A proposito di un libro:
Salvador Gurucharri et Tomás Ibáñez
Insurgencia libertaria. Las Juventudes Libertarias en la lucha contra el franquismo
Barcelona, Virus, 2010, 344 pagine
consultabile qui
Nella galassia libertaria spagnola dell'epoca eroica, la Federazione Iberica della Gioventù Libertaria (FIJL), fondata nel 1932, rimane a lungo un oggetto non identificato, anche da parte dei suoi propri militanti. Per alcuni, questa "Gioventù" non poteva essere altro che una struttura di transizione atta a facilitare, una volta testati e formati, l'integrazione dei giovani militanti nel movimento libertario "adulto". Per altri, essa avrebbe dovuto essere l'emanazione, in seno al medesimo movimento, di una sorta di fronte della gioventù - una FAI dei giovani, insomma - portatrice di rivendicazioni specifiche e funzionante in maniera autonoma. Questa contraddizione, mai risolta, attraversa tutti i primi anni della sua storia. Quando scoppia la guerra civile, nonostante qualche velleità indipendentista espressa a livello locale, soprattutto in Catalogna, la FIJL non riesce a differenziarsi, sul piano ideologico, dalle organizzazioni consorelle. E come esse, finisce per arruolarsi sotto la bandiera della collaborazione antifascista. In nome di un'efficacia mal compresa, e a rischio di apparire altro che come un'entità appassionatamente impegnata a mettere la sua giovinezza al servizio di una politica di abbandono. Questa fu, di sicuro, una brutta partenza. Dal momento che la FIJL avrebbe potuto, al contrario di quello che fece, incarnare un'alternativa alla politica di prona collaborazione alle istanze della CNT-FAI. Questo non avrebbe sicuramente cambiato niente, ma avrebbe dato ad essa un vantaggio evidente, quello di aver almeno salvato l'onore del radicalismo.
Nel libro, questi primi passi sono appena abbozzati, dal momento che il suo vero oggetto non è quello di scrivere una storia generale della FIJL, ma di concentrarsi sul ruolo che essa giocherà nella lotta contro il franchismo. E' importante, però, sottolineare questo inizio proprio perché segnerà la storia di quest'organizzazione che sul bordo degli anni '60, e per tutto quel decennio, sceglierà una strategia fondata su un attivismo chiaramente assunto; opzione che la porterà a rompere con le istanze dei dirigenti della CNT e della FAI in esilio e, così facendo, a risolvere la contraddizione delle sue origini. Questo, perché la FIJL - di cui la giovinezza dei militanti è assolutamente relativa - funzionerà sempre più come una sorta di FAI-bis, ansiosa di riconquistare l'eredità combattente della mitica FAI di prima della sconfitta e dell'esilio. A rischio di riprodurne anche alcuni errori. Sarà assai lungo, tra la fine della guerra civile e gli anni '50, l'elenco dei resistenti libertari che pagheranno, con la perdita della vita e con anni di prigione, un severo tributo alla lotta (armata) contro il franchismo. Tale battaglia, ineguale e azzardata, utilizza diverse tattiche, intraprese da dei guerriglieri convinti che non ci fosse altra scelta che quella dell'opposizione frontale alla dittatura. Passano gli anni, le forze vacillano, e la direzione della CNT in esilio, che progressivamente si è convinta dell'inefficacia della lotta armata, decide di cambiare rotta. Oramai, gli irriducibili, e sempre più soli, combattenti dell'anti-franchismo attivo non possono contare altro che sulle loro proprie forze. Per molti di loro ci sarà la morte ad aspettarli, nella radura di un bosco o in una strada di Barcellona. Una morte con in testa un tricorno, una morte che si apre sulla leggenda, una morte come eredità.
Gli autori del libro, Gurruchari e Ibáñez, sono strettamente coinvolti con l'«insurrezione» della FIJL degli anni '60. E' parte essenziale del loro essere libertari, lo stesso che all'epoca si è affermato e strutturato al momento in cui entrambi furono parte attiva della linea d'azione "diretta e violenta contro il franchismo", adottata dalla FIJL. E' per tale ragione che, all'inizio del libro, gli autori rinunciano ad ogni "ingannevole pretesa all'obiettività", precisando che sono ansiosi di raccontare questa storia con rigore e senza restrizioni, evitando di cedere a qualsiasi tentazione agiografica.
Fino alla fine degli anni '50, la FIJL si è accontentata di funzionare come un'associazione culturale e ricreativa di affiliazione libertaria. Bisognerà attendere, in effetti, la fine del decennio perché qualcosa cominci a muoversi. Si legge che i militanti della FIJL privilegiavano quella che veniva chiamata "socialità libertaria", organizzando, non solo tra di loro ma anche insieme ai nuovi immigrati dell'epoca, dei campeggi anarchici. Queste "università d'estate" - in un primo tempo solo spagnole, dopo internazionali - contribuiranno ad affermare la coscienza sociale dei partecipanti. Mai risolta, la questione del legame organico tra i gruppi di resistenza che agivano in territorio spagnolo, da una parte, e le strutture dell'esilio riconosciute e tollerate in Francia, dall'altra, costituisce, per tutto il primo decennio di attività, un problema, per cui la CNT si trova scissa in due organizzazioni fortemente rivali, di cui una - quella cosiddetta "ortodossa" - dominava l'esilio, mentre l'altra - detta "possibilista" - era nettamente maggioritaria in Spagna. I gruppi d'azione, legati più spesso alla prima, dipendevano da un organismo "idoneo" - la Commissione di Difesa - teoricamente responsabile del coordinamento e della logistica. Per diffidenza - o, semplicemente, per precauzione - molti gruppi cominciarono a sviluppare una logica di autonomia relativa che ben presto dimostrò i suoi propri limiti. Lasciati a sé stessi e privi di qualsiasi sostegno finanziario, è per necessità che cominciano ad entrare nel circolo (vizioso) dell'attività "espropriatrice" che finisce per occupare tutto il terreno della lotta armata.
Per rispondere a questo bisogno di separazione - giudicato sempre più necessario - tra "legalità" militante ed "illegalità" combattente, si cercherà di creare, in due riprese, degli organismi indipendenti di coordinamento fra i gruppi che agiscono in Spagna: il Movimento Iberico di Resistenza (MIR), nel 1947, ed il Movimento Popolare di Resistenza-Comitato d'Aiuto alla Resistenza Spagnola (MPR-CARE), nel 1959. Questi due progetti, a distanza di dieci anni l'uno dall'altro, incontreranno la medesima feroce opposizione, da parte dell'Esilio libertario, che non intende cedere i propri poteri; ed avranno, malgrado tutti i loro difetti, il merito di voler porre una diversa articolazione fra attività "legale" e lotta armata.
Il lungo processo, che porterà nel 1961, durante il congresso di Limoges, alla riunificazione delle due CNT rivali, solleva un'ondata di entusiasmo. L'idea che sottende tale riunificazione è del tutto semplice: coniugare lo sforzo militante per accrescere il potenziale di lotta. L'ambiguità evidente che accompagna una tale riunificazione, viene ignorata in favore di una linea generale chiaramente offensiva. Ed è in un contesto euforico che viene adottata - durante una riunione "riservata" - una risoluzione che decide, all'unanimità, la creazione di un organismo, la Difesa Interna (DI), sotto la responsabilità diretta della Commissione di Difesa. La DI, la cui esistenza doveva rimanere segreta, aveva come compito essenziale di "procedere alla selezione di compagni giudicati idonei e sicuri che collaborassero alle sue attività combattenti".
Con il senno di poi, ci si può legittimamente domandare, viste le condizioni in cui avvenne la creazione della DI ed il ruolo che vi giocavano gli elementi più immobilisti dell'ortodossia CNT ( *La presenza, in seno alla DI, di Germinal Esgleas e di Vicente Llansola, che tutti sapevano in opposizione alla riunificazione della CNT, faceva presagire che il "sottomarino" - come veniva familiarmente chiamata la DI - era già affondato. Quando si sapeva, inoltre, che la DI era stata messa sotto l'autorità della Commissione di Difesa, il cui segretario era Angel Carballeira, una altro noto rappresentante dell'immobilismo...), come potesse, questo "apparato cospirativo segreto", suscitare un tale fervore nei suoi più fedeli partigiani!
Il dispositivo, insomma, nasceva già bloccato e nessuno poteva seriamente pensare che la sola dinamica unitaria riuscisse a regolare, da sé sola, la questione di metodo che doveva necessariamente essere affrontata, e che invece, a partire dall'euforia del momento, nessuno si poneva. Ed è in tal senso, a differenza di altri progetti nati già morti, che la Difesa Interna darà luogo ad una ripetizione, piuttosto che ad un salto di qualità, producendo effetti simili a quelli che erano stati prodotti nel passato recente.
Perché, se questo "terrorismo senza terrore", da una parte, era teoricamente in vantaggio sugli altri, come l'ETA, che non partivano dalle necessarie considerazioni etiche - evitare di provocare la morte di vittime innocenti, per esempio - si negava però, cosi facendo, e contrariamente agli altri, di terrorizzare il nemico. Cosa che voleva essere, almeno al principio, il suo scopo principale. Questa contraddizione metodologica di base marcherà, senza che essa cerchi mai di risolverla, tutta la breve esistenza della DI; il cui solo progetto serio, ma illusorio, sarà quello di attentare alla vita del Generalissimo.
Come già detto, la DI nasce da un'ambiguità. La CNT in esilio, indebolita dopo 16 anni di crisi interna e di costante emorragia dei suoi effettivi, non aveva né i mezzi umani né la capacità politica di affrontare il compito cospirativo. Ammetterlo, avrebbe implicato che si disponesse verso una strategia, più modesta, di connessione con le nuove forme di conflittualità operaia che stavano emergendo in Spagna, accettando così di ripensare il proprio ruolo ed i fondamenti del suo intervento. L'altra strada, quella che guardava con favore - senza troppo crederci - alla linea attivista, però, aveva il vantaggio di blandire la militanza. Infatti, il congresso di Limoges del 1961 adotta (almeno) due linee: la prima, tradizionalmente sindacale, auspica un'alleanza con il sindacato socialista UGT e con il basco STV; la seconda, illusoriamente attivista, dà corso alla creazione della DI.
Nel libro, la FIJL - che agisce come una seconda FAI e come punta di diamante della DI - non si lasciò del tutto illudere ed ingannare da questa improvvisa conversione della CNT all'azione diretta frontale. La prova è che, riunita in plenum nell'ottobre del 1961, solo un giorno dopo il congresso di Limoges, essa deciderà di mettersi a disposizione della DI, precisando che nel caso alla DI fosse stato impedito di funzionare, essa avrebbe proseguito "a suo proprio nome" la tattica cospirativa. In altre parole, tra quelli che avevano proposto la sua creazione per ragioni puramente demagogiche, e quelli che dubitavano seriamente della sincerità dei primi, e la facevano funzionare, la DI aveva poche possibilità di essere altro da quella che realmente fu. Vale a dire, il nodo di un conflitto interno che finirà, quattro anni più tardi al congresso di Montpellier del 1965, per rimettere definitivamente in sella il settore immobilista, facendo implodere l'esilio libertario spagnolo: la CNT in esilio non sarà altro che un corpo vuotato di ogni forza, un cadavere simbolico.
Senza la FIJL, il DI sarebbe rimasto, come tanti altri progetti provenienti dai congressi della CNT in esilio, allo stato di pio desiderio. La FIJL si coinvolge completamente nella DI. VI è rappresentata da Octavio Alberola, ne fu la fonte ispiratrice e diede le gambe su cui marciare, dando così sostegno determinato ai militanti storici come Garcia Oliver e Cipriano Mera. Il primo si rese ben presto conto che, per le sue contraddizioni, l'organismo non aveva alcun futuro: passò la mano e se ne tornò velocemente in Messico, suo luogo di residenza. Il secondo, al contrario, si accompagnerà agli attivisti della FIJL fino alla fine dell'esperienza della DI, ed anche oltre.
Nei fatti, pertanto, DI e FIJL finiranno per essere una cosa sola. E, naturalmente, sarà sulla FIJL che, ai primi fallimenti, pioveranno le critiche di quelli che, sia al suo interno che all'esterno, non volevano l'attivismo armato. Non sono omessi, nel libro, tutti i fallimenti; dalla perdita rocambolesca di un'agenda fortemente compromettente, ai mezzi logistici generalmente disastrosi, al dilettantismo continuato nella scelta degli obiettivi e nella pianificazione delle azioni, alle evidenti carenze nel reclutamento, fino alle probabili infiltrazioni della polizia, agli arresti di massa dei militanti nel corso del 1962 e, infine, alla gestione disastrosa della campagna dell'estate del 1963 che porterà all'esecuzione di Francisco Granado e di Joaquín Delgado, nell'agosto 1963. Nonostante tutto questo, la DI rimane l'ultima espressione della lotta libertaria contro la dittatura franchista.
L'affare Granado-Delgado suona la campana a morto per il DI. Giocando sul riflesso legittimista di una basa largamente ostile all'avventura armata, il settore immobilista riprende velocemente le cose in mano. Riguadagnata allo "egleismo" (* Il principale contributo di Esgleas Germinal, marito di Federica Montseny, alla causa libertaria spagnola è stato quello di essere riuscito a far coniare, a partire dalle sue pratiche burocratiche, il neologismo "egleismo" che, in bocca a suoi numerosi avversari, designa una variante dell'immobilismo quando si traveste di demagogia purista), la CNT tornerà ai suoi giorni tranquilli, in attesa della morte naturale del Caudillo che avrebbe segnato la fine del lungo esilio organico.
Quanto alla FIJL, essa paga un altissimo prezzo per la sua identificazione con il DI. Nell'aprile del 1963, il suo giornale, Nueva Senda, viene vietato dalle autorità francesi che, sette mesi più tardi, dichiarano l'organizzazione fuorilegge. Contemporaneamente, una vasta operazione di polizia, effettuata nel settembre dello stesso anno su tutto il territorio francese, porta all'arresto di 21 militanti, fra cui lo stesso Cipriano Mera. Oramai clandestina in Francia, la FIJL intraprende, intorno al suo nucleo di Londra, un difficile lavoro di riorganizzazione. Si tratta di denunciare il tradimento dell'accordo di Limoges, da parte del settore immobilista, e poi di di garantire coerenza alla linea scelta al momento della creazione della DI. Deciderà quindi, per proprio conto, di preparare un attentato contro Franco; con lo stesso insuccesso dei precedenti, il progetto dell'11 agosto del 1964, porterà all'arresto di Fernando Carballo e Stuart Christie.
La dissoluzione formale della DI - che costituirà il primo atto del processo di completa normalizzazione della CNT - verrà approvato dal congresso di Montpellier del 1965. La dura battaglia, condotta da Alberola e Mera, per mettere sotto accusa quelli che, in seno alla DI, l'avevano sistematicamente paralizzata, ebbe poco effetto sui delegati controllati da Esgleas e da Llansola, che vennero confermati in quanto segretario generale e segretario del coordinamento. Da qui, una vera e propria caccia alle streghe darà modo di ripulire la casa confederale, e le sue dipendenze, da qualsiasi impurità critica. Alla fine, l'ordine regnerà a Rue Belfort!
Ormai senza nessuna speranza di poter influenzare il Movimento Libertario Spagnolo, la FIJL inizierà, stavolta in maniera indipendente, l'ultima tappa della sua esistenza. Quella che va dal 1966 al 1969, e che riattiverà attraverso il Gruppo Primo Maggio una strategia offensiva.
I legami, stabiliti dalla FIJL con la gioventù libertaria europea, in particolare i gruppi francesi, inglesi e italiani, ed in rottura con l'anarchismo istituzionale, contribuirà, in effetti, alla maturazione di un progetto neo-anarchico, di cui il maggio 1968 sarà il punto più alto di esplosione.
Parallelamente al lavoro di elaborazione teorica, preso in carico dalla rivista Presencia, la trasformazione della FIJL in Federazione Internazionale della Gioventù Libertaria si accompagna ad un rilancio dell'azione cospirativa. Il rapimento di Marcos Ussia, consigliere dell'ambasciata di Spagna presso il Vaticano, è il primo episodio. L'operazione, portata a termine a Roma il 30 aprile del 1966, esige la liberazione di tutti i prigionieri politici e sociali in Spagna, in cambio della libertà dell'ecclesiastico. Ussia verrà rilasciato una dozzina di giorni più tardi, senza che si fosse ottenuto niente in cambio. Ereditata in parte dalla DI, questa pratica spettacolare, fu il marchio di fabbrica del Gruppo Primo Maggio.
La FIJL finirà per estinguersi, a tutti gli effetti, nel 1973, quando nel frattempo una nuova ondata di attivisti si armerà.
Fino alla prossima volta.