso della responsabilità, della reciprocità, dell'equilibrio e dell'autonomia delle persone — così come si sviluppa all'interno di una società di individui uomini e donne cresciuti fuori dagli appetiti volgari del potere, nella libertà e per la libertà. L'anarchismo ben concepito tende naturalmente a generalizzare all'umanità intera i costumi e i diritti di questa élite d'individualità pensanti ed agenti.
Il fascismo tende precisamente ad annientarla, ed a costruire l'edificio sociale sul più grande comun denominatore dell'essere umano non evoluto — la volontà di potenza alienata e socializzata in volontà collettiva di servitù.
- André Prudhommeaux - [pubblicato su Témoins, n. 15-16, inverno/autunno 1957] -
fonte: finimondo
1 commento:
...il fascismo non è ne di destra ne di sinistra, tende a formare il partito unico della borghesia ma senza riuscirvi. In quanto la borghesia è sempre in guerra per i propri interessi.
I comunisti non si sono mai accorti che il fascismo sia stato sconfitto, esso è vivo.
Il fascismo è un fenomeno mondiale legato strettamente al Capitale ed alla produzione.
Solo in una società evoluta capace di uscire dalla Preistoria attuale, ed iniziando a fare la propria Storia gli uomini possono lasciare alle spalle per sempre questi fenomeni: fascismi, denaro, lavoro, ecc.
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