W.C.Heinz, critico di boxe e romanziere, ha scritto a proposito di James J. Braddock, "Non apparirà in nessun elenco come uno fra i dieci migliori, però ...dal momento che altri vedono sé stessi riflettersi in lui, e nei suoi combattimenti, è possibile che abbia appartenuto a più persone, rispetto a qualsiasi altro campione della storia". E' stato questo il segreto del successo di una persona comune che seppe guadagnarsi il rispetto dei suoi avversari e l'affetto di un'intera nazione. I pugni di Braddock non sparavano missili, ma la sua boxe era un diretto al cuore. Al cuore di migliaia e migliaia di sostenitori che giurarono che, la notte del 13 giugno 1935, Jimmy Braddock aveva regalato loro il prezzo del biglietto. Avevano pagato per vedere un incontro di pugilato, ma Jimmy aveva regalato loro un miracolo. Una serata memorabile. No, non è stato uno dei migliori pugili di tutti i tempi. Ma è stato uno dei più coraggiosi.
Era passato nei professionisti a 21 anni, nei mediomassimi, e si era guadagnato il soprannome di "Bulldog di Bergen", insieme alla reputazione e alla fama, ottenendo così di potersi battere per il campionato. Ma, contro Tommy Loughran, perse di stretta misura, ai punti, per decisione unanime della giuria. E lì cambio tutto. Coincidenze, cose che succedono, il crack della Borsa di New York, la vita di migliaia di persone distrutta, anche quella di Braddock. Perse tutto e, appena sposato con Mae, si preparò ad affrontare i peggiori anni della sua vita. Sempre peggio: si fratturò la mano, più e più volte, cominciò a perdere fiducia in sé stesso mentre perdeva contro rivali di poco conto. 16 volte, su 22. Fuori del ring, faceva qualsiasi lavoro riuscisse a trovare, per quanto duro fosse, per la sua famiglia, per i suoi tre figli. Dovette ricorrere agli aiuti sociali del governo, mentre gli davano 24 dollari al mese, per spaccarsi la schiena sui moli di Jersey.
A volte la vita ti dà anche una seconda possibilità! Nel 1934, il suo allenatore, Joe Gould, gli offrì un incontro con John 'Corn' Griffin, pesi massimi. Doveva fare da vittima propiziatoria per l'aspirante al titolo, che aveva anche l'appoggio della mafia. Ma i sordi servivano a Jimmy, e accettò. Con una mano lesionata dalle numerose fratture, con problemi alle costole e troppo più basso, accettò. Voleva dare il suo addio alla carriera di pugile, e gli sembrava un bel modo di farlo. Ma Braddock non era un ... sacco da allenamento!
Un gancio sinistro, come un tuono, esplose sul mento di Griffin che non seppe mai come avesse fatto ad arrivare, e con quella violenza ... Vuole la leggenda che il lavoro, come scaricatore al porto, sia stato decisivo perché Braddock imparasse ad usare la sua mano "cattiva".
Così, Braddock tornò sul ring, una seconda giovinezza, diventando così uno specchio per migliaia di persone che si identificavano con un perdente che era stato capace di rovesciare la sua condizione, con dignità. Divenne l'idolo di tutti quelli che avevano scordato il significato della parola speranza. Qualsiasi giornale scrivesse di Jimmy aumentava la tiratura, e ogni volta che Jimmy vinceva le vendita dei giornali si moltiplicavano, nei quartieri poveri. Tutti volevano sapere, subito, come aveva vinto. Fu appunto un giornalista, Damon Runyon, a dargli il nuovo soprannome "Cinderella Man", Cenerentolo. A Cenerentolo, per arrivare in cima, ne mancavo solo uno, di pugili. Max Baer, il campione. Forse era troppo per lui, per Cenerentolo. C'era la possivilità che, andando a combattere contro Baer, la carrozza ritornazze ... zucca!
L'Apollo ebreo (così, era conosciuto Baer) aveva appena finito di mandare all'ospedale Primo Carnera, un gigante di più di due metri, pupillo del Duce. Lo aveva massacrato durante quello che era passato alla storia come "l'incontro delle cadute". Dodici centimetri più basso dell'italiano, Max Baer lo aveva messo al tappeto per ben 11 volte! Buddy Shuberg, della Paramount Pictures, testimone all'incontro, sentenziò: "In realtà Baer ha salvato la vita di Primo Carnera. Joe Luis lo avrebbe ucciso!"
Ad ogni modo, Baer sembrava imbattibile, e alla sua condizione di campione univa la pessima reputazione di essere un killers sul ring: la stampa gli attribuiva la morte di due dei suoi avversari, basandosi sui referti medici dell'epoca che avevano rivelato che Baer aveva picchiato così forte da aver loro fatto uscire il cervello dal cranio. Questa fama sinistra era però smentita da chi condivideva con lui l'angolo del ring, che lo reputava un uomo giusto. C'è anche da dire che Baer pagherà, di tasca sua, fino alla morte, l'educazione dei figli dei pugili cui aveva dato il sonno eterno.
Comunque, prima di farlo incontrare sul ring con Joe Louis, l'idolo dei neri, i suoi promotori ritennero che fosse una buona opportunità per far soldi, quella di farlo combattere, per difendere il titolo, contro Braddock. Lo ritenevano troppo vecchio, per poter mettere in difficoltà Baer. I bookmakers pagavano la vittoria di Braddock 10 a 1. La stampa arrivò a scrivere che Braddock sarebbe stato ucciso. Tutt'al più, la speranza migliore sembrava essere l'ospedale, per Cinderella Man. Ma le favole, si sa ...
Il 13 giugno del 1935, a Long Island, New York, davanti a 35.000 persone, nel vecchio Madison Square Garden, Braddock benne incoronato campione del mondo dei massimi. Fu la notte di Braddock, un pugile che era stato dato per spacciato anni prima. Fu la notte di un uomo che, senza nessun talento particolare, senza nessuna tecnica pugilistica, fece un recital di valore.
Baer non si era preparato al combattimento con coscienza, e sia lui che il suo staff erano convinti che Braddock non sarebbe riuscito ad andare oltre il quinto round. Fu l'errore della sua vita, per lui che aveva sempre definito la qualificazione di Braddock come uno scherzo. Sì, uno scherzo crudele del destino. Da una parte Baer che aveva detto "Quell'irlandese sembra un bravo ragazzo, non voglio fargli troppo male". Dall'altra Braddock, pronto per il suo viaggio all'inferno, come aveva scritto la stampa, pronto a prendersi una montagna di cazzotti.
Gould aveva architettato una strategia per fermare il destro di Baer. Il piano A, era quello di tenere a distanza i primi attacchi di destro del campione, per innervosirlo. Poi, magari Braddock poteva trovare il modo per penetrare la guardia del campione. La strategia di Gould pago, ma solo fino al terzo round. Dopo il quarto round,il fragore della battaglia crebbe. I presenti giurano che fu come se Braddock fosse stato toccato da una bacchetta magica, mentre dagli spalti cresceva il grido dei diseredati che urlavano, sempre più forte, "Jimmy, Jimmy, tu puoi". Un empito di coraggio e Braddock spinse Baer alle corde, colpo su colpo, e un vantaggio insperato ai punti. Pura elettricità. Dopo quindici round, Baer e la sua faccia insanguinata si diressero in silenzio verso l'angolo. Braddock a pezzi, esausto, gli occhi serrati per i pugni ricevuti, contemplava il pubblico del Garden in delirio.
Il resto della storia ci racconta di come Braddock, risolti i suoi problemi economici, restituì i soldi ottenuti dal governo per l'aiuto sociale. E ci racconta di come, a 32 anni, accettò di difendere il titolo contro Joe Louis. Jackie Blackburn, l'allenatore di Louis, lo avvertì: "Puoi far paura a molti, Joe, ma non a Jimmy Braddock. Quell'uomo non si spaventerà mai. Se vuoi vincere, devi buttarlo giù". E il 22 giugno del 1937, Braddock buttò giù, al tappeto, Louis, al primo round. Fiero, forte e determinato, aveva deciso di finire alla grande e vendere cara la pelle. Poi, si sa, Louis si rialzò, dominò il combattimento e, con più classe, buttò giù Jimmy, all'ottavo round. Louis era il nuovo campione del mondo.
Consigliato dalla moglie, Braddock decise di appendere i guantoni al chiodo. Comprò una fattoria, lontano dalla città e lì andò a vivere con la moglie e i figli. Nel 1963, sui giornali venne pubblicata una fotografia di Braddock che lavorava, come operaio, alla costruzione del ponte Verrazzano, a Brooklin. Quando gli chiesero cosa ci facesse un campione in un posto come quello, rispose: "Che diavolo! Sono un operaio. Prima di diventare pugile ho lavorato sui moli del porto, e adesso ho bisogno di soldi. Non c'è niente di male in questo".
Nel 2005, Ron Howard e Russell Crowe gli renderanno omaggio con il film "Cinderella Man".
A North Bergen, New Jersey, oggi 'è un parco che reca il nome di James J. Braddock. Si dice che lì, alcuni ragazzi bianchi disadattati, quasi tutti di origine irlandese, cominciano a tirare di boxe. Ragazzi che continuano a credere che la favola di Cenerentola abbia un lieto fine. Che sognano di avere una seconda possibilità, nella vita.
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