"- Stai pensando che è meglio non darmi una pistola? - Sono pericolose. E illegali. E Checov è uno scrittore di cui ci si può fidare"
- da 1Q84 di Haruki Murakami -
La scena principale, un salone arredato con diversi oggetti: una sedia talmente appariscente che Luigi XVI avrebbe licenziato il decoratore, una finestra aperta, un chiodo piantato nel muro, un vaso vuoto, il gigantesco dipinto incorniciato raffigurante un opulento matrimonio e un fucile circondato da una collezione di trofei di caccia, sotto forma di numerose teste di animali, con quella espressione di infelicità che assumono le prede quando sono consapevoli della polvere che viene rimossa, la mattina, per il resto della loro esistenza.
Suonano alla porta, e una donna, identica a quella dentro il dipinto che adorna il salone, va rapidamente a ricevere la visita. La porta si apre ed entra in scena un uomo, ci accorgiamo che non è quello del quadro. Reca un mazzo di fiori che lei gradisce e dispone nel vaso. Si baciano, poi si dirigono verso la camera da letto, per conoscersi meglio. Fine del primo atto.
Secondo atto. L'uomo raffigurato nel dipinto discute con la moglie. Intuiamo che sospetti qualcosa ed entrambi si scambiano le proprie opinioni accalorandosi. Fine del secondo atto.
Il terzo atto comincia con una scena notturna. L'uomo che abbiamo visto nel primo atto entra dalla finestra e, subito, si rifugia nell'oscurità per scoprire con stupore che l'uomo del secondo atto lo stava aspettando seduto sulla sedia. Discutono circa il modo appropriato in cui si deve intendere una relazione triangolare.
Quindi, l'uomo sulla sedia spara.
Quello che è appena accaduto è legale e giusto. Non giuridicamente e moralmente, perché nel caso in cui si spari a qualcuno, il fatto in sé di solito viene punito in qualche modo, ed è anche considerato triste ed abbastanza ingiusto dal bersaglio della pallottola. Pero, narrativamente parlando, è legale e giusto.
Anton Cechov, scrittore a tempo perso, e russo a tempo pieno, ad un certo punto della sua vita ha pronunciato una frase che è poi diventata uno dei meccanismi classici della narrativa: "Se nella prima scena del dramma, c'è un fucile appeso alla parete, questo dovrà sparare nell'ultimo atto".
In realtà, di questa frase ci sono diverse varianti che implicano leggeri cambiamenti nell'interpretazione del suo significato (tipo, "se c'è un fucile nel primo atto, nel secondo o nel terzo deve sparire"), ma tutte servono a formalizzare un assunto, che diventa una lezione a proposito dell'importanza della cosiddetta "narrazione premeditata". Mettere i pezzi sulla scacchiera e insinuare gli eventi senza sfruttare la sorpresa. In ogni storia, non devono essere introdotti inutili elementi decorativi, per non distrarre lo spettatore da ciò che è veramente importante. Insomma, una vera e propria lezione di stile: se lo sceneggiatore pianifica un evento, l'importante è farlo con tempismo, introducendo precedentemente l'elemento che darà luogo all'accadimento. Per cui si dà il nome di "pistola di Cechov" a quell'oggetto che quando appare sulla scena può sembrare senza importanza, ma che poi si rivela essere fondamentale ai fini della storia.
L'arma del russo costituisce il modo migliore per evitare possibili buchi in una sceneggiatura (evitando il ricorso al famigerato deus-ex-machina) e, se usata con sufficiente abilità, non solo può servire a insinuare quello che non si è ancora verificato, ma anche invitare lo spettatore ad una revisione della storia alla luce della conoscenza della causa dell'effetto. Una seconda visione che possa scoprire quei dettagli che non erano stati apprezzati al primo sguardo, quando erano stati trascurati perché sembravano non avere rilevanza.
Ovviamente, la pistola di Cechov non ha bisogno di essere specificamente un'arma. Può essere un altro tipo di oggetto, un'idea, una caratteristica particolare, un evento, una persona. Non ha neanche bisogno di essere ... singolare. Una sola storia può contenere un arsenale di pistole di Cechov! E non è nemmeno, altrettanto ovviamente, una tecnica limitata solo ad un genere di arte. Se ne possono trovare esempi, in letteratura come nel cinema, nella radio, nei videogiochi. In qualsiasi forma in cui viene trasmessa un racconto, una storia.
C'è da dire, prima di finire questa "storia", che si può assistere, d'altra parte, ad un fenomeno curioso: le battute di caccia alla ricerca della pistola di Cechov! Esempio lampante di questo genere di ricerca, è quello attuato nei confronti di "Lost", dove si è cercato di vedere, da parte di alcuni spettatori, in alcuni elementi della serie TV, la silhouette della pistola, piuttosto che quella della "tartaruga magica", della "red herring" o del Mac Guffin"!
Ma ovviamente gli esempi possono essere tanti. Cercateli!
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